La prima volta che ho pensato questa cosa, diversi anni fa, è stato in una situazione bizzarra: leggevo su Wikipedia la pagina su Dante, il protagonista della serie videoludica Devil May Cry. In quella pagina c'era una parte, che ora purtroppo non c'è più, sulla psicologia del personaggio; questa psicologia nel corso dei videogiochi è stata cambiata anche bruscamente, beninteso, e sinceramente io la definirei in modo diverso, ma lì c'era scritto "si può dire che Dante sia un individuo dalla personalità alquanto dualistica, riflessivo e al contempo avventato, solitario ma anche amante della compagnia".
Leggevo questa cosa e pensavo "ma non vale lo stesso anche per me?". Perché fondamentalmente sono un solitario, ma quando mi trovo nella giusta compagnia sono a mio agio quasi allo stesso modo; rifletto molto più che agire, ma arriva sempre un momento in cui stronco la riflessione e agisco (e poi me ne pento).
Fu soprattutto per quello che cominciai a seguire Devil May Cry, a giocare tutti e quattro i titoli e il reboot anche più volte finché non sono diventati la mia terza saga videoludica preferita (certo, anche gli elementi "cappotto rosso, spade, trasformazione in demone, Heavy Metal, belle donne" hanno avuto la loro importanza).
Vedo il mondo come un coesistere di luci e di tenebre, in cui quasi tutti preferiscono la luce e alcuni le tenebre. Io rientrerei fra questi ultimi: in primo luogo, molto semplicemente, mi piace il buio, lo stare al buio, il nero. Preferisco la notte al giorno, ci sono giornate che trascorro in attesa che il sole tramonti, perché leggere al buio è sempre più evocativo (posso leggere di notte un passo che nel libro avviene di giorno e figurarmelo mentalmente con colori molto vividi, ma un passo notturno, di giorno, preferisco non leggerlo). E poi il Metal...beh, questo è scontato.
Però alle tenebre manca qualcosa. Le vedo come un sottoinsieme del giorno, e il nero è una tinta sola, anche se assorbe tutti i colori, mentre la luce è di tutti i colori. Se dovessi scegliere fra un mondo in cui è sempre giorno e uno in cui è sempre notte sceglierei il secondo, ma - qui mi ricollego al post precedente - poiché fra le due anime prediligo quella dell'epica, e poiché associo l'epica alla luce, a quel mondo di sola notte mancherebbe quell'atmosfera e sarebbe una mancanza troppo grande. Quindi dualismo tra la luce e l'ombra.
Michael Moorcock, l'autore della saga dark fantasy "Elric di Melnibonè", oltre ad avere unito Tolkien e Lovecraft (e già questo è degno di lode) ha introdotto un tòpos in questo genere, che è stato ripreso da ambientazioni molto più famose, come Dungeons & Dragons e soprattutto Warhammer: lo scontro fra Ordine e Caos. Gli dèi del Caos combattono la guerra senza fine contro gli dèi dell'Ordine, e i mortali sono le loro pedine. Oh, può darsi che poi la guerra finisca, ho letto solo i primi due dei sette racconti della saga, perché sembra che i successivi siano irreperibili sia in italiano che in inglese.
Il caos è un concetto al quale vengo associato costantemente dagli altri. Diciamo che mi piace il disordine: l'ordine mi annoia, ho continuamente stimoli verso cose diverse, la mia mente è come un serpente dalle spire aggrovigliate che, nel puntare sempre direzioni diverse, contorce ulteriormente le spire e si aggroviglia sempre di più. Diciamo anche che la stessa parola "caos" mi attira ogni volta che la incontro, in un mito, in una mitopoiesi, in Lovecraft, in Warhammer.
Eppure, dedico parecchio tempo all'ordine, schematizzando le cose che mi piacciono entro determinate categorie. Anche nel sistemare i libri negli scaffali associandoli in base ai collegamenti che hanno tra loro. Sulla base di questo e molti altri esempi più difficili da spiegare so che, nel conflitto fra Ordine e Caos, non mi schiererei a meno di potermi scindere in due e appoggiare entrambi. Quindi dualismo.
Il Ginnungagap. Non avrei sperato in un'immagine così bella. |
Io odio il caldo. Odio l'estate, soprattutto. Tollero bene il freddo, ma un po' di sudore mi fa dare in escandescenze. Preferisco l'inverno perché mi piace l'abbigliamento invernale (e posso vestirmi di nero) mentre quello estivo lo aborro, e lo preferisco anche per questo pensiero: gli antichi Elleni consacravano l'inverno a Dioniso, quindi alla tragedia, perché il freddo non permetteva le attività all'aperto, e così lo trascorrevano al coperto dedicandosi all'arte del raccontare storie, dell'indagine dell'anima.
Però, anche qui c'è una contraddizione, e cioè che il mio elemento preferito è il fuoco. Non penso di essere un piromane o di diventarlo, ma nel vedere una fiamma ardere scorgo qualcosa di bello e di importante; un falò è uno spettacolo. Diciamo che l'ideale per me sarebbe vivere sempre in inverno in mezzo a delle fiamme. Ancora dualismo.
Sono una delle persone più calme che ci siano, eppure sotto quella calma penso spesso a quello che non sopporto del mondo, delle persone, di me stesso, e mi viene voglia di rompere tutto.
Credo in tutto quello in cui credo, eppure ne dubito in continuazione.
Ho aperto un blog in cui scrivere di quello che mi piace e di quello che ho bisogno di scrivere, eppure penso che forse sarebbe meglio non scriverlo, perché più dai al mondo più il mondo può usare contro di te quello che gli dai. Ma cercherò di essere ottimista. Anche se razionalmente cerco di essere pessimista per prevenire le delusioni, istintivamente sono ottimista. Ancora dualismo.
A conti fatti questo dualismo mantiene una costante condizione di contrasto fra i due opposti, perché anche se fra i due ce n'è uno più influente l'altro lo sento comunque. Ed è una cosa buona, perché questo genera una sorta di equilibrio di forze che fa sì che nessuna delle due annulli l'altra e che i miei stimoli, la mia volontà, cambino e generino sempre qualcosa di nuovo, come tanti Ginnungagap interiori.
La dualità è dell'uomo e la perfezione nasce dall'incontro.
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