È per questo che ho letto ad alta voce le elegie anglosassoni del codice Exeter, anche se non conoscevo la lingua in cui furono scritte. E adesso che ho cominciato a dedicarmi attivamente al suo apprendistato, scrivo di loro perché questi versi, oltre che nel mio, riprendano vita anche nel mondo di altre persone.
Veduta del manoscritto con due pagine contenenti The Wanderer |
La reale appartenenza di questi testi al genere elegiaco è ancora oggetto di dibattito presso gli studiosi, in quanto essi non sono codificati secondo un metro prestabilito, come nel mondo classico, e presi singolarmente differiscono anche abbastanza l'uno dall'altro. Trasmettono, però, una visione e un sentimento così complessi, e per certi versi così moderni, da essere divenuti un argomento estremamente discusso nello studio della letteratura inglese in particolare, e del mondo germanico in generale.
The Wanderer (L'errante), The Seafarer (Il navigatore), The Riming Poem (Poesia in rima), Deor, Wulf and Eadwacer, The Wife's Lament (Il lamento della moglie), The Husband's Message (Il messaggio del marito) e The Ruin (La rovina) sono scorci aperti su personaggi e luoghi identificabili con stati della mente e moti dell'animo; le voci delle elegie rimpiangono o compiangono qualcosa, hanno alle spalle ricordi felici legati alla perdita, mentre il loro presente è infelice, gravato dalla solitudine, dalla sofferenza, dall'esilio; perché, anche Dante lo fa dire alla sua Francesca da Rimini, "nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice ne la miseria". E il loro futuro non prevede la possibilità del cambiamento, ma il protrarsi della decadenza.
Questi sentimenti di disfacimento e malinconia vengono proiettati sull'ambiente e i paesaggi: la terra è stretta nella morsa dell'inverno, i palazzi e le mura sono in rovina, il mare tempestoso. Si ravvisano elementi, anche se con finalità diverse, di quella sensibilità che sarà propria della grande stagione del Romanticismo europeo.
Paesaggio invernale - Paul Gauguin |
Le elegie hanno dunque spunti simili e forse addirittura rimandi interni, se la moglie del "Lamento" e il marito del "Messaggio" sono coniugi, ma anche visioni diverse; laddove "L'errante" esorta a confidare in Dio e nella felicità ultraterrena, questa possibilità non viene presa in considerazione da tutte le altre. Bisognerebbe esaminarle tutte per poterne discutere più approfonditamente, e in questa sede ciò non sarebbe possibile.
Dedicherò dunque questo spazio alla più celebre delle elegie anglosassoni, ricca di temi e di richiami alle tradizioni del suo tempo e destinata a essere richiamata a sua volta nei tempi a venire, e cioè "L'errante".
Mi avvalgo, in questo caso, di quanto ho letto nel saggio "On the Identity of the Wanderer" di Ida Masters Hollowell, contenuto nella raccolta di saggi "The Old English Elegies" di Martin Green (1983). È stato il primo studio di letteratura che abbia condotto personalmente su un testo del genere e per quanto approssimativo e maldestro provo emozione al pensiero di averlo fatto (non oso definirlo uno studio filologico, dato che non sono competente né nel metodo in sé né nella lingua in oggetto, ma gli spunti filologici non mancano nel saggio che ho letto, ho compreso il possibile mediante le spiegazioni e mi rifarò anche ad essi nel mio discorso).
Mi avvalgo, in questo caso, di quanto ho letto nel saggio "On the Identity of the Wanderer" di Ida Masters Hollowell, contenuto nella raccolta di saggi "The Old English Elegies" di Martin Green (1983). È stato il primo studio di letteratura che abbia condotto personalmente su un testo del genere e per quanto approssimativo e maldestro provo emozione al pensiero di averlo fatto (non oso definirlo uno studio filologico, dato che non sono competente né nel metodo in sé né nella lingua in oggetto, ma gli spunti filologici non mancano nel saggio che ho letto, ho compreso il possibile mediante le spiegazioni e mi rifarò anche ad essi nel mio discorso).
Wyrd Bindrune, simbolo moderno usato per rappresentare il wyrd fondendo tutti i simboli dell'alfabeto runico a significare come il wyrd leghi tra loro tutte le cose. |
Chi egli sia, non lo sappiamo; le interpretazioni a riguardo sono molto affascinanti, e ci arriverò più avanti. Egli (si noti che non è garantito che la voce iniziale, quella che presenta l'errante, sia quella dell'errante stesso) riferisce il proprio stato e il proprio percorso, cominciando il discorso riferendo non le azioni, ma i pensieri: egli lamenta spesso sul far dell'alba la sua condizione, ma solo da solo, non riferisce i suoi pensieri a nessuno perché l'etica cui appartiene impone che un uomo non esterni i propri pensieri, che non esibisca la sofferenza perché non la si riconosca in lui. In questo e altri momenti, l'errante parla, più che per sé stesso, per l'uomo: le osservazioni sulla propria vita si alternano a massime universali che riguardano la condizione dell'uomo, e precetti di vita cui il saggio è invitato ad attenersi. Per questo tono, quasi inteso a porre distanza fra sé e ciò di cui parla, Rosemary Woolf definisce l'autore di The Wanderer impersonale, interessato a parlare non di come si senta, ma di come si sente qualunque uomo nelle sue condizioni.
L'errante passa a riferire di come abbia lasciato la patria e "stretto la mente in lacci" (serbando appunto i suoi sentimenti) dopo la fine del suo signore, e che nel suo viaggio per terra e per mare egli sia alla ricerca di un nuovo signore, di una nuova comunità di appartenenza. Si tratta dell'affresco di un fenomeno sociale caratteristico della società germanica, il cosiddetto comitatus che in anglosassone si chiama dryth, ed è uno dei motivi principali per cui la scoperta di questo testo mi ha scosso: esso funge da immagine di un tipo di società lontano nel tempo, la comunità del signore (in accezione feudale) e dei suoi compagni, nobili, guerrieri, in generale l'élite della società, raccolti in una "sala dell'idromele" che costituisce un simbolo del loro prestigio, e che d'altronde è la stessa che si ritrova nel Beowulf (come del resto nella maggior parte dei testi prodotti da questa cultura, cito il Beowulf solo perché è un esempio ben presente a me e, probabilmente, anche a qualche lettore). Vederla descritta in poemi epici che parlano del passato è emozionante, ma li avvolge nell'alone della leggenda e del rapporto della posteriorità verso l'anteriorità, mentre in una poesia lirica composta da un uomo che ha vissuto in un simile ambiente si ha un passaggio più diretto fra tale sala e la nostra percezione.
Idea della sala nel mondo germanico |
Il ricordo della fortuna passata e della bellezza di quel mondo, in confronto al grigiore del presente, è un tema elegiaco a pieno diritto e molto intenso in questa poesia. L'errante ricorda non solo lo sfarzo e il benessere, ma anche il rapporto personale con il signore, l'omaggio che gli rendeva in cambio dei benefici; ed il ricordo è come un sonno, perché poi l'uomo si sveglia e vede davanti a sé le onde,gli uccelli marini e la neve, in contrasto con la visione precedente attraverso un'immagine molto moderna. Ricorda poi dei parenti e degli amici, il piacere della vita con loro, contrapposto invece alla difficoltà del presente.
Decorazione a forma di corvo da uno scudo anglosassone |
Il quadro della rovina è pieno di immagini sconvolgenti, ed è bellissimo. Le sale distrutte, i signori e i guerrieri uccisi, ed il celebre motivo degli "animali delle battaglie", tòpos frequente nella poesia germanica (Beowulf incluso) che dipinge gli scempi compiuti dai corvi, i lupi e le aquile sui cadaveri disseminati sul campo di battaglia. Dopo le bestie, in questo caso, c'è anche il quadro drammatico del guerriero che nasconde un compagno morto in un buco nella terra, per salvarlo da tale onta.
L'esito, disposto dal "creatore degli uomini" sono le rovine, tutto ciò che resta "dell'antica opera dei giganti", secondo i miti nordici sui giganti costruttori di grandi edifici, e delle leggende inglesi che attribuivano a giganti le costruzioni dei Romani.
Chi medita su ciò (presumiamo sia sempre l'eardstapa a parlare, ma potrebbe essere anche un'altra voce introdotta dal primo narratore) esclama, seguendo il modello latino (ricorrente in molte letterature europee) dell'ubi sunt, i versi che rappresentano il culmine di The Wanderer:
Hwær cwom mearg? Hwær cwom mago? Hwær cwom maþþumgyfa?
|
‘Dov’è il destriero? Dove il giovane guerriero? Il donatore d’ori?
|
Hwær cwom symbla gesetu? Hwær sindon seledreamas?
|
Dove i seggi dei banchetti? Dove sono le gioie della sala?
|
Eala beorht bune. Eala byrnwiga.
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Ah, la coppa splendente! Ah, il guerriero in armi!
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Eala þeodnes þrym. Hu seo þrag gewat,
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Ah, la gloria del signore! Come è passato quel tempo,
|
genap under nihthelm, swa heo no wære.
|
scomparso nel buio della notte, come se mai fosse stato!
|
Qui inviterei a interrompere la lettura e meditare sulla bellezza e lo struggimento di questi versi, perché se destrieri e coppe non affascinano l'uomo moderno, li sostituisca con tutto ciò che di caro ha per lui il passato, e allora, forse, si avvicinerà.
Il motivo dell'ubi sunt nasce nella poesia medievale, come espressione della caducità e della vanità del mondo, spesso nella locuzione "ubi sunt qui ante nos fuerunt?" (dove sono quelli che furono prima di noi?), per ricordare che ogni cosa è transitoria e ammonire i mortali. Spesso, però, assume un senso di nostalgia, di sguardo smarrito che non riconosce più ciò che conosceva in ciò che vede.
Proprio questi versi sono una base su cui dibattere sul carattere cristiano o pagano di The Wanderer, se questo ubi sunt sia un rimprovero o una ricerca.
Proprio questi versi sono una base su cui dibattere sul carattere cristiano o pagano di The Wanderer, se questo ubi sunt sia un rimprovero o una ricerca.
Qualunque tolkieniano a questo punto avrà gli occhi che gli brillano; e a ragione, perché da questi versi derivano quelli pronunciati da Aragorn ne "Le due torri":
"Dove sono cavallo e cavaliere? Dov'è il corno dal suono violento?
Dove sono l'elmo e lo scudiere, e la fulgida capigliatura al vento?
Dov'è la mano sull'arpa, e il rosso fuoco ardente?
Dov'è la primavera e la messe, ed il biondo grano crescente?
Son passati come pioggia sulla montagna, come raffiche di vento in campagna;
I giorni scompaiono ad ovest, dietro i colli che un mare d'ombra bagna.
Che riunirà il fumo del legno morto incandescente?
Chi tornerà dal Mare e potrà mirare il tempo lungo e fuggente?"
Poi riproposti nel monologo di Théoden nel film di Peter Jackson: "Dove sono il cavallo e il cavaliere? Dov'è il corno che suonava? Sono passati come la pioggia sulle montagne. Come il vento nei prati. I giorni sono calati a ovest, dietro le colline, nell'Ombra. Come siamo giunti a questo?".
Théoden nella celebre scena tratta da Le due torri (2002) |
L'errante risponde: gli uomini li hanno presi le lance, le armi, e il wyrd "seo maere" (il famoso), e nelle sale restano la neve e l'inverno, l'immagine dell'abbandono, mentre è minacciata da nord l'arrivo di ombra, oscurità e grandine, da quel nord che, nella visione dei popoli germanici, è la direzione del freddo, della morte, degli inferi e del male. Anche questo riecheggia in Tolkien.
La conclusione del suo monologo, così, è che il wyrd nulla lascia dell'opera degli uomini, nulla resta sulla terra, né gli uomini, né le opere. Se in opere come l'Edda il pensiero della morte è consolato dall'eternità della fama degli eroi, queste poesie, influenzate dalla visione cristiana, non prendono in considerazione questa fama, l'idea che un uomo possa essere superiore ad un altro. L'ubi sunt, all'ombra di questa conclusione, assume un significato morale.
Giungiamo così agli ultimi cinque versi, che come i primi contengono esplicito riferimento a Dio e al regno dei cieli. Il discorso dell'errante ha fine, probabilmente chi parlava di lui è un altro, e quest'altro, senza nesso logico con la parte precedente, come mette in luce il saggio di Ida Masters Hollowell, parla di quanto sia bene serbare il proprio affanno e non parlarne, cercando per sé una soluzione. E poi (anche qui, senza concatenazione logica), di quanto sia bene cercare il conforto presso il padre nei cieli.
È comunque inesatto, osserva l'introduzione di Martin Green, considerare spurie, come molti hanno fatto, le parti cristiane. Lo è perché i motivi interni non si contraddicono necessariamente, il tema dell'ubi sunt può invitare a riflettere sulla vanità della vita terrena, e il wyrd, inteso come principio di decadenza del mondo, totalmente impersonale e non necessariamente divino, non è così incompatibile nel quadro cristiano. Parlare di wyrd nei vari inni della letteratura latina o italiana sulla vanitas vanitatum, non li snaturerebbe se non sul piano linguistico.
Quel che è più corretto, come avviene per ogni cosa, è che non si può avere mai, tra due alternative, una risposta unilaterale. Ossia, non si può definire The Wanderer solo cristiano o solo pagano.
Uno degli spunti più interessanti nel saggio, inteso appunto, come dice il titolo, a capire chi sia l'errante, è la teoria che lo si possa identificare con un esponente della categoria dei woðboran. Un woðbora è una figura che unisce caratteristiche dell'indovino e del poeta, un esperto di un'arte, un professionista, diremmo oggi, che frequenta le corti e le arricchisce grazie alle sue conoscenze; soprattutto, insegna. Nella difficoltà di ricostruire questa figura, si può dire che il woðbora insegni qualcosa. Detti di saggezza come quelli di questa elegia, lezioni, che probabilmente egli offriva anche alla sua corte. La parola woðbora deriva dalla radice germanica wat, che rimanda al concetto di ispirazione dei poeti e degli indovini, da cui deriva il nome "Woden", nome germanico di questi ambiti, che in italiano è meglio conosciuto come Odino. Odino il dio errante, che nei poemi e nelle saghe viaggia sotto mentite spoglie e falsi nomi di sala in sala, per mettere alla prova gli uomini e la loro saggezza. Di certo, il sofferente che parla nell'elegia del manoscritto di Exeter non è un dio. Ma in lui rivive l'idea, antichissima e ancora affascinante, di questo misterioso viaggiatore, esperto di magia, rune e storie sacre, ispiratore dei canti e della poesia, la cui ultima incarnazione altri non è che il grigio pellegrino della Terra di Mezzo, meglio noto come Gandalf.
(La traduzione del testo proviene da questa pagina, dove è tradotto insieme alle altre elegie.
A chi conosce l'inglese, consiglio invece di confrontare il testo originale con questa traduzione, che rispetto a una lingua di tutt'altro ceppo, come l'italiano, permette di preservare più elementi originari.)
Oft him anhaga
are gebideð,
|
Sempre il solitario trova
favore,
|
metudes miltse,
þeah þe he modcearig
|
conforto da Dio, sebbene
afflitto nel cuore
|
geond lagulade longe sceolde
|
abbia dovuto a lungo per
le vie del mare
|
hreran mid hondum hrimcealde sæ,
|
smuovere con la mano le
gelide acque, battere
|
wadan wræclastas –
wyrd bið ful aræd.
|
orme d’esilio –
inesorabile è il Fato.
|
Swa cwæð eardstapa,
earfeþa gemyndig,
|
Così disse l’errante,
memore d’affanni,
|
wraþra wælsleahta, winemæga
hryre:
|
di eccidi feroci, morte di
congiunti:
|
“Oft ic sceolde ana
uhtna gehwylce
|
“Spesso ho dovuto solo, al
far dell’alba,
|
mine ceare cwiþan. Nis nu cwicra
nan
|
lamentare la mia pena. Non
c’è ora vivo
|
þe ic him modsefan minne durre
|
alcuno cui osi far
manifesto
|
sweotule asecgan.
Ic to soþe wat
|
il mio animo. Io so per
vero
|
þæt biþ in eorle
indryhten þeaw
|
che in uomo è nobile
costume
|
þæt he his ferðlocan
fæste binde,
|
forte serrare il cinto
della mente, chiudere
|
healde his hordcofan,
hycge swa he wille.
|
la stanza del cuore, pensi
come vuole.
|
Ne mæg werig mod
wyrde wiðstondan,
|
L’animo affranto non può
opporsi al fato,
|
ne se hreo hyge helpe gefremman.
|
né il cuore turbato
porgere soccorso.
|
Forðon domgeorne dreorigne oft
|
Chi brama gloria, perciò,
spesso
|
in hyra breostcofan bindað fæste.
|
nel petto rinserra
l’angoscia.
|
Swa ic modsefan minne sceolde
|
Così io, spesso misero e
afflitto,
|
oft earmcearig, eðle bidæled,
|
senza patria, lontano da
parenti,
|
freomægum feor feterum sælan,
|
ho dovuto la mente
stringere in lacci,
|
siþþan geara iu goldwine minne
|
da quando in anni lontani
il mio signore
|
hruse heolstre biwrah,
ond ic hean þonan
|
la terra coprì con il
buio, e derelitto
|
wod wintercearig
ofer waþema gebind,
|
di là andai sul rimescolio
delle onde,
|
sohte seledreorig sinces bryttan,
|
cercai, senza sala, uno
spartitore di ori,
|
hwær ic feor oþþe neah
findan meahte
|
dove, vicino o lontano,
potessi trovare
|
þone þe in meoduhealle [minne]
myne wisse,
|
chi nella sala
dell’idromele di me sapesse,
|
oþþe mec freondleasne
frefran wolde,
|
o volesse confortare uno
senza amici, nella gioia
|
wenian mid wynnum.
Wat se þe cunnað
|
intrattenerlo. Chi ne ha
fatto prova sa
|
hu sliþen bið
sorg to geferan,
|
che crudele compagno è il
dolore
|
þam þe him lyt hafað
leofra geholena.
|
per colui che ha pochi
amici diletti.
|
Warað hine wræclast,
nales wunden gold,
|
Sue sono orme d’esilio,
non oro attorto,
|
ferðloca freorig, nalæs foldan
blæd.
|
gelido petto, non lo
splendore della terra.
|
Gemon he selesecgas
ond sincþege,
|
Ricorda i guerrieri nella
sala e i doni ricevuti,
|
hu hine on geoguðe
his goldwine
|
come da giovane lo
intrattenne a banchetto
|
wenede to wiste –
wyn eal gedreas.
|
il signore – perì del
tutto la gioia.
|
Forþon wat se þe sceal
his winedryhtnes
|
Perciò sa, chi deve a
lungo privarsi
|
leofes larcwidum longe forþolian
–
|
dei consigli del suo amico
e signore,
|
ðonne sorg ond slæp
somod ætgædre
|
che quando sovente affanno
e sonno
|
earmne anhogan oft gebindað,
|
assieme avvincono il
misero solitario,
|
þinceð him on mode
þæt he his mondryhten
|
nell’animo gli sembra di
abbracciare
|
clyppe ond cysse,
ond on cneo lecge
|
e baciare il signore, sul
ginocchio posargli
|
honda ond heafod,
swa he hwilum ær
|
le mani e il capo, come
quando a volte
|
in geardagum giefstolas breac.
|
un tempo godeva del seggio
dei doni.
|
Ðonne onwæcneð eft
wineleas guma –
|
Poi si ridesta l’uomo
senza amici –
|
gesihð him biforan
fealwe wegas,
|
vede davanti a sé le
fosche onde,
|
baþian brimfuglas, brædan feþra,
|
bagnarsi gli uccelli
marini, allargare le penne,
|
hreosan hrim ond snaw
hagle gemenged.
|
cadere gelo e neve misti a
grandine.
|
Þonne beoð þy hefigran heortan
benne,
|
Più grevi sono allora le
ferite del cuore,
|
sare æfter swæsne. Sorg bið
geniwad
|
rimpianto dell’amato. Si
rinnova l’affanno
|
þonne maga gemynd mod
geondhweorfeð;
|
quando la mente ripercorre
il ricordo dei parenti;
|
greteð gliwstafum, georne
geondsceawað
|
saluta con segni di gioia,
bramoso osserva
|
secga geseldan;
swimmað oft on weg –
|
i compagni degli uomini;
sempre nuotano via –
|
fleotendra ferð no þær fela
bringeð
|
espressioni familiari non
porta
|
cuðra cwidegiedda. Cearo bið
geniwad
|
lo spirito dei natanti. Si
rinnova la pena
|
þam þe sendan sceal
swiþe geneahhe
|
a chi deve più e più volte
mandare
|
ofer waþema gebind
werigne sefan.
|
la mente accasciata sul
rimescolio del mare.
|
Forþon ic geþencan ne mæg
geond þas woruld
|
A questo mondo perciò non
so pensare
|
for hwan modsefa min ne gesweorce
|
perché al tutto non
s’ottenebri la mia mente,
|
þonne ic eorla lif
eal geondþence,
|
quando ripenso alla vita
dei guerrieri,
|
hu hi færlice
flet ofgeafon,
|
come d’improvviso
lasciarono la sala,
|
modge maguþegnas.
Swa þes middangeard
|
i coraggiosi seguaci. Così
ogni giorno
|
ealra dogra gehwam
dreoseð ond fealleþ.
|
questa terra perisce e
decade. Saggi, perciò,
|
Forþon ne mæg wearþan wis
wer, ær he age
|
non si diventa, se prima
non si hanno
|
wintra dæl in woruldrice.
Wita sceal geþyldig –
|
molti anni al mondo. Il
saggio deve esser paziente –
|
ne sceal no to hatheort
ne to hrædwyrde,
|
non troppo passionale né
troppo avventato nel parlare,
|
ne to wac wiga
ne to wanhydig,
|
né guerriero troppo fiacco
né troppo temerario,
|
ne to forht ne to fægen,
ne to feohgifre
|
né troppo pavido né troppo
esultante, né troppo avido
|
ne næfre gielpes to georn
ær he geare cunne.
|
né mai troppo bramoso di
vanti prima che chiaro sappia.
|
Beorn sceal gebidan,
þonne he beot spriceð,
|
Deve aspettare, quando
pronuncia impegno,
|
oþþæt collenferð cunne gearwe
|
di conoscer chiaro, il
valoroso, dove
|
hwider hreþra gehygd
hweorfan wille.
|
vogliano volgersi i
pensieri del cuore.
|
Ongietan sceal gleaw hæle
hu gæstlic bið
|
Deve capire, il prudente,
come sarà orrendo
|
þonne ealre þisse worulde
wela weste stondeð,
|
quando del tutto periranno
i beni della terra,
|
swa nu missenlice
geond þisne middangeard
|
così come ora stanno qua e
là per il mondo
|
winde biwaune weallas stondaþ,
|
mura spazzate dal vento,
coperte dal gelo,
|
hrime bihrorene, hryðge þa
ederas.
|
edifici nella tormenta.
|
Woniað þa winsalo;
waldend licgað
|
Rovinano le sale del vino;
giacciono i signori
|
dreame bidrorene,
duguþ eal gecrong
|
privati di gioia, i
seguaci tutti perirono,
|
wlonc bi wealle.
Sume wig fornom,
|
superbi presso il muro.
Alcuni li prese la guerra,
|
ferede in forðwege: sumne fugel
oþbær
|
li spinse per via: chi un
uccello portò
|
ofer heanne holm;
sumne se hara wulf
|
sopra il mare profondo;
chi il grigio lupo
|
deaðe gedælde; sumne dreorighleor
|
spartì con la morte; chi,
ancora, triste
|
in eorðscræfe eorl gehydde.
|
un guerriero nascose in un
antro di terra.
|
Yþde swa þisne eardgeard
ælda scyppend
|
Così rovinò questo abitato
il creatore degli uomini,
|
oþþæt burgwara breahtma lease
|
finché ormai vuota di voci
di festa
|
eald enta geweorc
idlu stodon.
|
rimase deserta l’antica
opera di giganti.
|
Se þonne þisne wealsteal
wise geþohte
|
Chi su questa struttura ha
saggiamente riflettuto
|
ond þis deorce lif
deope geondþenceð,
|
e mediti a fondo su questa
oscura vita,
|
frod in ferðe,
feor oft gemon
|
esperto nell’animo,
lontani spesso rammenta
|
wælsleahta worn,
ond þas word acwið:
|
i molti eccidi, e così
dice:
|
‘Hwær cwom mearg? Hwær cwom
mago? Hwær cwom
maþþumgyfa?
|
‘Dov’è il destriero? Dove
il giovane guerriero? Il donatore d’ori?
|
Hwær cwom symbla gesetu?
Hwær sindon seledreamas?
|
Dove i seggi dei
banchetti? Dove sono le gioie della sala?
|
Eala beorht bune. Eala byrnwiga.
|
Ah, la coppa splendente!
Ah, il guerriero in armi!
|
Eala þeodnes þrym. Hu seo þrag
gewat,
|
Ah, la gloria del signore!
Come è passato quel tempo,
|
genap under nihthelm,
swa heo no wære.
|
scomparso nel buio della
notte, come se mai fosse stato!
|
Stondeð nu on laste leofre duguþe
|
Resta ora a vestigia
dell’amata schiera il muro
|
weal wundrum heah,
wyrmlicum fah.
|
di mirabile altezza,
serpiforme nei fregi.
|
Eorlas fornoman asca þryþe,
|
Gli uomini se li presero
stuoli di lance,
|
wæpen wælgifru,
wyrd seo mære,
|
armi avide di strage, il
fato famoso,
|
ond þas stanhleoþu
stormas cnyssað,
|
e le tempeste battono
queste pareti rocciose,
|
hrið hreosende hrusan bindeð,
|
la neve che cade serra la
terra,
|
wintres woma,
þonne won cymeð,
|
furia d’inverno, quando
buia viene,
|
nipeð nihtscua, norþan onsendeð
|
s’oscura l’ombra della
notte, da nord manda
|
hreo hæglfare
hæleþum on andan.
|
grandinate feroci in astio
agli uomini.
|
Eall is earfoðlic
eorþan rice,
|
Tutto travagliato è il
regno della terra,
|
onwendeð wyrda gesceaft
weoruld under heofonum.
|
l’opera del fato muta il
mondo sotto il cielo.
|
Her bið feoh læne;
her bið freond læne;
|
Qui non dura la ricchezza,
non dura l’amico,
|
her bið mon læne;
her bið mæg læne –
|
qui non dura l’uomo, non
dura il parente –
|
eal þis eorþan gesteal
idel weorþeð.’”
|
deserta diventa la
struttura della terra.’”
|
Swa cwæð snottor on mode –
gesæt him sundor æt rune.
|
Così disse fra sé il
saggio, sedendo assorto in disparte.
|
Til biþ se þe his treowe
gehealdeþ, ne sceal næfre his torn to rycene
|
Buono è chi serba lealtà,
e mai dal suo petto
|
beorn of his breostum
acyþan, nemþe he ær þa bote cunne,
|
manifesta l’affanno, se
prima non sappia con forza
|
eorl mid elne gefremman.
Wel bið þam þe him are seceð,
|
apportarvi rimedio. Bene a
chi cerca favore,
|
frofre to fæder on heofonum,
þær us eal seo fæstnung stondeð.
|
conforto dal Padre nei
cieli, là è per noi sicurezza.
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Sto preparando un esame su questa elegia e volevo farti i complimenti per questa bella analisi! Mi sarà di sicuro molto utile! :)
RispondiEliminaMi dispiace di aver letto e rispondere solo adesso, ma sono molto felice di sapere che questo post è arrivato da qualche parte ed è stato anche di aiuto per qualcosa :) Spero che l'esame vada o sia già andato ottimamente.
EliminaAnch'io sto preparando un esame ed ho trovato utilissimo il tuo post.
RispondiEliminaMi fa molto piacere!
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