Tanto tanto tempo fa, quella terra che in seguito sarebbe stata chiamata "il regno che fu" non era che una regione deserta e fredda, dove non esistevano città e dove le persone erano rare e non rimanevano mai per molto tempo, a meno di avere da compiere un'avventura, di cercare la solitudine, o di essere in rapporto con le bizzarre creature che abitavano lì. Le persone che sanno tante cose, detti saggi o maghi, e quelli che le cose non le sanno, ma le dicono per come esse erano state pensate prima di divenire quello che poi sono state in realtà -e questi sono i poeti- sostengono tutti che in quella regione la terra e la pietra possedessero delle qualità fuori dal comune, e che fossero rimaste nel modo in cui il mondo era nato, o era stato per il periodo più importante della sua esistenza, così che tutte le proprietà che avevano posseduto allora, le avevano mantenute; e quando sia i maghi che i poeti sono d'accordo su una cosa, c'è sempre da fidarsene almeno un po'. Lì e allora, dunque, nella pietra esisteva ancora la vita, negli alberi avevano posto dei pensieri, e tutto ciò che possedeva una forma era in grado, nel corso della stessa esistenza, di cambiare quella forma un numero infinito di volte.
In quel luogo, i confini tra i mondi erano molto diversi da come sono oggigiorno, e il passaggio dall'uno all'altro avveniva senza difficoltà, ogni volta che qualcuno volesse passare da una parte ad un'altra. Del resto, la maggior parte degli esseri e delle cose concordavano sul fatto che, se qualcuno o qualcosa desiderava viaggiare attraverso quei mondi, impedirglielo sarebbe stato quantomeno scortese. Accadeva pertanto che, durante l'inverno, gli abitanti di certi mondi oscuri e pieni di tenebra girovagassero tranquillamente per quella regione, cacciando e mangiando i suoi abitanti, praticando i propri svaghi, coltivando i propri amori e raccontandosi le proprie storie; quando poi l'inverno terminava, e giungeva la primavera, questi esseri se ne tornavano da dove erano venuti, sostituiti dai visitatori di mondi più luminosi e dalle abitudini differenti. Gli abitanti del luogo, peraltro, ragionavano ciascuno di testa propria, e vi erano, tra di loro, certuni che gradivano la compagnia degli esseri oscuri -complice il fatto che questi non li mangiavano-, che ascoltavano le loro storie e gliene raccontavano di nuove, e che quando l'inverno finiva li accompagnavano, oppure, se restavano, trattenuti da questa o da quella ragione, ne soffrivano la mancanza e attendevano il loro ritorno con un po' di tristezza.
CONTINUA
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