giovedì 1 ottobre 2015

L'anima della mitopoiesi

C'è un argomento di cui non ho parlato nel primo post, e che tuttavia comprende, attraverso varie diramazioni, quasi tutto quello di cui ho parlato e a cui tengo: la mitologia.

Perché parlare di mitologia nel XXI secolo? Tutti i miti ormai si sono rivelati nient'altro che, appunto, miti: non c'è nessuna Persefone che scende nell'Ade in autunno e ne esce in primavera, nessun gigantesco rapace o lupo che inghiotte la luna durante le eclissi, né l'alba è rossa perché Ra colora il cielo con il sangue del serpente degl'inferi dopo averlo affrontato per l'ennesima volta.
Eppure, perché continuiamo a parlare di queste storie, le stesse in cui gli antichi credevano come noi ora crediamo nella scienza, le stesse che fungono da spunto per i nuovi fumetti e i film di fantascienza?
Ecco, io credo che sia perché queste storie hanno valore indipendentemente da quello che servivano a spiegare. Sono la narrazione del mondo delle generazioni più vecchie a quelle nuove, un tesoro che si tramandava attraverso i secoli e che man mano si arricchiva, acquisendo il valore aggiuntivo dell'antichità. C'è una bellezza intoccabile in queste storie che vogliono dare una forma al cosmo, che fanno di concetti superiori agli esseri umani i protagonisti di storie umane, dove gli elementi della natura, gli astri del cielo, l'Amore, la Morte, combattono guerre, si innamorano e costruiscono, plasmando il mondo nella forma in cui i mortali lo hanno trovato.

Parliamo di qualcuno dei miei miti preferiti.
L'Enuma Elish, il poema sumerico della creazione del mondo. Originariamente esistevano solo Apsu, l'acqua dolce, e Tiamat, l'acqua salata, il mare caotico. Il loro connubio generò i primi dei, ma poiché essi erano troppo rumorosi per Apsu egli decise di ucciderli. Gli dei però scoprirono le sue intenzioni prima che le mettesse in pratica, e così, insieme, lo uccisero. Tiamat, furibonda, generò da sola una folta schiera di mostri, uomini scorpione, serpenti, e si dice che lei stessa avesse l'aspetto di un immenso drago cosmico.
Nella guerra fra le due schiere, è spettacolare il modo in cui gli dei vinsero contro Tiamat: Marduk, il dio del sole, principale divinità di quel pantheon, scatenò un demone contro di lei. Il demone dell'aria Imhullu entrò nelle fauci del drago, spalancate per divorarlo, e straziò le viscere di Tiamat costringendola a tenere la bocca aperta, sicché Marduk tagliò il suo corpo in due metà: la superiore divenne il cielo, l'altra la terra. I Sumeri immaginarono più di seimila anni fa una sequenza di battaglia fra mostri che non sfigurerebbe minimamente in un film moderno.
I miti cosmogonici si somigliano molto: nella mitologia nordica le varie parti del mondo sono pezzi del corpo del gigante Ymir, nella mitologia greca c'è lo stesso tòpos del padre che si avventa contro i figli e dei figli che lo detronizzano per ben due generazioni.
Del mondo greco non saprei quale mito citare, se le dodici fatiche di Eracle, l'eroe più grande del mondo, o la guerra fra gli Dei e i Titani ancora prima che il mondo fosse, o la storia commovente di Eros e Psiche, o quella tragica di Edipo.

Non si tratta solo di storie, di eventi: una delle cose più belle, più importanti e che più testimoniano quanto intensa sia la poesia insita nella visione umana -nell'umanità buona, perlomeno - è il modo in cui gli antichi riuscissero ad andare oltre il mondo, al di là del cielo e al di sotto della terra, e poiché non avevano ancora gli strumenti per vederli, creassero, secondo delle intuizioni che si possono ritrovare anche in popoli molto lontani fra loro, un sistema di luoghi e di fenomeni cui i protagonisti dei miti appartenevano. Il mondo in cui creassero delle cosmologie.
Cosmologia non significa soltanto che ci siano, nel cosmo, altri luoghi oltre alla realtà fisica e tangibile, ma anche che quei luoghi abbiano un significato e un senso, e che tutti insieme costituiscano una sorta di grande sistema filosofico oggettivato.
Questa grande ricchezza che è la cosmologia l'ho scoperta da piccolo, grazie al romanzo per bambini (ma che rileggerei volentieri anche adesso) "Il mare dei troll" di Nancy Farmer: una storia un po' romanzo di formazione e un po' fantasy in cui grande spazio veniva dato alla mitologia nordica, e che presentava, nella prima pagina, una chiara rappresentazione dei nove mondi di quella mitologia.


Secondo questa visione, la terra si trova nel mezzo (Miðgarðr) di un sistema di opposizioni fra gli altri mondi, fra quello degli dèi, Ásgarðr, ed Hel, il regno dei morti, fra Múspellsheimr, il mondo infuocato a sud, e Niflheimr, il mondo del gelo e della nebbia a nord. Il mondo degli uomini è poi "nel mezzo" rispetto ai giganti e alle creature mostruose che vengono da Jötunheimr, che completa la cosmologia insieme a Vanaheimr, dimora dei Vanir, dèi legati all'agricoltura che furono sconfitti in guerra dagli dèi di Ásgarðr, Álfheimr, il luogo degli elfi chiari, e Svartálfaheimr, patria degli elfi oscuri (e forse corrispondente a Niðavellir, che viene detto essere il regno dei nani, se si accetta la teoria che gli elfi oscuri fossero i nani). I nove mondi li vidi, in quel disegno, ben distribuiti sugli alberi e le radici di Yggdrasill, il gigantesco frassino cosmico; forse all'inizio pensavo fosse solo l'ambientazione di un libro fra i tanti, e invece ho scoperto che un tempo vissero persone che credevano in questi nomi e nelle storie, avventurose, agghiaccianti, comiche e tragiche insieme, che riguardavano quei nomi e i loro abitanti.

Possibile che senza avere mai visto un elfo né chiaro né scuro il pensiero degli uomini di quella parte del mondo abbia concepito tutta questa costruzione, e tutti gli esseri che la popolano? Forse, dopotutto, la fantasia è davvero una delle risorse più grandi dell'uomo. O forse gli elfi esistono.

Nell'altro post ho citato Tolkien e Lovecraft come due dei miei autori preferiti. Hanno in comune l'aver rivoluzionato i loro generi narrativi d'appartenenza in un modo ancora molto sentito, e questo credo sia dovuto, oltre che ai loro meriti individuali, all'avere creato, entrambi, delle nuove mitologie.
Come, nel XX secolo?
Eppure Tolkien non ha inventato solo dei luoghi geografici e i loro popoli, ma anche la storia degli antenati di quei popoli e dei loro dei, quando la Terra di Mezzo era molto diversa. Mentre Lovecraft ha dato forma a una personale visione filosofica, detta "cosmicismo", ideando un sistema ai limiti dell'assurdo dove nel cosmo e oltre il cosmo esistono divinità mostruose che evidenziano l'insignificanza dell'uomo nell'universo.
Le esigenze erano differenti (Tolkien voleva conciliare il suo amore per i linguaggi con quello per le saghe epiche, creando un linguaggio che si fondasse su una nuova saga; Lovecraft voleva estrinsecare la sua alienazione e il suo tormento esistenziale), ma entrambi hanno creato costruzioni che non sono sole storie del fantastico, perché parlano dell'essere di cui il mondo è fatto e di come tale mondo sia nato. Mentre la mitologia antica deriva da processi di trasmissione orale durati secoli, questi nuovi universi sono stati elaborati dagli scrittori durante la loro vita, sono qualcosa di personale partorita attraverso un percorso individuale, ma sono anche originali, ricchissimi e, in qualche modo, veri come sono veri i miti anche dopo essere stati "smascherati". I loro autori hanno praticato, con successo, la mitopoiesi.
La cosa più bella, è che questi miti li raccontiamo oggi come raccontiamo quelli antichi. Non ci sono solo Tolkien e Lovecraft, tanti autori del fantasy, dell'horror e della fantascienza hanno creato le loro mitologie, e adesso anche fumetti, videogiochi, addirittura gruppi musicali, ideano e raccontano i loro miti. Proprio in questi giorni ho realizzato che i miei fumetti preferiti sono accomunati, oltre che soggetti molto simili, dal fatto che le storie sono collegate da una mitologia di fondo, per cui i protagonisti, oltre a vivere la propria storia, sono figure fondamentali di una trama che coinvolge l'intero universo.

Non è la stessa cosa, certamente, i miti antichi sono una testimonianza del passato e un lascito di qualcosa che non è più, i miti degli scrittori del fantastico sono manifestazioni artistiche molto più vicine a noi. Ma tanto gli uni quanto gli altri fanno parte di una grande ricchezza, quella dell'umanità e del suo spirito.





4 commenti:

  1. Hai ragione quando dici che la fantasia è una delle grandi risorse dell'uomo.Meraviglia comunque che popoli così lontani per epoca e collocazione geografica abbiano elaborato una visione dell'origine del mondo molto simile.
    Secondo te la Bibbia come si colloca in questa elaborazione del mondo?
    che popli cos

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    1. La Bibbia è collegata a tutte le altre mitologie dei popoli mediterranei e del vicino Oriente, questo è sicuro. Lo Sheol ebraico è l'equivalente dell'Ade greco, il Diluvio è presente in quasi tutte le mitologie del mondo, gli Arcangeli in diversi testi ebraici hanno delle funzioni distribuite fra loro che ricordano quelle degli dèi dei popoli vicini. Io ritengo che la Bibbia contenga tanta mitologia come contiene tanta storia, ma l'essere un testo sacro, considerato oltretutto in modo particolare, rende la Bibbia qualcosa che le tradizioni mitologiche di cui ho parlato non possono essere.

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  2. I miti, soprattutto i miti cosmogonici, nascono dal desiderio di rispondere alle domande dell'uomo. Purtroppo sono impreparata su Tolkien...

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    1. Sì, e ciò che è fantastico dei miti è che, nonostante le scienze abbiano fornito delle risposte attendibili a molte di quelle domande, continuiamo ancora a raccontarli. Forse preferivamo quelle risposte.
      Riguardo Tolkien, mi accorgo di avere inserito almeno un riferimento a lui in praticamente tutti i post scritti finora, quindi è probabile che alla fine questo blog diventerà un quadro -per quanto stringato- della sua opera e del suo pensiero. Nel frattempo, non posso non consigliare la lettura del Silmarillion, lì davvero si vede come Tolkien abbia creato una nuova mitologia.

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