tag:blogger.com,1999:blog-36487708561031182332024-03-13T20:25:21.555+01:00L'Anima del MostroFrancis Starkhttp://www.blogger.com/profile/10559448728477569844noreply@blogger.comBlogger104125tag:blogger.com,1999:blog-3648770856103118233.post-41810152852467112432021-01-21T22:50:00.004+01:002021-01-21T22:50:44.900+01:00Il nuovo sito dell'Anima del Mostro<p>Buonasera a tutti. Con questo post, avviso i carissimi lettori del blog dell'Anima del Mostro del fatto che, da oggi, il percorso iniziato qui prosegue sul nuovo sito, <a href="https://lanimadelmostro.com/" target="_blank">https://lanimadelmostro.com/</a>.</p><p>Inizia la Fase 2, finalmente. Mentre il progetto continuerà a portare lo stesso nome, questa nuova fase sarà distinta come “Anima del Demone”.<br />Un mese fa, il 21 dicembre 2020, il sito ha visto la luce. L’ho condiviso sui social con minime indicazioni. Oggi vi dirò tutto quello che c’è da sapere.<br />Il blog resterà aperto, con tutta l’attività svolta finora. I nuovi articoli, come linea d’azione principale, saranno pubblicati soltanto sul sito, anche se questo non esclude totalmente la possibilità che qualcosa arrivi anche qui. L’attività dell’Anima si è evoluta da sola, rispetto alle previsioni e alle aspettative iniziali, e non avrebbe senso limitarla: in base alle decisioni e agli sviluppi che avverranno nel corso del tempo, potrei decidere di distinguere i contenuti, e decidere di metterne alcuni anche, o solo, sul blog. Vi raccomando, come sempre, di seguire anche le pagine social, su Facebook e Instagram, dove si è svolto il grosso dell’attività degli ultimi anni.</p><p>Inizialmente avevo scritto su queste ultime che il sito avrebbe contenuto solo una selezione di articoli, la cui scelta mi avrebbe anche permesso, man mano, di stabilire se portare tutto o se lasciare una parte, ad esempio i post più vecchi e meno elaborati, soltanto sul blog; ma poi ho scoperto la funzione di WordPress che mi ha permesso di caricare il backup di tutto quello che c’era sul blog, motivo per cui, attualmente, si trova tutto anche qui, e ho rimandato la decisione di escludere quei vecchi post. La mia decisione definitiva deve ancora sopraggiungere, ma, per adesso, qui sul sito rimane tutto.</p><br /><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-MRjAVdf7Bf4/YAn1p6abk6I/AAAAAAAAEaA/4-ROE4Gb87kcvdxHlJxq0hYA7QUTaFzOQCLcBGAsYHQ/s1260/gandalf-and-the-balrog-john-howe.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="850" data-original-width="1260" height="432" src="https://1.bp.blogspot.com/-MRjAVdf7Bf4/YAn1p6abk6I/AAAAAAAAEaA/4-ROE4Gb87kcvdxHlJxq0hYA7QUTaFzOQCLcBGAsYHQ/w640-h432/gandalf-and-the-balrog-john-howe.jpg" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Gandalf e il Balrog, John Howe.</td></tr></tbody></table><p>Cosa troverete in quel sito?</p><p>In primo luogo, cambia l’estetica. Il sito permette una maggiore personalizzazione delle grafiche e delle presentazioni dei contenuti. Nella forma attuale la soluzione non è ottimale, io stesso preferisco lo stile cui vi ho abituato -e mi sono abituato- negli anni sul blog, ma nel giro di un po’ di tempo riuscirò a creare qualcosa di molto più efficace. E non sarà soltanto per via del sito, che l’estetica cambierà.<br />La cosa più importante, però, è che cambieranno i ritmi: ho continuato l’approccio del post (più o meno) settimanale fino alla fine della Fase 1, perché volevo che questa rimanesse omogenea e unitaria nei suoi aspetti, fino al centesimo post, in modo da cambiare una volta conclusa. Le condivisioni sui social sono nate per poter postare contenuti in modo più regolare e ricorrente rispetto al solito, e per coprire più argomenti e occasioni.<br />Da oggi in poi, seguiremo un altro approccio: i contenuti del sito saranno organizzati in serie di ordine di grandezza diverso. Ci saranno gli articoli lunghi, in continuazione con i post settimanali, che continueranno a uscire di giovedì. Ci saranno gli articoli brevi, con cui portare qui le ricorrenze, gli anniversari e gli argomenti circostanziati, con in più, rispetto ai social, la possibilità di disporre immagini e link in modo libero. E ci saranno anche articoli di altro tipo, che non vi svelo ancora, ma che, quando cominceranno, daranno vita a un’intera nuova sezione del sito.</p><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-7eJvBDbOjig/YAn2obOH6QI/AAAAAAAAEaQ/VTMCwTiyaswLLwv1d6JxllTnBDzf-P2cACLcBGAsYHQ/s640/Pazuzu%2Bidol.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="480" data-original-width="640" src="https://1.bp.blogspot.com/-7eJvBDbOjig/YAn2obOH6QI/AAAAAAAAEaQ/VTMCwTiyaswLLwv1d6JxllTnBDzf-P2cACLcBGAsYHQ/s320/Pazuzu%2Bidol.jpg" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Statuina del demone assiro Pazuzu, 1800-800 a.C.,<br />Università di Tubinga, Germania.</td></tr></tbody></table><p>Infine, avrete qualche domanda di lore. Proviamo a parlarne.<br />Il nome “Anima del Demone”, che non è un riferimento a<i> Demon’s Souls</i> -e ovviamente non sarà un’opzione che potrò usare come titolo, quando deciderò di scriverci un articolo, se mai avrò la buona fortuna di giocarlo in una delle sue versioni-, e che contiene un’allusione a un oggetto della mitologia di Warcraft, che dava il titolo al secondo dei tre romanzi di Richard A. Knaak sulla “Guerra degli Antichi”, una delle saghe letterarie della mia preadolescenza, serve a distinguere il fatto che, adesso, ci troviamo in una fase di Anima più avanzata della precedente. Se “mostro” è una definizione estremamente estesa, e se il suo significato resta il principale oggetto della nostra ricerca, demone ha un significato più preciso, quello di una creatura a metà tra la dimensione umana e quella divina; come mostro, è una categoria virtualmente estendibile all’infinito, a seconda di cosa stabiliamo come divino e di quale è la distanza tra questo e la nostra definizione di umano. Se tutti i demoni possono essere considerati mostri, e forse non tutti i mostri possono essere considerati demoni -ma un numero estremamente alto, se sapientemente interpretato, rientra nella nostra definizione-, molte opere narrative moderne utilizzano la categoria dei “demoni” per legare a un determinato sistema, che evidentemente pone determinate necessità, un complesso di categorie minori ed esemplari così differenti tra loro, e così lontani da ogni definizione misurata, per non dire dottrinale, di ciò che significa demone. Per essere meno criptico, è quello che succede quando in Devil May Cry sono “demoni” anche lucertole antropomorfi, ragni giganti e uccelli malformati; o quando, in Shannara, sia i draghi che i troll e i goblin sono considerati “Demoni”. Significa l’esigenza di inserire nella storia i mostri, i devianti, le forze chimeriche del Caos informe, e di spiegare perché siano lì. Sistemi di pensiero enciclopedici e universali, come le grandi religioni monoteiste, trovano un posto per ogni elemento della realtà e della conoscenza, ed è così che l’insieme dei mostri dei miti e delle tradizioni più antiche sono integrabili in quanto demoni, maledetti, progenie di unioni proibite tra angeli e uomini, eccetera eccetera.</p><p>Significa che da oggi parleremo solo di quello che può essere considerato un demone? Assolutamente no, anche se, qualora prendessi una decisione come questa, probabilmente continueremmo a parlare delle stesse cose. Significa segnalare che stiamo compiendo un percorso, e che la nostra metà è andare sempre più in alto, verso la divinità e i misteri più oscuri ed elevati, rispetto ai quali, in confronto a prima, adesso ci siamo sollevati in volo.<br />Non credo che “Anima del Demone” sarà un termine che adopererò spesso, né uno che metterò in evidenza. Sappiate voi, semplicemente, che adesso ci viviamo dentro.</p><p>A proposito della copertina: quando ho creato L’Anima, l’immagine con cui l’ho battezzata era un’illustrazione di John Howe della lotta tra Grendel e Beowulf. In un certo senso, il personaggio che più di ogni altro ho avuto in mente ogni volta che ho menzionato il mio “Mostro” è sempre stato Grendel, e credo lo rimarrà sempre. Ma voglio cominciare questa nuova fase sotto un lieto auspicio. L’ho chiamata Anima del Demone: che sia il Flagello di Durin, il Balrog, ad annunciarla e rappresentarla.</p><p>Attenti a voi: non volete perdervi quello che sta arrivando.</p>Francis Starkhttp://www.blogger.com/profile/10559448728477569844noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3648770856103118233.post-72259898545285007482020-11-05T21:18:00.002+01:002020-11-05T21:40:37.921+01:00Dragonheart e il 2 novembre<p></p><p class="MsoNoSpacing"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-GBTQdI_jYdA/X6RZxSnpsQI/AAAAAAAAETo/V64JVHP9WsQCjTdKrtsEZtLe7pSpcPPjgCLcBGAsYHQ/s1280/dragonheart.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="360" src="https://1.bp.blogspot.com/-GBTQdI_jYdA/X6RZxSnpsQI/AAAAAAAAETo/V64JVHP9WsQCjTdKrtsEZtLe7pSpcPPjgCLcBGAsYHQ/w640-h360/dragonheart.jpg" width="640" /></a></div><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;"><p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;"><i>Post originariamente pubblicato sulla pagina Facebook "L'Anima del Mostro" in data 2 novembre 2020.</i></span></p>Questo
non è un post per commemorare Sean Connery e Gigi Proietti. Il mio pensiero è
rivolto a loro, a tutti gli spettacoli e le performance artistiche di cui ho
fatto esperienza e per le quali il loro ricordo mi è caro; e penso a quelle che
ancora non ho visto e che forse vedrò, pensando a loro con gratitudine,
ammirazione e malinconia. È un post che in parte, sì, li commemora, e che è
dedicato alla loro memoria.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Ma
vista la specificità del tema, non vorrei che questo fosse preso come un post
di tributo. Qui parlo soprattutto di me stesso, come fa chiunque scriva ogni
volta che scrive, anche quando non lo ammette.</span><p></p><p class="MsoNoSpacing"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-mul2AClOq8s/X6RdobYDkNI/AAAAAAAAEUM/tygSMFM-DY0P6iAfCjWD1evKJCop7IBhACLcBGAsYHQ/s2000/sean%2Bconnery.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="2000" data-original-width="1572" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-mul2AClOq8s/X6RdobYDkNI/AAAAAAAAEUM/tygSMFM-DY0P6iAfCjWD1evKJCop7IBhACLcBGAsYHQ/w315-h400/sean%2Bconnery.jpg" width="315" /></a></div><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12pt;">Quando
l'altro giorno ho letto la notizia della morte di Sean Connery, le prime
immagini che mi sono venute in mente sono state quelle dei film in cui ha
recitato mettendoci la faccia: il volto maturo e affascinante che ho visto ne
"Il nome della rosa", "Indiana Jones e l'Ultima Crociata",
e il primo film che abbia visto con lui, nonché il suo ultimo, "La leggenda
degli uomini straordinari".<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Poi
però mi è sovvenuto il pensiero di Dragonheart, e tutto il resto l'ho
praticamente messo da parte. Nel 1996, l'anno in cui sono nato, Sean Connery
prestò non solo la voce, ma anche la sua mimica facciale da grande attore, alla
realizzazione di uno dei più belli e indimenticabili protagonisti mostruosi
della storia del cinema, il drago dal nome impronunciabile che Sir Bowen chiamò
Draco dopo aver strappato l'ispirazione dalle stelle.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Il
resto della giornata, quando ho pensato alla perdita di Sean Connery, ho
pensato al fatto che se ne fosse andato l'interprete di Draco. O meglio, uno
dei due interpreti di Draco.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Perché
per me, come per voi, quel personaggio è legato al suo doppiaggio italiano, uno
di quei casi in cui il doppiaggio esula da tutte quelle sterili diatribe su
quale sia il modo giusto per fruire dell'esperienza di un film. Quel doppiaggio
era una superba prestazione attoriale. Il lavoro di Massimo Venturiello sul
Bowen di Dannis Quaid ha creato uno dei miei eroi cinematografici preferiti,
impensabile senza quella tonalità.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Gigi
Proietti, in quell'occasione, aveva doppiato Draco. Lo aveva reso profondo, ma
estremamente espressivo. Un essere antico, testimone di ricordi perduti nelle
profondità del tempo, ma non un relitto dimenticato: un vero protagonista della
storia dei suoi tempi, dalla voce piena, intelligente, ricca di espressività.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Non
si parla mai di Draco senza menzionare tutti e due gli attori che gli hanno
dato vita. Lo dicono tutti, "interpretato da Sean Connery e doppiato da
noi da un meraviglioso, immenso, indimenticabile, Gigi Proietti".</span><p></p>
<p class="MsoNoSpacing"></p><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12pt;">Quindi,
stamattina, la notizia della morte di Gigi Proietti mi ha fatto pensare più a
una battuta, che a un fatto vero. «Ah, ma sai che è morto anche Proietti?» «Guarda
che non fa ridere» «Eh, lo so che non fa ridere, ma intanto è successo
davvero».<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Studiare
e scrivere di religioni di ogni tempo e spiritualità diverse tocca
profondamente le corde dell'animo, le credenze personali e la disposizione a
prestar fede a una visione della vita piuttosto che a un'altra; ma di certo, se
non ho mai creduto nel caso, questi anni di approfondimento sempre maggiore mi
hanno portato a escluderlo del tutto dalla mia cassetta degli strumenti
interpretativi.<br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-3OCh2kotQ1w/X6Rdqv5JlsI/AAAAAAAAEUQ/UPT-Ob7P_kAvBic2K-Pw0i1dNPGUNvLSwCLcBGAsYHQ/s1288/gigi-proietti.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="716" data-original-width="1288" height="223" src="https://1.bp.blogspot.com/-3OCh2kotQ1w/X6Rdqv5JlsI/AAAAAAAAEUQ/UPT-Ob7P_kAvBic2K-Pw0i1dNPGUNvLSwCLcBGAsYHQ/w400-h223/gigi-proietti.jpg" width="400" /></a></div></span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Non
so cosa voglia dire, il fatto che le due voci di Draco (le due che hanno più
importanza per la maggior parte di noi spettatori italiani, senza nulla
togliere agli interpreti di altre lingue) abbiano varcato la soglia del
silenzio a distanza di pochi giorni, una durante Halloween e l'altra nel giorno
dei morti -che, come se non bastasse, è anche il suo compleanno, uscita di
scena appropriata per un maestro dell'arte dell'ironia- e non so se lo scoprirò
in questa vita. </span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Ho
visto, però, che questa coincidenza ha risvegliato il ricordo della storia di
Draco in tante, tantissime persone. Nella morte, accade sempre qualcosa di
vitale, si rievocano memorie, si raccontano storie, si vivifica quello che i
morti sono stati. Spesso, da tutto questo nascono altre storie.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Questi
tre giorni non hanno causato solo una fioritura di ricordi e di pensieri su Sir
Sean Connery e su Gigi Proietti: hanno ravvivato il ricordo di Dragonheart. È
un non luogo meraviglioso, dove ritroveremo quello che ci sembra di aver
perduto, ma che sarà sempre con noi. Per altri, per i cari, è un discorso
completamente diverso. Per noi, che proviamo nostalgia per dei volti e delle
voci, delle immagini e delle narrazioni, è come se non se ne fosse andato
nessuno.</span><p></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12pt;">Proprio
oggi, 2 novembre giorno dei morti, questo pensiero mi porta a pensare alla
vita.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Perché
la mia vita è cominciata proprio con Dragonheart. Se non l'avessi visto per la
prima volta a quattro anni, probabilmente l'avrei recuperato in seguito, e
forse anche senza di esso sarei sulla strada che percorro adesso. Non che creda
che alcuno dei passaggi che compiamo sia possibile senza il suo antefatto: ogni
istante che viviamo contiene in sé tutti quelli che l'hanno preceduto, perché
tutti l'hanno determinato e nessuno è isolabile dagli altri. Quello che è
importante è la precisa funzione che ha avuto, nel trasmettermi il suo
contenuto nel modo esatto in cui l'ha fatto. Gli ho sempre imputato due meriti
importanti, nella mia formazione, uno riguardo ai draghi, l'altro riguardo alla
cavalleria, e in particolare l'ideale arturiano della cavalleria. Non ho
scoperto che esistono i draghi con Dragonheart, ma essi, all'epoca, erano un
dato nuovo, su cui sapevo poco, e conseguentemente ero facilmente
influenzabile. Qualunque cosa mi avessero detto sui draghi, l'avrei presa per buona.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-65WpBEw9P_M/X6RbDke15LI/AAAAAAAAET0/2EOwiuYRMGE8xJV-jrl7fVo5mcqhjjOGACLcBGAsYHQ/s1000/Dragonheart%2Bposter%2B2.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1000" data-original-width="673" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-65WpBEw9P_M/X6RbDke15LI/AAAAAAAAET0/2EOwiuYRMGE8xJV-jrl7fVo5mcqhjjOGACLcBGAsYHQ/w269-h400/Dragonheart%2Bposter%2B2.jpg" width="269" /></a></div>Dragonheart
è stato importante perché è stato la mia prima storia sui draghi. Se fossero
venuti prima San Giorgio, Beowulf, o Sigfrido, avrei imparato che i draghi
erano quegli infamoni che disturbano la quiete dei villici e cui è meglio
tagliare la gola il prima che si può; poi avrei visto le storie sui draghi
buoni, e quella sarebbe stata la variante. Che probabilmente avrei preferito
comunque...<br /><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Ma
il fatto è che Dragonheart è stato il primo, e quello che mi ha mostrato è che
i draghi stanno lì, pazienti, nel fondo della grotta finché c'è ancora tempo, e
poi lì nel cielo, lungo l'Asse che regge le costellazione, quando il tempo è
finito. A guardare con il loro sguardo che non si chiude mai, e a rispondere.
Perché gli eroi non andavano mai a interrogare i draghi, partivano solo col
presupposto di ucciderli; ma quando Sigurðr interrogò Fáfnir, egli, anche con
tutta la sua malvagità, non rifiutò di rispondergli.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Dragonheart,
in termini filologici, è stato il mio archetipo, e nel mio cuore è come se tutte
le altre storie fossero dei testimoni mendaci, delle copie che hanno perso di
vista l'originale.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Non
so se, mentre citate le ultime battute del film, ricordate nel dettaglio cosa
c'è in gioco: le stelle verso le quali l'anima di Draco si libra, la costellazione
del Dragone, sono a tutti gli effetti il paradiso della sua stirpe. È una
testimonianza invidiabile, quella di Draco: sa dove si trovano le anime dei
suoi simili, dei suoi cari; ogni notte può vederle e rivolgersi a loro; sa
quanto difficile possa essere arrivare lì, sa che potrebbe costare caro, ma
quella luce stellare lo conforta, è una promessa cui non è possibile venire
meno. Nel corso della civiltà, anche gli uomini hanno collocato il paradiso nel
cielo. Xibalba, l'Oltretomba Maya, secondo alcune tradizioni si trova nella Via
Lattea. Il mio professore di filologia germanica una volta ha detto che la
Valhöll, probabilmente, si trova nelle Pleiadi (non sono sicuro abbia detto
Pleiadi, ma ha espresso l'idea che, almeno a un certo punto della storia, i
popoli nordici abbiano creduto che le sale degli eroi fossero nel cielo).<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Siamo
così abituati all'idea che i morti vadano sottoterra che ci sorprende che il
loro mondo possa trovarsi nel cielo. Magari perché siamo abituati alla
bipartizione tra le anime dei buoni e quelle di coloro che non lo sono, per cui
il cielo è dei giusti. E l'Oltretomba per gli antichi era tristissimo, un posto
così angusto da dover somigliare per forza a una caverna. Non tutti i popoli
avevano la stessa idea, però. Il film di Dragonheart menziona i Celti, e
implica che i draghi antichi vivessero in ottimi rapporti con questi ultimi: i
Celti avevano l'idea che l'aldilà fosse un luogo splendido, un luogo di
beatitudine.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Per
i draghi, poi, c'è una specifica: non esiste l'inferno.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">I
draghi che abbiano realizzato qualcosa di importante, loro avranno garantita
l'eternità celeste del paradiso; tutti gli altri, svaniscono come se non
fossero mai esistiti. Un pensiero, quello dell'oblio, che a molti di noi, che
siamo umani, suscita una gran paura, e che presumibilmente la provoca anche ai
draghi; ma che è molto meno crudele dell'inferno. E forse, volendolo trovare,
c'è un senso ulteriore: la vera immortalità è proprio lì, nella memoria.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Dragonheart
parla di immortalità anche in termini più concreti, mediante la figura del
tirannico Einon che ottiene facoltà vitali prodigiose grazie alla divisioni del
cuore di Draco; ma proprio quella si rivela un'immortalità insignificante,
perché Einon è un uomo crudele, vizioso fin quasi all'inverosimile, dominato
esclusivamente dall'odio.</span><p></p><p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">L'atto
finale, che permette a Draco di scogliere lo sviluppo tragico degli eventi,
oltre che di raggiungere il paradiso dei draghi, è, in fin dei conti, un atto
d'amore. Dare la vita per i propri amici.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Con
un po' di fantasia, potremmo immaginare che anche le altre stelle di quel luogo
beato fossero anime di draghi che hanno compiuto un gesto d'amore.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">E
alla fine, riscopriamo una cosa che dovremmo sapere, ma che le fiabe sono lì
per ricordarci: è proprio l'amore a garantirci l'eternità. È chi ama e viene
amato che sopravvive per sempre, anche senza stelle a testimoniarlo. Chi non
ama, invece, viene semplicemente dimenticato, e non c'è motivo di soffrire
ulteriormente in ctonie dimensioni di castigo.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Lessi
una volta su Facebook che Dragonheart è una storia che a Tolkien sarebbe
piaciuta, e lo credo anch'io. Cristianamente, dato che la mia formazione è
quella, è una di quelle storie che fanno da testimonianze delle virtù più alte,
che culminano nel sacrificio evangelico. "Il mio tempo è finito",
dice Draco prima di snudare il proprio cuore all'ascia di Bowen: ha finito di
insegnare quello che doveva insegnare, quello che i draghi volevano che gli
uomini sapessero. Ora resta solo l'ultima lezione, la più difficile.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-RycuM9Udzl4/X6RbDu0LQUI/AAAAAAAAETw/LI7X3oT2p489mrXRI1hG8Wk1AfLR0pNOwCLcBGAsYHQ/s1478/Dragonheart%2Bposter.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1478" data-original-width="1000" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-RycuM9Udzl4/X6RbDu0LQUI/AAAAAAAAETw/LI7X3oT2p489mrXRI1hG8Wk1AfLR0pNOwCLcBGAsYHQ/w271-h400/Dragonheart%2Bposter.jpg" width="271" /></a></div>Ci porta ad assistere a una rappresentazione splendida, e che sarebbe scorretto
definire mendace, delle sorti che ci aspettiamo per le nostre stesse anime. In
tal senso, Draco è stato la prima persona che abbia mai visto andare in
paradiso, ed è difficile non crederci per nulla, dopo una visione così bella.<br /><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Ma
Dragonheart sarebbe piaciuto a Tolkien proprio perché il suo finale è
assolutamente eucatastrofico, come le vere fiabe, come la narrazione più alta
di tutte, dove fiaba e realtà storica cessano di essere due cose distinte, che
è, per l'appunto, quella del Vangelo. La morte del drago di cui ci siamo
innamorati ci stringe il cuore in una morsa di dolore, ancora più profondo per
la sua inevitabilità, per la sua tragicità, per la profonda ingiustizia, quella
di un giusto che deve morire a causa di un empio. Sono sentimenti che calano
una cortina di fumo sul nostro cuore. E poi, inattesa e irrefrenabile, la
gioia, quella vera gioia che proviene da oltre le mura del mondo: è accaduto il
miracolo in cui non speravamo. Draco si è sacrificato e ha raggiunto la gloria,
la vera gloria, quella che speravamo per lui in quanto nostro amico, la stessa
in cui speriamo per noi stessi.</span><p></p>
<p class="MsoNoSpacing"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; font-size: 12pt;">Ma
non è solo questo. Non è alla lente di una religione sola, che quelle stelle
offrono il loro mistero.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Perché
l'idea che i draghi siano lì a guardarci è qualcosa di troppo prezioso per
rimanere lì dentro. Merita spazi molto più grandi.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">La
vastità del cielo del nostro mondo, unita a quella dei cieli figurati da tutte
le nostre fantasie, le si confà molto di più.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">La
locandina originale di Dragonheart presenta una delle mie tagline preferite:
"You will believe". Tu crederai.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Non
so voi, ma per me è stato vero. Io ci ho creduto.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Non
ho mai smesso di crederci. Anzi, ho imparato a farlo sempre di più.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;"></span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-n7JCuTRmxMk/X6Rbjlp-t6I/AAAAAAAAET8/lpjeYKjSWbs8YWV0atD9Om0QI8z49almACLcBGAsYHQ/s2048/Eldest.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="2048" data-original-width="1366" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-n7JCuTRmxMk/X6Rbjlp-t6I/AAAAAAAAET8/lpjeYKjSWbs8YWV0atD9Om0QI8z49almACLcBGAsYHQ/w266-h400/Eldest.jpg" width="266" /></a></div>L'idea
dei draghi come una collettività di spiriti, di anime, l'ho ritrovata anni dopo
nel ciclo dell'Eredità di Christopher Paolini, nella parte degli Eldunarí in
Brisingr e Inheritance, su cui non desidero soffermarmi, e in una scena del
secondo romanzo, Eldest: Eragon, il protagonista, partecipa a una festa rituale
degli Elfi, durante la quale entra in una sorta di stato di trance mistico,
risvegliatosi dal quale scoprirà di essere stato trasformato fisicamente e
mentalmente, risultando un essere umano molto più simile agli Elfi di quanto
non fosse prima. Negli ultimi istanti prima di perdere conoscenza, Eragon sente
una voce nella testa, che gli dice "Questo è il nostro ultimo dono,
Argetlam, il nostro ultimo dono per te".<br /><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Ero
un ragazzino quando lessi il libro, ma quella cosa mi emozionò tantissimo: i
draghi, anche se erano scomparsi, sterminati fino all'estinzione anni prima
della nascita di quel ragazzo di cui stavo seguendo la storia, esistevano
ancora, e lo osservavano, vegliando su di lui, con il potere di dargli un aiuto
in virtù dell'urgenza della sua causa, il cui esito riguardava anche loro.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Dragonheart
ha veicolato in me questa idea, legandola a qualcosa che posso vedere, la
costellazione di Draco.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">I
draghi sono davvero nelle stelle.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">È
da tutte queste cose che deriva la mia storia personale.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">Dragonheart
ha posto sul mio cammino quella che tanto tempo dopo avrei riconosciuto come la
mia quest principale: raccontare una storia di draghi come quella che mi aveva
raccontato lui.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">In
questi giorni, in cui mi sono dedicato a diverse cose, incluse altre storie,
stavo lentamente rivolgendo il pensiero al desiderio di quella storia. E
stamattina, essa è tornata nel presente: i draghi se ne stanno andando. Hanno
fatto ciò che dovevano fare, ci hanno insegnato tantissimo, ma hanno finito il
loro tempo.<br /></span><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;">A
noi che restiamo, tocca continuare a parlare di loro, e raccontare le storie, e
ricordarli nel nostro piccolo e imperfetto paradiso di uomini che riescono
ancora a sognare sogni di squame e di ali, con una piccola ma intensa speranza
di diventare draghi a loro volta.</span><p></p><p class="MsoNoSpacing"></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-PXZgrWbtP-w/X6RdcCx7BOI/AAAAAAAAEUI/U-R8ExeqymApCzyf9UDDhX3NtkzwvX0TwCLcBGAsYHQ/s845/dragonheart%2Bstars.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="404" data-original-width="845" height="306" src="https://1.bp.blogspot.com/-PXZgrWbtP-w/X6RdcCx7BOI/AAAAAAAAEUI/U-R8ExeqymApCzyf9UDDhX3NtkzwvX0TwCLcBGAsYHQ/w640-h306/dragonheart%2Bstars.png" width="640" /></a></div><br /><span style="font-family: "Times New Roman", serif; font-size: 12pt;"><br /></span><p></p><p></p>Francis Starkhttp://www.blogger.com/profile/10559448728477569844noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3648770856103118233.post-49970446413639117632020-09-10T22:00:00.011+02:002020-12-05T19:59:33.115+01:00Svipdagr<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div>«Cosa c'è?»</div>
«Sulla spiaggia, laggiù, oltre la foschia...»<br />
«Che cos'è?»<br />
«Non lo so, ma è enorme.»<br />
«Si muove!»<br />
«È un mostro, scappa!»<br />
Suono dell'acqua e del vento, sempre uguali.<br />
<br />
Mare, freddo, nebbia e silenzio. Una terra non frequentata dagli uomini.<br />
Una donna che dal profilo emette luce e sotto i cui passi cresce l'erba, avanza sulla spiaggia come se dovesse conquistarla. Si ferma e guarda nei riflessi grigi del mare.<br />
«Svipdagr! Vieni da me.»<br />
Il mare resta in silenzio, e la donna chiama di nuovo, più forte. Allora il mare sospira, e la sua superficie si increspa, finché le acque sussultano e si schiudono su quello che ne sta emergendo, come una veste slacciata. Una groppa di colore scuro, ricoperta di pelliccia e coronata da una fila di punte d'avorio ricurve, retta da un paio di zampe da lupo con gli arti palmati, avanza fuori dal mare facendo dondolare a destra e sinistra la lunga testa, che dietro ha orecchie a punta e creste come pinne di pesce, e davanti le mascelle di un drago. Il lungo collo è chino sotto il peso di quella testa, come se dovesse sostenerne i pensieri. I suoi occhi sono socchiusi. Spinta da altre due zampe da grossa lucertola, la creatura trascina una lunga coda crestata, e si arresta al limitare tra mare e terra.<br />
La donna gli viene vicino: «Svipdagr, soffri ancora?».<br />
Il mostro apre gli occhi per un attimo: sono del colore delle pietre sul fondo del mare. Occhi umani.<br />
Li chiude di nuovo, solleva la testa e la getta dietro di sé, spalancando le fauci: sussulti gli agitano la gola, e il mostro comincia a piangere.<div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-O7Ku2u05TIU/X1o7cJX139I/AAAAAAAAESg/Tmk6kb04UJUzw29NObIjSJbR3hCLIekpwCLcBGAsYHQ/s800/Svipdag%2Britaglio.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="800" data-original-width="714" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-O7Ku2u05TIU/X1o7cJX139I/AAAAAAAAESg/Tmk6kb04UJUzw29NObIjSJbR3hCLIekpwCLcBGAsYHQ/w358-h400/Svipdag%2Britaglio.jpg" width="358" /></a></div><div>«Perché vieni ancora da me, Freyja?» le domanda più tardi.</div><div>
«Hai ancora bisogno di chiedermelo?» lei chiede, addolorata «Non riesci a credere che a me non importi?»<br />
«Non può non importare a te, se a me invece importa così tanto» replica il mostro, che marca i "non" col ringhio della sua gola.<br />
«Allora il tuo dolore non è il mio, Svipdagr. Io ti amo come ti ho amato sempre, da quando venisti, tanti anni fa, nella mia casa...»<br />
«Non ricordarmelo!» ruggisce Svipdagr «C'era lui, davanti alla porta della tua casa. Lui che mi ha fatto questo!»<br />
Freyja solleva il braccio verso il suo muso, e lo tiene levato in muta richiesta. Lui lo abbassa lentamente, e lei gli tocca la guancia. «Ma c'ero anch'io». Una lacrima le scivola sulla sua, mentre gli chiede «Non è un ricordo dolce il fatto che lì ci fossi io? Che tu abbia incontrato me e io te?»</div><div>
Svipdagr smette di ringhiare. Tende la zampa verso Freyja, e Freyja la stringe contro il proprio viso, come quando quella era la mano che glielo accarezzava.<br />
«Soffro troppo, Freyja. Quel che è accaduto è stato colpa mia, e qualunque cosa possa accadere nel mio futuro, è una colpa che resterà per sempre. Ma non sarebbe così grave per me, se non dovessi scontare questa pena anche tu. Tu che sei ancora una dea, figlia di Njörðr il grande, contesa da Aesir, Vanir e gli eroi più famosi, che sull'incedere dell'alba e il commiato del tramonto, quando il sole è più mite con la terra, scende in una spiaggia solitaria per portare conforto a una bestia ripugnante, che non allestirà mai più banchetti...»<br />
«Svipdagr, non dire così...» gli stringe la zampa artigliata al petto, come se quegli artigli potesse smussarli.<br />
«...non otterrà più gloria sul campo di battaglia...»<br />
«Ma queste cose non mi importano...»<br />
«...e non potrà mai più darti piacere. Perché ti attardi ancora con me? Abbandonami a un destino che mi peserà di meno, se non dovrà affiggere te, e torna con i tuoi cari presso la Valhöl, dove non c'è rischio che tu debba mai più udire il nome di Svipdagr.»<br />
Freyja adesso sta piangendo, e persino in quel luogo silenzioso la natura reagisce a ogni suo gesto: le sue lacrime sono gocce d'oro, le onde del mare accordano la loro canzone ai suoi singhiozzi, per prendere parte alla sua mestizia, e la nebbia si addensa intorno a lei, come per abbracciarla.<br />
«Tu non fai che mentire da quando ti trovi qui. Neghi così fortemente te stesso da negare anche tutto il resto. Sei talmente radicato nel tuo dolore da essere incapace di credere a me, che ti dico la verità, e cerchi di allontanarmi perché il fatto che venga da te ti dà la speranza che ciò in cui credi non sia vero.»<br />
«Credi che speri di poter tornare come prima?»<br />
«No, ma hai in cuore la speranza di poter continuare a vivere anche così, con me, e nonostante questo cerchi di convincerti che non è vero. Ma invece possiamo, Svipdagr. Sono qui per questo. Sono qui perché ti amo veramente e perché credo, altrettanto veramente, che possiamo continuare a vivere insieme anche così»</div><div>Lei ha ragione, il mostro non osa crederci. La speranza è gravosa, e il suo animo provato. Ha colpe terribili, ancora più pesanti delle sue membra sgraziate, ad ancorarlo alla sua disperazione. Non brama anche il fardello della sofferenza di colei che ha cara più della sua anima. Sente di aver perso entrambe.<br />
«Tu sei una dea...» mormora, mentre socchiude gli occhi.<br />
«Che cosa?»<br />
«Tu sei una dea» riprende, e in fondo alla gola ha ripreso a ringhiare «sei una dea e hai tutto il tempo che si possa desiderare. Io sono ancora mortale, Freyja. Probabilmente, colui che mi ha fatto questo prenderà le sue precauzioni acciocché io viva molto a lungo, in modo da estendere il suo divertimento, ma alla fine morirò ugualmente. Ti basta aspettare che accada, e poi potrai volare via libera. Non ho ragione?»<br />
Freyja impallidisce e trema, la natura trema con lei.<br />
«Svipdagr, perché mi fai questo?» gli chiede, con la voce delle foglie coperte dalla prima brina.<br />
Il mostro marino la guarda negli occhi, non cessa il ringhio, ma non parla.<br />
«Forse che questa sia stata la tua vera trasformazione? Forse che l'uomo più saggio, coraggioso e compassionevole che io abbia conosciuto, in tutto il tempo che abbia desiderato, l'uomo che ha vinto il mio amore con i suoi meriti, laddove neanche gli dèi ci sono riusciti, sia davvero diventato meschino e crudele fino a perdere la ragione, come tutti dicono di lui e come tutti hanno creduto, tranne me, e che il suo corpo abbia semplicemente seguito la corruzione del suo spirito? Tu mi laceri il cuore con parole spregevoli, parole di cui nemmeno ti credevo capace, quando io darei via per te ogni cosa. È questo il vero significato del nostro amore?»<br />
«Dunque adesso mi credi anche tu meschino, crudele e senza ragione. È questo che sono ai tuoi occhi? Devo anche credere che dopotutto la mia maledizione sia servita a questo? A un pretesto per abbandonarmi?»<br />
«Svipdagr, non vedi che sei tu stesso a dire cattiverie e causare sofferenza a entrambi?» Freyja ha chiaro cosa egli stia cercando di fare. Ma è ugualmente troppo doloroso.</div><div>
«E se fossi stata tu stessa a suggerire a Odino questa punizione?» dice il drago, con una luce sinistra negli occhi.<br />
«Basta così!» grida Freyja, e il mare fa eco alla sua voce, e il cielo diviene minaccioso «Hai troppo odio perché possa parlare con te. Provo il peso del tuo dolore come lo provi tu, non posso reggere anche quello del tuo disprezzo. Stemperalo in mia assenza, ti darò tutto il tempo che vuoi. Stammi bene, Svipdagr».<br />
Lui non risponde, perché il senso di colpa che aumentava ad ogni parola, forse ancora più agghiacciante di quello che provava già, adesso gli ha chiuso la gola. Guarda la dea allontanarsi come un fantasma e farsi sempre più piccola, correndo sul mare con ali di falco. Abbassa lo sguardo solo quando non la vede più.<br />
Non dormirà neanche stanotte.<br />
<br />
«Amico mio, devo lasciarti» disse Lyfir.<br />
Per Hadding non fu una sorpresa. Sapeva che il suo compagno se ne sarebbe andato improvvisamente, come improvvisamente era arrivato. Pure, il commiato gli spiacque profondamente.<br />
«Dove andrai?» gli domandò.<br />
«A ovest, credo. Stanno accadendo molte cose strane, ma credo che lì il mio aiuto potrà significare qualcosa».<br />
«E la guerra? Che mi dici della guerra?» Hadding aggrottò le sopracciglia: era per la stessa ragione che i due uomini avevano viaggiato insieme, dopo essersi imbattuti l'uno nell'altro, sconosciuti ma sanguinanti e bisognosi di aiuto.<br />
Lyfir lo guardò con curiosità: «La guerra è finita, Hadding. Tu hai perso. Mi dispiace per te, mi dispiace perché appoggiavo la tua causa, ma è inutile insistere contro il volere degli dèi; e pare che quel volere non sia più dalla tua parte, non almeno come lo era prima».<br />
Hadding prese la sua spada e la puntò a terra, osservandone i fregi illuminati dal fuoco: il loro bagliore proiettava ombre sul suo volto.<br />
«Ho perso tutto quel che avevo, caro amico. Mio padre è morto, i miei parenti, i miei amici sono morti nella guerra contro Svipdagr. E i suoi discendenti sono ancora lì, padroni della terra e di versare a proprio capriccio il sangue dei danesi. Davvero devo credere che sia finita?»<br />
«Non occorre» disse Lyfir, e sorrise «perché so che non lo crederai. Ti auguro il meglio della fortuna in qualunque cosa sceglierai di fare. Addio allora, Hadding. Spero che ci rivedremo in questa vita».<br />
«Ho un'ultima domanda, se non ti dispiace» disse Hadding, ancora guardando il fuoco.<br />
«Falla pure».<br />
«Tu sei Heimdallr, non è vero?» Hadding lo guardò in volto.<br />
Lyfir rise «Fa' buon viaggio, figlio di Halfdan. Non è difficile, anche per chi non è un dio, avvertire come tu sia destinato a compiere grandi cose, e molto più numerose di quante possa vantarne la maggior parte degli eroi. Ma sta' bene attento, perché su di te incombono anche le tenebre, più fitte di quelle attraversate da quegli stessi eroi. Scegli le tue azioni con saggezza. Addio!».<br />
«Grazie, padre degli uomini. Addio» Hadding osservò il suo compagno di viaggio uscire dal loro rifugio e svoltare a sinistra, dove non riuscì più a vederlo. Attese il trascorrere della notte, dopodiché si rimise in piedi e uscì alla ricerca di una nuova strada verso il suo destino.</div><div><br /></div><div><div style="text-align: center;"><img border="0" data-original-height="503" data-original-width="1024" height="248" src="https://1.bp.blogspot.com/-3MZDyjk3w-A/X1qK-USR1hI/AAAAAAAAESs/jF9lsRGRUNANAJyllkDWtfsSowz5EcHPgCLcBGAsYHQ/w500-h248/misty%2Bcoast.jpg" width="500" /></div><div><br /></div><div>Il mare oggi è come ieri, e la nebbia come quando è arrivato. Cambierà qualcosa?</div>
Freyja non è venuta: è stata di parola. Per lei le parole hanno un valore. Anche per lui le parole sono così importanti, o almeno lo sono state; per superare le prove imposte da Fjölsvidhr non gli sono servite la forza o l'agilità, ma la saggezza e l'astuzia. Sembrano passati così tanti anni, come se nel frattempo fosse invecchiato e poi morto, e poi nato ancora e nuovamente morto, e nato una terza volta. L'uomo che è stato per secondo, prima del mostro di adesso, ma dopo il giovane spavaldo che si è avventurato nella terra dei giganti alla ricerca di una sposa, forse non è stato all'altezza del primo. E ciò che è adesso lo rispecchia. Curva il collo verso il mare, di solito non ama farlo, e si guarda: le labbra con cui baciava Freyja sono cesellate di squame e ad ogni , spostandosi, rivelano i denti lunghi e fitti che crescono nella bocca dove lei esalava il suo respiro; piccole punte di corno gli incorniciano gli occhi al posto delle sopracciglia, un vello incrostato di sangue rappreso sostituisce la rada barba che a lei tanto piaceva, e i capelli dorati sono strisce di pelle color sabbia tesa fra raggi ricurvi.<div>Si domanda perché, tra tutte le forme possibili, Odino gliene abbia imposta una del genere. Se fosse stato un lupo, o un orso, avrebbe almeno posseduto le dimensioni per abbracciare Freyja. Se fosse stato tramutato in un gatto, la dea l'avrebbe potuto tenere con sé, senza che dovesse nascondersi in quella caverna isolata da ogni cosa. Se gli fosse stato concesso di divenire un falco, una rondine o una civetta, l'avrebbe potuta seguire ovunque fosse andata, e forse, vivendo oltre la sommità delle nubi, senza né specchi né la vista dei mortali a intimorirlo, avrebbe potuto dimenticare di essere stato qualcos'altro un tempo, e godere la breve vita riservata alle bestie prima di abbandonare il mondo nel grigiore.</div><div>Ma è stato trasformato in un mostro. Un drago, e non una fiera volante avvolta dalle fiamme, al cui passaggio luminoso gli uomini si gettano in terra scongiurando o pregando per una sorte più favorevole; o un possente serpente dell'antichità, barone di un vasto appezzamento di morte dove nessuno si avventuri a sfidarne la volubilità d'animo, timoroso del suo veleno. Il suo corpo è troppo grande, troppo pesante, e quando cammina sulla terra è goffo, privo di ogni grazia. Scivola agilmente nel mare, ma non può immergersi troppo a lungo e troppo in profondità, nella tenebra vergine al tocco beffardo del sole, perché ha bisogno di respirare aria come i figli degli uomini. La costa è volta verso il nord, da dove non può venire nessuno che sia vivo, e dove i saggi dicono che sia possibile prendere la via che porta nella morte.</div><div>Ma Svipdagr non vuole ancora morire. Non per Freyja -per lei, sì, morirebbe, in modo da liberarla da ogni promessa; ma non è ancora giunto il momento per farlo-, né per gli uomini che una volta furono i suoi amici, la sua famiglia, e nemmeno la determinazione a non rendere alcuna soddisfazione a Odino ha incidenza sulla sua volontà.</div><div>Svipdagr vive perché ha bisogno di odiare. L'odio per quello che gli è accaduto, per il modo in cui è accaduto, e per coloro che sono stati gli agenti della sua condanna e la pena per colei che ne ha sofferto, è troppo grande per consumarsi in alcuni giorni, quanti ne ha già vissuti o la quantità che raggiungerebbe se ne vivesse altrettanti di nuovo. È convinto che neanche se vivesse una vita lunga quanto quella che ha già vissuto, anzi, un'intera vita di uomo, anche molte di seguito, riuscirebbe a estinguere quell'odio. Probabilmente, neanche se possedesse la vita di un dio riuscirebbe a liberarsene.</div><div><br /></div><div>Giunta la notte, Hadding si fermò in una radura tra rocce e cespugli, accese un fuoco e arrostì il cervo che aveva abbattuto. Seduto davanti alle fiamme, ripensò a cosa lo avesse condotto lì.</div><div>Lui era il campione dei danesi e di tutto quello che il loro nome significava nelle lande del sole di mezzanotte. Avrebbe continuato il grande ciclo di vittorie di suo padre Halfdan, che ovunque andasse era ancora ricordato come l'eroe più forte che uomo o gigante avesse mai incontrato, se non fosse stato per il bastardo che aveva segnato il destino della sua famiglia, Svipdagr il maledetto.</div><div>Non sapeva come tutto fosse iniziato, non aveva mai chiesto a nessuno di quelli che ricordavano Svipdagr come un amico degli dèi e degli uomini, una creatura di luce, come fosse avvenuta la trasformazione, e perché a un essere così potente fosse stato concesso di occupare un trono a Miðgarðr e spadroneggiare degli uomini e delle loro sorti.</div><div>Creatura viziosa, aveva trasformato la corte norvegese in una roccaforte infernale, nella quale si era dedicato a ogni genere di nefandezza, esigendo tributi e conquistando senza pietà. Ma più ancora che la sevizia, o la lussuria, era l'odio a motivarlo. E quell'odio era specificamente diretto verso lui e la sua famiglia. Svipdagr aveva mosso guerra a tutti i sovrani confinanti, e aveva guidato i suoi eserciti combattendo in prima linea, ma non per adempiere al dovere di un capo o rafforzare la determinazione dei guerrieri. Combatteva solo per placare il desiderio di sangue. Mulinava la sua spada maledetta, su cui circolavano già centinaia di storie, dicevano fosse stata forgiata da Völundr in persona, e anelli, tessuti, carne e ossa cedevano come grasso fuso.<br /></div><div>Quando aveva formato la sua flotta, per sconfiggere definitivamente l'esercito svedese, un nuovo vizio gli aveva conquistato l'animo: combattere sul mare, e conquistare fino ad arrivare al confine stesso del mondo. E una volta che tutta la Norvegia e tutta la Svezia erano cadute nelle sue mani, era sembrato che nulla potesse opporglisi.</div><div>Hadding sogghignò: anche a lui era sembrato così, ma si era opposto lo stesso.</div><div>Si era conquistato -a differenza dell'usurpatore- una fama solida e onorevole grazie alle sue azioni e ai suoi sacrifici, sconfiggendo giganti e rovesciando aguzzini e tormentatori di uomini: questo gli aveva garantito un seguito. Poi aveva mosso battaglia a jarl e signorotti, e il seguito era diventato un piccolo esercito. Infine aveva sconfitto gli emissari di Svipdagr, e la sua era diventata un'armata. Anche allora, però, nessuno avrebbe creduto che una vittoria contro il re di tutto il nord fosse possibile.</div><div>Allora, Hadding si era rivolto a Odino, e aveva pregato per ottenere, se non la vittoria, la vendetta per il padre. E Odino gli aveva risposto.</div><div>...</div><div>Quando le forze di Hadding giunsero nelle acque di Gotland, trovarono l'esercito di Svipdagr già pronto. I due capi si erano sfidati.</div><div>«Bentornato a casa, figlio di Halfdan!» lo salutò Svipdagr dal ponte della sua nave «In Danimarca non c'è legno o sasso che non abbia gustato il sangue della tua famiglia. E il piacere di assaggiarlo di nuovo farà splendere questa terra come mai prima.»</div><div>«Allora farò in modo di spargere il tuo sangue tanto quanto hai fatto tu con quello dei miei. Prega di averne abbastanza in corpo, Svipdagr figlio di nessuno, perché, se il tuo non basterà, troverò il modo di farti tornare in vita e ucciderti ancora, fino a quando il debito non sarà stato saldato.»</div><div>«Io non prego, Hadding. Un dio non ha bisogno di pregare. Ho il potere per farti tutto il male che potrebbero farti tutti gli Æsir se sedessero allo stesso banco del torturatore. E neanche un briciolo della loro misericordia.»</div><div>«Sarà questa la causa della tua fine, Svipdagr» disse un marinaio eretto sul ponte accanto ad Hadding, il quale si girò, come se neanche lui ne avesse registrato la presenza. E neppure lo riconobbe in quel frangente, l'alto uomo, d'aspetto vecchio ma forte, avvolto in un mantello grigio, con un ampio cappuccio calato sul volto e una lunga barba.</div><div>«Ah! Hai grandi speranze, se nemmeno conosci l'equipaggio della tua nave» sogghignò Svipdagr, ignorando le minacce del vecchio: era di una nullità troppo profonda, perché lo registrasse.</div><div>«Dovresti aver viaggiato abbastanza per riconoscermi anche così, Svipdagr figlio di Aurvandill» disse l'uomo «presta attenzione alle mie parole, o la rovina intorno alla quale hai camminato finora sarà totale.»</div><div>Il volto di Svipdagr si accigliò, una smorfia di orrore e di sgomento ne incrinarono gli splendidi lineamenti. «Tu...»</div><div>Il vecchio sollevò il cappuccio, rivelando i lunghi capelli grigi e l'occhio mancante. Dal suo mantello trasse una lunga lancia dorata e la spiegò verso le nubi. Due corvi volteggiarono sopra le navi. Il cielo fu celato da una tempesta, il tuono decretò il ritmo delle ondate e un vento furioso iniziò a vorticare al largo di Gotland.</div><div>«Io, Odino, re di Ásgarðr e di tutti i nove mondi, vengo a te oggi per ordinarti di fermarti. Ti ho lasciato agire ignominiosamente sulla terra dei mortali, sperando che realizzassi la portata del tuo male, ma davanti ai tuoi spergiuri è ormai chiaro che hai dimenticato chi tu fossi, e a chi tu debba chi tu sia. Poche volte, prima di oggi, ho rivelato me stesso nelle battaglie cui ho preso parte, ma mai con una collera così grande e di fronte a un uomo che mi avesse deluso così tanto, uno che consideravo un figlio. Ti rendo manifesta la mia volontà: il mio favore è con Hadding figlio di Halfdan, che tu hai perseguitato. Tu oggi non vincerai. Ritirati immediatamente e abdica in suo nome, o tutta la tua gloria svanirà tra le onde come spuma, senza che nessuno la ricordi mai.»</div><div>Gli uomini della nave di Hadding si inginocchiarono davanti al Padre di Tutti. E anche molti di quelli della nave di Svipdagr. Ma non lui. Hadding l'aveva visto tremare, e per un momento aveva creduto che un barlume di timore sacro, e di ragione, si fosse riacceso nella sua brutale furia. Invece era rabbia. In qualche modo, il suo odio era cresciuto ancora. Tacque solo alcuni istanti, prima di rispondere, sputando le parole come se potessero colpire il volto del dio.</div><div>«Odino, davvero quello dell'eternità è un peso terribile per il pensiero e la memoria, se adesso ti spinge a parlare come un vecchio demente. Saresti più saggio se tenessi Húginn e Múginn vicino a te, anziché mandarli in giro per il mondo fino a rimanerne sprovvisto. Se fossi venuto ospite della mia sala, ne avremmo discusso davanti al fuoco bevendo idromele, e anche se fossimo entrati in disaccordo ti avrei congedato da amico, da figlio riconoscente. Non avresti mai dovuto schierarti contro di me, con l'oggetto del mio disprezzo. Perché tutto quello che ho fatto in questi anni è stato fatto per lenire l'odio che ho provato, a causa sua, per tutta la mia vita, e non avrà avuto senso fino al momento in cui spargerò le viscere del piccolo bastardo che adesso proteggi, tra la terra e il mare. E se oggi, nel giorno del mio trionfo, anche tu hai deciso di ergerti contro di me dalla parte del mio nemico, e di condividere con lui l'ora del morso della notte e del disprezzo, allora tutti e nove i mondi lo ricorderanno come il giorno nel quale anche Odino è crollato davanti al potere universale di Svipdagr, il re della luce che abbaglia e dell'ira inestinguibile».</div><div>Quel giorno, l'unico occhio dell'Allföðr non sprizzò le scintille dell'eccitazione guerresca. Ne sgorgò invece una lacrima, che scivolò silenziosa sulle sue guance rugose e precipitò nella folta barba, dove non venne più vista. Ma Hadding l'aveva scorta, e quel pensiero lasciò un segno nel suo cuore per sempre.</div><div>Il Padre degli Dei sollevò la lancia e decretò, parlando con la sua voce, con la voce del tuono e con quella delle onde «Per la tua sfida e la tua empietà verso me e verso gli Æsir di Ásgarðr, sia tu maledetto sopra tutti i miei figli e al di sotto di tutti i miei nemici. Oggi sarà il giorno in cui la luce di Aurvandill verrà offuscata per la sua stessa tracotanza, poiché ha creduto di essere più grande del sole».</div><div>Dopodiché, Odino aveva voltato le spalle, aveva camminato verso la poppa della nave, mentre i marinai si scostavano da ambo i lati, e scavalcando lo scafo fu visto continuare a camminare sulle onde del mare di Gotland, fino a sparire per la distanza.</div><div>Hadding aveva colto una soddisfazione viscerale, un sentimento animalesco, nei denti serrati e nelle labbra sollevate di Svipdagr; ma nei suoi occhi aveva colto anche qualcos'altro, qualcosa che sul volto di un uomo sarebbe sembrato smarrimento, dubbio, sconforto, un inquieto tentativo di comprendere perché fosse stato appena abbandonato. "Ma lui è una bestia senza padre" aveva pensato allora "e il suo animo è ancora quello di un bambino, cui nessuno ha insegnato niente".</div><div><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-VAGMbAKRyQE/X1qL4nTdjlI/AAAAAAAAES0/9tYk_5Z2uxsySVhEM-T5ufo-ubP5tK8TwCLcBGAsYHQ/s2048/Sky_Night_Moon_Clouds_542827_3840x2400.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1280" data-original-width="2048" height="391" src="https://1.bp.blogspot.com/-VAGMbAKRyQE/X1qL4nTdjlI/AAAAAAAAES0/9tYk_5Z2uxsySVhEM-T5ufo-ubP5tK8TwCLcBGAsYHQ/w625-h391/Sky_Night_Moon_Clouds_542827_3840x2400.jpg" width="625" /></a></div><div><br /></div><div>La stessa sera, nel tacito assenso delle stelle, gli Æsir e i Vanir di Ásgarðr si radunavano nelle loro sale dorate, sotto le volte profonde sulle quali essi stessi avevano disposto le costellazioni, fissato l'asse del tempo e la misura delle sue rotazioni. Alcuni di loro erano lieti, poiché ritenevano che nulla di meno della letizia dovesse ispirare il pensiero di un dio. Ma molti erano tormentati da presagi gravosi, giacché gli dèi fanno parte dello stesso mondo dei mortali, e la legge della morte incombe anche su di loro.</div><div>Il più tormentato, quella sera, era il luminoso Freyr figlio di Njörðr, poiché il suo amico soffriva e aveva bisogno di lui. Anche sua sorella, colei che gli era cara più di ogni altro, covava una pena indicibile e mancava da casa da più tempo di quanto egli potesse ricordare. E nulla poteva lenire nel cuore di Freyr la consapevolezza di non poter fare nulla per nessuno dei suoi cari.</div><div>Un improvviso bussare contro le sue porte d'avorio lo distrasse. Invitò distrattamente il visitatore a farsi avanti.</div><div>Le porte si aprirono e si richiusero, rivelando la figura eretta, i lunghi capelli ribelli e la pelliccia grigia che avvolgeva le forti membra di Skaði, figlia di Þjazi.</div><div>Freyr si alzò dallo scranno su cui sedeva stravaccato ormai da giorni, tolse i capelli spettinati dalla fronte e le andò incontro, versandole una coppa di idromele e invitandola a sedere.</div><div>«Stai peggio di come ti abbia mai visto» disse Skaði, accettando la bevanda ma rifiutando con un cenno del capo la sedia.</div><div>«Tu invece stai bene come sempre» rispose Freyr, sorridendo tristemente.</div><div>«Tuo padre non si affligge meno di te» continuò la gigantessa, ignorando il complimento «non solo perché il suo genero è maledetto e sua figlia è scomparsa, ma perché anche il figlio che è rimasto a casa è lontano da lui come lo sono loro.»</div><div>«Lui non ha a cuore Svipdagr come lo abbiamo noi. Per rivedere Freyja seduta nella Sessrúmnir, bella e indifferente come è sempre stata, le estirperebbe la sua memoria dal cuore con le sue stesse mani. Per sé stesso non avrebbe neanche da faticare.»</div><div>Skaði sogghignò: in quelle sale dorate era raro sentire un'affermazione così schietta.</div><div>«Immagino tu creda di essere l'unico qui cui egli manchi.»</div><div>«Odino ha sofferto, lo sappiamo tutti. Ma è stato lui stesso a maledirlo. Non lo biasimo, Svipdagr ha completamente perduto il senno. Ed è proprio questo che mi strazia così tanto: che non posso odiare nessuno. Non posso ritrasformare Svipdagr in ciò che era prima, né riportarlo qui, né costringere Odino a riammetterlo ad Ásgarðr, e anche se potessi fare anche solo una di queste cose, la farei contro tutti gli Æsir, Vanir e Disir che dimorano in questo grande palazzo infelice. Non che questo mi tratterrebbe.»</div><div>«Non tutti. Non sei il solo a provare pena per lui. Tutti, in questo grande palazzo infelice, come lo chiami tu, gli dobbiamo qualcosa. Lui ha vendicato mio padre, ricordatelo. È riuscito a riunire in accordo me con gli Æsir senza che dovessimo combattere, solo per merito suo.»</div><div>«Mi ha salvato. Me e Freyja» disse Freyr guardandola profondamente con i suoi occhi dorati «Non solo dalla prigionia a Jötunheimr, o dagli incantesimi che ci piegavano, ma dalla vergogna. Se non fosse stato per lui, non sarei mai tornato qui. Né sarebbe tornata Freyja.»</div><div>«Ha conquistato tesori a Niflheimr, tesori a Jötunheimr, ha reso più gloria ad Ásgarðr di quanto abbiano fatto molti degli dèi che ne occupano gli scranni.»</div><div>«Nessuno era stato come lui, fino al giorno in cui è entrato come la prima luce dell'alba.»</div><div>«Si è addossato tutti i doveri della stirpe di Aurvandill, dei giganti come me.»</div><div>«E ci ha quasi distrutti in guerra» le ricordò Freyr con amarezza.</div><div>«Ma poi è venuto qui, da solo, pronto a tutto per conquistare l'amore di Freyja» continuò Skaði.</div><div>«E ha messo a nostra disposizione la spada di Völundr, l'arma capace di spezzare persino il Mjöllnir».</div><div>«Ora si trova da solo, trasformato in un mostro, a rivivere all'infinito i suoi ultimi anni maledetti. Non è giusto. Cosa può aver spinto uno come lui a diventare un tiranno, un persecutore di uomini?»</div><div>Freyr socchiuse gli occhi -il mondo si oscurò- e rispose «Sempre per lo stesso motivo. La vendetta. L'odio contro Hadding. E l'odio di Hadding stesso. Svipdagr aveva creduto che il capitolo doloroso delle sofferenze vissute durante la sua giovinezza si fosse concluso dopo aver ucciso Halfdan, il padre di Hadding, vendicando in questo modo suo padre Aurvandill, che Halfdan aveva ucciso con la sua clava. Quando Hadding ha rifiutato le proposte di pace di Svipdagr, egli ha visto rinnovati i giorni elle faide. Ha compreso che, fino al momento in cui non avesse distrutto definitivamente Hadding, e con lui la stirpe degli Skjöldungar, i danesi con lo scudo, la sua pace non sarebbe mai stata completa.</div><div>Purtroppo, Svipdagr non è nato dio. Ha conosciuto da bambino com'è la vita di tutti gli altri. Ha visto quanto è difficile costruirsi la fortuna, e quanto è facile perderla. E perdere una vita da dio è un pensiero che farebbe impazzire chiunque.»</div><div>Skaði rimase pensierosa: anche lei aveva conosciuto le asperità di una vita in fuga, di odio e di vendetta. Provava sinceramente compassione per Svipdagr, ma credeva che ci fosse anche qualcos'altro, dietro la sua caduta.</div><div>«Se ricevesse la tua comprensione, forse soffrirebbe meno il suo esilio» disse la dea della caccia.</div><div>Freyr sospirò «Lui non ha bisogno di comprensione. Probabilmente è certo di non riceverne, e se anche gliela offrissi lui non l'accetterebbe.»</div><div>«Con Freyja vicino, forse sarebbe più ragionevole.»</div><div>«L'ho osservato, e diverse volte, dal trono di Hliðskjálf, quando Odino non c'era. Da lì è possibile vedere ciò che accade in tutti i mondi. Mi ha spezzato il cuore, ma l'ho osservato. Freyja è andata da lui, più volte, ma è da giorni che non va più. Credo non dipenda più neanche da lei.»</div><div>«E da cosa dipende, allora?»</div><div>Lo splendore del corpo di Freyr si ridusse.</div><div>«È come quando ero io prigioniero a Jötunheimr. È la vergogna. Lui sa che quello che ha fatto è irreparabile. E sa che non ha vie d'uscita: il suo aspetto gli impedisce di andare a dimorare con gli uomini, o con i nani, o gli elfi, e neppure potrebbe stare con i giganti. Persino tra le bestie è condannato alla solitudine: non esiste, adesso, altra creatura come lui. La sua unica speranza di fuggire a quel fato sarebbe implorare gli dèi... gli stessi con i quali ha spezzato ogni legame rifiutando Odino.<br /></div><div>Non ha da fare altro che restare lì, ripercorrendo all'infinito gli eventi che l'hanno condotto in quell'isola, sperando che la morte sopraggiunga presto.»</div><div>Skaði lo guardò incrociando le braccia «Come fai a sapere tutto questo e rimanertene qui fermo a rimuginare, proprio come lui? Se davvero hai capito così tanto, va' a dirglielo!»</div><div>«Non ha ascoltato Freyja, non ascolterà neanche me.»</div><div>Skaði gli afferrò le spalle, e questa volta fu lei a scrutare nei suoi occhi con il gelo invernale dei propri.</div><div>«Hai ragione. Hai ragione su tutto quello che hai detto. Il tuo uso della ragione è così affinato che sempri un Ás anche tu, acuto, analitico e infallibile. Ma non lo sei, sei un Vanr. E sai meglio di me che tutti i ragionamenti del mondo non impediranno all'erba di crescere ovunque ci siano terra, acqua e sole. Se sei suoi amico, Freyr, devi andare e destare la vita che può ancora essere destata. E se non ne trovi, è tuo dovere liberarlo dalla morte in cui è già avvinto. Non abbandonarlo sotto il peso dei suoi sensi di colpa, pensando di aiutarlo sobbarcandoti parte di quella colpa ponderando in silenzio in questa sala disperata.»</div><div>Freyr fece per replicare, una nuova collera che come sangue dorato scorreva nuovamente nelle sue viscere divine. Ma si accorse che quella collera non era verso Skaði: era verso sé stesso, per non aver saputo reagire alla tragedia che si era abbattuta sulla sua famiglia. Come non aveva saputo reagire quando, tanto tempo prima, aveva scorto Gerðr, colei di cui si era innamorato, e non l'avrebbe mai incontrata se non fosse stato Svipdagr ad agire per lui.</div><div>Sì, Svipdagr aveva realizzato sia la gloria di Ásgarðr che la sua felicità. Ma il fatto che adesso fosse sprofondato nella disgrazia che si era procurato da solo, non dispensava lui, suo fratello di anima, dall'agire personalmente per la sua, di felicità.</div><div>«Grazie, Skaði» disse il dio della luce, splendendo nella notte. «Ero preda di uno strano sonno, ma adesso è finito.»</div><div><br /></div><div>È un altro giorno che sembra ancora il primo giorno.</div><div>Un giorno che potrebbe essere durato cento anni.</div><div>Inizia a piovere. Il mare risponde come il boccheggiare di un'infinità di neonati al generoso nutrimento del cielo, le sue onde si gonfiano come spire di lucide squame.</div><div>Svipdagr è ricoperto, e il suo dorso gli sembra più pesante. Il vento non lo agita come farebbe se avesse ancora il corpo di un essere umano, ma nel cuore avverte che quella pioggia lo sta schernendo, come ogni cosa gli sembra fare da quando è cominciata.</div><div>Anche lui, adesso, pensa a come è stato. All'inizio. A quando qualcosa dentro di lui si è accorta di aver fatto uno sbaglio grande, così grande da non sapere neanche come reagire, e a quando qualcos'altro, ciò che lo aveva dominato nei suoi ultimi giorni prima della maledizione, ha concluso che non ci fosse più da fare che affrontarne le conseguenze. La sua superbia.</div><div>La battaglia era cominciata con ferocia. Le navi degli svedesi avevano attaccato per prime, un impatto schiacciante. Svipdagr aveva impugnato la spada di Völundr, così affilata da poter abbattere gli alberi delle altre navi. Ne aveva abbordata una, era balzato sul ponte e aveva ordinato al suo equipaggio di non interferire: si era divertito a sterminare i marinai danesi tutto da solo, inseguendo quelli che cercavano di fuggire e squartandoli come maiali. Il suo volto era rosso mentre guardava verso il cielo oscurato e rideva, e in cuor suo continuava a sfidare Odino, ripetendo con le labbra distorte dalla ferocia e la gola riarsa "Guardami, guardami, guardami".</div><div>Ora sa che Odino lo aveva guardato allora, come continua a guardarlo adesso.</div><div>Poi si era trovato di nuovo davanti alla nave di Hadding. Il vecchio non c'era più, e lui aveva creduto che il suo allontanamento avrebbe spezzato la fiducia del giovane Skjöldungr.</div><div>«Vengo a prenderti, figlio di Halfdan!» aveva tuonato. Aveva preso la rincorsa, compiuto un balzo con la spada in pugno, afferrato una cima volante con la mano libera ed era atterrato sulla nave di Hadding, e ruotando la spada da un lato e dall'altro aveva falciato il braccio o la testa di tutti i guerrieri che gli erano corsi incontro. Hadding aveva urlato in risposta la fedeltà al protettore della sua famiglia «Per Odino!» e si era scagliato contro Svipdagr. Aveva schivato ogni colpo dell'arma micidiale, nel cui filo scorreva il veleno degli Élivágar, ma neanche aveva potuto colpirlo, perché sapeva che l'arma del nemico avrebbe spezzato la sua con un solo colpo. Mentre loro danzavano, il mare si agitava, onde furiose minacciavano di ribaltare la nave da un momento all'altro; e se Hadding faticava ogni istante a restare in piedi, la natura divina di Svipdagr, figlio di Aurvandill, lo rendeva ancora più fermo dell'albero della sua dreki. Una risata folle si era sparsa sul volto feroce come una fiammata, e le sue fattezze erano parse quelle di uno jötunn.</div><div>«Figlio di Halfdan, tu, la tua gente e il regno di Odino finite oggi, a cominciare da questo colpo.»</div><div>Ma Hadding non credeva nella vittoria come lui, lontana com'era. E mentre parlava, gli aveva sferrato un calcio al ventre che gli aveva fatto abbassare la guardia.</div><div>«Brutto...» aveva iniziato a ruggire Svipdagr, e proprio in quell'istante, mentre Hadding era distante da lui, e il calcio lo aveva avvicinato al bordo della nave, una folgore bianca come la neve del primo inverno di Miðgarðr era saettata giù dal cielo e l'aveva colpito in pieno.</div><div>Vomitando dalle fauci, deformate dall'incredulità e da un'ira blasfema, un urlo in cui la maledizione contro Hadding, che non aveva finito di pronunciare, si mescolava con quella verso Odino che iniziava appena a emergere dal suo pensiero, Svipdagr era caduto oltre il parapetto della nave.</div><div>Era sprofondato in mare, e l'incubo era cominciato.</div><div>Inarca il dorso, solleva la testa verso il cielo, spalanca le fauci: ne esce un suono simile a quello dei tuoni in lontananza, ma penetrante come una coltre di denti affilati.</div><div>«Maledetto!» ringhia contro il Padre degli Dei, sfidando con la sua voce la tempesta.</div><div>«Hai vinto contro di me unicamente perché tu sei un dio e io no! Se fossimo stati pari ti avrei schiacciato!»</div><div>Si solleva sulle zampe posteriori. È alto come le mura della sala di un re, sfonderebbe quelle di Odino se solo potesse raggiungerle.</div><div>«La mia guerra era una guerra onorevole, e tu hai vinto soltanto perché non conosci l'onore. Veleggiavo con cento navi contro il tuo regno, come nessuno aveva mai osato prima di me. Re di ogni sorta sono caduti in questo mondo perché altri re li hanno vinti con la spada, affrontandoli sul campo di battaglia. Se tu mi avessi abbattuto con la tua rinomata lancia, sarei caduto come loro.»</div><div>Torve nuvole si addensano sopra il mare mugghiante e sembrano incombere sull'isolotto, come se le sopracciglia del signore del cosmo si fossero aggrottate contro lo sgraziato gigante e le sue palpebre fossero pronte a schiudersi sulle folgori delle sue pupille incollerite.</div><div>«Ma se avessi vinto io, sarebbe stata la tua fine! La fine della tua Asgarðr, della tua signoria. Tu saresti caduto al ginocchio di Svipdagr, e sarei stato io il re, non tu!»</div><div>Un tuono più forte di ogni altro si infranse contro il muro del suono, un tuono che sarebbe stato ricordato a lungo, se ci fossero stati abbastanza uditori per raccontarlo e se nulla di più potente l'avesse seguito.</div><div>Ma in risposta a quel tuono, il drago gonfiò il ventre ed eruttò in un ruggito di collera come in Midgarðr non se n'erano uditi fin da quando la sua memoria si era accesa, e di cui gli dèi stessi non sentivano pari dai giorni dell'incatenamento di Fenrir; un boato così profondo che la terra tremò, le onde del mare si smorzarono, e persino le pesanti nuvole temporalesche parvero ritrarsi.</div><div>«Vile vigliacco senza fegato! Hai fatto questo perché avevi paura! Perché in tutti i tuoi millenni sulla terra ti eri convinto di essere al di sopra di ogni sfida! Non potevi accettare che anche a te toccasse il destino di tutti gli altri! Non hai vinto perché sei il più forte, e nemmeno il più saggio, hai vinto grazie a un insulso trucchetto!»</div><div>La tempesta finì, e la spiaggia tornò com'era sempre: grigia, vuota e silenziosa.</div><div>"Padre...perché dovevo essere così spregevole?" sussurra il mostro.</div><div><br /></div><div>«Svipdagr, hai davvero ucciso tutti quei danesi per divertimento?»</div><div>Freyr splende come se il sole fosse sceso sulla spiaggia per sedere accanto al drago. Quando entrambi vivevano ad Ásgarðr, nessuno splendeva più di loro e di Freyja. Lei e Gerðr, la moglie di Freyr, sedevano a conversare dei gioielli della terra, mentre loro, come fossero stati fratelli, si sfidavano ogni giorno nel proporre la sfida più avventata che riuscissero a pensare. "Solo uno sciocco come te, Freyr, avrebbe potuto pensare una cosa come questa" concludeva Svipdagr "ma dato che, sciocco come sei, non saresti capace di portare a termine quello che hai proposto, dovrò venire ad aiutarti".</div><div>«Sono venuto ad aiutarti» gli dice adesso Freyr, come se avesse indovinato a cosa sta pensando «ma voglio sapere la verità. Me la devi. Sei davvero colpevole di tutto quello che a Miðgarðr si dice di te?»</div><div>Svipdagr allunga il collo e lo guarda da dietro le spalle. Le sue orecchie e le sue creste sono piegate.</div><div>«Non sono mai stato veramente come voi. Neanche prima di questo.»<br /></div><div>Tace e si volta, guardando il mare. Dopo un po', riprende.</div><div>«Lei ha sempre detto che a guidarmi verso di lei era l'amore. Prima lo credevo. All'inizio avevo inseguito la vendetta per mia madre, poi quella per mio padre, e quando ho incontrato Freyja ho davvero pensato che per me il destino avesse in serbo qualcosa di meglio che la giustizia dei morti. Ho pensato che la mia felicità fosse nella vita. Ma ora so che a muovermi, prima di allora come dopo, e più di ogni altra cosa, è sempre stato l'odio. Se sono riuscito a trovare Freyja quando non c'era, è stato perché l'odio mi ha fatto allontanare da tutto quello che non era lei. E avvicinare verso quello che...forse mi faceva paura.»</div><div>«Perché tutta questa faida? Tutto quello che avevi non valeva di più? Ti sei sempre sentito in credito, come se avessi solo ricevuto regali da parte nostra e non li avessi meritati, e hai sempre sbagliato, Svipdagr, perché tutto quello che avevi l'hai conquistato, legittimamente. L'unica eccezione è l'amore di mia sorella, perché esso ti è sempre appartenuto.»</div><div>Il drago socchiude gli occhi, abbassa la testa, stringe le palpebre. Le riapre.</div><div>«Se anche avessi avuto tutto quello che fosse stato possibile avere, non sarebbe stato davvero tutto. Se avessi posseduto tutto quello che esiste entro le mura di Miðgarðr, se tutti quelli che donano anelli avessero ricevuto e distribuito i miei anelli, e tutti quelli che raccolgono il grano sotto tutte le ore del sole avessero riposto il loro raccolto nel mio granaio, e se persino gli uccelli mi avessero consegnato i rami dei loro nidi, e gli alberi la rugiada delle loro foglie, e la luce di tutte le stelle del cielo fosse stata racchiusa in un'ampolla per la mia mera brama di ricchezza, la mia vittoria sarebbe stata incompleta. Io sono stato sfregiato da bambino, Freyr. Tutta la gioia che potevo avere l'ho persa quando Halfdan ha rapito mia madre e quando ha ucciso mio padre. Io ho conosciuto lì le tenebre, fratello mio, e quello in cui vivo adesso è il fondo dell'abisso in cui sono caduto allora, che continua a sprofondare. La crudeltà mi apparteneva già allora. Mi è sempre appartenuta. Voi non la vedevate, e io avevo smesso di vederla quando Freyja sembrava aver preso il posto dell'afflizione nel mio cuore. Credevo che lei mi avesse sottratto al mio destino. Invece non si è mosso di un passo. Non si vince contro il destino, fratello.»</div><div>Freyr è affranto. Non riesce a credere che quell'odio potesse essere così grande.</div><div>«Mi è stato conferito qualcosa che non mi apparteneva.» continua Svipdagr. «Non sono nato mostro, ma non sono nato neanche dio. Mi spettava l'odio con il quale nascono gli umani.»</div></div></div><div>Il dio della luce avanza verso di lui, si ferma al suo fianco, si siede e vi poggia sopra una mano.</div><div>«Se davvero non ti fosse mai appartenuto, non l'avresti ricevuto. Nessun altro ha mai vissuto una vita come la tua, Svipdagr. Credi che se fossi stato solo quello che pensi di essere avresti vissuto per così tanti anni ad Ásgarðr?»</div><div>«Mi hanno accolto perché ho portato loro una spada magica» commenta sarcasticamente il drago. «È per quella spada, che non mi hanno ucciso come hanno fatto con Völundr.»</div><div>«Se fossi stato solo un portatore di spade, non saresti rimasto così a lungo. Ásgarðr non è per tutti. I mortali devono guadagnarsela con la morte. Tu sei stato accolto come uno di noi perché eri più nobile di tutti noi. Non riesco a credere che uno come te parli così. Sai perché adesso sei un drago, Svipdagr? Un drago è un mostro di avidità, un accumulatore di tesori spinto dal bisogno ossessivo di possedere, indifferente all'uso o al valore di ogni singolo oggetto. A renderlo così mostruoso è il non essere disposto, per nessuna ragione, a cedere ciò che ha. Insensibile alla vita di tutti gli altri, mentre pone la sua soddisfazione al di sopra dei loro bisogni, considera sé stesso l'unica cosa che esista realmente, e impedisce che quei tesori viaggino. Non intende dare e non può ricevere. Tu, Svipdagr, devi imparare a lasciare andare.»</div><div>«Lasciare andare cosa?» Le creste si sollevano, un barlume di curiosità in un nero mare di indifferenza.</div><div>«Lasciare andare tutto. Lasciare andare i torti che ti hanno fatto. Lasciare andare la cupidigia che ti ha legato ai doni che hai ricevuto dagli dèi, infondendoti il terrore di perderli. Lasciare andare l'odio, dopo aver visto a cosa ti ha condotto e cosa ti ha lasciato in cambio. E lasciare andare Freyja: sei ossessionato dal pensiero che la sua vita dipenda dalle tue decisioni, e anche quando affermi di volerla liberare dal peso del legame con te, la consideri sempre come una cosa su cui devi decidere tu. Non è così: non è l'accordo del vostro passato a tenerla insieme a te. È lei che sceglie continuamente, inesorabilmente te, ogni momento della sua vita immortale. Hai sempre pensato di essere stato incredibilmente fortunato a ricevere il suo amore, e hai creduto fosse un dono anche quello, un possedimento da affiancare agli altri. E invece l'amore non è un tesoro, è un'azione. Freyja ti ama ogni secondo che vive, ed è in ciascuno di quei secondi che lei è una cosa con te. Tu l'hai allontanata, e le hai causato dolore. Anche se speravi che dopo quel dolore avrebbe potuto ritrovare la gioia. Ma così, hai solo negato le sue scelte. L'odio ti ha accecato al punto di non credere più di poter ricevere amore. Di credere che l'amore non fosse più forte dell'odio.»</div><div>«Freyja...» sussurra Svipdagr, gettando la testa sotto una zampa, mentre i singhiozzi agitano lui insieme alla spiaggia. Piange con il torace di una bestia e il cuore di un uomo. Piange come un mostro.</div><div>Freyr non ha più la sua spada da molti anni. Ma tiene con sé un legnetto. Lo punta verso il cielo con la mano destra, l'altra la tiene sul suo amico.</div><div>«Non posso ritrasformarti, come tu ben sai. Ma posso farti un piccolo dono.»</div><div>La nebbia si dirada. Il male sembra distendersi, come se Njörðr si fosse accordato col figlio. Le nubi svaniscono. Il sole di mezzogiorno, che non se n'era mai andato, torna a splendere su di loro.</div><div>«Freyja tornerà presto. Non ci sarà bisogno che l'avverta io. Vedrà da lontano che su questa spiaggia, avvolta dalla nebbia da tempo immemore, adesso risplende il sole. Lo vedrà perché non l'ha mai persa di vista. E tu avrai due alternative: continuerai a odiare, a fingere di odiare anche lei, e odiare più di ogni altro te stesso. Oppure le permetterai di perdonarti. E apprenderai da lei il potere del perdono.»</div><div>Svipdagr inarca il collo verso di lui «Il suo perdono la vincolerà al mio odio. Tutto verrà consumato dal mio odio, se nessuno lo distruggerà.»</div><div>Freyr si solleva in piedi «Aspetta di metterlo alla prova.»</div><div><br /></div><div>Svipdagr aveva dimenticato il tocco del sole. E forse era un bene. Nella nebbia, poteva godere del flebile conforto che le sue sembianze non fossero ben distinguibili. Quando lei veniva, lui cercava di confondersi con la sabbia, l'acqua e i sassi. Non capiva perché lei insistesse nello scrostargli le squame, lavargli la pelliccia con acqua dolce, o perché facesse scivolare le dita così morbide sulle membrane dei suoi artigli, che erano così dure.</div><div>"Non ho creduto in lei" si dice. "E neanche ho colto il suo dolore, se non come un riflesso del mio." E teme, il drago marino, teme di non essere stato all'altezza del suo amore neanche prima. Lei ha messo tutta sé stessa in quello che loro sono stati. Cosa ci ha messo lui?</div><div>Poi sente qualcosa. Si volta verso oriente.</div><div>È tornata.</div><div>E adesso lui prova vergogna. La vergogna di non avere creduto in lei.</div><div>L'erba cresce nuovamente sotto i suoi passi, la brezza è lieve, sembra far parte dei lembi della sua veste, e il sotto il sole il mare splende come Svipdagr non l'aveva visto splendere per tanti anni.</div><div>«Svipdagr, sarei tornata comunque entro poco. Non ti avrei mai lasciato. Com'è possibile che la nebbia sia sparita?»</div><div>«Quanti giorni sono passati?» le chiede lui.</div><div>«Appena due».</div><div>«Mi è sembrata un'altra eternità» sussurra il drago.</div><div>Freyja addolcisce lo sguardo per un momento, ma solo per un momento.</div><div>«Tu mi hai ferito. Non l'avevi mai fatto. Me ne sono andata perché ho avuto il timore di averti perso. Tu sei libero in me, come io sono libera in te. Né maledetto, né un mostro. Sei sempre e solo Svipdagr. Nulla mi ha costretta a rimanere con te in questo stato, se non tutto l'amore che ho per te. Davvero non riesci a crederlo?»</div><div>La grande bestia marina si china sulle zampe e abbassa la testa fino a portarla all'altezza del suo sguardo. Prova vergogna, ma per alcuni istanti riesce a sostenerlo.</div><div>«Freyja...perdonami. Non ci credevo. Non ho creduto più in nulla, da quando è cominciato tutto questo.»</div><div>Freyja, che lo aveva già perdonato, vede quanto arrossati dal pianto siano i suoi occhi. E questa diviene la sua sofferenza. Mentre Svipdagr parla, piange anche lei.</div><div>«Ho negato ogni cosa. Ho riplasmato il mondo attraverso il mio diniego. Ho negato gli dèi, perché non riuscivo ad ammettere di averli traditi. Ho negato gli uomini, perché non potevo sopportare quello che avevo fatto loro. Ho negato me stesso, perché ero troppo mostruoso e troppo infelice per tollerare di esistere ancora. E nel farlo ho negato te, perché non avresti potuto amare questo mostro. Tuttora rimane un mistero per me. Freyja, come fai ad amare un mostro?»</div><div>Freyja tende la mano, come l'altra volta. Svipdagr le avvicina delicatamente la testa, e di nuovo lei gli accarezza il muso, sotto le froge, lungo le mascelle, intorno agli occhi.</div><div>«Perché io amo l'anima del mostro. Che è la stessa di quando il mostro era un ragazzo, di quando è stato un dio, e che splende identica anche attraverso il mostro. Ed è un'anima buona, avvelenata dalla paura e dal dolore. Non avresti dovuto celarli a me e a tutti coloro che ti amavano. Soffro tantissimo al pensiero di non averti fermato. Quello che hai fatto ormai è successo, ma io sono con te per proteggere quello che puoi ancora fare. Devi solo credere di poter essere amato.»</div><div>Le sue lacrime scintillano e si trasformano in oro. Un tesoro di amore, di tenerezza e di tristezza si forma intorno ai due amanti, al gigantesco drago e alla piccola dea.</div><div>«Freyja...» prova a dire Svipdagr, ma non riesce più a parlare. Non desidera altro che accettare quell'amore, credere nella possibilità di quel perdono.</div><div>E rovescia il capo all'indietro, e piange anche lui, mentre la dea si stringe al suo petto. E il mare, l'erba, l'oro e i gabbiani si fermano a osservare quella visione, e la imprimono nella loro mente, perché sanno che non ne vedranno così facilmente l'eguale, del mostro e della donna che ha amato il mostro.</div><div><br /></div><div>Era un giorno luminoso, della luce che si addice alle imprese memorabili.</div><div>Hadding non credeva di compierne, lì, in quel luogo desolato in cui il suo cammino l'aveva condotto, né lo desiderava: doveva solo riorganizzarsi, e in cuor suo sperava che gli dèi gli inviassero un segno.</div><div>Il mare scintillante sotto il sole non era troppo dissimile da ciò che cercava. Decise che si sarebbe bagnato.</div><div>Si tolse l'elmo, smise la cotta di maglia, slacciò il cinturone e sfilò gli stivali. Si tuffò in acqua come se fosse ancora un ragazzo e non avesse gli affanni di una nazione, né il peso dei morti, quello dei vivi, e quello del fatto che tutti i suoi cari fossero tra i primi. Nuotò verso il largo per alcuni minuti.</div><div>Fu quando tornò verso riva che colse, grazie al riflesso del sole, che la spiaggia era disseminata d'oro. Oro grezzo in quantità mai viste, come una seconda sabbia sulla spiaggia. Come poteva esserci arrivato?</div><div>Improvvisamente avvertì un dolore lancinante e l'agghiacciante sensazione di essere tirato verso il fondale. Negli spruzzi e nel bruciore dell'acqua che gli riempiva gli occhi e le narici scorse la forma di una bestia gigantesca, che lo aveva azzannato alla vita e cercava di trascinarlo in profondità.<br /></div><div>Ma lui era Hadding, figlio di Halfdan, campione dei danesi e di tutto ciò che il loro nome significasse. Piegò il torso a sua volta intorno alle mascelle della creatura, e tendendo i muscoli afferrò l'una e l'altra con le mani e iniziò a spingerle via. Forse fu per la sorpresa, forse fu perché Hadding possedeva davvero la forza degli eroi di un tempo -del resto, suo padre Halfdan non era considerato figlio di Thor?- il mostro marino diede uno strattone e lanciò Hadding lontano. L'eroe riuscì in fretta a riguadagnarsi il terreno, e mentre l'animale, una specie di drago marino come lo Skjöldungr non ne aveva mai visti, emergeva dall'acqua sollevando alte ondate e avanzava verso di lui ruggendo fin quasi a sbriciolare i pendii delle colline, lui rotolò verso la spada, balzò in piedi e corse verso di lui. Una lesta zampata lo sollevò in aria insieme a polvere e oro, e quando atterrò il tonfo fu rumoroso, ma Hadding si rialzò ancora. Una seconda zampata lasciò un solco profondo dove poco prima si era trovato disteso, ma non fu abbastanza rapida a risollevarsi prima che la spada di Hadding le lasciasse un morso profondo tra le squame. Il drago ruggì, gonfiò il petto e sollevò la coda, e diede una violenta spazzata con la testa, scagliando il nemico contro le rocce e tramortendolo.</div><div>Ruggì di nuovo, trionfante, e si sollevò sulle zampe posteriori, sedendo per gustarsi la scena.</div><div>«Benvenuto nella mia casa, figlio di Halfdan» dice con una voce sibilante, cavernosa, e dotata di un timbro che alle orecchie di Hadding è ancora più sgradevole delle altre due caratteristiche.</div><div>«Svipdagr?» esclama il guerriero, senza voce, mentre riprende fiato.</div><div>«Non sei felice? Siamo riuniti, nonostante tutto, come tanti anni fa. Il mio aspetto ti sorprende?»</div><div>«Affatto» risponde Hadding, rialzandosi. «Eri una bestia anche allora.»</div><div>Il drago ringhia, ma non si scompone.</div><div>«Sarebbe stato meglio se avessimo finito quel giorno. Io ti ho sconfitto, ma non ho mai avuto la soddisfazione di vederti morire per merito della mia mano.»</div><div>«Tu non mi hai sconfitto. Odino ti ha aiutato a vincere una battaglia disperata» gli ricorda Svipdagr.</div><div>«E a conti fatti non abbiamo ottenuto altro che rimandare la vendetta.»</div><div>«Tu hai ucciso mio padre, bastardo squamoso» gli ricorda Hadding.</div><div>«Lui aveva ucciso il mio» replica il drago.</div><div>«Non ha più senso cercare l'origine» dice Hadding «l'unico modo in cui farla finita è che uno uccida finalmente l'altro, senza trucchi e senza intromissioni degli dèi.»</div><div>«Come puoi vedere, gli dèi si sono già intromessi» risponde Svipdagr, sollevando la coda crestata «e ti renderai conto di essere, come sei sempre stato, in netto svantaggio rispetto a me».</div><div>«Il tuo vantaggio è repellente, Svipdagr. Sei la fiera più orrenda che abbia mai visto. Sarei quasi tentato di lasciarti in vita per protrarre la tua sofferenza, se non avessi atteso la mia vendetta per tutti questi anni. Il pensiero di renderti un privilegio sia uccidendoti che non facendolo mi ripugna quasi quanto il tuo aspetto» Hadding è di nuovo in piedi, e perfettamente in grado di combattere.</div><div>«Ho ancora una ragione per cui vivere» risponde Svipdagr, ferito, ma animato da una remota convinzione «e non vale così poco da lasciarti soppesare la mia vita e la mia morte con questa noncuranza. No, figlio di Halfdan, ho desiderato morire, ma ora non lo desidero più».</div><div>«Va' agli inferi, Svipdagr» risponde Hadding, scattando verso di lui. Balza di lato per evitare lo schiocco delle fauci del drago, scivola al di sotto della sua zampata, e di nuovo in piedi sotto il suo ventre allunga il braccio e affonda la lama della spada nel suo ventre, estraendola l'istante successivo, poi lo infilza ancora, di nuovo, di nuovo e di nuovo, come se la spada fosse un coltello. Hadding ignora il fiotto di sangue bollente che gli ricopre il braccio, e l'acuto ruggito che si leva al di sopra della sua testa. È solo quando si accorge che il corpo si è accasciato a terra, mentre lui è ancora sopra di esso con la spada, che si ferma.</div><div>Svipdagr urlò per il dolore e la sorpresa, quando il primo affondo gli penetrò nel ventre, e anche dopo il secondo e il terzo. Ma a quel punto gli fu chiaro che sarebbe morto, e con lo stupore che aveva avuto quando era solo un ragazzo e aveva viaggiato in mezzo alle meraviglie dei mondi incantati di dèi e giganti si chiese cosa significasse che stesse morendo. Era confuso come quando si era trasformato in mostro tanto tempo prima. Tutto gli vorticava intorno, tutte le domande che si era posto e che erano rimaste senza risposta, persino le più sciocche, e lui le ricordava e si chiedeva perché dovessero rimanere tutte ancora domande.</div><div>Hadding continuava a trafiggerlo, sì che Svipdagr comprese che il fiato non gli sarebbe bastato per rivolgersi a lui. Forse, in fondo, non era il fatto che lui fosse lì la cosa più importante cui pensare, o che gli fosse successa. Quelle domande lo erano di più, per esempio. Avrebbe voluto avere più tempo per pensare ad ognuna di esse, a ciò che non aveva ancora capito degli alberi, delle stelle, dell'amicizia che aveva provato, ma ora temeva anche di non averne. Ed era un peccato, si rendeva conto, perché aveva smesso di pensare a queste cose quando era diventato re di Miðgarðr e aveva dedicato ogni sua energia a perseguitare Hadding. Ed ecco che tutto quello che aveva perso si rivelò ai suoi occhi, e la nebbia che ancora li offuscava finalmente si diradò: e si accorse di essere stato davvero quello che Freyr aveva detto di lui, tanto tempo prima, e anche quello che di lui credeva Hadding, che finalmente aveva smesso di affondargli la spada nel costato. Di essere stato non per forza un eroe, ma un ragazzo che aveva avuto tanta paura e tanta speranza, e aveva fatto quello di cui avevano avuto bisogno i suoi cari superando sia la paura che la speranza; e che poi, un triste giorno, la sua paura aveva prevalso, ed era diventato crudele. Che era stato un mostro anche prima che Odino lo trasformasse in un mostro. Che, sommerso dall'odio e dal diniego, il suo spirito era rimasto uguale a quando era un uomo anche quando era diventato un mostro. E che a rivelarglielo era stata Freyja.</div><div>Pensò a tutte le volte che aveva sentito dire che l'ultima parola di un guerriero che muore è il nome della donna che ama, e di quanti ne avesse visti morire con la gola tagliata e la testa spaccata senza che neanche si rendessero conto di star morendo. Eppure, mentre moriva dissanguato sulla spiaggia che era stata il suo carcere, Svipdagr aveva forse ancora degli istanti per rivolgere il suo pensiero a Freyja, e perché almeno un momento, almeno il suo ultimo, non fosse dominato dall'odio.</div><div>Hadding udì la voce di Svipdagr mormorare una parola, e poi non lo sentì più. Il ventre smise di sollevarsi.</div><div>Si rialzò, si rivestì, pulì la lama contro la coscia e iniziò a camminare intorno al cadavere, sbalordito dalle dimensioni della bestia. Udì dei passi alle sue spalle, si voltò: una donna in lontananza stava venendo verso la spiaggia.</div><div><br /></div><div>Mare, freddo, nebbia e urla.</div><div><br /></div><div>«Che tu vada attraverso campi dorati, o sul dorso celeste del mare, che tu ascenda tra le montagne o ti nasconda negli abissi nascosti, ti avverseranno gli dèi, e tutte le potenze del mondo. Ti solleverà il mare, ti perseguiteranno i cicloni, e la tempesta schiaccerà ogni dimora in cui metterai piede. Gli uomini ti odieranno, le bestie ti aggrediranno, e ogni cosa che toccherai si corroderà sotto le tue mani.</div><div>Hai ucciso il compagno degli Æsir, l'amico dei Vanir. Molto di più, hai ucciso colui che amavo sopra ogni cosa.»</div><div><br /></div><div>Mare, freddo, mare.</div><div><br /></div><div>«Ho viaggiato e ho combattuto col favore degli dèi, e non ho mai creduto diversamente da ciò che essi mi hanno promesso. Ma quello che ho ucciso è stato odioso a essi stessi. A lungo signoreggiò sugli uomini e la loro gioia, fu un tiranno e un distruttore di patti. Io lo vidi sfidare il Padre di Tutti, e ci fui il giorno in cui il Padre spezzò la sua nave. La sua ombra piagherà la terra per molte altre generazioni ancora.</div><div>Davvero, bene ho fatto a ucciderlo, a compiere la mia vendetta.»</div><div><br /></div><div>«Hai sentito i mali che ti prometto. Dici di aver caro il favore degli dèi. Presta attenzione, straniero: gli dèi ti hanno maledetto.»</div><div><br /></div><div>«Farò tutto il possibile per ricomporre questa inimicizia, e se il fato vorrà riuscirò a estinguerla. Ma se vivrò abbastanza da raccontare la storia, ecco che presso gli uomini della Terra tutti conosceranno la verità, e malediranno il suo nome finché lo ricorderanno.»</div><div><br /></div><div>Mare, caldo.</div><div><br /></div><div>«Va' via, vane siano le tue parole. Io lo ricorderò anche oltre la loro memoria, e lo benedirò per ognuna delle maledizioni che riceverà, per quello che lui è stato per me.»</div><div><br /></div><div>Luce, calore.</div><div>Apre gli occhi: un fulgore accecante gli riempie gli occhi, come se non avesse mai visto veramente la luce prima. Sente un calore che gli sembrava di aver dimenticato, un calore che non è solo esterno, ma attraversa l'interezza del suo essere.</div><div>Intorno a sé vede altre forme luminose che si muovono. Sono Disir, spiriti di ogni genere.</div><div>È disteso, ma ora si sente forte abbastanza da sollevarsi in piedi.</div><div>Davanti a sé vede ciò che ha più desiderato vedere in tutta la vita: Freyja è avvolta da veli dorati e nastri d'argento, raggiante come il sole non è mai stato e non potrebbe mai essere.</div><div>È davanti a lui come quando l'ha incontrata ad Ásgarðr per la prima volta, in un'altra vita. Adesso un'ombra le incornicia gli occhi, il segno di una sofferenza che non potrà essere dimenticata. Ma non è altro che il ricordo di un giorno di nebbia in un secolo di luce abbagliante, mentre quegli occhi incontrano i suoi e gli sorride come se avesse compreso uno scherzo che lui non riesce a cogliere.</div><div>Lei avvicina le mani alle sue, unisce le sue dita alle sue come ha fatto tante volte, anche su quella spiaggia. E solo allora lui capisce: le sue mani sono le mani di un ragazzo. E si guardano viso a viso, dalla stessa altezza, senza che lui debba piegare un corpo gigantesco per fissarla negli occhi. E quando lei scioglie il nodo delle loro mani e gli tocca le guance, non solleva più le braccia, e la pelle che tocca è quella morbida di un giovane quasi imberbe.</div><div>E allora fa anche lui qualcosa che non faceva da tanti anni: ride, e ride insieme a lei.</div><div>Poi, da qualche parte, fa il suo ingresso Freyr, luminoso quasi quanto la sorella, minore per nulla nella gioia e solo in parte nell'amore. Abbraccia entrambi, la sorella che era fuggita e il fratello che aveva smarrito. E ride anche lui, con le lacrime agli occhi, lacrime che né la gioia né la sofferenza passata possono rivendicare del tutto.</div><div>Arrivano Skaði e Njörðr, e mentre il vecchio padre avanza commosso verso i figli, la dea invernale abbraccia fraternamente il giovane per il cui ritorno ha tanto sperato. Entrano nella sala Thor, Sif, Bragi, Iðunn, Viðarr, e anche Heimdallr.</div><div>E oltre il loro raduno, e quello dei Vanir e delle Valchirie, e degli Einherjar, il giovane vede l'alta sagoma del Padre di Tutti, di spalle, che si volta verso di lui.</div><div>«Bentornato, Svipdagr. Bentornato, figliolo.»</div><div>«Io non capisco» dice il giovane «com'è possibile?»</div><div>«È possibile, o infinitamente fortunato, bagliore che torna a splendere persino oltre le nostre speranze. E il merito è soprattutto di colei che ti ama. Quando ti ha trovato, Freyja ha pianto per te lacrime che sono diventate tesori, così grandi da riempire il mare e farlo scintillare. E noi abbiamo deciso di accettare quell'oro come pegno di riconciliazione.»</div><div>«Riconciliazione? Come potreste? Ho dannato me, Miðgarðr e voi con la mia follia. Non sono degno di trovarmi qui insieme a voi.»</div><div>«È vero, hai compiuto alcuni degli atti più gravi che mortale abbia compiuto. Ma hai anche sofferto una pena non meno tremenda. E alla fine è dipeso da te, come per ogni uomo nella sua vita. Hai scontato la tua sofferenza, punito dal tuo stesso odio che ti aveva persino privato dell'amore dei tuoi cari. E sei stato salvato da quell'amore, perché grazie ad esso ti sei pentito, hai riscoperto il perdono, l'hai ricevuto dai tuoi amici, e sei riuscito anche a perdonare te stesso. E spero che adesso tu possa capire anche perché ho fatto quello che ho fatto, Svipdagr: se ti avessi ucciso lì dov'eri, non avremmo visto altro che la tua fine. Saresti morto nell'odio e nella paura. Tu avevi bisogno di essere un mostro, e di realizzare quello che eri diventato, per poter tentare di cambiare ancora e diventare quello che eri destinato a essere, un dio di Ásgarðr, lo sposo di Freyja per tutte le ere del mondo, come eri stato tanti anni fa, ma privo dell'ombra celata nel cuore che ti aveva allontanato da noi. Ora sei stato purificato da tutte le tue colpe, e puoi godere del suo amore senza timore e senza vergogna. Vieni a prendere parte alla letizia della tua signora.»</div><div>Svipdagr, ricolmo della gioia che è possibile solo oltre la morte, riabbracciò infine Odino, si rappacificò con tutti gli dei di Ásgarðr, e sedette accanto a Freyja nella grande sala dorata, per non andarsene mai più.</div><div><br /></div><div>«Ricordi quando mi dicesti "per sempre"?»</div><div>«Ti dissi "fino al nostro ultimo giorno".»</div><div>«Ora è per sempre.»</div>Francis Starkhttp://www.blogger.com/profile/10559448728477569844noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3648770856103118233.post-32258036693147685912020-09-03T21:15:00.010+02:002020-09-07T19:14:54.137+02:00L'epopea di Svipdagr<p>Il lavoro che trovate qui, di cui mi concedo una piccola parentesi di orgoglio, trattandosi di una ricerca filologica leggermente più complessa di quelle precedenti, è soprattutto inteso ad accompagnarne un altro, che auspicabilmente troverete la settimana prossima, il giorno del quinto anniversario dell'Anima del Mostro e della fine della sua prima fase.<br />Entrambi ruotano intorno a un personaggio misterioso della mitologia nordica, o forse soltanto a un nome, un nome che tiene insieme cose che, forse, non hanno mai avuto nulla in comune: Svipdagr.</p><p></p><p style="text-align: center;"><span style="font-size: large;">La fine della Ricerca</span></p><p>A monte del mio progetto su Svipdagr, quale che sia la forma che assumerà alla fine, c'è una ricerca ben precisa, che mi ha animato per diversi anni: scoprire l'origine dell'illustrazione di John Bauer, <i>Svipdag transformed in a dragon</i>, che tutti conoscerete bene, dato che è l'immagine rappresentativa dell'Anima del Mostro da quasi cinque anni.<br />L'illustrazione mi è cara perché, nel momento in cui scrivo e da più di una decina d'anni, apre la pagina di Wikipedia "Fantasy". Le prime volte, quando la vedevo da bambino, l'immagine mi inquietava sottilmente, non saprei spiegare perché -sarà forse stata l'intensità espressiva della creatura, con le fauci spalancate in un urlo disperato-, e, come dico sempre e ho anche scritto altrove, mantengo sempre un certo grado di affetto verso tutte le cose che mi hanno suscitato paura, in qualunque grado.<br />Una volta addentratomi nello studio metodico della mitologia nordica, al cui complesso fu presto chiaro ai miei occhi che Svipdagr appartenesse, ebbi naturalmente il desiderio di conoscere questo mito a me ignoto in cui, a quanto potevo desumere dal titolo dell'illustrazione, un personaggio veniva trasformato in un drago. Ho un particolare interesse per le storie in cui gli uomini si trasformano in draghi, e soprattutto, considerando anche il numero esiguo di storie sui draghi nella mitologia nordica -che aumenta se prendiamo in considerazione le saghe, ma si limita a Fáfnir e ai serpenti cosmici per quanto attiene all'Edda-, una sola in più avrebbe allargato notevolmente il conto. Rintracciai lo <i>Svipdagsmál</i>, l'insieme dei due carmi della cosiddetta Edda minore che raccontavano il suo viaggio e la sua impresa, ma non c'era nulla su questa misteriosa metamorfosi.</p><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-nE3WHnTSE8w/X1FByypi2JI/AAAAAAAAERw/K-eRr6oT8KwTPPbbWhdlZC2EtuErUlWWQCLcBGAsYHQ/s821/Awake_Groa_Awake_Mother_-_John_Bauer.jpg" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="821" data-original-width="737" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-nE3WHnTSE8w/X1FByypi2JI/AAAAAAAAERw/K-eRr6oT8KwTPPbbWhdlZC2EtuErUlWWQCLcBGAsYHQ/s320/Awake_Groa_Awake_Mother_-_John_Bauer.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><div style="text-align: right;">"Svegliati Gróa, svegliati madre". Illustrazione di John Bauer</div><div style="text-align: right;">per Fädernas gudasaga (1911), di Viktor Rydberg.</div></td></tr></tbody></table><p>Per anni non ho trovato niente. Dopo aver dato risposta a diverse mie curiosità grazie al lavoro dell'Anima del Mostro, e aver scoperto risorse e metodi grazie ai quali essere più efficiente, credevo di poter risolvere enigmi di questo calibro, eppure a lungo nulla riuscì a rispondere alla mia curiosità. Rintracciai il legame tra la vicenda che cercavo e i <i>Gesta Danorum </i>di Saxo Grammaticus, dove Svipdagr era protagonista di storie assenti nell'Edda, e l'episodio di Hadingus e del mostro marino sembrava coincidere con l'oggetto della mia ricerca, ma senza nessun esplicito legame tra questa creatura e Svipdagr. A volte, su alcuni blog, trovavo l'opera di Bauer accompagnata da note che facevano riferimento a una storia più ampia, parlavano di Odino che puniva Svipdagr per aver veleggiato con una flotta contro di lui -o almeno è quello che mi rimase in mente, e che naturalmente ispirava alla mia immaginazione scenari decisamente interessanti, configurando Svipdagr come un personaggio superbo che sfida dèi che nessun mortale ha sfidato nello stesso modo-, confermandomi che esisteva una fonte attendibile per l'illustrazione di Bauer, da qualche parte, senza però che la trovassi.</p><p>Nell'estate del 2017 scoprii, liberamente leggibile in rete grazie al sito Sacred Texts, il libro <i>Teutonic Myth and Legend</i> <i>- An Introduction to the Eddas & Sagas, Beowulf, The Nibelungenlied, etc.</i>, di Donald A. Mackenzie, del 1912. Si trattava di una narrazione che armonizzava, legandoli tra loro, non solo gli eventi dell'Edda e di saghe autenticamente norrene, ma anche del Beowulf e di altre opere germaniche, tutti disposti secondo un ordine cronologico. Un'opera curiosa, originale, benché, anche dalla modestia della mia competenza di allora, mi paresse improbabile ottenere un risultato scientifico senza inserire elementi assenti negli originali e interpretazioni quantomeno fortemente soggettive. Pure, si poteva leggere come affascinante tentativo, valido poeticamente anche quando non lo fosse stato filologicamente.<br />Esaminando il testo notai, non senza meraviglia, che Svipdagr, così marginale nell'Edda, aveva invece uno spazio cospicuo all'interno di questo testo, che non solo conteneva il racconto dei <i>Gesta Danorum</i>, ma lo vedeva anche impegnato in imprese epiche che riguardavano gli dèi. E c'era, finalmente, anche la storia della sua trasformazione in drago.<br />Avevo trovato la storia, insomma. Certo. Ma non era sufficiente: che motivo aveva, questo autore, per raccontare la storia in modo così difforme dalle fonti? Era solo fantasia? L'illustrazione di John Bauer era unicamente frutto della fantasia di un rielaboratore di miti?<br />In ogni caso, avevo scoperto che la trasformazione di Svipdagr in drago era il culmine di una storia più vasta, una storia che non conoscevo e che richiedeva una mia lettura, se non nel libro intero, quantomeno dei capitolo a lui dedicati. Poiché, nel periodo in cui ero pervenuto a questo risultato, avevo deciso di scrivere, e pubblicare qui sull'Anima, un racconto artistico della vicenda di Svipdagr trasformato, era necessario, anche qualora fosse stata una creazione arbitraria, conoscere tutta la vicenda che aveva portato a quel passaggio. Del resto, ciò che apprendevo aveva già insinuato nel mio pensiero poetico la visione di Svipdagr come di una sorta di Lucifero norreno, un personaggio luminoso (tale il significato del suo nome) che aveva peccato di superbia ed era stato trasformato in drago, come in Satana in Milton o nell'iconografia medievale ispirata all'Apocalisse.<br />Per diverse ragioni, rimandai questo lavoro a quando avessi avuto il tempo di riprendere quella ricerca. Tempo dopo, decisi che "Svipdagr" sarebbe stato il centesimo post dell'Anima del Mostro.</p><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-qu2o5g6czE8/X1ESONlaxiI/AAAAAAAAERk/t_WVlAjRLQk9kqZijxqNSucdwL79zpQqACLcBGAsYHQ/s873/Svipdag_transformed_-_John_Bauer.jpg" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="873" data-original-width="736" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-qu2o5g6czE8/X1ESONlaxiI/AAAAAAAAERk/t_WVlAjRLQk9kqZijxqNSucdwL79zpQqACLcBGAsYHQ/w270-h320/Svipdag_transformed_-_John_Bauer.jpg" width="270" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><div style="text-align: right;">"Svipdagr trasformato", illustrazione di John Bauer</div><div style="text-align: right;">per <i>Fädernas gudasaga</i> (1911), di Viktor Rydberg.</div></td></tr></tbody></table><p>Arriviamo al presente, quando il turno di Svipdagr è finalmente giunto.<br />Ho ripreso la bozza che avevo iniziato a scrivere, il libro di Mackenzie, quello che occorreva per terminare il lavoro.<br />Poi, forte di una nuova attenzione ai dettagli, ho consultato nuovamente Wikipedia, che contiene i dettagli di tutte le immagini inserite nella piattaforma Commons.<br />Lo so, una persona più presente alla realtà l'avrebbe fatta come prima cosa.<br />Quello che ho scoperto, che è ciò che la prima volta mi aveva condotto da Mackenzie, ma cui questa volta ho prestato attenzione, è che <i>Svipdagr transformed in a dragon</i> illustra un libro ben specifico, <i>Our Fathers' Godsaga </i>di Viktor Rydberg (titolo originale <i>Fädernas gudasaga</i>, 1887).<br />Viktor Rydberg è esattamente quello che stavo cercando.<br /><i>Fädernas gudasaga</i> è il racconto in forma organica dei miti nordici da cui, presumibilmente, deriva anche il libro di Mackenzie. È qui che si trova la storia di Svipdagr con tutti gli attributi "extra-eddici" che avevo scoperto. Bauer ha illustrato ciò che ha scritto Rydberg, e Mackenzie lo ha riscritto.<br />Solo che Rydberg, insieme alla narrazione, pubblicò anche un libro intitolato <i>Undersökningar i germanisk mythologi</i>, costituito da un volume del 1886 e uno del 1889, tradotti in inglese come <i>Teutonic Mythology</i>, dove ha esposto e argomentato le sue congetture sui testi antichi, a partire dai risultati delle quali aveva scritto la sua narrazione mitologica unitaria. <i>Teutonic Mythology </i>è il processo, <i>Our Fathers' Godsaga</i> è il risultato. Si tratta di lavori criticatissimi, stroncati dalla maggior parte dei filologi e degli esperti, e di cui oggi non si parla neanche più. Ma è da lì che è nata la storia, o forse la variante della storia; o il mito, o più opportunamente il sub-mito, che ho cercato per tanti anni.</p><p>Così, eccomi a voi. Questo è il resoconto della vicenda della mia biografia che ha portato alla storia. <br />Qui di seguito troverete la storia, quello che hanno raccontato le fonti e quello che potrebbero aver voluto significare, che indagheremo con i pareri degli studiosi che se ne sono occupati.<br />E soprattutto ci sarà anche lo studio, mio, sulla ricostruzione che Rydberg ha fatto della storia di Svipdagr, sulle sue fonti, le sue intuizioni, le evidenze filologiche su cui si basano o che più probabilmente ignorano, in modo che, anche se fossi l'unico al mondo ad essersi tanto interrogato dopo aver visto quell'immagine, il processo dal quale è nata resti conoscibile e ricostruibile, a disposizione di chiunque possa un giorno porsi queste domande.<br />Specialmente perché, devo ripeterlo, quell'immagine rappresenta L'Anima del Mostro da quasi cinque anni.</p><p style="text-align: center;"><span style="font-size: large;">Svipdagr: chi era costui?</span></p><p>Svipdagr è composto dalle parole <i>svipa</i>, verbo che denota un movimento immediato, e <i>dagr</i>, un sostantivo, che significa "giorno". È un nome problematico, dato che il prefisso <i>svip</i> non ricorre in nessun altro nome norreno -anche se di Svipdagr ne esistono più di uno. Ipotizzando un costrutto formato da due nomi, dei quali il primo funge da aggettivo qualificativo del secondo, si è ipotizzato che <i>svip </i>significhi il momento in cui la luce scompare, oppure, dato che nello <i>Svipdasmál</i> vengono insegnate all'eroe alcune formule magiche, con cui liberarsi dei nemici e degli ostacoli, che il suo nome designi "il giorno che fa sparire", e quindi "il giorno magico" (Sturtevant 1958). Gianna Chiesa Isnardi lo associa all'irrompere improvviso della luce mattutina, un'alba pregna di potenzialità e dinamismo, e lo definisce "l'eroe solare per eccellenza" (Isnardi 1991).<br />Il nome designa più di un personaggio della letteratura mitologica norrena tradizionale, e la lista aumenta considerando anche quella storica. Con un'unica eccezione, però, si tratta di personaggi minori, nominati una volta sola in elenchi di guerrieri. L'eccezione è quella che ci interessa.<br />Si tratta del protagonista di due carmi di genere eddico, che non sono contenuti nel <i>Codex Regius</i>, la raccolta di manoscritti che annovera il GKS 2365 4 (redatto nel XIII secolo), la raccolta di ventinove testi che costituiscono quella che chiamiamo comunemente Edda o Edda poetica, ma in tre codici del XVII secolo, insieme ad altri carmi, anch'essi assenti nel <i>Codex Regius</i>, che costituiscono la cosiddetta "Edda minore", che nelle edizioni moderne a volte accompagnano quelli dell'Edda maggiore e altre volte sono omessi. I due carmi, la cui composizione è collocata tra il XIII e il XIV, cosa che li rende ben più tardi degli altri testi eddici, sono il <i>Grógaldr</i> e il <i>Fjölsvinnsmál</i>, e poiché in entrambi il protagonista è Svipdagr vengono comunemente indicati col nome complessivo di <i>Svipdagsmál</i>, "carme di Svipdagr", che esamineremo attraverso il testo, la traduzione e l'interpretazione di <a href="https://bifrost.it/GERMANI/Fonti/Eddapoetica-38.Svipdagsmal.html">Bifrost.it</a>.<br />Nel primo, il <i>Grógaldr </i>(<i>galdr</i>, incantesimo), cioè "L'incantesimo di Gróa", troviamo un motivo fiabesco: Svipdagr si reca sul tumulo della madre defunta, Gróa, poiché prima di morire ella gli aveva detto di rivolgersi a lei laddove avesse avuto bisogno di aiuto, e la chiama. La voce della madre si leva dalle profondità oltremondane per domandargli che cosa gli occorra, e Svipdagr risponde che la sua matrigna, la donna che ha sposato suo padre dopo la sua morte, gli ha ordinato di andare a cercare Menglöð, che dimora in una terra dove chiunque si avventuri trova la morte; pertanto, Svipdagr chiede alla madre di cantare incantesimi che lo proteggano durante il cammino. Il resto del carme è occupato dai nove incantesimi, nove formule composte secondo una struttura ricorrente, che Gróa canta al figlio: sono formule che ella gli raccomanda di ricordare, ma i cui effetti vengono anche provocati da lei stessa mentre li canta. Formule per proteggere il viandante dalle ostilità della natura, per placare gli animi dei nemici e per neutralizzare i poteri di avversari che superino la natura stessa. Le formule della <i>Grógaldr</i> , la cui struttura ricorda anche gli incantesimi dell'<i>Hávamál, </i>sono estremamente interessanti per la comprensione della magia nordica, ma non è questo il nostro interesse presente. Ci basti tenere a mente che Gróa, evocata dal mondo dei morti, presenta attributi simili a quelli della <i>völva</i> evocata da Odino nella <i>Völuspá</i> e nei <i>Baldrs Draumar</i>, creatura non del tutto umane, imparentate con la stirpe dei giganti e simili alle Norne.<br />Trovate una versione musicata degli incantesimi della <i>Grógaldr </i>nella splendida "Traust" degli Heilung, a partire dal minuto 3:30.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: right;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/HVw_1RZncec" width="320" youtube-src-id="HVw_1RZncec"></iframe></div><p>Il <i>Fjölsvinnsmál</i>, "Carme di Fjölsviðr", prende il nome dal nuovo interlocutore di Svipdagr, la cui identità è incerta, ma presenta Odino come candidato più probabile. Nella strofa 47 Svipdagr afferma di essere figlio di Sólbjart, che significa "splendore del sole" ed è un nome misterioso e privo di altre attestazioni, su cui torneremo più avanti.</p><p>Svipdagr è giunto davanti a una fortezza abitata da giganti, e Fjölsviðr, presumibilmente un custode -di sé dice solo di essere molto saggio, che è il significato del suo nome, e parco del suo cibo- gli chiede chi sia, gli nega l'accesso e inizia con lui un <i>certamen </i>di sapienza, simile a quelli che Odino ingaggia con Þrymr o Vafþrúðnir: Svipdagr, presentatosi come Vindkaldr ("vento freddo"), pone domande sulle caratteristiche della fortezza e dei suoi abitanti, e Fjölsviðr risponde puntualmente a ciascun quesito, secondo una struttura classica di questo genere, ma facendo riferimento a nomi e miti completamente estranei a quelli della tradizione eddica principale. La fortezza è difesa da un muro di fuoco e da cani da guardia, superare la loro sorveglianza è impossibile, sconfiggere i guerrieri che vi dimorano impensabile. L'eroe si trova davanti a un accesso impossibile, fino al momento in cui domanda se esista qualcuno che possa dormire tra le braccia di Menglöð senza temere pericoli. Alla risposta "Solo Svipdagr, al quale è promessa in sposa", Svipdagr rivela apertamente la sua identità, risolvendo l'enigma (similmente, oserei dire, al modo in cui ne <i>Le Conte du Graal </i>di Chrétien de Troyes è necessario porre la giusta domanda alla processione mistica che trasporta il graal, per poter compiere il miracolo al quale è vincolato e salvare il moribondo Re Pescatore). Fjöslviðr manda allora a chiamare Menglöð, che interroga a sua volta il giovane sulla propria identità, temendo si tratti di un inganno, e quando finalmente Menglöð realizza di avere davanti l'uomo che ha lungamente aspettato, lo accoglie per vivere insieme a lui<i> «</i><i>ævi ok aldr saman</i>», "fino al nostro ultimo giorno".<br />La maggior parte degli studi su Svipdagr si svolge dunque intorno a questa coppia di testi, che per la ricchezza di allusioni, nomi parlanti intercambiabili, e per altre ragioni ancora, sono interpretati soprattutto come simbolici, atti a illustrare una ricerca iniziatica che può essere tanto quella di un giovane appena maturato della donna da sposare, quanto quella di altri scopi allegoricamente rappresentati da lei, come la conoscenza.</p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-2WuCDM5yPAE/X0QiikRH-fI/AAAAAAAAERM/Nr9dDpGKF0AZuJY45u1YytHsWxlptxUkACLcBGAsYHQ/s817/Freyja_and_Svipdag_-_John_Bauer.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="817" data-original-width="726" height="640" src="https://1.bp.blogspot.com/-2WuCDM5yPAE/X0QiikRH-fI/AAAAAAAAERM/Nr9dDpGKF0AZuJY45u1YytHsWxlptxUkACLcBGAsYHQ/s640/Freyja_and_Svipdag_-_John_Bauer.jpg" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">"Freyja e Svipdagr", illustrazione di John Bauer per <br /><i>Fädernas gudasaga</i> (1911), di Viktor Rydberg.</td></tr></tbody></table><p>Un percorso di indagine molto battuto è quello che considera i nomi di tutti i personaggi dello <i>Svipdagsmál</i> degli epiteti di più tradizionali e meglio attestate figure della mitologia nordica, e in particolare Menglöð, già da Jacob Grimm nel 1835, è stata spesso identificata con la dea Freyja: il suo nome, che significa "lieta della collana", farebbe riferimento a un attributo tradizionale della dea, la collana Brísingamen ("gioiello dei Brísingar", dal nome della stirpe cui si lega, probabilmente i nani che l'hanno forgiata).</p><p>La vicenda di Svipdagr si arricchisce in un'altra fonte "attendibile", i <i>Gesta Danorum</i> di Saxo Grammaticus (XII-XIII secolo). Si tratta di una voluminosa opera storiografica scritta in latino e divisa in sedici libri, dove le origini delle vicende storicamente documentabili si uniscono a miti noti e a frammenti di miti perduti; è anche nota per la presenza della storia di Amloði, l'Amleto di Shakespeare.<br />Qui Suibdagerus è il re di Norvegia che compare nel primo libro, il tirannico sovrano che ha conquistato la Danimarca e la Svezia e che sarà antagonista di Hadingus, il primo eroe di cui Saxo racconti le gesta. Occorrerà dunque soffermarci anche sulla storia di Hadingus, visto il modo in cui si lega a quella di Suibdagerus (il racconto che segue proviene da Koch-Cipolla 1993).<br />In merito a quest'ultimo, è quantomeno problematico il confronto con l'eroe dello <i>Svipdagsmál</i>, lì un giovane che supera brillantemente una prova iniziatica magica gareggiando con un personaggio "molto saggio", la cui grandezza deriva da qualità interiori e dal favore di poteri sovrannaturali, qui, invece, un uomo potente per una regalità terrena, connotato in modo ostile. Ludovica Koch, nell'edizione italiana dei <i>Gesta Danorum</i>, ipotizza che Saxo abbia semplicemente derivato il nome dalla tradizione leggendaria, dato che Svipdagr, come si accennava, si chiamavano anche guerrieri in altri testi; più nel dettaglio, un personaggio nel prologo dell'Edda di Snorri, un compagno di Hrólf Kraki, un personaggio dell'Heimskringla, e anche un antenato di re Aella nella Cronaca Anglosassone, Swæbdæg, su cui forse dovremo tornare.<br />La prima menzione di Suibdagerus in Saxo lo mostra già re di Norvegia e reo di due gravi crimini, avere stuprato la sorella di Gram, re di Danimarca e di Svezia, e avere insidiato sua figlia. Grazie all'aiuto di truppe sassoni, giunte per vendicare la morte di Enrico, re di Sassonia, ucciso da Gram, Suibdagerus lo sconfigge e diviene anche re di Danimarca e di Svezia. È allora che nascono i due figli di Gram, Guthormus e Hadingus, uno da Gro, l'altro da Signe, coloro su cui ricade l'onere di vendicare il padre. I due neonati vengono affidati alle cure dei giganti Vagnhofthus e Haphlius, che li proteggono per alcuni anni. Suibdagerus, adesso re di un regno vastissimo, ha nel frattempo sposato la figlia di Gram che aveva insidiato, sorella di Guthormus e Hadingus (e fino a questo punto la storia ricorda quella di Sigmundr nella <i>Völsunga saga</i>), che intercede per loro presso Suibdagerus affinché li richiami dall'esilio, ma solo il primo accetta di recarsi a corte: Hadingus giura solennemente di vendicare la morte di suo padre. Raggiunta la maggiore età, Hadingus parte e vive numerose imprese, fino a radunare la forza per tornare in Svezia e sfidare il re Suibdagerus, riuscendo a vincere la battaglia e a ucciderlo, e ottenendone sia la vendetta che la regalità. Le imprese di Hadingus, a questo punto, procedono per molte altre direzioni, incluso lo scontro con i figli del suo avversario.<br />Il passaggio che ci interessa di più è quello che avviene alcuni anni più avanti: dopo aver perso una battaglia contro gli Svedesi, Hadingus si ritira nello Hälsingland, una regione della Svezia centro orientale, dove ha un incontro prodigioso, per quanto poco dettagliatamente narrato:</p><p>«<i>Hadingo, sconfitto, si ritirò nello Hälsingland; e lì, mentre, arroventato dal calore del sole, si bagnava nella fresca acqua del mare, attaccò un mostro marino di razza sconosciuta, lo uccise mettendo a segno un gran numero di colpi, e ordinò di portarlo all'interno dell'accampamento. Mentre esultava per quest'impresa, gli si avvicinò una donna e si rivolse a lui dicendo:<br /><br />Sia che cammini per campi, sia che stenda la vela sul mare,<br />vedrai levartisi contro gli dèi, e ostacolarti i progetti<br />gli elementi, dovunque tu vada. Ti vedrai costretto a scappare<br />per terra, a ballare sul mare, a trovarti a compagno costante<br />dei tuoi viaggi un ciclone, né a mai vederti allentate le vele.<br />Non ci saranno a proteggerti case: se cerchi di entrarci,<br />le abbatterà la tempesta; dal gelo tremendo le bestie<br />ti morranno; le cose, ammalate, piangeranno la tua maledetta<br />presenza. Ti fuggiranno come un flagello di scabbia:<br />sarai la peste più nera che si sia mai vista. È la pena<br />che ti assegna il potere celeste. Con mano sacrilega<br />hai ucciso, nascosta in un corpo non suo, una natura divina:<br />ti sei fatto assassino di un dio benefico. Parti per mare<br />e patirai la furia dei venti, liberati dal carcere di Eolo;<br />irromperanno a schiacciarti Austro e Zefiro e Borea,<br />gareggeranno in congiura a chi soffia più forte, finché<br />con intenzioni più pure placherai la durezza divina,<br />saprai addolcirla patendo il castigo che meriti.</i>»</p><p>Hadingus vede allora abbattersi su di sé la maledizione degli dèi, fino al momento in cui riesce a placarne la collera istituendo un sacrificio particolare.</p><p>«<i>Così, per placare gli dèi, sacrificò a Frö degli animali di colore nero. Ripeté il sacrificio propiziatorio in una festività annuale, e ne lasciò la consuetudine ai posteri perché l'imitassero. Gli Svedesi lo chiamarono </i>Fröblot<i>.</i>»</p><p>Qui, per lo meno, è dove arriva Saxo. È quello che la tradizione antica ci ha consegnato su Svipdagr, e forse su due Svipdagr completamente diversi.<br />Finché non si aggiunge all'equazione Viktor Rydberg.<br /><br />Rydberg ritiene Svipdagr, che in questa rassegna risulterebbe un personaggio secondario, marginale, del complesso di storie del grande nord, un eroe centrale, soprattutto perché, mediante alcuni legami, finisce con identificare Svipdagr, o forse, più precisamente, far confluire in Svidpagr, diversi altri personaggi partecipi di miti anche più noti, che tutti insieme compongono una grande trama, partendo dall'idea che Svipdagr sia un epiteto, una designazione per solo alcune delle caratteristiche di questo personaggio, e che mediante questo epiteto egli possa essere identificato, in particolare, con Óðr, Skírnir e Hermóðr.<br />Le tesi di Rydberg, come già chiarito in apertura, sono state negate in tutti i modi possibili, i suoi azzardi sono notevoli, il suo metodo non è scientifico; ci interessa però perché ne viene fuori una bella storia, le cui fondamenta filologiche, che non la rendono attendibile da nessun punto di vista, le conferiscono maggiori dignità e fascino della semplice invenzione e della rivisitazione di qualunque rimaneggiatore contemporaneo.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-58bREStlzCI/X1ERc3tNRKI/AAAAAAAAERc/OTBMO_n6aRsk4XUeIV3y9O4WIb9uB4viACLcBGAsYHQ/s2048/Odur_verl%25C3%25A4sst_abermals_die_trauernde_Gattin.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1563" data-original-width="2048" src="https://1.bp.blogspot.com/-58bREStlzCI/X1ERc3tNRKI/AAAAAAAAERc/OTBMO_n6aRsk4XUeIV3y9O4WIb9uB4viACLcBGAsYHQ/s320/Odur_verl%25C3%25A4sst_abermals_die_trauernde_Gattin.jpg" width="320" /></a></div><p>Il primo elemento con cui legare Svipdagr alla mitologia eddica classica è il suo legame con Freyja, che presume, naturalmente, che quest'ultima sia Menglöd.<br />Nell'Edda di Snorri, lo sposo di Freyja è Óðr, un dio di cui sappiamo poco, se non le sue abitudini di viaggiatore: si assentava spesso da casa per lunghi periodi, e Freyja, soffrendone la lontananza, piangeva lacrime che si trasformavano in oro.<br />Alla ricostruzione di Svipdagr, Rydberg aggiunge lo <i>Skírnsimál</i>, un carme dell'Edda del X secolo circa, su un episodio che ha per protagonista Skírnir, un servo del dio Freyr, incaricato di scoprire la causa della malinconia del suo signore e da questi incaricato di fare da suo messaggero d'amore per Gerðr, una gigantessa che dimora in un paese lontano. Freyr affida a Skírnir la sua spada e il suo cavallo, grazie al quale supera la parete di fuoco e gli ostacoli che lo separano dalla dimora di Gerðr, davanti alla quale monta la guardia anche un pastore che gli sconsiglia di proseguire. Le analogie con il viaggio di Svipdagr al palazzo di Menglöd sono numerose, ma a permettere a Skírnir la riuscita dell'impresa sono gravi minacce di miseria e solitudine. Il significato del nome di Skírnir è "il luminoso".<br />Hermóðr, figlio di Odino, è conosciuto soprattutto per il mito della morte di Baldr: è lui, prendendo Sleipnir, il cavallo di suo padre, a scendere nel regno di Hel per liberare Baldr, ottenendo la risposta della dea della morte e risalendo sulla terra per riferirla agli dèi. In qualità di messaggero, Rydberg lo considera allora estremamente simile a Skírnir, anche perché in entrambe le imprese si ritrova un viaggio in regioni sovrannaturali e il prestito di un destriero divino. Hermóðr sembra essere un dio minore, non menzionato tra i più importanti nella lista che Snorri fa nel <i>Gylfaginning</i>, ma in una poesia scaldica, l'<i>Hákonarmál</i> (carme di Hákon), dove si descrive l'assunzione tra gli dèi della Valhöll del re norvegese Hákon il Buono (920–961 circa), Hermóðr viene chiamato insieme a Bragi per accogliere il sovrano. Nel Beowulf, in ben due passaggi, incontriamo un Heremōd, un eroe del passato ricordato per una storia di decadimento morale, che però ci interesserà di più tra poco.</p><p>Gróa, la madre di Svipdagr, non compare solo nel <i>Grógaldr</i>. Oltre alla presenza di una Gro moglie di Gram nei <i>Gesta Danorum</i>, che Saxo però non riconduce in alcun modo a Suibdagerus, la sua storia più conosciuta si trova nell'Edda di Snorri, e più precisamente nello <i>Skáldskaparmál</i>, dove è la moglie del gigante Aurvandill, un personaggio che è già stato interessante per noi (a proposito del tolkieniano <a href="http://lanimadelmostro.blogspot.com/2017/03/earendil-i-versi-da-cui-nacque-la-terra.html">Eärendil</a>) e che fa parte di uno degli snodi di filologia e mitologia comparata più enigmatici. Il mito, che ripercorro brevemente, vede Þórr recarsi da Gróa dopo aver ucciso il gigante Hrungnir, del quale gli è rimasto un frammento della cote che Hrungnir usava come arma incastrato nel cranio, perché glielo rimuova adoperando le sue arti magiche: Gróa si dedica prontamente al lavoro, ma durante la conversazione Þórr le rivela di aver incontrato Aurvandill, che manca da casa da molto tempo, e che questi sta tornando a casa, e la gigantessa, colma di gioia, corre fuori per accoglierlo dimenticandosi di terminare il lavoro sulla cote, che da allora è rimasta nella fronte di Þórr.<br />Sarebbe allora Aurvandill, colui il cui alluce congelato era stato scagliato da Þórr nel cielo diventando la stella del mattino, l'Earendel del <i>Christ II </i>anglosassone che ha ispirato Eärendil, il marinaio del Silmarillion, Aurvandill padre di Amloði-Amleto, il padre di Svipdagr?<br />È quello che sostiene Rydberg nel suo studio sulla mitologia teutonica.<br />Nel <i>Fjölsvinnsmál </i>, come già detto, Svipdagr afferma di essere figlio di Sólbjart, "splendore del sole", mentre non rivela il nome del padre che si è risposato con la donna che l'ha inviato da Menglöd nel <i>Grógaldr</i>, che potrebbe e non potrebbe essere Sólbjart. Se i due poemi compongono davvero la stessa storia, manca qualcosa nel mezzo. Rifacendosi proprio al <i>Christ II</i>, ai versi «<i>éala éarendel engla beorhtast/ ofer middangeard monnum sended</i>» ("salute Earendel, più luminoso degli angeli/ mandato agli uomini della terra di mezzo"), Rydberg interpreta Sólbjart come un epiteto riconducibile ad Aurvandill, nel suo ruolo di stella del mattino, ritenendo che anche alla cultura scandinava fosse familiare questo attributo di stella "luminosa come il sole".</p><p>Ecco quindi la vita di Svipdagr secondo Rydberg: suo padre era Aurvandill, sua madre Gróa. ottenne di poter vivere tra gli dèi, e sposò Freyja. Quando questa venne rapita dai giganti, Svipdagr viaggiò nelle terre di Jotunheimr e di Niflheimr, e la salvò, secondo un'altra trama ricostruita dai Gesta Danorum, quella di Otharus (cioè Óðr) che salva una principessa di nome Syritha.</p><p>Veniamo alla parte che ci interessa di più: Svipdagr che viene trasformato in un drago.<br />Saxo parla di <i>belua inauditi generis</i>, "una belva di un tipo mai visto", che significa che non si tratta di un animale chiaramente identificabile e pone la creatura uccisa da Hadingus in un piano sovrannaturale, un animale dal possibile aspetto chimerico; il fatto che sia sacro agli dèi al punto di portarli a esigere un grave risarcimento per la sua uccisione è probabilmente ciò che completa quella sua straordinarietà: è una creatura che non appartiene alle categorie mortali dell'esperienza.<br />Mentre i draghi, che neppure appartengono alla sfera dell'ordinario, sono decisamente inconfondibili, visto che la letteratura nordica ce ne parla molto; oltre al fatto che nessuno di essi è mai stato vicino al favore degli dèi, da Fáfnir che appartiene a una stirpe maledetta a Jörmunganðr che è l'acerrimo nemico di Þórr.<br />Ora, Rydberg osserva che Hadingus, quando gli viene annunciata la maledizione degli dèi, non ripara subito al torto che ha commesso, ma è solo dopo aver sperimentato la persecuzione dei venti e di tutte le forze della natura che accetta di compiere il sacrificio per Freyr; secondo lo studioso, Hadingus aveva ucciso qualcuno che si sentiva legittimato a uccidere, e per il quale non avrebbe mai provato pietà, né avrebbe accettato di chiedere perdono, se non davanti a una manifestazione così violenta della collera divina. E la ragione è che aveva riconosciuto il suo nemico nella creatura.<br />La prova, per Rydberg, è che il dio cui dedica il sacrificio è Freyr, fratello di Freyja, particolarmente vicino a Svipdagr come mostra la storia di Skírnir.<br />L'idea che la forma della creatura sacra fosse quella di un drago, Rydberg la trova in una fonte anglosassone, che lega inaspettatamente questa vicenda a un'altra famosa storia di eroi e di mostri: il Beowulf, dove la storia di Heremōd (l'Hermóðr anglosassone menzionato precedentemente) è intrecciata con quella di Sigemund (<a href="http://lanimadelmostro.blogspot.com/2017/12/sigurr-la-storia-dei-volsunghi.html" target="_blank">Sigmundr</a>), l'uccisore del drago.<br />Dopo la vittoria di Beowulf su Grendel, si tiene un grande banchetto celebrativo durante il quale lo <i>scop</i> loda il guerriero geata, e al contempo lo ammonisce, attraverso i paradigmi di due eroi del passato, Sigemund, esempio positivo, e Heremōd, esempio negativo (vv. 874b-915). Il primo è ricordato per aver ucciso un drago (impresa generalmente attribuita a suo figlio Sigfrido), mentre del secondo apprendiamo che fu inizialmente un grande uomo a sua volta, ma che in seguito si spensero in lui "<i>eafoð ond ellen</i>" (v. 902a), "forza e valore", poiché fu tradito mentre si trovava "<i>mid eotenum</i>", "con i giganti" (v. 902b), e che venne paralizzato dai "getti dell'angoscia" al punto di diventare "un travaglio mortale" per tutto il suo popolo. Generalmente questo viene interpretato con un temperamento malinconico. Quando Beowulf torna dalla laguna, dove ha ucciso la madre di Grendel, è Hrōðgār stesso a menzionare nuovamente Heremōd (vv. 1709b-1724a). Egli fu chiaramente un sovrano degli Scyldingas, i Danesi, che però riuscì a causare loro solo rovina e morte, uccidendo "i suoi compagni di mensa" e condannandosi così all'esilio (descritto in termini simili a quelli usati per Grendel), durante il quale divenne "feroce di sangue".<br />A questo punto, Rydberg, tracciando la vicenda biografica di Heremōd sulla base delle informazioni fornite dal Beowulf (Rydberg 1886, p.825-826), sostiene che, dopo questa crisi, Heremōd sia stato trasformato in un <i>wyrm</i> o <i>draca</i>, senza però menzionare un passaggio effettivo nel Beowulf, e suggerendo l'identificazione del drago ucciso da Sigemund proprio con Heremōd (i versi su questa impresa sono 884b- 897b). Che a questo punto dovrebbe significare identificare Heremōd-Svipdagr con lo stesso Fáfnir, se non fosse che la menzione di una cosa del genere manca totalmente, e che forse Rydberg stava ritenendo lo stesso Sigemund qualcosa di diverso dalla saga dei Volsunghi.<br />Per completezza, ricordo che le parole <i>wyrm </i>e <i>draca </i>sono i due termini che designano i draghi nella lingua inglese antica, e in generale nella letteratura germanica antica, considerandoli insieme alle loro forme norrene <i>ormr</i>, che individua il serpente e il verme ed è termine più antico, e <i>dreki</i>, un derivato del <i>draco</i> latino, diffuso nel nord dalla letteratura romanza, più tardo e generalmente usato per i draghi volanti della letteratura medievale più tarda. </p><p>Attraverso altri epiteti ed etimologie, Rydberg ricostruisce quindi l'altro elemento confluito nell'illustrazione di Bauer: quello di Freyja, che dopo aver perso Svipdagr lo cerca attraverso numerosi regni, lo trova, come provato da un suo epiteto, Mardöll, traducibile come "colei che fa luccicare il mare" (<i>marr</i>, "mare", <i>döll</i>, "scintillio"), e nonostante il suo aspetto mostruoso rimane fedelmente insieme a lui -lei che è la dea della bellezza e dell'amore- e fa del suo meglio per consolarlo della sorte che si è abbattuta su di lui, almeno fino al giorno in cui arriva Hadingus.</p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: right;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/Z7pvqNATe3s" width="320" youtube-src-id="Z7pvqNATe3s"></iframe></div><br />Come ho messo in chiaro fin dall'inizio, questa non è la vera storia di Svipdagr. È la possibilità che la storia di Svipdagr fosse qualcosa di più di quello che siamo sicuri che fosse, la storia di un giovane e una giovane che avevano bisogno di incontrarsi e che riescono a farlo, promettendosi di non separarsi mai più. Sono belle le operazioni come quelle di Rydberg, ma la filologia esiste proprio perché non tutto quello che si può dire su un testo è automaticamente vero, come ogni scienza dimostra che non tutto quello che ci viene in mente, su qualsiasi fenomeno della nostra esperienza, è necessariamente corretto.<br />Una volta imparato questo, naturalmente, resta la possibilità della fantasia. Qui è possibile che accadano molte cose che nella realtà non è possibile che accadano. Neanche qui, però, può accadere tutto: accade soltanto quello che ha un significato, che ha un motivo per poter accadere. È il luogo dove Svipdagr, dopo aver ottenuto il riconoscimento degli dèi, può cadere per aver commesso una grave colpa; è il luogo dove è possibile cambiare forma e diventare un mostro perché gli altri vedano la nostra oscurità e la nostra parte di colpa e di errore, ma dove a nostra volta possiamo vedere chi è disposto ad amarci lo stesso; e forse è anche il luogo dove possiamo trovare la redenzione che ci sarebbe impossibile altrimenti.<br />Ci vediamo al centesimo post.<br /><p></p><p style="text-align: left;"><span style="font-size: large;">Bibliografia</span><br /></p><p>Bifrost.it: SVIPDAGSMÁL - Il discorso di Svipdagr || Bifröst | Biblioteca || - <a href="https://bifrost.it/GERMANI/Fonti/Eddapoetica-38.Svipdagsmal.html" target="_blank">https://bifrost.it/GERMANI/Fonti/Eddapoetica-38.Svipdagsmal.html</a></p><p>Isnardi 1991 - Gianna Chiesa Isnardi, <i>I miti nordici</i>, Longanesi, Milano, 1991.<br />Koch-Cipolla 1993 - Ludovica Koch, Adele Cipolla, a cura di, <i>Sassone Grammatico. Gesta dei re e degli eroi danesi</i>, Einaudi, Torino, 1993.<br />Mackenzie 1912 - Donald A. Mackenzie, <i>Teutonic Myth and Legend</i> <i>- An Introduction to the Eddas & Sagas, Beowulf, The Nibelungenlied, etc.</i>, 1912.<br />Rydberg 1886 - Viktor Rydberg, <i>Teutonic Mythology. Gods and Goddesses of the Northland</i> (<i>Undersökningar i germanisk mythologi, första delen</i>), traduzione dallo svedese di Rasmus B. Anderson, 1886.<br />Sturtevant 1958 - Albert Morey Sturtevant, THE OLD NORSE PROPER NAME "SVIPDAGR". "Scandinavian Studies", vol. 30, n.1, University of Illinois Press, 1958, pp. 30-34.</p>Francis Starkhttp://www.blogger.com/profile/10559448728477569844noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3648770856103118233.post-916555244310541492020-07-09T21:28:00.002+02:002021-05-28T17:56:41.952+02:00Il rinvigorimento delle fiamme<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-aLudgtJTD6g/XwdOvSdGb4I/AAAAAAAAEQo/uL4KCP2QGeQePiORqLkihxCzY597euJJQCLcBGAsYHQ/s1600/photo5780485622446798144%2B%25281%2529.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="583" data-original-width="875" height="426" src="https://1.bp.blogspot.com/-aLudgtJTD6g/XwdOvSdGb4I/AAAAAAAAEQo/uL4KCP2QGeQePiORqLkihxCzY597euJJQCLcBGAsYHQ/s640/photo5780485622446798144%2B%25281%2529.jpg" width="640" /></a></div>
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La sala del re era vuota e ricoperta di cenere da secoli e secoli. Qualunque cosa là fosse vissuta, e fosse stata grande, e fosse stata nobile, e fosse stata preziosa, e avesse significato un valore e una promessa per qualcuno, non esisteva ormai più.<br />
Nessuno vi entrava, da quando tutto era finito. Nessun predone, neanche il più disperato, aveva messo piede in quelle rovine, semplicemente perché, per il mondo, esse non esistevano. E benché ancora coppe rimaste intatte, arazzi risparmiati dalla muffa, qualche scheggia di metallo arrugginito, persino alcune monete d'oro, fossero tutti sparsi per il castello, nessuno lo sapeva né ci pensava, e tutte queste cose restavano là, ignote perché non desiderate, perdute perché mai più cercate. Per questo, era come se non esistessero.<br />
<br />
<i>Benvenuti. Questo è un racconto dell'Anima del Mostro.</i><br />
<i>Una premessa importante: la storia è stata concepita, e scritta totalmente, durante l'ascolto del brano "The Rising of the Flames", contenuto nell'album "Stormcrowfleet" della band Skepticism; potete ascoltarlo su qualunque piattaforma musicale preferiate. Non c'è, qui dentro, una sola parola che abbia scritto senza ascoltare quel brano. Non costringerò nessuno a leggere il racconto ascoltando il brano con la modalità di riproduzione infinita, anche perché non posso farlo, ma sarebbe falso affermare che esista un modo più corretto di leggerlo.</i><br />
<br />
Ora, sotto la sala c'era una cripta, dove a lungo avevano ricevuto onorata sepoltura i re che si erano avvicendati sul trono di quel regno, il regno che fu; o, perlomeno, fino a quando era esistito l'onore in quei luoghi. Allora, nei giorni dei re, tanti secoli prima, a occuparsi del luogo, custodirlo, e dedicarsi alle sepolture dei sovrani che morivano, era stato un servitore molto leale e molto ammirato, che nonostante l'avvicendarsi di molte generazioni era sempre rimasto lì, vecchio ma mai decrepito, acciaccato ma sempre saldo. Gli uomini usavano dire che sarebbe rimasto in piedi anche dopo che il tempo avesse consunto non solo le sepolture, ma anche le mura del castello; quella diceria circolava così tanto che lui stesso la sentì un paio di volte, trovandola molto divertente.<br />
Erano passati tutti quei secoli e non c'erano più stati re. E nel momento in cui tutti si erano dimenticati di loro, nessuno aveva più pensato neanche al servitore.<br />
Eppure, egli era rimasto. La polvere si era posata sul suo capo e sulle sue spalle, giorno dopo giorno, e la rovina aveva svolto i suoi uffizi nel palazzo come se questo fosse suo -e d'altra parte, chi altri ne avrebbe potuto rivendicare il possesso?- ma questo non significava che il servitore fosse morto.<br />
Rimase lì al suo posto, come aveva sempre fatto, seduto sullo scranno che aveva sempre occupato per osservare quell'antica sala, probabilmente a un certo punto si addormentò, e non si svegliò né il giorno seguente né quello che venne dopo, e neppure ciò venne notato mai da alcuno, dei pochi che forse ancora trafficavano nelle sale superiori, in fuga dal decadimento e dal passaggio inesorabile del tempo; ma, nonostante tutto, la vita in lui non si spense.<br />
<br />
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<a href="https://1.bp.blogspot.com/-W9clsPsANgw/XwY9b5iVjyI/AAAAAAAAEOg/Itqf_hkUKvsBp8Sqz_DqDnS3dUeWFTzcACLcBGAsYHQ/s1600/castle-dark-castles-stone.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="607" data-original-width="910" height="266" src="https://1.bp.blogspot.com/-W9clsPsANgw/XwY9b5iVjyI/AAAAAAAAEOg/Itqf_hkUKvsBp8Sqz_DqDnS3dUeWFTzcACLcBGAsYHQ/s400/castle-dark-castles-stone.jpg" width="400" /></a></div>
Nessuno sa quanto tempo fosse passato dalla fine del regno che fu, ma un giorno, un giorno senza un nome, nel focolare della sala, che era rimasto spento fino ad allora, si accese miracolosamente una scintilla, da sola, per propria incomprensibile virtù. E dopo molte ore, come se quella scintilla avesse trasmesso un messaggio all'aria ristagnante, che a sua volta fosse discesa nella cripta per annunciarlo alla polvere, anche il vecchio, così come si era addormentato, si svegliò.<br />
Il suo primo pensiero fu rivolto, com'era sempre stato, ai morti. Aveva il compito di vigilare sulle tombe dei re, e non era mai venuto meno a tanto uffizio. Si accorse che un torpore secolare legava le sue membra, che il solo tentare di muoverle minacciava di farlo ripiombare nel sonno; ma un essere che abbia dormito per così tanto tempo non riprenderà a farlo con facilità, e la devozione rivolta al suo compito era come un fuoco. Piegò le dita, infrangendo spessi strati di crosta e sporcizia, poi fletté i gomiti, fece forza sui piedi e sulle gambe, mentre polvere e vecchiume si scioglievano in fiumi intorno al suo corpo, e si sollevò in piedi. Si guardò intorno: la cripta mostrava con risentimento i segni dell'abbandono, e quel risentimento per il vecchio servitore era severo come l'ira di un re, un'ira che però non riusciva bene a comprendere, poiché non ricordava di aver mai mancato ai suoi doveri. Pure, sotto quel grigio sudario, ogni cosa lì era come era sempre stata.<br />
Dopo avere, con molti sforzi, smosso la polvere, disfatto le ragnatele, ridato infine lustro alla sala dei morti, il servitore si avviò verso i piani superiori, e fu così che scoprì che la vera disgrazia era quella abbattutasi sulla sala dei vivi.<br />
Seduto di fronte allo scheletro del trono, che in parte era crollato su sé stesso, il vecchio non riusciva a capacitarsi di come il regno che era stato il più grande e il più bello su questa terra non fosse semplicemente più. Nella desolazione sussurrò:<br />
«Dov'è il cavallo? Dov'è il cavaliere? Dov'è il donatore d'anelli? Le panche spaziose ove si teneva banchetto, e tutte le gioie che accendevano la sala. La coppa scintillante. L'armatura argentata del combattente. Ed ogni altra cosa nella quale brillava la gloria del signore. Adesso è come se tutte fossero state inghiottite da un nulla tenebroso, al cui cospetto nessuna sembra essere mai stata.»<br />
Per sette notti e sette giorni rimase fermo lì, a compiangere lo sfacelo della grande sala e di tutto ciò che era stata, ricordando i nomi, ricordando i volti, e ricordando le fiamme. Finché non s'accorse che l'antico focolare, dove intanto aveva iniziato ad ardere un piccolo fuoco, era acceso fin da quando si era svegliato, e nonostante non fosse stato alimentato non si era spento, neanche un momento di tutti quei giorni di compianto. Per quanto debole, viveva, ancora e per sempre, legato per tutta l'eternità a quella storia, che lo aveva generato e che era votato a ricordare. Come lo era l'uomo che lo stava osservando.<br />
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-yUoewmZXLmA/XwcP6W8ARKI/AAAAAAAAEPw/11ccv-JDTng9zCocm5qI_PAyjcNHt_3DwCLcBGAsYHQ/s1600/Dying%2BEmbers%2B_%2BA.%2BStettin%2B_%2BFlickr.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="684" data-original-width="1024" height="213" src="https://1.bp.blogspot.com/-yUoewmZXLmA/XwcP6W8ARKI/AAAAAAAAEPw/11ccv-JDTng9zCocm5qI_PAyjcNHt_3DwCLcBGAsYHQ/s320/Dying%2BEmbers%2B_%2BA.%2BStettin%2B_%2BFlickr.jpg" width="320" /></a>Egli si risollevò in piedi con una nuova sveltezza, avanzò verso il fuoco e scrutò nel suo cuore. Scrutò così lungo e così acutamente che la sua luce gli si impresse nella vista, come un marchio sulla carne viva, e da quel giorno in poi essa si sarebbe riflessa sulla sua pupilla ovunque fosse andato.<br />
Ora, uno dei braccioli del trono, separato dal resto, giaceva poco lontano dal focolare e catturò la sua attenzione. Il guardiano lo prese con delicatezza, lo rigirò tra le mani esaminandolo con cura, dunque ne avvicinò un'estremità al fuoco. Le fiamme risalirono lungo la sua superficie, la annerirono dopo poco tempo, e poi si fermarono intorno all'estremità del lato che avevano toccato: crepitanti e dorate, non consumarono la sostanza del legno, ma, paghe di un piccolo tributo della sua superficie esterna, rimasero accese sulla sua punta, impresse come acqua battesimale.<br />
Il vecchio annuì, ruotando il volto verso i resti del trono: e se la parte di quel volto che rimase in ombra il fuoco non poté vederla, quella illuminata dal suo bagliore, inaspettatamente dopo tanto tempo, stava sorridendo.<br />
Uscì dalla sala, avvolgendosi nei resti di uno dei vessilli strappati come in un mantello, cinta alla vita la spada, poco più che ornamentale, con cui aveva condiviso il sonno; si voltò solo una volta prima di varcare la soglia, poi un'altra, poco prima che la distanza gli impedisse di vedere l'edificio, e poi voltò strada e non riuscì a vedere più.<br />
<br />
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-9r_3jVCK8rI/XwY9Z4QgoFI/AAAAAAAAEOc/sxPufwPaHH8b3AI-rdtT21e-jODRZ8gMACLcBGAsYHQ/s1600/cloud-ruins-landscape-building-castle-wall-fortress-stone-old.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="585" data-original-width="880" height="265" src="https://1.bp.blogspot.com/-9r_3jVCK8rI/XwY9Z4QgoFI/AAAAAAAAEOc/sxPufwPaHH8b3AI-rdtT21e-jODRZ8gMACLcBGAsYHQ/s400/cloud-ruins-landscape-building-castle-wall-fortress-stone-old.jpg" width="400" /></a>Era un mondo di cenere, quello in cui scoprì di trovarsi l'antico guardiano della cripta del regno che fu. La terra era grigia e arida, che salisse in altopiani o digradasse in valli, ciò che restava dei boschi somigliava piuttosto a file di frecce incassate nel terreno, una più mortificata dell'altra dopo aver tutte mancato il bersaglio, con corti rami ma nessuna foglia. Anche il cielo pareva color cenere. Quando il vento soffiava, la sua voce somigliava a un sospiro.<br />
Così, il fuoco che il vecchio portava con sé pareva offrire un'alternativa in più ad ogni cosa. In una terra fatta solo di gradazioni di grigio, la luce della fiamma donava un nuovo volto alle cose, altre sfumature, altre possibilità. E così, la via percorsa da colui che la conduceva divenne, in quel momento della storia del mondo, luogo di fenomeni rari che non accadevano più da molto tempo, e anche di alcuni che non erano accaduti mai.<br />
Dopo quattro giorni di viaggio ininterrotto, poiché non avvertiva il bisogno di dormire né di mangiare, il vecchio non aveva ancora trovato nulla che non fosse cenere e grigiore, e continuava a non sapere dove dirigersi, né cosa fare con la fiamma.<br />
Il quinto giorno trovò finalmente qualcosa di nuovo, una differenza rispetto al paesaggio tutto uguale in cui aveva errato: una capanna di legno in mezzo a un campo.<br />
Al vederla il vecchio si illuminò, e vi si diresse con passo svelto. La costruzione era piccola e di aspetto piuttosto grezzo, e nulla lasciava presumere che fosse abitata; d'altra parte, era l'unica costruzione che l'uomo avesse visto da quando aveva abbandonato il castello.<br />
Non bussò, nella stranezza di quel viaggio e di quella vita, e gli bastò uno sforzo sottile per aprire la porta. All'interno, vi era per lo più polvere, sollevata in forme irregolari, sotto le quali si ravvisavano un tavolo e delle sedie. Da un lato ce n'era un mucchio così denso da non riuscire a capire di cosa si trattasse, dal lato opposto un camino spento.<br />
Chiunque fosse vissuto lì ora era polvere come ogni altra cosa. Come anche il regno che fu. Eppure, a questo era stato concesso il privilegio di un fuoco sempre acceso. Il vecchio era un guardiano, e in un certo senso il sacerdote delle spoglie del passato. Per lui era naturale accendere delle candele per ricordare i morti.<br />
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-UwvYAjjoE5w/XwY9m2M6npI/AAAAAAAAEOk/2rTRdIIXG_UDpl8F6f8omfZfZ5wmNdsLACLcBGAsYHQ/s1600/ashes%2Bii.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="685" data-original-width="1023" height="267" src="https://1.bp.blogspot.com/-UwvYAjjoE5w/XwY9m2M6npI/AAAAAAAAEOk/2rTRdIIXG_UDpl8F6f8omfZfZ5wmNdsLACLcBGAsYHQ/s400/ashes%2Bii.jpg" width="400" /></a>Per questo, con naturalezza, il vecchio afferrò una delle sedie, snudandola dalle ragnatele e dalla sporcizia, dunque la fece a pezzi e la gettò nel camino. Con il bastone che portava con sé, accese il fuoco, e anche in quella capanna ci fu calore, per la prima volta da tanto tempo. L'errante guardò il fuoco del camino come se fosse un miracolo, e sorrise una seconda volta. Poi si avvicinò all'altro lato dell'ambiente, e iniziò a districare il misterioso groviglio. Rivelò uno strumento musicale, un liuto. Lo raccolse e lo portò via con sé, alla ricerca di altri camini da accendere.<br />
<br />
Una sera, in cui finalmente aveva deciso di fermarsi per riflettere meglio, e vegliava un fuoco, acceso con delle sterpaglie grazie alla fiamma della torcia, che, fino al quel momento, era stata la cosa più simile a un'alterità che avesse visto, udì, per la prima volta da quando si era destato, il suono di passi che non fossero i suoi. Parevano dirigersi proprio verso di lui.<br />
In altri tempi si sarebbe celato per studiare chiunque fosse, prima di decidersi, eventualmente, a palesarglisi, e specialmente nel caso dovesse svolgere una missione estremamente importante, come immaginava di stare facendo in quel momento; ma dopo quella continua visione di un mondo grigio e disabitato, era desideroso di vedere qualcuno, e bendisposto verso chiunque fosse stato.<br />
Quello che vide fu molto diverso da qualunque cosa si fosse aspettato o avesse visto mai, in pur tanti e tanti anni di esperienza. Emergendo dal fondo dell'altura su cui si trovava, venne avanti un mostro di una razza che gli era completamente estranea. Non appena ne ebbe scorto il capo massiccio, dal quale due occhi gialli lo fissavano seminascosti nelle dense ombre delle sue orbite, il vecchio provò un senso di meraviglia, così differente dallo smarrimento e dall'abissale tristezza che aveva provato da quando si era risvegliato, da non accorgersene neanche.<br />
Il nuovo venuto si ergeva su due zampe simili a quelle di un colossale uccello, e un folto piumaggio, grigio come ogni altra cosa rimasta in quel mondo, avvolgeva le sue grosse membra. Altre due zampe, simili a piccole ali, pendevano dal suo ventre, e avevano artigli, tre ciascuna. Alle sue spalle si muoveva una lunga coda.<br />
Il vecchio sostenne lo sguardo del mostro per lunghi istanti.<br />
Poi la grande testa di questi si dischiuse in due lunghe mascelle con denti falcati, una visione terrificante. Il mostro non la spalancò, ma la aprì leggermente, il poco che gli occorreva perché da quelle fauci uscisse, rapido e inatteso, un: «Buonasera».<br />
«Buonasera» replicò il vecchio, inarcando un sopracciglio. Non era neanche così sicuro che fosse sera.<br />
«Spero di non averti spaventato» proseguì il mostro «anche con ogni buona intenzione, interrompere una lunga solitudine è facilmente equivoco».<br />
«No, non mi avete spaventato» rispose il vecchio «ma stupito, quello certamente sì. E ho paura che stiate continuando a farlo. Non che ve ne biasimi» soggiunse alzando una mano «trovo, ecco, che questo sia un curioso incontro».<br />
«Si può dir di sì» osservò il mostro «ma nulla che una pacifica conversazione non possa risolvere, se non ti dispiace».<br />
Il vecchio rise. Quanto era disperato il mondo se, dopo aver cercato e desiderato una qualunque forma di contatto, questa proveniva da una creatura inverosimile come quella? Pure, il suo invito a conversare, la sua cordialità, e soprattutto la curiosità del tutto e il bisogno di capire qualcosa del mondo in cui si trovava, dato che non ne aveva ancora capito nulla, lo rendevano impaziente dinanzi alla prospettiva di quella conversazione.<br />
«Non mi dispiace, certamente. Potete sedervi?»<br />
«Nel senso che vuoi sapere se ne sono in grado?»<br />
«Diciamo pure di sì»<br />
«Ma sì che lo sono»<br />
«Sedetevi allora, vi prego»<br />
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-92ls6wfgzlA/XwY86-jeQ9I/AAAAAAAAEOM/M_RGYXMnad8lYQL5dSJXrsoo0pUpI79lQCLcBGAsYHQ/s1600/Ashes.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1067" data-original-width="1600" height="265" src="https://1.bp.blogspot.com/-92ls6wfgzlA/XwY86-jeQ9I/AAAAAAAAEOM/M_RGYXMnad8lYQL5dSJXrsoo0pUpI79lQCLcBGAsYHQ/s400/Ashes.jpg" width="400" /></a>La creatura si fece più vicina. Era più alta del vecchio di tutta la testa, e poiché avanzava tenendo il corpo orizzontalmente rispetto al terreno, la sua, di testa, si trovava al livello delle sue stesse spalle, con le zampe artigliate davanti agli occhi dell'uomo e la testa massiccia immediatamente sopra il suo campo visivo. Il vecchio vide anche che la sua testa, come le sua dita e le zampe, era sprovvista di piume, e ricoperta di quella che pareva la pelle squamosa di un serpente, di colore più chiaro.<br />
La grande bestia adagiò la parte posteriore del suo corpo sul terreno, piegando le lunghe zampe, proprio di fronte a dove stava il vecchio, scrutandolo attraverso il fuoco. Rimasero in silenzio per alcuni minuti, studiandosi. Poi fu nuovamente il mostro a interrompere il silenzio.<br />
«Ebbene, credo che la prima cosa da fare sia presentarsi. Sperando che i nostri modi di farlo non siano troppo dissimili.»<br />
«Sono d'accordo. Ma in che cosa questi modi dovrebbero essere dissimili?»<br />
La bestia inclinò il capo «Oh, in infinite cose. Ad esempio, nel mio modo di presentarsi non esiste il concetto di nome.»<br />
Il vecchio lo squadrò stupito «Ah no? Dunque che cosa significa presentarsi, se viene meno l'oggetto stesso della presentazione?»<br />
L'altro fece qualcosa di strano con gli occhi, facendovi passare davanti una specie di palpebra trasparente, pur senza chiudere quelle che stavano sopra e sotto. Aveva una fisionomia diversa e la estrinsecava in modi diversi. «A me sembra che presentarsi significhi comunicare chi si è, e per fare questo non serve un nome. Anzi, un nome è alquanto inutile allo scopo. Tu che possiedi un nome, sai dirmi in quale parte del tuo nome è contenuto il numero di inverni che hai veduto, o di prede che hai mangiato, o quali stelle hai guardato?»<br />
«No di certo» rispose il vecchio, stimolato «ma tutte queste sono cose che si possono raccontare anche dopo la presentazione. In questa occorre che ci si dia dei nomi, perché con quei nomi ci si possa chiamare di lì in poi. Come potrò rivolgermi a voi, se non saprò il vostro nome?».<br />
L'altro rifece quel movimento con gli occhi «Non è poi una così grave mancanza, visto che riusciamo a rivolgerci l'uno all'altro anche senza il nome».<br />
Il vecchio ridacchiò «Ve ne do atto. D'altronde, sembra che non ci siano altri a cui rivolgersi. Vi propongo una soluzione che accontenterà entrambi: voi mi indicherete una parola che possa usare per rivolgermi a voi, se non altro per chiamarvi qualora foste lontano, e io mi presenterò secondo il vostro modo di farlo».<br />
La creatura scosse la coda da una parte all'altra «Mi sta bene! Dato che me lo chiedi, chiamami Yutyrannus. È una parola che ho in simpatia.»<br />
«Vi ringrazio per essermi venuto incontro.»<br />
«Ora, per l'altra parte dell'accordo, sappi che io sono Lunga Attesa, Dubbio nell'Inconsapevolezza, Fame Dimenticata e Viandante di stelle. Tanto tempo fa ho vissuto cinquanta inverni, ho mangiato diciottomilatrecentoquattro prede, mi sono accoppiato tre volte, e ho visto tutte le stelle sia del Grande Albero, o cielo, e anche degli altri alberi, che sono gli altri mondi...ma ora, non sono lo stesso che ero allora.»<br />
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-GApDKSI8Mbc/XwY_ON5uMvI/AAAAAAAAEPI/4dDSxszvEIAyP9ik08g1Tp58IbsnWjyEwCLcBGAsYHQ/s1600/mists%2Bof%2Btime.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="668" data-original-width="1000" height="266" src="https://1.bp.blogspot.com/-GApDKSI8Mbc/XwY_ON5uMvI/AAAAAAAAEPI/4dDSxszvEIAyP9ik08g1Tp58IbsnWjyEwCLcBGAsYHQ/s400/mists%2Bof%2Btime.jpg" width="400" /></a>«Chi siete, se non siete più chi eravate?»<br />
«Probabilmente lo stesso che sei tu. Presentati nello stesso modo.»<br />
«Tenterò. Non sono mai stato abile come poeta, se non nel ricordare i versi degli altri. Penso però di poter dire che anche io ho molto lungamente atteso, che ho dubitato, e che sono rimasto per più tempo di quanto sia in grado di pensarne come in un sonno diverso da tutti gli altri sonni. Da giorni la mia esistenza non è più quella di un uomo, vago senza meta in una terra che è tutta uguale, senza sentire né la stanchezza né la fame, e non ho con me che questo fuoco che non agisce come un fuoco.»<br />
«E prima?»<br />
«Prima ero un guardiano, custodivo la cripta dei re del regno che fu, e prima di addormentarmi, per quel che ricordo, avevo vissuto ottanta inverni. Non saprei contare tutti i pasti che ho fatto, ma quanto a giacere con qualcuno, benché non sia uso mio e di molti come me, parlarne candidamente ad altri che si siano incontrati per la prima volta, dirò rispettosamente di averlo fatto ben più di tre volte. Ma senza avere figli. Le stelle che conosco io sono il Grande Carro e il Piccolo, il Cacciatore, il Toro, le stelle del cielo. Mai prima di oggi avevo sentito parlare di altre stelle.»<br />
Yutyrannus cambiò posizione e agitò nuovamente la coda. «Poiché sei così confuso e comprendi così poco di questa situazione, forse potrò esserti d'aiuto. Permettimi di spiegarti in che mondo ti sei risvegliato.»<br />
Il vecchio sentì finalmente un sollievo e una speranza, si distese su un fianco e lo invitò a parlare.<br />
«Vi prego di farlo»<br />
E così, per la prima volta da molti millenni, da quella notte lontana in cui altri misteriosi amici avevano istruito i suoi più remoti progenitori, un uomo ascoltò una storia raccontata da un altro che uomo non era.<br />
<br />
«Probabilmente quello che sto per dirti l'avevi già immaginato in cuor tuo, e in quel caso mi tocca dartene l'onerosa conferma: il mondo è finito.»<br />
Il vecchio chinò il capo, sorpreso dall'ironia di quanto poco si sentisse smosso da quella rivelazione, e al contempo da quanto essa, nonostante tutto, riuscisse a vincere col dolore, se non il suo spirito, la sua umanità.<br />
«Già, è quello che pensavo anche io.» ammise infine. Il suo ospite lo guardò intensamente, esprimendo la compassione e la partecipazione snudando i denti e inclinando la coda.<br />
«Come ti fa sentire questo?»<br />
«Infelice, indubbiamente. Eppure, non riesco a cogliere del tutto il significato di questa fine, che a me non sembra del tutto tale. Se il mondo è finito...io e voi che cosa siamo?»<br />
Yutyrannus si sollevò in piedi e raddrizzò il collo, sollevando le piume.<br />
«Io, signore mio, sono uno spirito.»<br />
Il vecchio lo guardò stupito, sentendosi quasi deriso.<br />
«Ma cosa mi dite? Siete saldo davanti a me, il fuoco proietta la vostra ombra e la sua luce rischiara e oscura il vostro volto.»<br />
Lui snudò nuovamente i denti: «Sono uno spirito nel senso che sono un'idea. Io, da solo, sono qui a incarnare l'interezza di tutti gli individui della mia stessa stirpe che sono mai nati. Possiedo i ricordi di chi sono stato io, nella mia vita, come me stesso; ma ora sono anche tutti gli altri esemplari della mia specie vissuti prima e dopo di me.»<br />
Per quanto fossero straordinarie le cose di cui era diventato testimone, questo stupì il vecchio molto più profondamente delle precedenti; non da ultimo, per il fatto che, a differenza della cenere e del vuoto, l'esistenza di spiriti come quello poteva essere una buona notizia.<br />
«Come è mai possibile questo?»<br />
«Non lo so. Forse il mondo non ci voleva dimenticare.»<br />
"Forse il mondo non ci voleva dimenticare" ripeté il custode nel proprio cuore, chiedendosi cosa significasse, se potesse avere un significato. Se potesse essere vero.<br />
«È possibile...che anche per me valga qualcosa di simile?»<br />
Yutyrannus lo annusò e lo osservò silenziosamente per lunghi, lunghissimi istanti.<br />
«È possibile, sì.»<br />
Perché, se il mondo era disposto a ricordare qualcosa, e a conservarla, conservarla oltre le sue irrevocabili leggi di morte, fino a quell'ora in cui ogni misura e ogni senso sembravano essere stati destituiti da così tanto tempo da essere stati dimenticati, non poteva essere proprio per la sua sala, per la grandezza che il regno che fu aveva posseduto, che ora lui, il più umile, tra quanti erano stati suoi servitori, che fosse stato realmente servitore del regno e non di sé stesso, aveva ancora la possibilità di ricordarla oltre la sua rovina, all'indomani di un'età di sfacelo e consunzione in cui a un piccolo fuoco era ancora consentito brillare?<br />
«Io non sono mai morto, però» disse ancora.<br />
«Nemmeno io. Dev'essere questo, ad accomunarci» replicò Yutyrannus, con una nuova luce negli occhi. Il vecchio si chiese se anche lui stesse affrontando pensieri confusi come i suoi.<br />
Lo sguardo gli cadde sulla torcia.<br />
«Sto portando con me il fuoco.»<br />
«Perché stai portando con te il fuoco?»<br />
«Per riaccendere i bracieri.»<br />
«Perché vuoi riaccendere i bracieri?» chiese il gigante, agitando ancora la coda, curioso.<br />
«Perché è quello che so fare. Anche se il mondo è finito, finché sono vivo, mi tocca accendere i bracieri.»<br />
L'animale allora annuì, poiché aveva compreso non già il significato intrinseco dell'accendere i fuochi, ma quello che aveva per lo spirito dell'uomo che gliene stava parlando.<br />
«Ti spiace se ti accompagno?»<br />
«No di certo. Sarà meglio viaggiare in compagnia.»<br />
Il dinosauro ridacchiò: «Specie se restiamo davvero solo noi due.»<br />
<br />
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-ISTsrkVqRAw/XwZAymcmKvI/AAAAAAAAEPY/GYO9r_9wAsAo8y4gXjwWkwF2Rc676CKcwCLcBGAsYHQ/s1600/Fire_in_darkness_-_LOHDI.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1600" height="480" src="https://1.bp.blogspot.com/-ISTsrkVqRAw/XwZAymcmKvI/AAAAAAAAEPY/GYO9r_9wAsAo8y4gXjwWkwF2Rc676CKcwCLcBGAsYHQ/s640/Fire_in_darkness_-_LOHDI.jpg" width="640" /></a><br />
Il giorno dopo, l'uomo e il dinosauro si misero in cammino, alla ricerca di altri fuochi da accendere.<br />
Se Yutyrannus aveva il passo ben più lungo di quello del vecchio, lo manteneva lento per non superarlo troppo. A quanto diceva, anche lui aveva vagato da solo come aveva fatto il vecchio, ma per molto più tempo. Per la strada che aveva già percorso, non aveva trovato nulla, così continuarono nella direzione verso la quale si stava dirigendo il vecchio, che, se non altro, aveva già trovato delle casette e una chiesa.<br />
Dopo aver camminato a lungo, giunsero davanti a un sorprendente mutamento del paesaggio: una digressione dell'infinita distesa cinerea, che fino a quel momento era sembrata sempre irreparabilmente uguale, che proseguiva in un passaggio più in basso, una distesa lunga ancora diverse miglia in mezzo alle pareti di roccia che sostenevano l'altopiano.<br />
«Avevi già visto altre variazioni del paesaggio, come questa?» chiese il vecchio a Yutyrannus. Ora che erano compagni di viaggio, e dato che ne aveva chiesto il permesso e gli era stato accordato, poteva dargli del tu. In cuor suo, mantenere le regole della cortesia, perlomeno quella che aveva conosciuto ai suoi tempi, anche dopo la fine del mondo, gli sembrava avere più potere di quanto riuscisse a spiegarne.<br />
«Ne avevo viste altre, sì, ma non come questa. Più a nord ci sono dei pendii che non portano a niente, scale di terra e cenere che si sollevano per qualche passo e poi si interrompono. O piccole depressioni. Ma questa sembra l'entrata di qualcosa di più grande.»<br />
«Come fai a essere sicuro del nord? Non si vedono né il sole né le stelle.»<br />
Yutyrannus sollevò gli angolo della bocca e agitò una volta la coda «Quelli come me sanno dov'è il nord come tu sai dov'è il sopra e dov'è il sotto. Ce l'abbiamo dentro.»<br />
Presero via per la valle deserta, scendendo fino a una profondità tale che la terra intorno a loro superò l'altezza dell'antico spirito animale. E fu poco dopo questo punto che udirono dei suoni. Un soffio più rumoroso e ancora più triste di quello del vento, e rumori cadenzati, passi, più lenti e più pesanti di quelli di Yutyrannus, ma anche più ovattati dal terreno, come se non fosse un unico corpo, ma una grande quantità di corpi granulosi, a compierli.<br />
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-X6iPVJs9h1s/XwcUm2ZdnkI/AAAAAAAAEQE/lnP3ZOo2vlMNNvKIWqI5wN6gSPShkFMpACLcBGAsYHQ/s1600/2496959629_a5969e60de_b.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="681" data-original-width="1024" height="265" src="https://1.bp.blogspot.com/-X6iPVJs9h1s/XwcUm2ZdnkI/AAAAAAAAEQE/lnP3ZOo2vlMNNvKIWqI5wN6gSPShkFMpACLcBGAsYHQ/s400/2496959629_a5969e60de_b.jpg" width="400" /></a>Poi, da oltre il bordo della parete di terra che copriva il loro sguardo, a destra, si allungò la sagoma di qualcosa che si muoveva, che fu al centro del loro campo visivo entro pochi istanti, e che si rivelò qualcosa che nessuno dei due aveva mai visto. Una cosa dello stesso colore di tutto il resto, molto più grande di Yutyrannus, ricoperta di cenere, e forse di cenere costituita, che poggiava su due zampe articolate in spalle robuste, gomiti spessi e tre lunghi artigli, e trascinava dietro di sé una coda di cui non si vedeva il termine. Dalla parte opposta, frontalmente, sembrava ugualmente trascinare qualcosa, una lunga testa spigolosa su un collo poderoso, che si dischiuse come un fiore in tre petali coperti di denti, mascelle robuste, e poi iniziò ad avanzare a lunghi balzi verso di loro.<br />
«Cosa accidenti è quella cosa?» gridò il custode.<br />
«Il mondo ora è solo cenere, ma anche così, il vecchio istinto dell'autoconservazione della materia mediante l'assunzione di altra materia non è morto del tutto».<br />
I due corsero in direzioni separate, il loro tempismo fu efficace, l'essere continuò la sua carica fino a superarli e ad arrestarsi appoggiandosi al pendio.<br />
«Vuoi dire che questo è un predatore?»<br />
«Sì, anche se non posso dire che sia vivo. Ma qualcosa l'ha convinto che se mangia tutto ciò che non è cenere, continuerà a non vivere per qualche altro tempo, e la prospettiva gli piace più di quella di smetterla»<br />
L'essere ripartì alla carica, puntando l'uomo.<br />
«Che possiamo fare?» gridò, chinandosi e sperando di poter scartare in tempo.<br />
Yutyrannus fu più veloce. Si avventò in corsa, scattante, in direzione incidentale alla carica della creatura di cenere, e forte della sua velocità e della stazza minore, gli passò di sotto e gli azzannò la gola. La creatura inarcò il collo e spalancò le tre fauci, non perché provasse dolore, ma perché la cenere serbava in sé il ricordo, del dolore.<br />
Il vecchio estrasse la spada, mentre nell'altra mano reggeva la torcia. Caricò contro il fianco della cosa, affondandovi la spada fino all'elsa. Fu come immergerla nella sabbia, l'essere era un ammasso di cenere e non si capiva che cosa lo tenesse insieme, ma il colpo, oltre a lasciare un solco, non fece nulla. Yutyrannus mollò la presa e balzò indietro, prima che una delle zampe lo schiantasse.<br />
«Come lo buttiamo giù?» domandò ancora il vecchio.<br />
«Non ne ho idea!» rispose Yutyrannus. Caricò una seconda volta, ma l'avversario si mosse più velocemente e riuscì a urtarlo con la zampa, spingendolo di lato. Il custode, allora, confidando in ciò che sapeva fare e sempre aveva fatto, ritrasse la spada, tese in avanti il bastone infuocato e colpì il fianco del predatore cinereo. Sotto i suoi occhi, la parte del corpo toccata da quel fuoco iniziò a cambiare colore, scurendosi fino a diventare grigia, poi verdastra e infine nera. La creatura accusò il colpo, si girò verso l'uomo e ruggì il proprio turbamento contro di lui, cercando di azzannarlo. Ma non ci riuscì, perché grazie a quell'attimo di distrazione Yutyrannus era tornato all'attacco, aveva morso la coda della cosa e la tirava indietro.<br />
Il custode sfregò la lama della spada contro la torcia, varie volte, finché il fuoco misterioso non ne ebbe avvolto quasi interamente i bordi, e con essa iniziò a levare fendenti contro il muso della cosa, screziandola di strisce verdi e nere e facendola retrocedere.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-RuOvZ-rDokQ/XwcUoWAnzGI/AAAAAAAAEQI/Ji4NZiTErIgHxQqrk9FBU2qv8CXCHhq2wCLcBGAsYHQ/s1600/1280px-Icelandic_wasteland_%2528Unsplash%2529.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="800" data-original-width="1279" height="250" src="https://1.bp.blogspot.com/-RuOvZ-rDokQ/XwcUoWAnzGI/AAAAAAAAEQI/Ji4NZiTErIgHxQqrk9FBU2qv8CXCHhq2wCLcBGAsYHQ/s400/1280px-Icelandic_wasteland_%2528Unsplash%2529.jpg" width="400" /></a></div>
Quando l'essere si sollevò, nel tentativo di sferrare un nuovo attacco, il vecchio servitore scorse, vista inattesa, che al centro del suo torace si trovava un buco. Non una ferita, e sembrava inesatto chiamarla anche deformazione: era una cavità perfettamente circolare, e apparentemente anche profonda, per quanto non al punto di aprirsi anche dall'altra parte, lungo il dorso del predatore. L'attacco lo mancò, e il mostro tornò col ventre a terra.<br />
«Ha uno strano buco sotto il petto» gridò l'uomo all'animale «e questo mi fa venire un'idea. Devi sollevarlo abbastanza perché io possa raggiungerlo».<br />
Yutyrannus mollò la coda dell'essere «Solo compiti gravosi, in questa fine del mondo».<br />
Gettandosi contro il suo fianco con tutto il suo peso, dopo essersi accovacciato per evitare una zampata, il coraggioso animale lo rallentò e colse di sorpresa; ponendosi nuovamente sotto il suo collo, lo azzannò nuovamente, ma anziché spostarsi per evitarne i colpi, piantò bene le piante artigliate nel terreno, e rimase dov'era, spingendo per sollevare l'avversario da terra come un Eracle piumato che sollevasse il polveroso Anteo. L'uomo sgattaiolò dietro di lui.<br />
L'essere, contorcendo il collo e aprendo a scatti le mascelle, pestò con foga sul dorso del rettile piumato, agitando la coda con violenza tale da agitare tutto il terreno: e Yutyrannus tremò, talvolta piegò un ginocchio, ma non si smosse. Continuò a mordere e a spingere, per tirare su il corpo dell'avversario. Mentre questo poggiava i suoi arti sulla schiena del nemico, e spingeva per allontanarlo e liberarsi, il vecchio corse avanti, si gettò in ginocchio e spinse la torcia verso il buco, che ora riusciva a intravedere di nuovo.<br />
Il fuoco attecchì velocemente, come se quell'incavo fosse pieno di combustibile, e ben presto crepitò vivamente, scoppiettante, mentre i movimenti dell'essere rallentavano.<br />
Il predatore cinereo sollevò un'ultima volta il capo vero l'alto, distese le mascelle più largamente di quanto fosse sembrato possibile, ed emise un sospiro simile a quello del vento, forse più stridulo, ma poco più rumoroso di un sussurro, come se non volesse che la sua agonia disturbasse il sonno di un ascoltatore assente.<br />
Si accasciò di fianco, e il suo corpo ristette. Lentamente, dal vuoto del suo torace, si produsse un moto in volute circolari di anelli di fiamma, e mentre queste percorrevano il suo corpo, esso si colorava, facendosi nero e verde scuro, e poi anche di altri colori.<br />
Il predatore cinereo conteneva resti di esseri viventi e non viventi, nessuno dei quali, purtroppo, viveva ancora. Un grande rettile ricoperto di spesse squame di corno, dal muso lungo, era il più di lui, e giaceva nella cenere circondato da legname, steli, sassi, ossa di creature diversissime tra loro, persino degli uccelli e dei pesci con ancora qualche brandello di carne addosso. E una statuetta di terracotta dalla forma di un genio accovacciato.<br />
«Sono i resti del mondo» dichiarò Yutyrannus, con voce grave.<br />
«Allora qualcosa sopravvive ancora?» Il vecchio prese la statuetta, e la mise insieme al liuto.<br />
«Non proprio. Non ti ho ancora detto come è finito il mondo, perché penso per il tuo meglio che ti convenga prima capire le cose che ti ho già detto, prima di raccontartelo...»<br />
«Mi fido del tuo parere. Non ho mai avuto l'ambizione di sapere tutto.»<br />
«Ad ogni modo, quando il fatto è successo, loro hanno avuto meno fortuna di altri. I loro corpi sono rimasti vuoti, privati di ciò che li animava.»<br />
«La fiamma, non è vero?»<br />
«Sì. La fiamma. Solo che, mentre ogni cosa fisica, materiale, si annichiliva da sola, le sostanze spirituali no. Quelle hanno bisogno dei loro tempi, prima di andarsene. Così, nel caos che ne è conseguito, gli spiriti della vita, con il loro bisogno disperato di sopravvivere, si sono aggregati tra loro per acquisire abbastanza potere da operare cambiamenti anche in questo piano, e si sono legati a tutto ciò che trovavano. Le vaste e desolate piane come questa sono il loro terreno di caccia. Dobbiamo stare attenti.»<br />
<br />
Proseguirono la discesa, e dopo alcuni altri giorni di cammino, quelle pareti iniziarono a divenire più alte, il sentiero a scendere ancora e a farsi più stretto, una via serpeggiante in mezzo alle montagne di cenere, che a sua volta, dopo una mezza giornata di marcia, rivelò un ampio spiazzo aperto, circondato dai monti dalla parte da cui erano giunti i due viaggiatori, da alcuni alberi spogli ai due lati, e che procedeva ancora in discesa proseguendo ancora avanti. Ma a catturare la loro attenzione fu soprattutto un grande arco di pietra, posto al centro dell'area, ricoperto, come tutto il resto, da ampi strati di cenere, ma ancora in piedi.<br />
I due viaggiatori si avvicinarono, circospetti e incuriositi.<br />
«Io non avevo mai visto una costruzione come questa» affermò Yutyrannus.<br />
«Io invece sì» disse il custode «è un arco, e di solito si costruisce per segnare qualcosa. Non so, ma il fatto che questo sia ancora in piedi, dovrà voler dire qualcosa».<br />
Yutyrannus soffiò via con gli sbuffi delle sue froge la cenere che lo ricopriva.<br />
«Quest'area è ben protetta dalle montagne, difficile da raggiungere, e questo arco è la cosa più riconoscibile in cui ci siamo imbattuti. Se volessi fermarti da qualche parte, questo potrebbe essere il posto giusto» disse poi.<br />
«Hai ragione, ma non intendo fermarmi ancora per molto tempo. Devo prima accendere i fuochi.»<br />
«Perché non accendi il fuoco qui, allora?»<br />
Il vecchio non se n'era accorto subito, ma in alto, legati alle pietre dell'arco da alcune corde, vi erano effettivamente dei bracieri. Il custode però non avrebbe potuto raggiungerli.<br />
«Sali sulla mia schiena, e sarai abbastanza in alto da raggiungere quei bracieri».<br />
Il custode del fuoco tese la torcia verso il suo compagno, e questi si chinò sulle zampe, lasciò che il vecchio poggiasse un piede sul suo ginocchio, aiutandolo con le sue corte ma forti zampe anteriori, che si arrampicasse sul suo dorso aggrappandosi al suo folto piumaggio, che si rimettesse in piedi sulla sua groppa, infine che sollevasse la torcia verso i due bracieri, dove il fuoco attecchì rapidamente e rimase, ardente e luminoso, senza crescere né diminuire.<br />
Yutyrannus aiutò nuovamente il suo compagno a scendere, e rimasero a osservare il fuoco.<br />
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-XaMtPH-uzC0/XwcUpddLJlI/AAAAAAAAEQM/CbjE-0SsivERM73P-0sURsU3dFtUlqPgACLcBGAsYHQ/s1600/grey%2Bsky.jpg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="685" data-original-width="1023" height="267" src="https://1.bp.blogspot.com/-XaMtPH-uzC0/XwcUpddLJlI/AAAAAAAAEQM/CbjE-0SsivERM73P-0sURsU3dFtUlqPgACLcBGAsYHQ/s400/grey%2Bsky.jpg" width="400" /></a>Quell'arco era lì per segnare un luogo sacro, un punto di congiunzione tra il mondo dei vivi e quello degli spiriti; ma, da quando il mondo era finito, le cose non andavano più come usavano un tempo.<br />
Al centro dell'arco apparve un'ombra, una nebbia oscura che levitò come sangue immerso nell'acqua, e che poi iniziò a vorticare intorno a sé stessa, ampliando le proprie dimensioni fino a tendersi in una vasta oscurità che ricoprì l'arco, rendendolo simile a una porta.<br />
I due compagni osservavano stupiti e tesi.<br />
«Hai mai visto una cosa del genere?» domandò il vecchio a Yutyrannus.<br />
«No» rispose «speravo che potessi spiegarmela tu».<br />
Poi, dall'oscurità, emerse molto lentamente una forma solida e semovente, che si trovava dall'altra parte di quella porta di tenebra, e che ora la stava attraversando.<br />
Una mano umana, orribilmente avvizzita, dello stesso colore nero bluastro del portale, varcò la soglia e artigliò la terra cinerea, trascinando dietro di sé un braccio ossuto, una spalla rigida, un corpo strisciante.<br />
Un rantolo si sollevò da quella creatura avvizzita: «Aiutatemi».<br />
I due compagni si mossero all'unisono. Il vecchio, impugnando quel suo vigore residuo che non poteva scemare più, si inginocchiò e sollevò la creatura ponendone un braccio intorno alla sua spalla.<br />
Yutyrannus, forte delle sue dimensioni, sollevò direttamente la figura addentando gli stracci che pendevano dalla sua nuca, e dopo che il vecchio ebbe preparato un giaciglio con la sterpaglia, di fronte all'arco che ora era tornato come prima, e un bastone di legno con cui reggerla, vi depose la figura.<br />
«Purtroppo non abbiamo acqua» disse il vecchio, mentre vedeva tremare la creatura e si toglieva di dosso il suo mantello per avvolgervela. «Io e lui non ne abbiamo più bisogno».<br />
«Ho bisogno del fuoco» rispose, con un sospiro, il nuovo arrivato. Per quanto roca e sibilante, la voce sembrava femminile.<br />
Raccolsero in fretta del legname per accenderne uno lì nello spiazzo. Yutyrannus accatastò alcuni rami, sottratti agli esili alberi che li circondavano, e l'uomo lì toccò con la sua torcia.<br />
Attesero in silenzio alcuni istanti. La figura, gradualmente, smise di tremare. Poi, sostenendosi con il bastone, si alzò, mosse alcuni passi stentati verso il fuoco, si inginocchiò davanti ad esso, abbassando il capo e mormorando alcune ruvide parole sulle mani giunte, ne avvicinò una al fuoco e, prodigio!, dal fuoco zampillò dell'acqua.<br />
I due vecchi si guardarono.<br />
«È magia?» disse l'umano.<br />
«Quella che tu chiami magia, per il mondo, è come quello che per te è il sogno» replicò l'animale.<br />
La creatura pose le mani a coppa sotto di essa, ne raccolse una manciata e la sorseggiò lentamente.<br />
Ripeté il processo altre due volte.<br />
Quel semplice, incomprensibile atto riuscì a infonderle nuovamente vigore. Tornata a sua posto, parlando con una voce più chiara, sollevò il suo volto scheletrico incorniciato da lunghi capelli tinti di fango e dilatò le orbite oculari vuote come se stesse sorridendo.<br />
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-4yitgk5rXq4/XwcUEGUE-UI/AAAAAAAAEP8/6ij2UHVR95szArN2w9w6LG4D1zel3aM0wCLcBGAsYHQ/s1600/pexels-photo-1210283.jpeg" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1600" height="300" src="https://1.bp.blogspot.com/-4yitgk5rXq4/XwcUEGUE-UI/AAAAAAAAEP8/6ij2UHVR95szArN2w9w6LG4D1zel3aM0wCLcBGAsYHQ/s400/pexels-photo-1210283.jpeg" width="400" /></a>«Vi ringrazio per la vostra ospitalità. Non avrei immaginato di ricevere un così lesto aiuto da qualcuno di questo piano, specialmente con il mio attuale aspetto».<br />
«Signora, io e il mio compagno siamo spettri, inspiegabili scherzi del destino» disse il custode ridacchiando «e di certo non ci turberemo davanti ad altri esseri che parlino come noi, specialmente se possiamo aiutarli.»<br />
«Ci fa piacere incontrare qualcun altro» aggiunse Yutyrannus, con gli angoli della bocca sollevati e la coda in movimento «sono il silenzio e la solitudine, ciò che temiamo di più. Dicci, chi sei?»<br />
«Mi chiamo Elinor. Come forse avrete immaginato, vengo dal mondo degli spiriti. Sono una di quelle che, un tempo, gli uomini di questo mondo chiamavano "fate": esseri perennemente tesi tra entrambe le sponde, anfibi della realtà, con la necessità di manifestarci anche da questa parte, per poter sopravvivere.»<br />
Il vecchio provò conforto. Dopo gli incontri che aveva vissuto, scoprire di avere a che fare con una fata era rassicurante. Finora, si trattava della prima creatura che capisse cosa fosse.<br />
«Siete in questo stato per via di ciò che è successo a questo mondo? Per il fatto che è finito?» domandò poi.<br />
Elinor annuì, gocce di oscurità eterica e di fanghiglia che picchiettavano il terreno intorno a lei «Abbiamo bisogno di una comunione con noi da parte degli uomini, per poter passare da questa parte. Da quando gli uomini non esistono più, nessuno offre tributi, intona canti, e soprattutto nessuno accende più i fuochi. I fuochi alimentavano l'essenza del nostro mondo e di tutti noi. Le creature che vivono solo nell'altro mondo possono prosperare anche così, ma quelle che vivono al limitare della soglia, o che l'attraversano, non sono in grado di vivere se uno dei due muore.»<br />
«Quella che hai usato poco fa è la legge nascosta delle cose, non è vero?» chiese l'animale.<br />
La fata lo guardò con attenzione «Tutte le cose sono fatte di fuoco. Nel fuoco è la loro origine, ed è dalle trasformazioni del fuoco che derivano tutti gli altri elementi. Noi possiamo orientare quella trasformazione, se ne abbiamo la necessità, poiché conosciamo il segreto del fuoco ed egli si fida di noi. Forse la conosci come legge nascosta, ma per noi è naturale e chiara come le stelle.<br />
Ma tu, invece chi sei?»<br />
«Io sono Passi Pesanti, Piume agitate dal Vento, Predatore Vivo di Animali Vivi. I miei simili vivevano in questo mondo molti milioni di anni fa. Non praticavamo la tua arte, e non conoscevamo il segreto del fuoco, ma comprendevamo che tutto ciò che vedevamo era solo un aspetto di qualcosa che ne possedeva molteplici. Sapevamo l'aspetto e sapevamo anche la Verità che lo trascendeva e che lo emanava, e ne eravamo partecipi senza desiderare altro. Come la maggior parte di quelli che gli umani chiamano animali.»<br />
«Gli animali mi hanno più volte dato prova di quello che dici. Eppure, noi non conoscevamo l'esistenza di creature come voi, nel mondo degli spiriti» osservò Elinor, con grande stupore.<br />
«Nemmeno la mia gente, almeno al tempo in cui sono vissuto io» si intromise il vecchio «mentre invece avevamo molti racconti sulle fate. Il mio popolo vi amava, e rendeva tributo alla vostra generosità danzando sotto il chiaro della luna. Sono il custode della cripta del regno che fu» aggiunse, dopo che Elinor ebbe iniziato a scrutare anche lui.<br />
«Il regno che fu! Pochi l'hanno nominato dopo la sua fine, molti millenni fa, e nessuno ne ha serbato memoria, qui nel mondo degli umani, dalla tetra epoca del metallo e fino a oggi.»<br />
«Se volete saperlo, la mia gente non conosceva nessuna delle vostre» disse Yutyrannus, sollevando la testa verso il cielo. «Ma io, che ho vissuto nella nebbia per tutti gli stravolgimenti del mondo, e ho visto il sorgere e il declino degli umani, ricordo bene di aver visto anche gli sfuggenti passi di fate, elfi, e di tutti gli altri misteriosi abitanti di quello che voi chiamate mondo degli spiriti.»<br />
«Cosa siete venuta a fare?» domandò infine il vecchio.<br />
Elinor lo guardò, riflettendo nel vuoto delle sue orbite qualcosa che brillava anche nelle pupille dell'uomo.<br />
«Voglio rinvigorire le fiamme».<br />
<br />
<i>Fine della prima parte.</i><br />
<i>Sì, mi dispiace, ma il racconto non finisce qui.</i><br />
<i>Lasciate che mi spieghi: l'idea è sorta anni fa, da ispirazioni così palesi da vergognarmi quasi a esplicitarle, e quando, dopo molto tempo, l'ho ripresa per pubblicarla qui sul blog, poiché fin dall'inizio l'ho concepita come post, al punto di averla scritta interamente su Blogger, è diventata troppo grande per condividerla tutta in una volta. Avevo deciso di abbandonare l'idea di mostrarvela qui, ma alla fine ci ho ripensato. Desideravo pur sempre che questa storia occupasse uno spazio nel corpus dei post dell'Anima del Mostro, soprattutto perché è da temi, atmosfere e ispirazioni vissute nel corso della redazione di questo blog, che il racconto ha preso vita.</i><br />
<i>Se il racconto vi è piaciuto, sappiate che continuerò a scriverlo, e che, una volta che sarò giunto al termine della storia, essa farà parte di qualcosa di più grande ancora, che, auspicabilmente, non vedrà la luce solo nella forma di articolo. Per il momento, comunque, non resta che credere nel fuoco.</i><br />
<i>Per la copertina, ringrazio il mio amico Santino, che l'ha elaborata graficamente a partire dalla foto originale.</i>Francis Starkhttp://www.blogger.com/profile/10559448728477569844noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-3648770856103118233.post-50589552181963528972020-05-28T21:14:00.004+02:002020-05-29T11:30:26.309+02:00Il Re sotto la Montagna<div style="text-align: right;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-oTGDOIWjNIU/XtASneYKPYI/AAAAAAAAEMU/YGcBWb6Z1iMhk-pZjgKVcm-SrpNA9IENQCLcBGAsYHQ/s1600/Barbarossas_Erwachen_%2528Wislicenus%2529.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1060" data-original-width="1144" height="296" src="https://1.bp.blogspot.com/-oTGDOIWjNIU/XtASneYKPYI/AAAAAAAAEMU/YGcBWb6Z1iMhk-pZjgKVcm-SrpNA9IENQCLcBGAsYHQ/s320/Barbarossas_Erwachen_%2528Wislicenus%2529.jpg" width="320" /></a><span style="font-size: x-small;">“<i>Il vecchio Barbarossa,</i></span></div>
<div style="text-align: right;">
<i><span style="font-size: x-small;">l’Imperatore Federico,</span></i></div>
<div style="text-align: right;">
<i><span style="font-size: x-small;">riposa incantato</span></i></div>
<div style="text-align: right;">
<i><span style="font-size: x-small;">nel suo castello sotterraneo.</span></i></div>
<div style="text-align: right;">
<i><span style="font-size: x-small;">Non è mai morto,</span></i></div>
<div style="text-align: right;">
<i><span style="font-size: x-small;">Egli vive ancora;</span></i></div>
<div style="text-align: right;">
<i><span style="font-size: x-small;">siede addormentato,</span></i></div>
<div style="text-align: right;">
<i><span style="font-size: x-small;">nascosto nel castello.</span></i></div>
<div style="text-align: right;">
<i><span style="font-size: x-small;">Ha portato con sé</span></i></div>
<div style="text-align: right;">
<i><span style="font-size: x-small;">la Gloria dell’Impero,</span></i></div>
<div style="text-align: right;">
<i><span style="font-size: x-small;">e un giorno ritornerà,</span></i></div>
<div style="text-align: right;">
<i><span style="font-size: x-small;">quando verrà il tempo.</span></i></div>
<div style="text-align: right;">
<i><span style="font-size: x-small;">D’avorio è il trono</span></i></div>
<div style="text-align: right;">
<i><span style="font-size: x-small;">dove Egli siede:</span></i></div>
<div style="text-align: right;">
<i><span style="font-size: x-small;">Di marmo il tavolo</span></i></div>
<div style="text-align: right;">
<i><span style="font-size: x-small;">dove riposa il suo capo.</span></i></div>
<div style="text-align: right;">
<i><span style="font-size: x-small;">La sua barba non è di lino,</span></i></div>
<div style="text-align: right;">
<i><span style="font-size: x-small;">ma di bagliori di fuoco;</span></i></div>
<div style="text-align: right;">
<i><span style="font-size: x-small;">è cresciuta sul tavolo</span></i></div>
<div style="text-align: right;">
<i><span style="font-size: x-small;">dove poggia la sua testa.</span></i></div>
<div style="text-align: right;">
<i><span style="font-size: x-small;">Egli annuisce come in sogno,</span></i></div>
<div style="text-align: right;">
<i><span style="font-size: x-small;">il suo occhio ammicca</span></i></div>
<div style="text-align: right;">
<i><span style="font-size: x-small;">E dopo molto tempo</span></i></div>
<div style="text-align: right;">
<i><span style="font-size: x-small;">richiama un fanciullo.</span></i></div>
<div style="text-align: right;">
<i><span style="font-size: x-small;">Dormendo, parla al giovinetto:</span></i></div>
<div style="text-align: right;">
<i><span style="font-size: x-small;">"Va’ al Castello, gnomo,</span></i></div>
<div style="text-align: right;">
<i><span style="font-size: x-small;">E guarda se i corvi girano</span></i></div>
<div style="text-align: right;">
<i><span style="font-size: x-small;">ancora attorno alla collina.</span></i></div>
<div style="text-align: right;">
<i><span style="font-size: x-small;">E se i vecchi corvi</span></i></div>
<div style="text-align: right;">
<i><span style="font-size: x-small;">stanno ancora volando,</span></i></div>
<div style="text-align: right;">
<i><span style="font-size: x-small;">allora dovrò ancora dormire</span></i></div>
<div style="text-align: right;">
<span style="font-size: x-small;"><i>incantato, per cento anni.</i>"</span></div>
<div style="text-align: right;">
<span style="font-size: x-small;">(Friedrich Rückert, 1817)</span><br />
<br />
<div style="text-align: left;">
Una vasta sala che un tempo è stata grande nello splendore, e ora non lo è più. Arazzi squarciati, bracieri spenti, desolazione, cenere. Silenzio. E in fondo, coperto dall'ombra, il trono di colui che è stato il signore di tutto questo, quando il fuoco era acceso e quando egli era vivo, quando il mondo era bello. La polvere lo ha ricoperto come edera su mura in rovina, i suoi occhi sono chiusi e il capo è rovesciato. Egli però non è morto. E non è neanche vivo. Sta solo aspettando.</div>
<div style="text-align: left;">
Un giorno arriverà il giorno. Qualcosa lo annuncerà, un suono, un messaggero. I corvi smetteranno di volare intorno alla montagna. Allora il re riaprirà gli occhi e si desterà dal suo trono, radunerà intorno a sé la sua corte, e tutti insieme ripristineranno ciò che non è più, ma che, forse, può ancora essere.</div>
<div style="text-align: left;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-GVjpB_faVyM/Xs_9FGCtC3I/AAAAAAAAEL4/3cgPQcVDl84V_2196CwsZqswMo-ncf0FgCLcBGAsYHQ/s1600/Burne-Jones_Last_Sleep_of_Arthur_in_Avalon_v2.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="673" data-original-width="1600" height="268" src="https://1.bp.blogspot.com/-GVjpB_faVyM/Xs_9FGCtC3I/AAAAAAAAEL4/3cgPQcVDl84V_2196CwsZqswMo-ncf0FgCLcBGAsYHQ/s640/Burne-Jones_Last_Sleep_of_Arthur_in_Avalon_v2.jpg" style="cursor: move;" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="text-align: left;">Edward Burne-Jones, <i>L'ultimo sonno di Artù in Avalon</i>, 1881-1886, Museo de Arte de Ponce, Ponce, Porto Rico. </span></td></tr>
</tbody></table>
</div>
<div style="text-align: left;">
Il motivo D 1960.2 del sistema Stith-Thompson, che classifica le strutture e i temi ricorrenti delle mitologie, delle leggende, del folklore e della letteratura, è il motivo del "Re addormentato nella montagna", indicato col il nome <i>Kyffhäuser</i>, la catena montuosa in cui si cela una sala come quella che abbiamo appena visto, contenente la sua espressione più emblematica. Il motivo presenta molti altri nomi, i più noti dei quali sono "Re nella montagna", "Re sotto la montagna" e "Eroe dormiente"; in inglese le espressioni sono le stesse, <i>King in the mountain, King asleep in the mountain</i>, mentre in tedesco si adopera il termine <i>Bergentrückung</i>, "occultamento della montagna". È uno dei più ricorrenti in tutto il mondo, antico più di quanto si possa immaginare, e le sue ipostasi più conosciute fanno tutte parte delle mitologie medievali, come evidenzia anche il fatto che, in più di un caso, vengono a coincidere con alcune delle storie sulla Caccia selvaggia. Personalmente, è un motivo che mi è caro, perché è come un faro di speranza nel mondo di oggi: tutte le sale sono vuote, tutta la regalità è decaduta, quanto era bello è davvero in rovina e l'incombere dei secoli non sembra promettere altro che ulteriore bruttura, un inesorabile raffreddamento. Riesumare questa leggenda, se lasciamo il nostro cuore predisposto al compito, è come accendere una flebile speranza che, contro ogni attesa e ogni evidenza, il re si risvegli, il re del tempo che è stato, del regno che fu, e riporti la sua età dell'oro sul mondo prima che la desolazione e il nulla lo consumino interamente.<br />
Parte di questa introduzione la scrissi ormai due anni fa, quando pensavo di affrontare il tema, ma l'avvicendarsi di avvenimenti e l'opposizione di alcune di quelle brutture che infestano il mondo mi hanno allontanato da quella ricerca, e per alcuni versi, anche dalla comparatistica mitologica stessa.<br />
Un anno fa ho terminato un periodo fatto in grande misura di quello spiacevole genere di cose, riprendendo finalmente in mano questa disciplina, e adesso, adesso che il tempio del mio pensiero e la sacralità che esso contiene sono stati restaurati, adesso che ho di nuovo davanti a me l'immagine del re dormiente nella sala dorata, sono pronto e desideroso di riprendere la strada e accompagnarvi, se vorrete, nella dimora del Re sotto la Montagna.<br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-5pbXjKutzQw/Xs-GeDEJEaI/AAAAAAAAELI/D5YqhlB1RfgqI0YatXS2rEkUh_M3cuPAgCLcBGAsYHQ/s1600/Beowulf%2Bin%2BHeorot.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1463" data-original-width="1000" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-5pbXjKutzQw/Xs-GeDEJEaI/AAAAAAAAELI/D5YqhlB1RfgqI0YatXS2rEkUh_M3cuPAgCLcBGAsYHQ/s400/Beowulf%2Bin%2BHeorot.jpg" width="272" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">La sala di Heorot in un'illustrazione<br />
di Alan Lee per il Beowulf.</td></tr>
</tbody></table>
Vi è un'immagine, nella mia mente, che voglio descrivervi, mentre la cerco in queste storie: quella della sala, profonda, in parte coperta dal buio e in parte rischiarata dalle torce, la sala del palazzo anglosassone, come la reggia di Heorot nel <i>Beowulf </i>o il palazzo di Meduseld nel <i>Signore degli Anelli</i>, mostrata esattamente in questo non tempo di attesa e di sospensione, mentre lungo le pareti sbiadiscono dimenticati gli arazzi e i ricordi di ciò che era un tempo. In fondo alla sala si trova il trono, e sul trono si trova il re, riverso nella posizione della malinconia, con un gomito su un bracciolo e il capo appoggiato sulla mano. Tutto è dormiente e silenzioso, sembra destinato a rimanere per sempre così; eppure, come le fiamme ancora accese in questo luogo simbolico, la speranza non è ancora estinta. Il re può tornare, il re deve tornare. Confidare che tornerà può darci la fede con cui affrontare le prove della presente età, e credere che finché l'idea sarà ravvivata dalle nostre azioni, quel tempo non sarà mai solo un ricordo.</div>
<div style="text-align: left;">
Il motivo, in sostanza, consiste in questo: la leggenda secondo la quale un re, e in una fase successiva un eroe importante per la storia di un territorio o di una nazione, estremamente significativo per la storia di un popolo, non è mai morto, ma si è ritirato in un luogo nascosto, o vi è stato condotto da qualcun altro, ed è rimasto in quel luogo per molto tempo, generalmente assopito, in attesa di un momento che deve ancora venire, quando si risveglierà e interverrà nuovamente nei fatti di una nuova epoca. La definizione del suo sonno, si sarà notato, è problematica: il Re sotto la Montagna non è morto, benché abbia ricevuto una grave ferita e abbia ormai superato la naturale aspettativa di vita di un essere umano; e infatti non è neanche vivo, almeno non della vita di cui siamo partecipi noi e di cui lo è stato anche lui nel primo arco della sua esistenza, quello durante il quale ha acquisito i meriti e il valore che lo hanno consacrato a simbolo. In fondo, probabilmente, proprio in questo consiste il suo nuovo stato: un'esistenza simbolica, astratta dalla realtà fenomenica, data primariamente dall'esperienza che di quella figura fanno coloro che credono nella sua importanza e si aspettano, da parte sua, un qualche genere di atto significativo, sacrale e rivoluzionario, specialmente in un tempo di crisi e di sfiducia, poiché è in tempi del genere che si afferma questa credenza.<br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-SAUagPRnTbw/Xs-Hbzl8r9I/AAAAAAAAELQ/ncZDT1lBzaUyqRkrHZQQENAY0Oqq-6P1QCLcBGAsYHQ/s1600/Monument_barbarossa.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="850" data-original-width="942" height="288" src="https://1.bp.blogspot.com/-SAUagPRnTbw/Xs-Hbzl8r9I/AAAAAAAAELQ/ncZDT1lBzaUyqRkrHZQQENAY0Oqq-6P1QCLcBGAsYHQ/s320/Monument_barbarossa.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Il monumento a Barbarossa.</td></tr>
</tbody></table>
Su questa base, troviamo una numerosa serie di variazioni: spesso il ritorno del re, o dell'eroe, coincide con i miti escatologici (ἔσχατος, "ultimo", relativo cioè alla fine del mondo), incentrati su una grande battaglia finale tra forze positive e forze negative, oppure con l'avvento di un secondo tempo di perfezione, pace e bellezza come quello in cui il re è vissuto e cui ha finito con l'essere associato al punto di coincidervi. E questa, come stiamo per vedere, è l'Età dell'Oro, di cui il re dormiente è l'artefice, colui che l'ha resa possibile e cui essa ha finito con l'essere identificata al punto che il ritorno di lui non è più scindibile da un nuovo manifestarsi anche di quell'età.</div>
<div style="text-align: left;">
Naturalmente, definizioni come questa, e la stessa designazione del motivo del <i>Kyffhäuser</i>, sono formulate a posteriori, dagli studiosi, per tenere insieme, vincolare, mediante gli aspetti ricorrenti, una serie di storie diverse e non sempre in relazione tra loro, che conosciamo, come per ogni altro elemento di una tradizione che possa dirsi plurisecolare, in una forma stratificata che comprende anche materiali in principio irrelati tra loro, una forma diversa differente da quella che queste storie possono aver avuto inizialmente. Quando affrontiamo temi come questo, dobbiamo sempre tenere presente l'ampio margine di azzardo e di ipoteticità che permeano la nostra materia e di cui è costituita qualsiasi nostra asserzione. Una premessa che mi sembra utile includere, visto che è da tempo che non affrontiamo temi di questa portata. Con questo saggio, anche nell'Anima del Mostro torna qualcosa di insigne, o se non altro di bello, dopo un periodo di assenza, e auspicabilmente anche qui questo passaggio comporterà un tempo più glorioso e più felice.<br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-bs2RNPJbWRA/Xs58-Mnw7bI/AAAAAAAAEK0/shCBMgxfV5gKFORWJimaoCC2NA3yajsJQCLcBGAsYHQ/s1600/Arnold_B%25C3%25B6cklin_-_Die_Toteninsel_I_%2528Basel%252C_Kunstmuseum%2529.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1141" data-original-width="1600" height="456" src="https://1.bp.blogspot.com/-bs2RNPJbWRA/Xs58-Mnw7bI/AAAAAAAAEK0/shCBMgxfV5gKFORWJimaoCC2NA3yajsJQCLcBGAsYHQ/s640/Arnold_B%25C3%25B6cklin_-_Die_Toteninsel_I_%2528Basel%252C_Kunstmuseum%2529.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Arnold Böcklin, "L'isola dei morti" (Die Toteninsel), 18880-1886, Kunstmuseum, Basilea.</td></tr>
</tbody></table>
La storia più famosa ascrivibile a questo motivo è quella della sorte mortale di re Artù, che molti rami della sua infinita tradizione riportano essere stato condotto da forze sovrannaturali in uno stato simile a quello che abbiamo descritto, caratterizzando così il ciclo arturiano come un'epopea che non è mai veramente finita, poiché aspetta ancora la propria escatologica conclusione. Quella più rappresentativa, intorno alla quale si è costituita la stessa designazione motivica, è quella del Barbarossa, che si trova, appunto, in un castello occultato nella catena montuosa di Kyffhäuser. Approfondiremo entrambi tra poco.<br />
Ma il mito fondativo dell'archetipo del Re nascosto, molto più antico di tutti gli esempi menzionati finora, è quello di Kronos-Saturno, colui che per certa tradizione classica incarna il tempo stesso, Titano, padre di Zeus, legato, come quest'ultimo e come anche il padre Urano, a un ciclo di successioni di sovrani del cosmo che scandiscono, così, le ere del mondo. Ere che, nella concezione del pensiero antico, non sono fasi irripetibili di un tempo che procede in linea retta, come usa pensare la nostra civiltà, ma parti di un cerchio destinato a ripetersi eternamente, con una consunzione e una rigenerazione di se stesso ogni volta che tutte le sue parti siano trascorse. Il serpente che si mangia la coda. L'eterno ritorno.<br />
Nella tradizione, Saturno è il sovrano dell'Età dell'Oro, concepita come la più felice per tutti gli esseri viventi. Un tempo in cui la natura donava spontaneamente i suoi frutti, in cui tutti gli animali erano erbivori, in cui non esisteva la fatica. Per quanto mi sia sempre parso strano associare quest'epoca perfetta all'immagine terribile del Titano del Tempo che divora i suoi figli, anche senza dover pensare alla grottesca raffigurazione di Goya. D'altra parte, quella di Crono, come del resto può dirsi per tutti gli dèi e per tutti i protagonisti dei miti, è un'esistenza che passa attraverso molti secoli di storia scritta e molti più secoli di storia non scritta. Le fonti classiche, su cui basiamo la quasi totalità della nostra conoscenza sui miti, sono state scritte da uomini che non possedevano ormai altro che brandelli di un sapere più antico, e che non potevano fare altro che tentare di ricucirli nel modo più attento possibile. Un sapere che per noi, oggi, è del tutto impossibile raggiungere, se non nella consapevolezza che quel sapere, proprio come il re dell'Età dell'Oro, è stato una volta e non sarà di nuovo.<br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-Azp5qFIdfQY/Xs_vig-SvCI/AAAAAAAAELo/0JbCxQhgZlY498HEjfB2dY3cp11rHtqggCLcBGAsYHQ/s1600/Mithraic_Kronos_of_Florence.png" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="662" data-original-width="255" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-Azp5qFIdfQY/Xs_vig-SvCI/AAAAAAAAELo/0JbCxQhgZlY498HEjfB2dY3cp11rHtqggCLcBGAsYHQ/s400/Mithraic_Kronos_of_Florence.png" width="152" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Leontocefalo, figura divina con<br />
testa di leone e attributi serpentini,<br />
raffigurante una divinità mitraica,<br />
in un'illustrazione del libro<i>Mysteries<br />of Mithra</i>, 2008.</td></tr>
</tbody></table>
L'associazione tra Crono e il tempo, in effetti, non è automatica. In greco, il titano si chiama Κρόνος (<i>Krono</i>), mentre è <i>Χρόνος </i>(con la velare aspirata, che si può rendere con "<i>Chronos</i>") a significare e personificare il tempo. Mentre il racconto esiodeo sulle vicende del titano, che evirò il padre con una falce e che divorava i suoi figli man mano che nascevano, si è prestato facilmente all'uso come allegoria del trascorrere del tempo, quest'ultimo, Chrono, più propriamente connotato dagli attributi cronologici come la falce o l'uroboro, ha una sua esistenza separata nei testi orfici, che lo descrivono come l'essere primigenio, immaginato come un grande drago dai volti antropomorfi e teriomorfi, nato dal miscuglio del secco e dell'umido e genitore dell'Uovo cosmico, da cui nasce Phanes, il Protògonos, e dopo di lui, tutta la creazione. I misteri orfici, secondo diversi studiosi, custodiscono elementi più antichi di quelli che ci ha trasmesso la tradizione classica, benché a loro volta impiegati esotericamente per trasmettere un sapere specifico e voluto. Chronos, occorre ricordare, viene spesso contrapposto ad Aion, "l'Eone", altra divinità misterica del tempo, in quanto personificazione del tempo scandito nei momenti del passato, del presente e del futuro, mentre il secondo rappresenterebbe il tempo nella sua unità e ciclicità.<br />
<br />
Non approfondirò in questa sede il discorso sull'orfismo e il suo Chronos, uno dei temi che, non vi nascondo, da molti anni sono i più ambiti delle mie ricerche; mi limiterò a dirvi che, con ogni probabilità, questo misterioso essere primigenio prosegue un culto proveniente dall'oriente iranico, dove ancora più anticamente del Mazdeismo (o Zoroastrismo, come è più conosciuto) era diffusa la religione dello Zurvanismo, incentrata, appunto, su Zurvan, la concezione del tempo ciclico. Zurvan, nelle raffigurazioni simboliche, possedeva una testa di leone ed era circondato da un serpente, similmente ad altre antiche divinità persiane; iconografia propria, come si è visto, anche degli dèi dell'orfismo greco.<br />
<br />
Eppure, se esiste effettivamente una separazione tra le due figure, segnata, quantomeno, dall'uso differenziato dei due nomi, alcuni studiosi osservano come, in realtà, vi siano motivi profondi per ritenere i due Croni, in origine, la stessa figura, eventualmente distinta attraverso usi settoriali -quello della poesia "ufficiale", da una parte, e quello dei misteri, dall'altra- e riunificata.<br />
Quello che ci interessa è che Crono, il titano, possiede una reale connessione temporale nel momento in cui viene fatto, come si diceva, sovrano dell'Età dell'Oro, quale unità di un computo del tempo che si ripete costantemente.<br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-0eMx3J8BxwQ/Xs_e5EPLHhI/AAAAAAAAELc/X79T5Xsvw5IWr0YAwWRBZQilXHi-W2NvQCLcBGAsYHQ/s1600/Jan_Brueghel_the_Younger_and_Circle_of_Peter_Paul_Rubens_-_Golden_Age.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1029" data-original-width="1600" height="410" src="https://1.bp.blogspot.com/-0eMx3J8BxwQ/Xs_e5EPLHhI/AAAAAAAAELc/X79T5Xsvw5IWr0YAwWRBZQilXHi-W2NvQCLcBGAsYHQ/s640/Jan_Brueghel_the_Younger_and_Circle_of_Peter_Paul_Rubens_-_Golden_Age.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Juan Brueghel il Giovane, <i>L'Età dell'Oro</i>, 1625 ca., collezione privata.</td></tr>
</tbody></table>
<br />
Ora, nelle "Opere e i giorni" (Ἔργα καὶ Ἡμέραι) di Esiodo (VIII secolo), che è anche autore della Teogonia, dove i miti sull'origine del cosmo e degli dèi vengono ordinati in una narrazione organica, racconta di una storia meno nota, ma legata a motivi arcaici di estrema importanza: a Crono, riconciliatosi col figlio, viene affidata la sovranità sull'Isola dei Beati, dove dimora la quarta delle cinque stirpi degli uomini:</div>
<div style="text-align: left;">
<br />
"[...] <i>È Crono fra loro sovrano.</i><br />
<i>Ed abitan costoro, con l’animo sgombro di cruccio,</i><br />
<i>avventurati Eroi, dei Beati nell’isole, presso</i><br />
<i>ai vortici profondi d’Ocèano; e ad essi la terra</i><br />
<i>offre, tre volte all’anno, soavi, di miele, i suoi frutti.</i>" (vv. 169-173)<br />
<br />
È qui che troviamo il fondamento del motivo che ci interessa: il re dell'Età dell'Oro si trova in un luogo nascosto, un luogo connotato come piacevole, dove in qualche modo perdurano le caratteristiche di quell'epoca perduta.<br />
A sviluppare ulteriormente il concetto è Plutarco (metà del I secolo d.C. - dopo il 120 d.C. circa), autore che, accanto alle sue più famose <i>Vite parallele </i>(<i>Βίοι Παράλληλοι</i>), dissertò di numerosi campi dello scibile umano, tratteggiando un affascinante compendio di conoscenze naturali e astronomiche nell'opera <i>Il volto della luna</i> (<i>Περὶ τοῦ ἐμφαινομένου προσώπου τῷ κύκλῳ τῆς σελήνης</i>), dove troviamo il testo che diffonderà l'immagine del sovrano nascosto. Si tratta dell'intervento di Silla, uno degli oratori coinvolti nel dibattito, che interrompe la voce narrante, Lampria, dicendo:<br />
<blockquote class="tr_bq">
«<i>Fermati, Lampria, e sbarra la porta della tua eloquenza. Senza avvedertene rischi di far arenare il mito e di sconvolgere il mio dramma, che ha un altro scenario e diverso sfondo. Io ne sono solo l'attore, ma ricorderò anzitutto che il suo autore cominciò per noi, se possibile, con una citazione da Omero: </i></blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
lungi nel mare giace un'isola, Ogigia, </blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
<i>a cinque giorni di navigazione dalla Britannia in direzione occidente. Più in là si trovano altre isole, equidistanti tra loro e da questa, di fatto in linea col tramonto estivo. In una di queste secondo il racconto degli indigeni si trova Crono imprigionato da Zeus e accanto a lui risiede l'antico Briareo, guardiano delle isole e del mare chiamato cronio.</i>» (Del Corno 1991, p.103)</blockquote>
Briareo era uno dei tre Ecantochiri, o Centimani (ne abbiamo parlato più dettagliatamente a proposito delle <a href="https://lanimadelmostro.blogspot.com/2020/02/teratogonie-i-miti-dellorigine-dei.html?spref=fb">Teratogonie</a>), i giganteschi esseri primigeni con cinquanta teste e cento mani, nati ancor prima dei Titani. Che al Centimane Briareo fosse stato affidato il compito di sorvegliare Crono lo troviamo anche in fonti più antiche, come anche la sua associazione al mare.<br />
Silla procede parlando degli uomini che dimorano in questo luogo, una civiltà progredita e felice che considera sé stessa come "continentale" e la nostra come "isolana".<br />
Vi è poi un altro dettaglio interessante.<br />
<br />
<blockquote class="tr_bq">
«<i>Sono convinti che con il popolo di Crono si mescolarono in prosieguo i compagni di Eracle: rimasti indietro, questi riaccesero per così dire a forte e vigorosa fiamma la scintilla greca, che si andava ormai spegnendo sopraffatta dalla lingua, dai costumi e dal modo di vita dei barbari; ecco dunque la ragione per cui Eracle vi gode degli onori supremi, seguito appena da Crono.</i>» (p. 104)</blockquote>
Il ciclo di questa civiltà è scandito dal passaggio dell'astro di Crono, cioè Saturno, il signore degli anelli, nella costellazione del Toro. L'evento più importante è dato dalla spedizione che alcuni degli abitanti dell'isola compiono verso le terre orientali, il mondo conosciuto, e che si verifica ogni trent'anni: il tempo del periodo orbitale di Saturno.<br />
La frase che racchiude l'immagine evocata dal nostro discorso è la seguente:<br />
<blockquote class="tr_bq">
«<i>Crono dorme rinchiuso in una caverna profonda dentro una roccia color dell'oro.</i>» (p.105)</blockquote>
È qui che troviamo l'immagine che ricorrerà in tutte le altre manifestazioni del perduto re dormiente, non solo rinchiuso all'interno della terra, ma con un riferimento all'oro variamente presente, e supponibile anche quando non si presenti.<br />
Plutarco prosegue:<br />
<blockquote class="tr_bq">
<blockquote class="tr_bq">
«<i>Il sonno è il carcere escogitato da Zeus per lui, e mentre uccelli scendono in volo sulla cima della roccia per recargli ambrosia, l'isola intera è pervasa da un profumo che si spande di lì come da una fonte. I demoni assistono e servono Crono dopo essergli stati compagni nel tempo in cui fu re degli dèi e degli uomini. Dotati di virtù profetiche, essi traggono da se stessi innumerevoli vaticini; ma quelli più gravi e sulle questioni più gravi scendono ad annunciarli come sogni di Crono: poiché ciò che Zeus premedita Crono vede in sogno, e le passioni titaniche e i moti dell'anima si manifestano in lui come una tesa rigidezza prima che il sonno gli restituisca il riposo e finché il suo carattere regale e divino non riemerga puro e incorrotto.</i>» (pp. 105-106)</blockquote>
</blockquote>
Occorrerà prestare attenzione anche alla presenza degli uccelli, che ritroveremo, alla connotazione amena e desiderabile dell'isola, e alla presenza di questi demoni, su cui occorrerà spendere alcune parole. Si tratta infatti delle anime di esseri umani che in vita hanno ottenuto particolare merito, e che ora vivono in questo oltre-luogo insieme a Crono. Esiodo li chiamava esplicitamente Eroi. Anche in altre vicende ritroveremo comprimari simili, che ci ricordano le sorti degli Einherjar, i caduti scelti che formano la caccia selvaggia di Odino, il quale partecipa del simbolismo cronio e del re dormiente. E così, le memorie di tempi migliori e uomini migliori di quelli del presente sopravvivono, celati, in una dimensione che, in un certo senso, ne celebra l'eccellenza.<br />
Eppure, questa è pur sempre una prigionia, e Crono ne è vittima: è Zeus, il signore del mondo presente che ha soppiantato il precedente, a dettare le regole. Zeus tiene Crono sospeso in una sorta di sonno, dove il Titano ha visioni di profondo significato, che procedono però a partire dal dio.<br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-OYirdDSwL6M/Xs46FrIInCI/AAAAAAAAEKU/o-bVV72yp1cdcphf-IVp7MnJD8y5lJw_wCLcBGAsYHQ/s1600/B%25C3%25B6cklin_-_Die_Lebensinsel_-1888.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1068" data-original-width="1600" height="426" src="https://1.bp.blogspot.com/-OYirdDSwL6M/Xs46FrIInCI/AAAAAAAAEKU/o-bVV72yp1cdcphf-IVp7MnJD8y5lJw_wCLcBGAsYHQ/s640/B%25C3%25B6cklin_-_Die_Lebensinsel_-1888.jpeg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Arnold Böcklin, "L'isola dei vivi" (<i>Die Lebensinsel</i>), 1888, Kunstmuseum, Basilea.</td></tr>
</tbody></table>
<br />
Notiamo come, rispetto a una prospettiva di scorrimento del tempo e ciclicità come quella che stiamo tracciando, l'isola in cui il dio dimora è esclusa, sospesa, è un luogo isolato rispetto al tempo, dove fiorisce un'eterna primavera. Addirittura, è eternamente immersa nel tramonto, l'ora in cui il cielo si fa, non a caso, color dell'oro.<br />
<br />
L'identificazione di Crono con Saturno ci porta a considerare un punto di vista astronomico nella nostra questione. Si tratta di un altro argomento troppo vasto per trattare in una sede che ne contempli anche altri, ma, basti questo, esistono delle evidenze secondo le quali, in un periodo ancora più remoto di quelli che abbiamo immaginato finora, i nostri progenitori adoperavano un simbolismo stellare, cui solo in seguito se ne sarebbe sostituito uno solare, e che in questo sistema l'astro principale della scansione del tempo, che per quegli uomini significava anche essere il signore del cosmo, era proprio Saturno.<br />
<blockquote class="tr_bq">
«<i>Siamo quindi indotti a supporre che il Sole si fosse sovrapposto al ruolo originario di Saturno; tanto più che le tavolette cuneiformi astronomiche chiamano Saturno col nome del Sole, Shamash, e che vi sono motivi sufficienti per ritenere che il Sole dei Greci sia Kronos ogni volta che di esso si parla come ‘Helios il Titano’.</i>» (Santillana-Dechend 1983)</blockquote>
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-qT_WOTyNmDU/XslN0x4XXCI/AAAAAAAAEKE/q31wYAa4u6Ydpt6kaMiM5vmNVVmg8_JdQCLcBGAsYHQ/s1600/Wotan%2BHendrich.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="713" data-original-width="500" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-qT_WOTyNmDU/XslN0x4XXCI/AAAAAAAAEKE/q31wYAa4u6Ydpt6kaMiM5vmNVVmg8_JdQCLcBGAsYHQ/s400/Wotan%2BHendrich.jpg" width="280" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">"Wotan" di Hermann Hendrich, 1913.</td></tr>
</tbody></table>
Insomma, Krono-Saturno, re dell'età dell'oro, è colui che più latamente possiamo chiamare "il primo re", il sovrano della prima delle unità di tempo in cui gli uomini abbiano stabilito la scansione di quest'ultimo, oltre ad essere, come si è visto e vedremo, il tempo stesso. Ed è il suo corso ciclico, proprio della prospettiva temporale degli antichi, a garantirne il ritorno. Ecco ciò che è fondamentale comprendere per spiegarci il mitema del ritorno del re.<br />
Kronos esercita un'influenza sul mondo, e lo fa da una posizione infera, occulta, bassa, l'abisso in una prospettiva terrestre, l'emisfero australe in una celeste.<br />
La prospettiva da cui partono queste osservazioni, teniamo conto, è quella di popoli agricoli che derivano queste scansioni della realtà dall'osservazione della natura, e ne traggono conoscenze che non solo solo pura filosofia, ma una scienza pratica e necessaria. Essi celebrano il ciclo naturale in prossimità dei suoi cambiamenti più rilevanti, i solstizi e gli equinozi, la fine della bella stagione e l'inizio di quella fredda vedono l'allontanamento del sole come una caduta, una discesa dell'astro, che tornerà rinnovato da questo periodo di cesura. I riti che accompagnano questo passaggio accompagnano il sole con un corrispondente umano, il Re dell'Anno Vecchio. nella mitologia, molte figure incarnano questo ruolo, dèi oscuri come Odino, Cernunnos e Dioniso, tutti protagonisti di miti che contemplano una morte e una rinascita, o una rigenerazione infinita; al contempo, tutte potenze ctonie, legate variamente alla terra, dalla quale esercitano il loro influsso.<br />
Saturno, stella del passato, re dell'età dell'oro, è così il sole di un tempo che si è eclissato, ma è anch'esso destinato a ritornare.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-1SqlP59CLw0/XtAhbfR7kZI/AAAAAAAAEM4/r6xYwt9rmDU3GV4aMbxOxdu9CnIgDjuhgCLcBGAsYHQ/s1600/Edward_Burne-Jones.The_last_sleep_of_Arthur.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="870" data-original-width="1301" height="426" src="https://1.bp.blogspot.com/-1SqlP59CLw0/XtAhbfR7kZI/AAAAAAAAEM4/r6xYwt9rmDU3GV4aMbxOxdu9CnIgDjuhgCLcBGAsYHQ/s640/Edward_Burne-Jones.The_last_sleep_of_Arthur.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Dettaglio de "L'ultimo sonno di Artù in Avalon" di Edward Burne-Jones.</td></tr>
</tbody></table>
I connotati con cui conosciamo meglio la figura dell'Eroe dormiente sono tipicamente medievali, come lo è l'immagine regale che vi ho descritto in apertura, e la figura più celebre, modello di questo motivo, è quella di Artù.<br />
Il primo a riferire una storia sulla sopravvivenza di Artù è Goffredo da Viterbo (1125 ca.-1195 ca.), segretario, si dà il caso, di Federico Barbarossa: racconta che Merlino abbia profetizzato che il sovrano, ferito mortalmente, non sarebbe tuttavia morto "del tutto", ma sarebbe stato preservato nel fondo del mare, per poi tornare una seconda volta e regnare per sempre come aveva già fatto (Loomis 1959 pp.70-71). Non un nuovo regno, ma un ritorno di quello vecchio, in sostanza.<br />
Le fonti celtiche più antiche, in ogni caso, concordano sulla soprannaturalità delle sorti di Artù, e soprattutto sul fatto che non sia mai morto naturalmente. Il Libro nero di Carmarthen, il più antico manoscritto redatto solo in lingua gallese che si sia conservato fino a noi (prima metà del XIII secolo), afferma che "<i>anoeth bid bet y Arthur</i>", è insensato pensare che esista una tomba di Artù.<br />
La vulgata più conosciuta, giunta fino a noi anche mediata da film come <i>Excalibur</i> (1981), vede Artù rapito dalle fate, le creature nascoste, e portato nella terra di Avalon. Essa ha inizio con l'<i>Historia Regum Britanniae</i> (1136 ca.) di Goffredo di Monmouth, autore della narrazione organica sulla storia di Artù, e il suo proseguimento nella <i>Vita Merlini</i> (1150 ca.).<br />
Avalon, o <i>insula Avallonis</i>, come la chiama Goffredo, si ritiene significare, quasi unanimemente, "isola delle mele", dal gallese <i>Ynys Afallon</i>. Questo crea un richiamo con un'altra isola dell'antichità, la sede del Giardino delle Esperidi; le due hanno in comune un posizionamento cosmologico marginale, ai confini dell'Oceano, e una valenza sacra, mistica. Avalon è un luogo fatato, associato variamente a fate, spiriti, e ai membri di quel Popolo nascosto che ospita coloro che, un tempo, erano stati gli dèi dei Celti. Nella versione di Goffredo, Artù viene condotto ad Avalon per riaversi dalle ferite, ma ben presto questo "rapimento" ha acquisito connotati più simili a quelli di Saturno.<br />
<br />
L'occultamento sul fondo del mare, in realtà, è parte integrante dei miti sul ciclo del tempo, anche perché riflette il passaggio occulto del sole sotto l'orizzonte, attraverso le regioni nascoste del mare e della terra, prima della sua riemersione.<br />
<i>Il mulino di Amleto </i>di Giorgio De Santillana (1969), uno dei saggi più rivoluzionari nella storia della mitologia comparata, individua uno degli elementi comuni dei miti sui sovrani occultati, che segnano la concezione del tempo degli antichi, nel loro passaggio e permanenza sul fondo del mare, sotto una pietra la cui rimozione ha segnato la formazione di un grande gorgo (Santillana-Dechend 1983).<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-a9UcZAL7U9Y/Xs57wSZzQzI/AAAAAAAAEKs/r2RMtaErLHoFfov9bzlcCiCL49J0n_EUACLcBGAsYHQ/s1600/880px-Barbarossa01.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1100" data-original-width="880" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-a9UcZAL7U9Y/Xs57wSZzQzI/AAAAAAAAEKs/r2RMtaErLHoFfov9bzlcCiCL49J0n_EUACLcBGAsYHQ/s320/880px-Barbarossa01.jpg" width="256" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Barbarossa nel Kyffhäuser, insieme al fanciullo<br />
menzionato nella poesia di Rückert, in una<br />
illustrazione proveniente dalla <span style="font-size: 12.8px;">"Young Persons'<br />Cyclopedia of Persons and Places", 1881.</span></td></tr>
</tbody></table>
Per collocare queste vicende nella prospettiva medioevale, poi, non possiamo prescindere da un motivo tipicamente cristiano estremamente avvertito, la Parusìa (termine greco, <i>παρουσία</i>, che significa <i>presenza</i>), cioè la Seconda venuta di Cristo sulla Terra. Del resto, la vicenda evangelica, nella sua conclusione, non si discosta poi troppo dal ricorrere di strutture narrative comuni ad altre grandi narrazioni escatologiche, con il sacrificio di Cristo, la sua discesa agli inferi e la successiva resurrezione. Proprio a partire da numerosi passi dei Vangeli che menzionano espressamente il suo ritorno alla fine del mondo, l'attesa di questa rimane come elemento presente nella concezione storica degli uomini medievali, cui faranno seguito, del resto, le numerose correnti millenaristiche che in vari tempi e modi influiranno sui fatti di buona parte dell'età di mezzo.<br />
<br />
Il motivo del Kyffhäuser vede come protagonista Barbarossa.<br />
Federico I Hohenstaufen (1122 ca.-1190, per chi crede che sia morto), stando a quanto sappiamo per certo, fu imperatore del Sacro Romano Impero a partire dal 1155, e nel corso del suo regno avvennero numerosi eventi significativi per la storia italiana, di cui forse il più popolare oggi è la battaglia di Legnano.<br />
Esaminiamo la poesia con cui si è aperto questo discorso, <i>Barbarossa</i>. Questa volta, la traduciamo personalmente.<br />
<br />
<i>Der alte Barbarossa, Il vecchio Barbarossa,</i><br />
<i>Der Kaiser Friederich, L'imperatore Federico,</i><br />
<i>Im unterirdschen Schlosse Nel castello sotterraneo</i><br />
<i>Hält er verzaubert sich. Si conserva incantato.</i><br />
<i><br /></i>
<i>Er ist niemals gestorben, Egli non è mai morto,</i><br />
<i>Er lebt darin noch jetzt; Egli vive ancora;</i><br />
<i>Er hat im Schloß verborgen Egli è nascosto nel castello</i><br />
<i>Zum Schlaf sich hingesetzt. Seduto in un sonno profondo.</i><br />
<i><br /></i>
<i>Er hat hinabgenommen Ha portato con sé</i><br />
<i>Des Reiches Herrlichkeit, La gloria dell'Impero</i><br />
<i>Und wird einst wiederkommen, E tornerà ancora una volta</i><br />
<i>Mit ihr, zu seiner Zeit. Con essa, quando verrà il tempo.</i><br />
<i><br /></i>
<i>Der Stuhl ist elfenbeinern, Il seggio è di avorio,</i><br />
<i>Darauf der Kaiser sitzt; su cui siede l'Imperatore;</i><br />
<i>Der Tisch ist marmelsteinern, il tavolo è di marmo,</i><br />
<i>Worauf sein Haupt er stützt. su cui il suo capo è poggiato.</i><br />
<i><br /></i>
<i>Sein Bart ist nicht von Flachse, La sua barba non è di lino,</i><br />
<i>Er ist von Feuersglut, ma di raggi infuocati,</i><br />
<i>Ist durch den Tisch gewachsen, è cresciuta attraverso il tavolo,</i><br />
<i>Worauf sein Kinn ausruht. su cui il suo mento riposa.</i><br />
<i><br /></i>
<i>Er nickt als wie im Traume, Annuisce come in un sogno,</i><br />
<i>Sein Aug’ halboffen zwinkt; ammicca con l'occhio semiaperto;</i><br />
<i>Und je nach langem Raume e dopo lungo tempo</i><br />
<i>Er einem Knaben winkt. fa cenno ad un fanciullo.</i><br />
<i><br /></i>
<i>Er spricht im Schlaf zum Knaben: Dice nel sonno al ragazzo:</i><br />
<i>Geh hin vors Schloß, o Zwerg, "Va' al castello, nano,</i><br />
<i>Und sieh, ob noch die Raben e guarda se ancora i corvi</i><br />
<i>Herfliegen um den Berg. volano intorno alla montagna.</i><br />
<i><br /></i>
<i>Und wenn die alten Raben E se i vecchi corvi</i><br />
<i>Noch fliegen immerdar, volano sempre lì intorno,</i><br />
<i>So muß ich auch noch schlafen devo ancora dormire,</i><br />
<i>Verzaubert hundert Jahr. incantato, per cento anni." </i><br />
<div>
<br /></div>
<br />
La poesia del poeta romantico e linguista Friedrich Rückert (1788-1866) è, in un certo senso, la principale vulgata di questo mitema. Esiste persino una versione secondo la quale la barba è cresciuta tanto da avere compiuto due giri intorno al tavolo, e secondo la quale, quando avrà terminato il terzo giro, il mondo avrà fine.<br />
Ma sono soprattutto i corvi a caratterizzare la versione tedesca del motivo del re dormiente, come mostrato nel quadro di Wislicenus, qui sotto.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-ndJz12DRmnc/Xs59uCeHmhI/AAAAAAAAEK8/lGyLzCSfJ0s4-9nb8tYemDKq7b5vk3pgwCLcBGAsYHQ/s1600/Barbarossas_Erwachen_%2528Wislicenus%2529_gro%25C3%259F.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1057" data-original-width="1580" height="428" src="https://1.bp.blogspot.com/-ndJz12DRmnc/Xs59uCeHmhI/AAAAAAAAEK8/lGyLzCSfJ0s4-9nb8tYemDKq7b5vk3pgwCLcBGAsYHQ/s640/Barbarossas_Erwachen_%2528Wislicenus%2529_gro%25C3%259F.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Il risveglio di Barbarossa (<i>Barbarossa Erwachen</i>), Wandgemälde von Hermann Wislicenus, 1880.</td></tr>
</tbody></table>
Una volta tracciata la sua origine e presentati i suoi modelli principali, passiamo a esaminare la valenza motivica del Re sotto la Montagna. Se ne parliamo in questi termini, infatti, è proprio perché nel tempo sono stati numerose le leggende, elaborate secondo variazioni della struttura che si è delineata, su numerosi altri personaggi, storici e leggendari, presentati in termini simili a questi.<br />
Se Barbarossa è stato un imperatore celebre e ricordato in Germania, mentre in Italia è stato soprattutto il grande avversario delle lotte per l'indipendenza dei comuni, suo nipote, Federico II, è non solo uno dei sovrani medievali più celebri e più presenti nella cultura, ma una figura estremamente popolare per il Bel Paese, e soprattutto per il Meridione. Non stupisce, pertanto, che anche su di lui sia nata la credenza, probabilmente alimentata dai suoi sostenitori, che anche se sconfitto sarebbe<br />
<blockquote class="tr_bq">
"tornato a restaurare l'impero romano della nazione germanica in tutto il suo superbo splendore. Allora avrebbe portato con la pace la giustizia e livellato le differenze sociali tra poveri e ricchi; poi, avrebbe guidato le schiere sul mare in Terrasanta e, appendendo lo scudo all'albero disseccato, avrebbe deposto la corona del mondo." (Delle Donne 2006, p.239)</blockquote>
È anzi verosimile che dietro l'elaborazione del mito di Barbarossa nel Kyffhäuser vi sia una sorta di fusione dei due imperatori Federico I e II, rimasti nel sentore popolare come due volti con il medesimo nome riconducibili a un desiderio di restaurare l'impero, e l'ordine sociale ad esso legato (Delle Donne 2006, p.239).<br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-Qs-2MMFfYDI/XtAbOjB3mAI/AAAAAAAAEMs/eeVzJl2_ZjU3VZotMgl5Xs-Vjlj6ILjsACLcBGAsYHQ/s1600/Sebasti%25C3%25A3o_de_Portugal%252C_c._1571-1574_-_Crist%25C3%25B3v%25C3%25A3o_de_Morais.png" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="850" data-original-width="722" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-Qs-2MMFfYDI/XtAbOjB3mAI/AAAAAAAAEMs/eeVzJl2_ZjU3VZotMgl5Xs-Vjlj6ILjsACLcBGAsYHQ/s320/Sebasti%25C3%25A3o_de_Portugal%252C_c._1571-1574_-_Crist%25C3%25B3v%25C3%25A3o_de_Morais.png" width="271" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Ritratto di Sebastiano I, Cristóvão de Morais,<br />
1551-1571, Museu Nacional de Arte Antiga, Lisbona.</td></tr>
</tbody></table>
Nel 1578 il re del Portogallo, don Sebastiano I, maturò il proposito di una grande impresa ambiziosa, conquistare un vasto impero che comprendesse la maggior parte dei territori mediterranei. Solo che, giunto finalmente alla battaglia decisiva, conosciuta anche come la battaglia dei Tre Re, don Sebastiano decise che la battaglia dovesse essere vinta da Dio, e ordinò all'esercito di non muoversi. I portoghesi furono massacrati, e il re sparì e non fu più trovato.<br />
Richiamandosi, tuttavia, alle profezie di Bandarra, il calzolaio santo nei cui scritti furono scorte profonde implicazioni poetiche, il Portogallo elaborò un nuovo mito: don Sebastiano è sparito, ma non è morto, e prima o poi tornerà, secoli dopo, per realizzare la grandezza del Portogallo. Questa immagine è fondamentale nella poetica di Fernando Pessoa (1888-1935), trasfigurata in una valenza spirituale ed esoterica, e verrà rievocata in molta della sua poesia.<br />
<br />
Le Isole Fortunate<br />
<br />
<i>"Que voz vem no som das ondas "Quale voce giunge sul suono delle onde</i><br />
<i>Que não é a voz do mar? che non è la voce del mare?</i><br />
<i>É a voz de alguém que nos fala, È la voce di qualcuno che ci parla,</i><br />
<i>Mas que, se escutarmos, cala, ma che, se lo ascoltiamo, tace,</i><br />
<i>Por ter havido escutar. perché lo abbiamo ascoltato.</i><br />
<i><br /></i>
<i>E só se, meio dormindo, E solo se, mezzo addormentati,</i><br />
<i>Sem saber de ouvir, ouvimos, senza sapere di ascoltare, ascoltiamo,</i><br />
<i>Que ela nos diz a esperança allora essa ci dice la speranza</i><br />
<i>A que, como uma criança cui, come un bambino</i><br />
<i>Dormente, a dormir sorrimos. dormiente, dormendo sorridiamo.</i><br />
<i><br /></i>
<i>São ilhas afortunadas Sono isole fortunate,</i><br />
<i>São terras sem ter lugar, sono terre che non hanno luogo,</i><br />
<i>Onde o Rei mora esperando. ove il Re dimora aspettando.</i><br />
<i>Mas, se vamos despertando, Ma, se ci andiamo svegliando,</i><br />
<i>Cala a voz, e há só o mar." tace la voce, e c’è solo il mare."</i><br />
<br />
(Traduzione di Luigi Panarese da Fernando Pessoa, <i>Poesie scelte</i>, Passigli, 1993.)<br />
<br />
<iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/kLp_Hh6DKWc/0.jpg" frameborder="0" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/kLp_Hh6DKWc?feature=player_embedded" style="clear: right; float: right;" width="320"></iframe>Il Re della Montagna più famoso della storia della musica è quello incontrato da Peer Gynt, il giovane protagonista dell'omonimo poema di Henrik Ibsen (1828-1906) a partire dalla versione musicata di Edvard Grieg (1843-1907), dove dà il titolo a uno di quei temi musicali oggi talmente diffusi che tutti hanno sentito, ma, probabilmente, pochi conoscono. Il giovane Peer, uno sfaccendato divenuto un fuorilegge dopo una serie di disavventure, si imbatte in una donna vestita di verde, la figlia del re dei troll, che lo conduce nella dimora del suo popolo all'interno di una montagna. Il re della montagna, cioè il re dei troll, è disposto a fare di Peer un troll se vorrà sposare sua figlia, ma il ragazzo, dopo aver quasi accettato tutte le sue condizioni, abbandona il proposito. Il tema "Alla corte del Re della Montagna" (in norvegese <i>I Dovregubbens</i> <i>hall</i>) accompagna la reazione del popolo ctonio di troll, goblin e gnomi radunati intorno a Peer Gynt, pronti a trucidarlo perché ha sedotto la figlia del re. La vicenda nel suo complesso, peraltro, ha soprattutto una valenza onirica.<br />
Essa non interessa, comunque, il motivo del <i>Kyffhäuser</i>, non vi sono eroi dormienti o cicli del tempo, ma data la fama dell'opera ho ritenuto opportuno menzionarla, se non altro per chiarire come essa non riguardi il nostro discorso e per inserire un mai spiacevole intermezzo musicale.<br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-2mmeG2j_0ls/XtAX94rHLLI/AAAAAAAAEMg/wblX9KR6p-UDzEdygsXPUvrU-9ajtPcVQCLcBGAsYHQ/s1600/Alan_Lee_-_The_King_under_the_Mountain.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="848" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-2mmeG2j_0ls/XtAX94rHLLI/AAAAAAAAEMg/wblX9KR6p-UDzEdygsXPUvrU-9ajtPcVQCLcBGAsYHQ/s400/Alan_Lee_-_The_King_under_the_Mountain.jpg" width="282" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">"The King Under the Mountain", di Alan Lee.</td></tr>
</tbody></table>
L'autore moderno in cui questo motivo è più rappresentato e più influente, al punto di poterlo individuare in numerosi luoghi della sua opera, è probabilmente J.R.R. Tolkien (1892-1973), non per niente filologo e conoscitore di molti dei motivi più ricorrenti nelle letterature medievali germaniche, nonché romanze, nonché della classicità.<br />
Il nome "Re sotto la montagna", sono sicuro, molti di voi a primo acchito l'avranno ricondotto alla saga cinematografica de "Lo Hobbit" (2012-2014), e magari, eventualmente, al romanzo originario (1937). Nella Terra di Mezzo, è un titolo nobiliare trasmesso attraverso i sovrani di Erebor, il regno dei Nani costruito sotto la Montagna Solitaria. Non credo sia necessario ricordarvi che i Nani, nell'opera mitografica di Tolkien e nei modelli norreni cui guarda come ispirazione, sono creature sotterranee, minatori, esperti di ogni tecnica metallurgica e orefa. Nei testi eddici è altresì ravvisabile una tacita associazione dei nani al mondo dei morti e al sovrannaturale. Non è, quindi, privo di implicazioni quantomeno filologico-linguistiche, il titolo rivestito da Thrór, antenato di Thorin Scudodiquercia (<i>Oakenshield</i>), anche se sprovvisto di legami con la morte, o sensi nascosti.<br />
Ne <i>Lo Hobbit</i>, i Nani hanno però da lungi perduto il loro regno sotto la montagna, a partire dal giorno in cui il drago Smaug, bramoso di tesori come tutti quelli della sua schiatta, è sceso dal nord per impossessarsi del loro regno, uccidendone e cacciandone i difensori. Come è noto, il romanzo segue il viaggio di tredici Nani e del protagonista Hobbit Bilbo Baggins per tentare di riprendere possesso del regno di Erebor.<br />
Durante questo viaggio, quando i compagni giungono a Pontelagolungo, la cittadina più vicina alla Montagna, vengono accolti con un canto che si intitola "<i>The King beneath the mountains</i>", che risulta molto interessante, poiché prefigura un ritorno del Re sotto la Montagna nelle sue sale dorate, e l'avvento di un tempo di festa, di ricchezza e di gioia proprio a seguire il suo ritorno. In questo senso, Tolkien ha fatto ricorso più decisamente al nostro mitema, e gli ha dato, per chi la riconoscerà, una nuova formulazione poetica per il nostro tempo.<br />
<br />
«<i>The King beneath the mountains, «Il re degli antri che stan sotto il monte</i><br />
<i> The King of carven stone, e delle rocce aride scavate,</i><br />
<i>The lord of silver fountains che fu signore delle argentee fonti</i><br />
<i> Shall come into his own! queste cose riavrà, già a lui strappate!</i><br />
<i><br /></i>
<i>His crown shall be upholden, Sul capo il suo diadema poserà,</i><br />
<i> His harp shall be restrung, dell'arpa ancora sentirà il bel canto</i><br />
<i>His halls shall echo golden e in sale dorate echeggerà</i><br />
<i> To songs of yore re-sung. di melodie passate il dolce incanto.</i><br />
<i></i><br />
<i></i>
<i>The woods shall wave on mountains Sui monti le feste ondeggeranno,</i><br />
<i> And grass beneath the sun; ondeggeranno al sole erbe lucenti,</i><br />
<i>His wealth shall flow in fountains le ricchezze a cascate scenderanno</i><br />
<i> And the rivers golden run. e i fiumi saranno ori fulgenti.</i><br />
<i><br /></i>
<i>The streams shall run in gladness, I ruscelli felici scorreranno,</i><br />
<i> The lakes shall shine and burn, i laghi brilleran nella campagna</i><br />
<i>All sorrow fail and sadness e dolori e tristezza svaniranno</i><br />
<i> At the Mountain-king's return!</i>» <i>al ritorno del Re della Montagna.</i>»<br />
<br />
(Traduzione di Elena Jeronimidis Conte in J.R.R. Tolkien, <i>Lo Hobbit annotato da Douglas A.Anderson</i>, Bompiani 2004, Milano, pp.263-264.)<br />
Eppure, in questo come in molti altri casi, Tolkien fa un uso moderno del motivo medievale.<br />
Nel climax tragico che segue il ritrovamento del tesoro, Thorin cade vittima della maledizione che grava sul tesoro di Erebor (tema forte nella saga dei Nibelunghi, specialmente nella sua versione tedesca), e diviene avido e insensibile. Il canto sul ritorno del Re sotto la Montagna prospettava un'epoca di prosperità e armonia provviste proprio dalla generosità del Re, garante degli scambi e del fluire della ricchezza, ma Thorin, dopo che sull'oro ha dormito un drago per molti anni, è divenuto simile a quest'ultimo, un riflesso negativo del ruolo del re -come si ravvisa leggendo attentamente il <i>Beowulf</i>- cioè un signore di ricchezze e tesori che tiene tutto insieme e non lascia andare niente, colui che blocca il circolare della ricchezza e proibisce gli scambi.<br />
Risulta ancor più evocativa, se pensata in quest'ottica, la scena del film <i>Lo Hobbit - La desolazione di Smaug </i>(<i>The Hobbit - The Desolation of Smaug</i>, 2013) in cui il drago dorato, ergendosi sulle sue possenti spire e torreggiando su Thorin, dichiara, contro la sua pretesa di rivendicare il regno «Sono io il Re sotto la Montagna!» (in originale «I am King under the Mountain»).<br />
<br />
Nel preparare questo percorso, mi è capitato di rimettere mano al videogioco Dark Souls III (2016), e ho realizzato -ne parlo ora, in fine di discorso, riallacciandomi agli argomenti di partenza- come quel gioco abbia avuto un ruolo determinante nel suggerirmi la mia concezione del <i>rex absconditus</i>, stimolando questa ricerca di cui oggi leggete i frutti. L'universo della serie Dark Souls, ben radicato nell'acuta comprensione e reinterpretazione dei miti e delle loro valenze simboliche operata dal <i>game designer</i> Hidetaka Miyazaki, poggia infatti sulla concezione ciclica dell'universo e il suo susseguirsi di periodi di ascesa e crisi della civiltà scanditi dal consumarsi della Fiamma, <i>anima mundi</i> che ha necessità, al compimento di un ciclo, di essere vincolata, per riaccendersi, dall'immolazione di un eroe. In Dark Souls III, dopo aver vissuto il termine di un ciclo nel primo capitolo della serie, i giocatori apprendono che come quello ce ne sono stati infiniti altri, e che ognuno degli eroi che hanno vincolato la fiamma alla fine del loro ciclo è chiamato <i>Lord of Cinder</i>, nell'adattamento italiano Signore dei Tizzoni. Il gioco mette in scena un crepuscolo dell'universo -visivamente accompagnato da un post-moderno "crepuscolo del medioevo"- dato dalla confluenza di tutti i cicli del passato nel regno di Lothric, dovuto al fatto che i precedenti Signori dei Tizzoni, il cui stato prevede che tornino nuovamente nel mondo per vincolare la Fiamma ancora una volta, non hanno fatto ritorno. Il compito della "Fiamma sopita" interpretata dai giocatori è quello di cercare i Signori dei Tizzoni e riportarli, volenti o nolenti, sui loro troni.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-1tK0AX8Da1Y/Xs472ZTaCQI/AAAAAAAAEKg/-fo9Dud917IimSJ6a14ZbaDJpsPrWHZJQCLcBGAsYHQ/s1600/Firelink_Shrine_%2528DSIII%2529_-_01.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="360" src="https://1.bp.blogspot.com/-1tK0AX8Da1Y/Xs472ZTaCQI/AAAAAAAAEKg/-fo9Dud917IimSJ6a14ZbaDJpsPrWHZJQCLcBGAsYHQ/s640/Firelink_Shrine_%2528DSIII%2529_-_01.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Dark Souls III (From Software, 2016).</td></tr>
</tbody></table>
Oltre alla vicinanza di questo sfondo narrativo con i temi che abbiamo osservato, citare il gioco offre spunti affascinanti perché mostra intensamente l'effetto dell'abbandono da parte del re che non ritorna. Il Santuario del Legame del Fuoco, il luogo sacro dove il protagonista può rifocillarsi e disporre dei propri strumenti per affrontare la sua <i>quest</i>, è una grande area circolare all'interno di una collina, dominata dai cinque troni dei Signori dei Tizzoni, vuoti -fatta eccezione per uno, dove risiede Ludleth l'Esiliato, unico Lord ad aver risposto alla chiamata, un piccoletto privo delle gambe che ricorda decisamente lo storpio Re Pescatore di arturiana memoria- e profondamente malinconici. La terra è completamente attraversata dalle radici, abbandonata, fredda, il silenzio rimbomba nella cavità di pietra dove pochi esuli collaborano con il protagonista per aiutarlo nella cerca, e i regni attraverso cui essa si svolge sono decadenti e in rovina, mentre nel glorioso castello di Lothric, immerso in un eterno crepuscolo prima dell'eclissi finale, gli arazzi svolazzano agitati debolmente dal vento, la ruggine ricopre le armature e le lame dei numerosi cavalieri caduti, e vecchi servitori conservano caparbiamente la loro posizione, sperando nel ritorno che non si compie.<br />
<br />
Potremmo continuare ancora, perché questa concezione del tempo, della regalità e della storia, ha lasciato tracce di sé in più luoghi di quanti ci aspetteremmo.<br />
Per me, per adesso, è sufficiente aver potuto tratteggiare il profilo di questo mitema, e avervi potuto dire sia -almeno in parte- da cosa è nato e cosa porta con sé, che alcune delle cose che significa per me e nelle quali lo scorgo. Perché fin da quando l'ho realizzato, anche la concezione che ho io delle mie storie è mutata, e l'immagine che vi ho descritto in apertura, dello splendore della sala dorata e del fervore della sua attesa, è il riflesso con cui mi figuro il complesso delle mie speranze.<br />
<br />
Prendiamo commiato con questi bei versi di Pessoa.<br />
<br />
<i>Abdicazione</i><br />
<br />
<i>Prendimi fra le braccia, notte eterna,</i><br />
<i>e chiamami tuo figlio.</i><br />
<i>Io sono un re</i><br />
<i>che volontariamente ha abbandonato</i><br />
<i>il proprio trono di sogni e di stanchezze.</i><br />
<i>La spada mia, pesante in braccia stanche,</i><br />
<i>l'ho confidata a mani più virili e calme;</i><br />
<i>lo scettro e la corona li ho lasciati</i><br />
<i>nell'anticamera, rotti in mille pezzi.</i><br />
<i>La mia cotta di ferro, così inutile,</i><br />
<i>e gli speroni, dal futile tinnire,</i><br />
<i>li ho abbandonati sul gelido scalone.</i><br />
<i>La regalità ho smesso, anima e corpo,</i><br />
<i>per ritornare a notte antica e calma,</i><br />
<i>come il paesaggio, quando il giorno muore.</i><br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-ckic7Eq2-Bc/XtANjTDhGcI/AAAAAAAAEMI/pP5w7rhj3ZoiKHXuhriFNyES1eMDsgIKwCLcBGAsYHQ/s1600/Golden%2BHall%2BStockholm.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="681" data-original-width="1024" height="424" src="https://1.bp.blogspot.com/-ckic7Eq2-Bc/XtANjTDhGcI/AAAAAAAAEMI/pP5w7rhj3ZoiKHXuhriFNyES1eMDsgIKwCLcBGAsYHQ/s640/Golden%2BHall%2BStockholm.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Sala dorata di Stoccolma.</td></tr>
</tbody></table>
<br />
Bibliografia<br />
<br />
Del Corno 1991 - <i>Plutarco. Il volto della luna</i>, edizione italiana a cura di Dario Del Corno, traduzione e note di Luigi Lehnus, Adelphi, Milano, 1991.<br />
Delle Donne 2006 - Roberto Delle Donne, <i>«Aus dem Ewigjungen der Greis». La saga dell'imperatore Federico nella cultura tedesca</i>, in "Archivio di storia della cultura Anno XIX - 2006", Liguori, Napoli, 2006.<br />
Eliade 2018 - Mircea Eliade, <i>Il mito dell'eterno ritorno</i>, traduzione di Giovanni Cantoni, Lindau, Torino, 2018.<br />
Loomis 1959 - Roger Sherman Loomis, a cura di, <i>Arthurian Literature in the Middle Ages</i>, Oxford University Press, 1959.<br />
Santillana-Dechend 1983 - Giorgio de Santillana, Hertha von Dechend, <i>Il mulino di Amleto. Saggio sul mito e sulla struttura del tempo</i>, edizione italiana a cura di Alessandro Passi, Adelphi, Milano, 1983.</div>
</div>
Francis Starkhttp://www.blogger.com/profile/10559448728477569844noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-3648770856103118233.post-2122348799971569712020-04-26T22:27:00.001+02:002020-04-26T22:53:51.032+02:00Omelia di Alien #1<i>Due premesse: questo post fa parte della serie su Alien, di cui in calce all'articolo trovate l'indice.</i><br />
<i>Al contempo, questo post non rientra nel conteggio "regolare" dell'Anima del Mostro: pubblicato in un giorno diverso da quello regolare, nasce come scritto sulla pagina Facebook che, per le dimensioni e il desiderio di accompagnarlo con più immagini per renderne più evocativa la lettura, ho voluto trasferire -e ampliare ulteriormente- qui sul sito.</i><br />
<i>È la prima volta in cinque anni che prendo questa risoluzione, proprio alle soglie del centesimo post, dopo il quale l'Anima cambierà il suo assetto. Se ci saranno altre Omelie di Alien, le tratterò analogamente.</i><br />
<br />
Buon Alien Day, e anche buona domenica.<br />
Prendete posto sulle panche della chiesa dei mostri e osservate il dovuto silenzio.<br />
Per gli spaesati, l'Alien Day va avanti da quattro anni, è iniziato nel 2016 per il trentesimo anniversario di "Aliens - Scontro finale" ed è tornato negli anni successivi in relazione anche all'uscita di "Alien: Covenant" nel 2017 e al quarantesimo anniversario del primo Alien l'anno scorso. La data è stata adottata a partire dal nome di LV-426, il satellite mostrato nei primi due film, conosciuto anche come "Acheron".<br />
Gli anni precedenti mi è bastato ricondividere la serie di articoli di cui vado sempre abbastanza fiero, e di cui, alla fine della celebrazione, il goblin con i foglietti accanto alla porta provvederà a fornirvi gli indirizzi per la lettura; ma questa volta voglio alzare il tiro.<br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-yMDruBxTZyA/XqWuIXr7D4I/AAAAAAAAEIg/onYYMmts-NMPm8wU4acPU59D0SJbeElHwCLcBGAsYHQ/s1600/alien-rpg-art-xenomorph.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="360" src="https://1.bp.blogspot.com/-yMDruBxTZyA/XqWuIXr7D4I/AAAAAAAAEIg/onYYMmts-NMPm8wU4acPU59D0SJbeElHwCLcBGAsYHQ/s640/alien-rpg-art-xenomorph.jpg" style="cursor: move;" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Illustrazione tratta dal gioco di ruolo "Alien - The roleplaying game".</td></tr>
</tbody></table>
Quella di Alien non è l'unica saga pop di vasta fama ad avere un giorno sul calendario in cui ogni anno i suoi seguaci festeggiano la loro stessa passione verso il suo mondo e i suoi personaggi, e non è neanche l'unica di cui ci ricordiamo qui sull'Anima del Mostro. Ma è forse quella che più, quando quel giorno arriva, sento di desiderare celebrare, perché non c'è solo un discorso di sentimenti e fascino verso una storia e le sue peculiarità costituenti, ma la consapevolezza che questa storia può avvicinarci a qualcosa che la trascende, qualcosa che ai miei occhi è quasi vitale: costituire una mistica dei mostri.<br />
<br />
La saga di Alien ha costituito un grande universo fantascientifico, espandibile e già notevolmente espanso attraverso quarant'anni di film, fumetti, videogiochi e collezionabili. Pur ospitando motivi del genere ricchi di implicazioni e potenzialità di sviluppo, come la colonizzazione dello spazio, la vita artificiale e le minacce di un capitalismo intergalattico, l'Alienverse si focalizza su un elemento fondamentale, l'esistenza di una razza mostruosa le cui capacità, ciclo vitale e varietà di forme ed evoluzioni sono il cuore pompante di tutte le narrazioni.<br />
Nel corso del tempo questo alveare di sviluppi si è intersecato con altri universi narrativi, a volte occasionalmente, altre realizzando convergenze stabili, come quella con Predator; in altre espansioni è stato sviluppato il filone degli Space Jockey, o Ingegneri, presentati come razza aliena fondamentale per le sorti di questa narrazione; ma comunque vada, e per varie che possano essere le preferenze personali, sono gli Alien, per come ce li hanno presentati i capisaldi veramente fondamentali della saga, il film di Ridley Scott del 1979 e quello di James Cameron del 1986, il vero nucleo di tutto, il motivo per cui questo universo continua a prosperare, per il quale anche senza Ripley, anche senza Weyland-Yutani ha senso raccontare questo universo di orrore cosmico.<br />
<br />
Nelle scorse settimane, grazie alla messa in onda della Rai, ho rivisto con piacere la tetralogia originale. È stata un'occasione utile soprattutto per valutare i film successivi al primo, che nella mia ossessione per l'arte di H.R. Giger ho rivisto molte più volte degli altri, e che del resto preferisco proprio per il modo in cui l'orrore, sia quello visibile che quello invisibile, occupa lo spazio della vicenda in modo quasi esclusivo. Escludendo per il momento Alien - La clonazione, che effettivamente ho visto per la prima volta, questa visione mi ha fatto valutare in modo migliore Aliens e Alien3, e dato cognizione di una delle verità più importanti di questa saga.<br />
Lo xenomorfo, come abbiamo osservato in "Filosofia di Alien", è efficace per il modo in cui riesce a incarnare in modo inequivocabile, eppure sottile, paure e sensazioni difficili da condensare in una singola forma, il terrore dell'ignoto, la paura verso i predatori e verso i mostri, la violenza, la sessualità nei suoi molti aspetti, seducente, assuefacente, fino a diventare morbosa, malata, consumante e risolversi nel disgusto e nell'aggressione. Ridley Scott, in un'intervista, paragona la scena finale del suo film alla battaglia tra un cavaliere e un drago; la sua presenza infesta, la strage che compie e la sua familiarità con il buio mi hanno sempre richiamato in mente gli orchi dei miti e il Grendel del Beowulf, e in più di un graphic novel vengono chiamati demoni. Riusciamo a percepire l'Alien e a recepirlo nel nostro immaginario perché è ricco di connessioni con luoghi della nostra esperienza tutti propri della medesima sfera, il mostro che cerchiamo di dominare per stabilire lo spazio della nostra crescita, ordinare ciò che senza controllo ci minaccia, e che incombe costantemente lungo il confine delle nostre conquiste ricordandoci che lo sforzo per proteggerle dev'essere costante, che tutto quello che otteniamo con l'esperienza non è dato una volta per tutte e va coltivato.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-JUcYmnGn1E8/XqXfoM1wwiI/AAAAAAAAEIs/mrwEi_1akj4k53vXSJrDu_SIVKfvSMmdgCLcBGAsYHQ/s1600/alien-the-roleplaying-game-41724.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1080" data-original-width="1500" height="460" src="https://1.bp.blogspot.com/-JUcYmnGn1E8/XqXfoM1wwiI/AAAAAAAAEIs/mrwEi_1akj4k53vXSJrDu_SIVKfvSMmdgCLcBGAsYHQ/s640/alien-the-roleplaying-game-41724.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td class="tr-caption" style="font-size: 12.8px;">Illustrazione tratta dal gioco di ruolo "Alien - The roleplaying game".</td></tr>
</tbody></table>
<br /></td></tr>
</tbody></table>
Eppure, l'Alien non rientra mai del tutto in questa sfera, c'è sempre un margine di alienità, dato non solo dal mero fattore linguistico e geografico del suo essere "alieno", nel senso di non terrestre e dunque soggetto a leggi diverse, ma soprattutto dal fatto che la sua pertinenza con le nostre categorie è accidentale, una coincidenza, poiché la sua essenza fondamentale è del tutto altra, e come tale non potrà mai rientrare del tutto entro le strutture della nostra percezione. Lo xenomorfo esiste come <i>monstrum</i> di una possibilità di esistenza che sfida tutto quello che conosciamo dell'universo, radicata oltre, anni luce dal piccolo cerchio di luce entro il quale si muovono le nostre possibilità di comprensione, nelle infinite profondità di uno spazio che non possiamo contenere nemmeno col pensiero, meno ancora ordinare o spiegare; la sua biologia è aliena, le sue cause lo sono ancora di più, soprattutto quando, prima dell'uscita di "Aliens - Scontro finale", non possedeva ancora la dimensione aggregativa e gerarchica che ci ha permesso di associarlo agli insetti sociali del nostro pianeta, e lo vedevamo come un essere biomeccanico teso unicamente a uccidere qualunque cosa vedesse, senza quasi neanche nutrirsene -e usare eventualmente i resti per fabbricare uova e riprodursi, secondo la Director's Cut. Soprattutto, a differenza dei draghi e degli orchi, gli xenomorfi non possono essere sconfitti, perché i loro confini si perdono nei meandri dello spazio, ammesso che ne possiedano. Si può uccidere il singolo esemplare, una nidiata, magari con molta fatica si può liberare un pianeta, ma la loro diffusione è troppo estesa, non sappiamo in quante regioni del cosmo sia possibile incontrarli, e la facilità con cui si diffondono è altrettanto alta. Come nella migliore tradizione lovecraftiana, il solo incontrarli segna a vita i pochi fortunati che riescano a scampare a un loro attacco, conducendoli spesso verso la follia.<br />
Tutta questa ricchezza di elementi, per i quali possiamo considerare Alien uno dei migliori mostri partoriti dall'occidente nel secolo scorso, ci porta così a dove è iniziato il discorso: come una rete di credenze rovesciata in modo da indurci non sicurezza, ma terrore, l'Alien è un sistema compiuto di significati così profondi da sfiorare il religioso, racchiudendo e quasi stilizzando la vasta rete di ciò che è l'uomo in modo da ridefinire l'universo in un modo tremendamente spaventoso: un mosaico di forme raccapriccianti e aliene che riecheggiano nella loro insondabile e omogeneamente brulicante oscurità il fatto che l'universo sia sterminatamente più vasto di noi e che tutta la nostra umanità sia insignificante rispetto ad esso, ma ciascuna di quelle forme riferisce il messaggio adottando come maschere allucinanti e distorti riflessi di noi stessi, sembianze che parlano dell'uomo nei suoi aspetti più degenerati, la violenza, la lussuria e la macabra esaltazione delle ossa e dei tessuti molli, in una sordida litania della nostra nullità. L'universo è vuoto e freddo, ed è solo nel vuoto e nel freddo di noi stessi che possiamo figurarci quanto lo sia.<br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-S0Go1Pni5A4/XqXto3pWOcI/AAAAAAAAEI4/Q6onaGhtxXgblNwwhuPUF68aimJib4S6wCLcBGAsYHQ/s1600/Normal_alientrailer08.PNG.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="439" data-original-width="770" height="364" src="https://1.bp.blogspot.com/-S0Go1Pni5A4/XqXto3pWOcI/AAAAAAAAEI4/Q6onaGhtxXgblNwwhuPUF68aimJib4S6wCLcBGAsYHQ/s640/Normal_alientrailer08.PNG.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Alien mimetizzato nei tunnel di resina con lo stesso pattern del suo corpo.</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<br />
<span style="font-size: large;">Serie di Alien</span><br />
<br />
<a href="http://lanimadelmostro.blogspot.com/2016/03/senso-unico-verso-linferno-di-metallo.html">Senso unico verso l'inferno di metallo</a><br />
<a href="http://lanimadelmostro.blogspot.com/2017/05/filosofia-di-alien.html">Filosofia di Alien</a><br />
<a href="http://lanimadelmostro.blogspot.com/2017/07/teologia-di-alien.html">Teologia di Alien</a>Francis Starkhttp://www.blogger.com/profile/10559448728477569844noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3648770856103118233.post-26629123708192141532020-04-16T22:19:00.000+02:002020-04-20T18:59:59.416+02:00Digimon - Evoluzioni primordialiSiamo in prossimità di un nuovo e importante sviluppo per l'Anima del Mostro, prossima a raggiungere il centesimo post, ma anche del revival di un'epopea estremamente importante per noi, e proprio per significare il compimento di un cerchio era mio desiderio svolgere un discorso, particolare ma spero non inutile, su un argomento che, a suo tempo, è stato uno dei primi affrontati su queste pagine, il primo universo narrativo cui abbia dedicato un post, quello, naturalmente, dei Digimon.<br />
Proprio in questi giorni, il franchise creato nel 1997 dal misterioso Akiyoshi Hongo, in realtà pseudonimo di tre diversi autori, sta vivendo un'auspicata e felice nuova vita. Reduce dal 20esimo anniversario del viaggio di sette bambini giapponesi a Digiworld, nella serie di animazione che ne consacrò il successo in tutto il mondo, l'universo digitale si è arricchito in questo 2020 di diversi nuovi atti, tutti in un modo o in un altro relati a quella serie: il 21 febbraio, nei cinema nipponici, è finalmente arrivato "Digimon Adventure: Last Evolution Kizuna", epilogo della lunga epopea di Taichi e di Agumon, iniziata, pochi mesi prima dell'anime, con il cortometraggio "Digimon Adventure" di Mamoru Hosoda, e sviluppatasi attraverso le due serie "Digimon Adventure" e "Digimon Adventure 02", i film "Our War Game!", "Digimon Adventure 02: Part I: Digimon Hurricane Landing!!/Part II: Transcendent Evolution!! The Golden Digimentals" e "Digimon Adventure 02: Revenge of Diaboromon", e più recentemente l'esalogia di lungometraggi "Digimon Adventure tri.". Nonostante, negli anni, si siano avvicendate anche altre serie, che ripensavano i Digimon e li declinavano in altre chiavi -tra cui "Digimon Tamers", con il suo equilibrio tra toni per ragazzi ed elementi maturi, può tranquillamente competere con Adventure per il titolo di migliore anime dei Digimon- i produttori continuano a rilanciare Adventure, e più in particolare tutto ciò che è relativo alla prima stagione, preferendola alla seconda al punto che, in "Adventure tri", i suoi personaggi sono a malapena mostrati in una scena iniziale finalizzata a toglierli temporaneamente di mezzo. L'altro grande atto digitale del 2020 è stato la nuova serie di animazione, annunciata ancora prima che uscisse il film conclusivo, per via di una fuga di notizie, e dedicata, ancora una volta, proprio all'universo di Adventure, che solo due mesi dopo essere stato chiuso da "Kizuna" è stato sottoposto a un reboot, un'operazione con la quale i protagonisti umani e mostruosi della serie vivranno una storia completamente nuova, in un universo nuovo, in alcun modo collegato a quello precedente, con la speranza, almeno per me -che neppure avrei disdegnato il ricorso a qualche altra ambientazione- di presentare quei personaggi a un nuovo pubblico e garantirne il fascino e la celebrazione ancora per un'altra generazione.<br />
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<a href="https://1.bp.blogspot.com/-f89dF3G4yEU/Xo9FMtJBYaI/AAAAAAAAEDQ/IsSrc5A3OWgi04OLbOzrv0nYI6bJ_EaIgCLcBGAsYHQ/s1600/Digimon%2BWallpaper.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="360" src="https://1.bp.blogspot.com/-f89dF3G4yEU/Xo9FMtJBYaI/AAAAAAAAEDQ/IsSrc5A3OWgi04OLbOzrv0nYI6bJ_EaIgCLcBGAsYHQ/s640/Digimon%2BWallpaper.jpg" width="640" /></a><br />
Il discorso che leggerete qui, però, riguarda elementi di riflessione che avevo in mente già da un paio di anni, che non toccheranno gli ultimi sviluppi del brand, e cui non vedevo l'ora di dare forma in un saggio di Anima del Mostro.<br />
Tutto deriva da un'idea, molto personale e per nulla originale, sugli universi narrativi dei franchise multimediali come questo, dovuta soprattutto alla mia esperienza con serie le cui coordinate sono le stesse dei Digimon, giapponesi di origine, con i mostri per tema, e il collezionismo come parte fondamentale dell'interazione con il mondo, quali Yu-Gi-Oh!, Monster Hunter: il fatto che, in una prima fase dell'esistenza di detto universo, è possibile scorgere la presenza di elementi che permettono di identificarlo, e che nelle successive, man mano che il brand continua a espandersi, si affiancano a questi altri elementi, riconducibili alle espansioni, alle aggiunte che li hanno portati, e individuabili nella loro differenza rispetto a quelli iniziali. Cogliere questo mi ha portato, senza per questo voler screditare la vita e l'evoluzione di questi universi, a concepire una sorta di ideale "purezza iniziale" di questi universi, la forma in cui si presentavano all'inizio, nella quale, oltretutto, possiamo scorgere quali fossero le idee, lo stile, i temi pensati per l'opera, e che quindi ne definiscono il nucleo e l'essenza che la rende se stessa, rispetto ai quali, le aggiunte successive, possono considerarsi più come dei rivestimenti, delle integrazioni, delle migliorie, nei casi migliori delle evoluzioni organiche, di quell'anima primaria.<br />
Chi ha familiarità con le carte di Yu-Gi-Oh! ricorderà gli artwork delle prime carte, dallo stile più essenziale, a volte quasi elementare, molto più semplice rispetto a quelli usciti anche solo pochi anni dopo nel periodo della serie GX, per non parlare di quelli usciti dopo ancora. Eppure, anche così, era difficile non riconoscere un mostro di Yu-Gi-Oh! o confonderlo con uno di un altro anime (o almeno lo era per me, che prestavo attenzione ai dettagli anche in tenera età). Spero non suoni passatista, ma quello stile, quando penso a creature come il Gigante Hitotsu-me, Teschio Evocato o lo stesso Guardiano Celtico che ai tempi trovavo quasi banale, mi sa di Yu-Gi-Oh! più di quanto non lo facciano i mostri ipermeccanizzati usciti dopo, perché hanno tutti una profonda venatura oscura, un aspetto ultraterreno e misterioso, magari un rimando alla cultura degli Yokai giapponesi, persino in quelli idealmente buoni o associati alla luce come il piccolo Kuriboh.<br />
In Monster Hunter, che con l'avanzare delle generazioni ha cercato di spingere il suo rooster di mostri verso l'esotismo (Monster Hunter Tri) o un forte orientalismo (Monster Hunter Frontier), non di rado strizzando l'occhio a mitologie o figure di altri universi (arrivando a incorporarne alcune nelle missioni evento di Monster Hunter World), il primissimo capitolo uscito per PlayStation 2 conteneva tutte le coordinate essenziali del gioco, ambienti naturali dall'aspetto preistorico popolati da creature che coniugassero l'aspetto e il feeling delle storie moderne sui dinosauri, come Jurassic Park, a un'ambientazione fantasy-primitiva con spade e armature, che naturalmente richiedeva anche la presenza di draghi e creature fantastiche legate però alle regole dell'etologia e degli ecosistemi, senza che nulla, se non i poteri dei draghi più potenti e misteriosi incontrati nei finali, potesse essere imputabile alla magia o a forze sovrannaturali.<br />
Come vedremo nel percorso seguente, è possibile individuare una radice caratteristica anche nei Digimon, manifestata dalle prime opere.<br />
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<div style="text-align: center;">
<span style="font-size: large;">I livelli dei Digimon</span></div>
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Le origini dei Digimon risiedono nel "Digimon Virtual-Pet", un gioco elettronico di simulazione di vita artificiale distribuito a partire dal 26 giugno del 1997, basato cioè sull'esistenza di una creatura all'interno della dimensione digitale creata dal supporto di gioco e su diverse funzioni, selezionate dal giocatore, grazie alle quali prendersi cura della creatura e soddisfarne i bisogni; nato come evoluzione del Tamagotchi, se ne distingue per la presenza di possibilità di interazione aggiuntive, oltre che per il fatto che la creatura del gioco è connotata in modo diverso e più ricco. Qui le creature passavano attraverso cinque stadi di evoluzione, quelli che noi chiamiamo livelli (un sesto stadio, il livello Mega, sarebbe stato introdotto solo due anni dopo); il loro aspetto elementare, delineato da sprite di pochi pixel, rimandava a creature semplici e carine, simili ad animaletti sferici con occhi e bocche, e a forme più complesse ma immediatamente riconoscibili, in primo luogo dinosauri e animali che avessero presa sul pubblico.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-AHTRPU6gApw/Xpc4F-F_wGI/AAAAAAAAEEE/_L3CJesaun4kv6ODmtB3qscMVRUvDRr4gCLcBGAsYHQ/s1600/Botamon_b.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="320" data-original-width="320" height="200" src="https://1.bp.blogspot.com/-AHTRPU6gApw/Xpc4F-F_wGI/AAAAAAAAEEE/_L3CJesaun4kv6ODmtB3qscMVRUvDRr4gCLcBGAsYHQ/s200/Botamon_b.jpg" width="200" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Botamon, Digimon di livello Primario.</td></tr>
</tbody></table>
Prima di procedere, introduciamo qui la teoria sui livelli di Digimon.<br />
Alla nascita, i Digimon sono al livello chiamato, nelle serie anime italiane, Primario, traduzione di 幼年期I (Yōnenki I), cioè "infanzia I", che nei media in lingua inglese si presenta come Baby I, In-Training I o Fresh. Nei nomi, e in molte altre caratteristiche, questo livello è strettamente legato a quello immediatamente successivo, il Primo Stadio, 幼年期II (Yōnenki II), a sua volta chiamato anche Baby II e In-Training II, che dunque è concepito come un proseguimento del precedente. Confusione produce certamente l'esistenza dei termini Primario e Primo Stadio in italiano, dato che entrambi pretendono di essere il primo, probabilmente dovuta al fatto che, nell'anime, i Digimon appaiono per la prima volta al livello Primo Stadio, e solo in un secondo momento se ne incontrano alcuni al livello precedente, che posso immaginare essere stato ribattezzato così a posteriori della traduzione del primo termine.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-aGq05HjzyvM/Xpc4KClsCqI/AAAAAAAAEEI/4OqyJcNDAtMS04xj-IKBbjT4P9Ij0oL8wCLcBGAsYHQ/s1600/Koromon_b.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="320" data-original-width="320" height="200" src="https://1.bp.blogspot.com/-aGq05HjzyvM/Xpc4KClsCqI/AAAAAAAAEEI/4OqyJcNDAtMS04xj-IKBbjT4P9Ij0oL8wCLcBGAsYHQ/s200/Koromon_b.jpg" width="200" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Koromon, Digimon di livello<br />
Primo Stadio.</td></tr>
</tbody></table>
In entrambi i casi, il Digimon è ben poco pericoloso, e anzi estremamente vulnerabile. I due livelli hanno spesso la stessa tecnica, lo "Sparabolle", ovvero l'emissione di bolle di sapone dalla bocca -o dal luogo in cui <i>dovrebbe</i> esserci la bocca, nel caso di creature come Botamon o Punimon- finalizzate, al massimo, a distrarre gli aggressori. In effetti, la terminologia originale distingue i due attacchi, con un 酸の泡 (San no Awa) per i livello Primario e 泡 (Awa) per i livello Primo Stadio; ma l'effetto e l'intensità dell'attacco, probabilmente diversi, non rendono comunque questi ultimi più pericolosi, che solo nel caso in cui possiedano altre tecniche, come vale per Gigimon, il Primo Stadio di Guilmon, hanno qualche speranza di infliggere danni agli avversari.<br />
Mentre i livello Primario hanno quasi tutti un corpo dalla forma sferica e un numero minimo di attributi riconoscibili, i livello Primo Stadio, benché spesso di forma simile, hanno una maggiore possibilità di forme anatomiche, spesso indizio delle tipologie in cui digievolveranno, ad esempio i Digimon animale, pianta o acquatici. In effetti, sono soprattutto le generazioni più tarde ad avere manifestato questa caratteristica: nei primi Digimon, i caratteri di riconoscibilità di una tipologia in un Primo Stadio, erano davvero sottili.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-w3KAQ9eRSSQ/XpiGcJ0d3AI/AAAAAAAAEFY/DHXqFzyKSBgc9R2Bp0ABtF-kepqn4RGyQCLcBGAsYHQ/s1600/Betamon1.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="320" data-original-width="320" height="200" src="https://1.bp.blogspot.com/-w3KAQ9eRSSQ/XpiGcJ0d3AI/AAAAAAAAEFY/DHXqFzyKSBgc9R2Bp0ABtF-kepqn4RGyQCLcBGAsYHQ/s200/Betamon1.jpg" width="200" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Betamon, Digimon di livello Intermedio.</td></tr>
</tbody></table>
Il terzo stadio di evoluzione dei Digimon è il livello Intermedio, 成長期 (Seichōki), cioè "giovane", tradotto nei media anglofoni come Rookie o Child. È spesso la forma più ricorrente dei Digimon, soprattutto negli anime, dove, per motivi soprattutto narrativi, è quella generalmente mantenuta dai personaggi e cambiata solo durante i combattimenti, ed è quella con cui è possibile definire l'ambito in cui si evolverà la creatura in modo più netto rispetto al livello precedente: Agumon, la mascotte del franchise, è un dinosauro legato al fuoco e tutte le sue evoluzioni sono o dinosauri o Digimon di fuoco -e vale la pena di sottolineare che la maggior parte dei Digimon dinosauri è legata al fuoco o fa parte della grande famiglia dei Digimon chiamati "Nature Spiritis"-, mentre Elecmon, un mammifero elettrico, digievolve solo in Digimon simili a mammiferi. Nel corso della vita di un Digimon, se i precedenti stadi corrispondono a passaggi dell'infanzia -il Primario può essere considerato come un neonato, del tutto incapace di badare a se stesso e senza particolari segni di personalità, mentre il Primo Stadio a un bambino di pochi anni di vita, in grado di esprimersi e autodeterminarsi-, il livello Intermedio è qualcosa di simile a un momento più avanzato della fanciullezza, o all'adolescenza.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-IYh7gJX8zXs/XpiG6knZjdI/AAAAAAAAEFg/7WxvfsC3FtEFhmxmhlGYfQIN9_KdiYATwCLcBGAsYHQ/s1600/Meramon.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="320" data-original-width="320" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-IYh7gJX8zXs/XpiG6knZjdI/AAAAAAAAEFg/7WxvfsC3FtEFhmxmhlGYfQIN9_KdiYATwCLcBGAsYHQ/s320/Meramon.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Meramon, Digimon di livello Campione.</td></tr>
</tbody></table>
Il livello con cui un Digimon raggiunge la maturità e diventa realmente competitivo in termini di combattimento è il quarto, il livello Campione, che in giapponese si chiama 成熟期 (Seijukuki), cioè "adolescenza", ma, nella traduzione ufficiale inglese "Adult", nonché rispetto all'evidenza di anime, manga e opere narrative, rappresentà l'età adulta della creatura. In un certo senso, è la vera identità raggiunta dal Digimon, in termini di appartenenza a un tipo: i livelli successivi, in molti casi, sono dei potenziamenti di questa forma, e spesso ne condividono il nome.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-1P7ljH5jni8/Xpi8NnRkl2I/AAAAAAAAEGo/Qsl5AR5pvqkoqNuUjvXVufHJB8nVJPewQCLcBGAsYHQ/s1600/Metaltyranomon1.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="320" data-original-width="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-1P7ljH5jni8/Xpi8NnRkl2I/AAAAAAAAEGo/Qsl5AR5pvqkoqNuUjvXVufHJB8nVJPewQCLcBGAsYHQ/s1600/Metaltyranomon1.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">MetalTyrannomon, Digimon di livello Evoluto.</td></tr>
</tbody></table>
Nel primo V-pet, nel videogioco Digimon World, e probabilmente anche per la prima parte dell'anime di Digimon Adventure e del manga Digimon V-Tamer, il quinto livello era l'ultimo e il più alto, il livello Evoluto 完全体 (Kanzen-tai), "forma perfetta", tradotto in alcuni media come ""Ultimate" e in altri come "Perfect". Al livello Evoluto un Digimon è potentissimo, superiore a qualunque livello Campione, e, per qualche tempo, all'apice del percorso evolutivo. Una caratteristica significativa è che, nei primi giochi, mentre un livello Intermedio poteva digievolvere in più livelli Campione diversi, comportando così numerose possibilità diverse, il numero di forme di livello Evoluto era più basso, e così, più livelli Campione potevano avere la stessa digievoluzione.<br />
Questo fino all'introduzione del sesto livello, il livello Mega 究極体 (Kyūkyoku-tai), reso a volte come "Ultimate" e a volte come "Mega", generando occasionalmente confusione col livello precedente. In questa forma il potere di un Digimon è praticamente divino: in molte situazioni questo viene comunicato attraverso elementi di forte impatto, come la distorsione dello spazio-tempo provocata dai loro attacchi, o persino dalla loro esistenza.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-m4pdxPGh28I/Xpi8eD9nuUI/AAAAAAAAEGw/LTRrPLAsJDs3qrV-gYVZj4QEbb61yY1RQCLcBGAsYHQ/s1600/WarGreymon.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="320" data-original-width="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-m4pdxPGh28I/Xpi8eD9nuUI/AAAAAAAAEGw/LTRrPLAsJDs3qrV-gYVZj4QEbb61yY1RQCLcBGAsYHQ/s1600/WarGreymon.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">WarGreymon, Digimon di livello Mega.</td></tr>
</tbody></table>
Il livello Mega, in un certo senso, ha diminuito il valore del livello Evoluto: mentre il livello Campione mantiene la sua valenza identificativa del percorso di un Digimon, e i precedenti quello di formazione, l'Evoluto aveva importanza proprio in quanto forma più alta che un Digimon potesse raggiungere, e, privato di questa, è più una sorta di via di mezzo tra il Campione e il Mega. Secondo quanto suggerito da Digimon Adventure, solo alcuni Digimon raggiungono il livello Mega, il che dà ancora più significato alla sua esistenza e conserva un margine di importanza per il livello Evoluto; ma con l'evolvere del franchise, e vista la naturale propensione degli appassionati a interessarsi soprattutto dei Digimon più forti, arrivando a concepire le linee evolutive più recenti come finalizzate unicamente a quello, sicché, osservandole, sembra quasi che prima sia stato disegnato il Mega, e che i livelli precedenti siano forme derivative con elementi in meno.<br />
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<div style="text-align: center;">
<span style="font-size: large;">La prima linea evolutiva</span></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-03ThZz0f52Q/Xpc3SWiye_I/AAAAAAAAED8/vOi3PNG4kuomiYU2NqJp9EpoVbuFgsPgwCLcBGAsYHQ/s1600/watanabeinterview1_evoline_july11_2017.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="570" data-original-width="776" height="468" src="https://1.bp.blogspot.com/-03ThZz0f52Q/Xpc3SWiye_I/AAAAAAAAED8/vOi3PNG4kuomiYU2NqJp9EpoVbuFgsPgwCLcBGAsYHQ/s640/watanabeinterview1_evoline_july11_2017.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Disegno di Kenji Watanabe.</td></tr>
</tbody></table>
I Digimon, come dicevo in apertura, nacquero come "evoluzione" dei Tamagotchi, con la necessità di differenziarsi per un motivo o per un altro. Le recenti interviste a Kenji Watanabe, principale designer delle creature e unico designer delle prime di loro a nascere, ci permettono di fare luce su moltissimi punti di questa genesi, e anche di comprendere meglio la loro natura, ciò che caratterizza il loro stile, e forse anche perché siano così affascinanti.<br />
Una, in particolare, contenuta nel "Digital Monster Art Book Ver.1~5 & 20th", un artbook che ha celebrato il ventesimo anniversario dei Digimon, spiega nel dettaglio i retroscena delle origini dei mostri digitali.<br />
Lavorando su un gioco che mirava a essere un Tamagotchi che attirasse di più il pubblico maschile, in quanto la versione standard veniva recepita come "un gioco per bambine", al punto da avere considerato di chiamarlo "Otokotchi", e poi "Capsule Zaurus", gli ideatori avevano bisogno che le creaturine elettroniche avessero un aspetto più accattivante, che ispirasse forza, pericolosità, anche se non rinunciando del tutto alla simpatia dei Tamagotchi. Le creature erano pensate per avere dei colori del corpo che riflettessero le loro affinità elementali, ma anche questo era un motivo già presente in altri brand. Poiché il concetto delle capsule avrebbe comportato alcuni problemi di copyright -nello stesso periodo anche i Pokèmon erano stati inizialmente pensati con il nome di "Capsule Monsters", ma anche in quel caso fu necessario cambiare il nome, passando per una contrazione in "CapuMon" e poi con la scelta del nome "Pocket Monsters", contratto a sua volta nel nome della serie di mostri collezionabili più popolare del mondo-, venne elaborato, per queste creature, il concetto che fossero mostri che esistevano attraverso il sistema digitale creato dal gioco portatile, e quindi dei "Digital Monsters". Watanabe dice che anche questo nome, e la sua forma contratta in "Digimon", furono inizialmente oggetto di discussioni in merito a problemi di diritti, e sappiamo bene come la somiglianza fra i nomi e i contenuti dei brand di Digimon e Pokèmon sia stata segnante e abbia influito sulla percezione di un po' tutti noi; sta di fatto che questa è la storia, e che in qualche modo quei nomi sono rimasti celebri e amati anche dopo vent'anni.<br />
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<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-ShIcWiKGpnU/XpiF3BnTBOI/AAAAAAAAEFQ/ZIuD8ZEJXsI_3MrIgkws2Plhaj42OcmpQCLcBGAsYHQ/s1600/Kenji%2BWatanabe.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="640" data-original-width="480" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-ShIcWiKGpnU/XpiF3BnTBOI/AAAAAAAAEFQ/ZIuD8ZEJXsI_3MrIgkws2Plhaj42OcmpQCLcBGAsYHQ/s320/Kenji%2BWatanabe.jpg" width="240" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Kenji Watanabe nel 2018.</td></tr>
</tbody></table>
Le vere peculiarità dei Digimon, lo stile che li ha segnati e identificati nelle loro origini e per buona parte delle prime generazioni, può essere del tutto ascritto a Kenji Watanabe e alla particolare libertà creativa di cui poté beneficiare in quei primi mesi del 1997: la data di rilascio del prodotto era già stata fissata, eppure mancavano ancora le creature protagoniste. Come lo stesso Watanabe afferma nell'intervista, fu proprio la situazione di necessità, per la quale i capi della Toei erano virtualmente dis<br />
posti ad accettare qualunque soluzione, a permettergli di esprimersi nel modo in cui fece.<br />
In primo luogo, per il target cui era destinato il gioco, scelse di creare dei mostri adatti al gusto dei bambini, prendendo spunto in primo luogo dai dinosauri, o dalle loro varianti del cinema <i>daikaiju</i>, dai draghi e da altre creature leggendarie. Queste erano le basi, ma non fu solo questo a distinguere i Digimon.<br />
Poiché Watanabe era appassionato dei fumetti americani dell'epoca, che in quel periodo avevano iniziato a girare anche in Giappone. i fumetti cioè degli anni 90 con i loro personaggi muscolosi e oscuri, ricoperti di gadget metallici con cui evidenziare la propria forza e cattiveria, decise di inserire proprio quegli elementi nei suoi mostri digitali. Fateci caso: Leomon e Ogremon portano cinture intorno ai muscoli, Devimon e Ladydevimon hanno costumi da goth, SkullMeramon è praticamente Ghost Rider.<br />
Tra le sue ispirazioni principali, Watanabe cita tre nomi: Spawn, Simon Bisley e Mike Mignola.<br />
Spawn è tipicamente ricoperto di borchie, catene e cinture, ma ancora più influente sembra essere stato il suo arcinemico, Violator.<br />
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<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-DvtEoeaqVbg/Xph_DXgwinI/AAAAAAAAEEk/s30uLO3ZjggI-_edot03qkACeZPraofCgCLcBGAsYHQ/s1600/Violator.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1041" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-DvtEoeaqVbg/Xph_DXgwinI/AAAAAAAAEEk/s30uLO3ZjggI-_edot03qkACeZPraofCgCLcBGAsYHQ/s400/Violator.jpg" width="260" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">La prima apparizione di Violator in Spawn #2, 1992.</td></tr>
</tbody></table>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
Io stesso, da lettore di Spawn, per qualche tempo ho letto le storie domandandomi perché quel volto mostruoso, caratterizzato da una mandibola spropositatamente lunga, mi ricordasse qualcosa, ma più di un Digimon, i più indicativi sono Ogremon e Vilemon, sono stati disegnati secondo questo modello.</div>
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/--oJZTflDcfM/Xph_NLrn4HI/AAAAAAAAEEo/jRcdeJA6pR8yUBJnoSxrIHqpP0FaTmS4ACLcBGAsYHQ/s1600/Ogremon1.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="320" data-original-width="320" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/--oJZTflDcfM/Xph_NLrn4HI/AAAAAAAAEEo/jRcdeJA6pR8yUBJnoSxrIHqpP0FaTmS4ACLcBGAsYHQ/s320/Ogremon1.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Ogremon</td></tr>
</tbody></table>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-eMNcz_Og_K8/Xph_OLVohgI/AAAAAAAAEEs/O8Vn_83AnkEmcvngstWikcdqmjDcWqBCQCLcBGAsYHQ/s1600/Vilemon1.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="320" data-original-width="320" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-eMNcz_Og_K8/Xph_OLVohgI/AAAAAAAAEEs/O8Vn_83AnkEmcvngstWikcdqmjDcWqBCQCLcBGAsYHQ/s320/Vilemon1.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Vilemon</td></tr>
</tbody></table>
Simon Bisley, uno degli artisti che hanno incarnato la quintessenza del fumetto americano degli anni 90, può aver fornito una quantità smisurata di input. Artista della serie dell'antieroe Lobo, attraverso quest'ultimo può avere influito nella ricchezza di accessori portati da molti Digimon.<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-Ty1MS4Bjirk/XpiEA4tttNI/AAAAAAAAEFE/84CDIhfgLbMc7yVPNvMfo4WHyeLgNJCRwCLcBGAsYHQ/s1600/Lobo.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="729" data-original-width="500" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-Ty1MS4Bjirk/XpiEA4tttNI/AAAAAAAAEFE/84CDIhfgLbMc7yVPNvMfo4WHyeLgNJCRwCLcBGAsYHQ/s320/Lobo.jpg" width="219" /></a></div>
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-veW9vX9Lo9U/XpiEAWHCRYI/AAAAAAAAEFA/9_rGfPqNUWQlT0NXDUe6OoC0ffK2UuuGwCLcBGAsYHQ/s1600/8NYpQbre_1803190227181sbpi.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="940" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-veW9vX9Lo9U/XpiEAWHCRYI/AAAAAAAAEFA/9_rGfPqNUWQlT0NXDUe6OoC0ffK2UuuGwCLcBGAsYHQ/s320/8NYpQbre_1803190227181sbpi.jpg" width="187" /></a><br />
Quanto a Mike Mignola, autore di Hellboy, serie di cui i mostri sono forse l'ingrediente principale, potrebbe non essere altrettanto evidente l'influenza nei Digimon in generale, ma esiste almeno una creatura, non delle origini, che omaggia chiaramente il suo Hellboy: si tratta di Flamemon, Digimon di livello Intermedio concepito come "starter" naturale della famiglia del Digispirit del Fuoco, appartenente dunque al "periodo" di Digimon Frontier.<br />
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Un altro importante tassello per comprendere i Digimon sta nel fatto che, secondo gli intenti, queste caratteristiche servivano a rendere alcuni dei Digimon meno "carini", visto che nel frattempo si era fatta largo nella mente dei creatori del gioco virtuale l'idea che le creature potessero combattere tra loro, e sarebbe potuto essere triste vedere soffrire quelle creaturine morbide e rotonde (stiamo tenendo fuori le considerazioni etiche, perché non aiuterebbero il nostro percorso). Secondo Watanabe, l'associazione dovette nascere spontaneamente immaginando che i bambini avrebbero subito iniziato a fantasticare su quale dei mostri fosse il più forte e come si sarebbero potuti svolgere degli scontri tra di loro.<br />
Kenji Watanabe, in seguito, avrebbe sottolineato la coincidenza dell'aspetto carino e di quello feroce dei Digimon elaborando un design particolare e molto amato dai fan, quello di Tokomon.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-u-FC7KP1Fs4/XpiIvouPbnI/AAAAAAAAEFs/iXji5WRZU4wvNBguy3xDPt_aYOsd7ZFcgCLcBGAsYHQ/s1600/Tokomon_b.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="320" data-original-width="320" height="200" src="https://1.bp.blogspot.com/-u-FC7KP1Fs4/XpiIvouPbnI/AAAAAAAAEFs/iXji5WRZU4wvNBguy3xDPt_aYOsd7ZFcgCLcBGAsYHQ/s200/Tokomon_b.jpg" width="200" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Tokomon, Digimon di livello Primo<br />
Stadio, a bocca chiusa e a bocca aperta.</td></tr>
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<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-rxO5ZMMQrkw/XpiJrH-xBJI/AAAAAAAAEF0/omLK57b1n2A4bPMJQWWdSYSPoQIMJqh6QCLcBGAsYHQ/s1600/Fizzgig.gif" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="212" data-original-width="244" src="https://1.bp.blogspot.com/-rxO5ZMMQrkw/XpiJrH-xBJI/AAAAAAAAEF0/omLK57b1n2A4bPMJQWWdSYSPoQIMJqh6QCLcBGAsYHQ/s1600/Fizzgig.gif" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Fizzgig da "Dark Crystal" (1982).</td></tr>
</tbody></table>
Come rivelato dallo stesso Watanabe, Tokomon deriva da un altro mostro occidentale, questa volta cinematografico, il cucciolo Fizzwig da "Dark Crystal", l'epocale pellicola del 1982 piena di creature realizzate manualmente. Fizzwig, animaletto domestico della co-protagonista Kira, è caratterizzato dalla sua natura nascosta: normalmente sembra solo una morbida palla di pelo, ma quando è contrariato esprime la sua insofferenza spalancado la bocca e rivelando un'impressionante fila di denti lungo le arcate e un'altra in prossimità della gola.<br />
Tokomon possiede la stessa caratteristica, un design che, oltre a caratterizzare lui, è significativo nel rivelarci altri segreti della concezione dei mostri digitali.<br />
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Tirando le somme di quanto detto finora, i primi Digimon furono caratterizzati dall'incontro di un'originale combinazione di elementi, il ricorso a modelli di dinosauri e mostri, colorati in modo da evidenziarne gli elementi, incattiviti per essere più adatti a combattere e personalizzati, in modo da spiccare rispetto ad altri universi simili, con dettagli recuperati dai fumetti supereroici americani. Questo segna i Digimon. Questo distingue Tyrannomon da un vero tirannosauro (o meglio, dalla generica e anti-scientifica rappresentazione convenzionale di un tirannosauro), oppure Devimon da un diavolo generico. Non sono solo rielaborazioni di concetti della nostra esperienza, combinate con sistemi basati su elementi e schemi di classificazione, perché hanno anche una loro peculiarità irriducibile, un loro <i>stile</i>. Chiunque, fan dei Digimon, si cimenti con carta e matita per disegnarne uno nuovo, una volta scelto un riferimento a un animale, un essere leggendario o un qualche oggetto della sua esperienza, gli aggiungerà pur sempre un accessorio, una corazza metallica, dei vestiti strani, perché è proprio in questo che risiede il loro carattere. Dinosauri e yōkai metallari.<br />
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Nel caso della prima generazione, del primo V-Pet, dai disegni si passò alle pixel art, mentre dal secondo in poi, nella maggior parte dei casi, si è cominciato dalle pixel art per poi approdare al disegno dettagliato. Ultimamente è chiaro che l'ordine si sia capovolto di nuovo.<br />
Il primo V-Pet conteneva un'unica "famiglia evolutiva", costituita cioè da un unico Digimon di livello Primario, Botamon, dotato di un'unica evoluzione al livello Primo Stadio, Koromon. Questi poteva evolversi in due forme di livello Intermedio, Agumon e Betamon, ognuno dei quali aveva accesso a delle forme di livello Campione, alcune comuni e altre specifiche di quell'Intermedio: Agumon poteva digievolvere in Greymon o in Tyrannomon, simili a lui in quanto Digisauri del fuoco, mentre Betamon in Seadramon (sua evoluzione più canonica) ed Airdramon, simili tra loro in quanto entrambi Digidraghi. Sia Agumon che Betamon potevano digievolvere in Devimon e in Meramon, due creature spirituali e per certi versi oscure, il primo un diavolo, demone con ali e corna, il secondo uno spirito di fuoco (quest'ultimo resterà compreso tra le evoluzioni possibili di Agumon anche in altri media); inoltre, il V-Pet conteneva una meccanica "punitiva" rimasta anche in giochi recenti, perché, se trattati in modo non ottimale, i due Digimon di livello Intermedio potevano digievolvere Numemon, il celebre Digimon mollusco che si caratterizza per l'aspetto viscido e il suo sgradevole legame con la cacca, che costituisce sia il suo attacco primario che...il suo nutrimento preferito.<a href="https://vignette.wikia.nocookie.net/digimon/images/4/4d/Digital_Monster_I%27ll_Become_the_Digimon_King%21.jpg/revision/latest?cb=20130914195509" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><br /><img border="0" height="400" src="https://vignette.wikia.nocookie.net/digimon/images/4/4d/Digital_Monster_I%27ll_Become_the_Digimon_King%21.jpg/revision/latest?cb=20130914195509" width="255" /></a>Al contempo, proprio questa mancanza poteva rivelarsi premiante, una volta giunti al momento della digievoluzione del livello Campione al livello Evoluto: tre delle forme già viste, Greymon, Airdramon e Devimon, digievolvevano in MetalGreymon, mentre altre tre, Tyrannomon, Seadramon e Meramon, in Mamemon. Numemon, per quanto più debole, aveva accesso a una digievoluzione unica, quella in Monzaemon, Digimon dalle fattezze di orsacchiotto peluche, bizzarro nell'aspetto ma, strano a dirsi, più potente degli altri due.<br />
In altri termini, ognuno dei livelli Intermedi aveva accesso a cinque Campioni, mediante i quali poteva raggiungere tutti e tre gli Evoluti.<br />
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Nel Virtual Pet, l'aspetto dei Digimon era costituito unicamente dagli sprite. Trattandosi di una manciata di pixel, occorrevano design semplici, forme che fossero immediatamente riconoscibili e che colpissero il gusto dei bambini cui il gioco era dedicato. Fu per questo, come ha spiegato in un'illuminante intervista Koji Watanabe, il principale designer della serie, che iniziarono con i dinosauri. E accanto a loro, come abbiamo visto, i draghi.<br />
In effetti, nella personale esperienza della mia infanzia, proprio ai Digimon si legò l'individuazione e la distinzione di queste due categorie, che non di rado troviamo confuse o accomunate. A fondamento della maggior parte dei miei attuali interessi, furono per i primi i dinosauri a suscitare il mio interesse, e quando, in un secondo momento, vennero in gioco i draghi, nei Digimon notai in che modo erano rappresentati gli uni e gli altri, divergenti non certo per il fuoco o le tecniche, comuni a entrambi, e non solo per le ali, che neppure tutti i Digidraghi possedevano, ma per il modo in cui i Digisauri, che non sempre si rifanno a specie di dinosauro precise, quanto più ad immagini archetipiche -come nel caso emblematico di Greymon-, avevano una corporatura più solida, massiccia e pesante, mentre i Digimon draghi erano più leggeri, a volte simili a serpenti o a draghi orientali, altre volte più a draghi alati occidentali, ma sempre di aspetto più agile.<br />
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<a href="https://1.bp.blogspot.com/-hHSjS4Hd-Uk/XpSXZYOJyjI/AAAAAAAAEDk/Qe5sKKSUIBYP3uHUcCOij49_drIzE0g3gCLcBGAsYHQ/s1600/Digital_Monster_I%2527ll_Become_the_Digimon_King%2521_b.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1000" data-original-width="643" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-hHSjS4Hd-Uk/XpSXZYOJyjI/AAAAAAAAEDk/Qe5sKKSUIBYP3uHUcCOij49_drIzE0g3gCLcBGAsYHQ/s400/Digital_Monster_I%2527ll_Become_the_Digimon_King%2521_b.jpg" width="256" /></a>Tornando a noi, quando era uscito solo il V-Pet, non esistevano ancora immagini ufficiali dei Digimon che dessero idea dell'aspetto che potessero avere le creature se raffigurate in modo più dettagliato. È interessantissimo in tal senso osservare quello che è forse l'unico estratto vivente di una sorta di "aspetto 0" dei Digimon prima che venissero pubblicati e resi noti i loro artwork ufficiali, che sarebbero nati con il gioco di carte collezionabili, il libretto del 1997 intitolato "Digital Monster: I'll Become the Digimon King!" ("Diventerò il Re dei Digimon!"), una guida con consigli per giocare al V-Pet, accompagnato anche da un breve manga. Osservando le scan del manga, ma anche il retro della copertina, notiamo artwork dei Digimon molto diversi da quelli che conosciamo. I sei livello Campione del primo V-Pet (cioè tutti tranne Numemon) sono disegnati in modo più tondeggiante e geometrico, e mentre alcuni, come Seadramon e Tyrannomon, sono facilmente riconoscibili, Meramon ha una forma curiosa -e che sarebbe stato interessante vedere conservata-, Devimon ha un colori e "costume" diversi, Greymon è addirittura blu con una corazza estesa ben oltre il cranio, fino a tutto il dorso coda compresa, ed Airdramon, classicamente un drago alato senza zampe con una caratteristica maschera di osso, è qui un drago blu con due zampe e un aspetto più classico, perfetto per coprire una mancanza che da piccolo ho sempre notato, l'assenza di un Digimon drago di livello Campione archetipico per la famiglia quanto lo erano Greymon e Tyrannomon per i Digisauri.<br />
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<div style="text-align: center;">
<span style="font-size: large;">Le tre corna di Greymon</span></div>
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-nLOLRq67qP4/XpnF4pjl20I/AAAAAAAAEG8/80LBq4W5mqQTVZKJ4fam_0Tcjxb7sM59ACLcBGAsYHQ/s1600/Greymon_b.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="320" data-original-width="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-nLOLRq67qP4/XpnF4pjl20I/AAAAAAAAEG8/80LBq4W5mqQTVZKJ4fam_0Tcjxb7sM59ACLcBGAsYHQ/s1600/Greymon_b.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Greymon, Digmon di livello Campione.</td></tr>
</tbody></table>
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Desidero ora dedicare uno spazio al design di un unico Digimon, visto il suo valore rappresentativo per l'intero universo digitale, ovvero Greymon, la digievoluzione principale di Agumon.<br />
Greymon spicca sotto diversi punti di vista. Il suo nome, per esempio, che secondo la Digimon Wiki contiene un aggettivo inglese che significherebbe "antico" e "grande", ma che molto più probabilmente è una forma errata di "great", "grande" nel senso qualitativo prima che quantitativo; e pensare che da piccolo pensavo c'entrasse qualcosa con "gray", grigio.<br />
Se osservate l'immagine da "Digital Monsters - I'll Become the Digimon King", il suo design è molto diverso da quello cui siamo abituati, e il suo colore blu sembra quasi contrapporlo al rosso Tyrannomon. Il primo disegno di Watanabe, che trovate in alto, contribuisce a mostrare che non sempre il nostro è stato pensato con le strisce.<br />
Basilarmente, Greymon è definibile come un archetipico dinosauro carnivoro, caricato negli attributi che rimandano all'idea della ferocia, artigli, muscoli e soprattutto denti, con la particolarità di avere il cranio coperto da una calotta marrone, di materiale diverso e più resistente rispetto al resto del corpo, da cui si protrudono le inconfondibili tre corna, uno, più grande, sulla punta del muso, e le altre due ai lati della parte posteriore, dietro gli occhi. Questo motivo, peraltro, sarà frequentemente citato e reintepretato in molte sue evoluzioni. Vista la somiglianza del cranio di Greymon con quello di Kabuterimon, Digimon insetto basato sullo scarabeo rinoceronte (<i>Oryctes rhinoceros</i>), che diventa ancora più palese quando osserviamo Kimeramon, Digimon assemblato in cui il torace e la mandibola di Greymon sono sovrastati dalla testa di Kabuterimon -dotata però di due occhi, sicché l'aspetto di Greymon non può non tornarci in mente- spesso siamo portati a definire Greymon come un dinosauro con la calotta dello scarabeo rinoceronte e la pelle arancione a strisce blu, un po' come quella di una tigre.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-0RMHgZRkb2c/XpnGAh_tPoI/AAAAAAAAEHA/NxWRVavn60Een7GSJblgzg2La9cciczFgCLcBGAsYHQ/s1600/Kabuterimon_b.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="320" data-original-width="320" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-0RMHgZRkb2c/XpnGAh_tPoI/AAAAAAAAEHA/NxWRVavn60Een7GSJblgzg2La9cciczFgCLcBGAsYHQ/s320/Kabuterimon_b.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Kabuterimon, Digimon di livello Campione.</td></tr>
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-t6KEjQb9u_c/XpnGFI7AmrI/AAAAAAAAEHE/sx7DMHEbdesX9HjRgxbX1G9Riju71-pngCLcBGAsYHQ/s1600/Kimeramon_b.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="320" data-original-width="320" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-t6KEjQb9u_c/XpnGFI7AmrI/AAAAAAAAEHE/sx7DMHEbdesX9HjRgxbX1G9Riju71-pngCLcBGAsYHQ/s320/Kimeramon_b.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Kimeramon, Digimon di livello Evoluto.</td></tr>
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<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-5ELieihAftw/XpnGzRM43hI/AAAAAAAAEHU/8NF-JuAGK3EtrbzYewsH-NpqSVxz962cgCLcBGAsYHQ/s1600/Gomora.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="459" data-original-width="400" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-5ELieihAftw/XpnGzRM43hI/AAAAAAAAEHU/8NF-JuAGK3EtrbzYewsH-NpqSVxz962cgCLcBGAsYHQ/s320/Gomora.jpg" width="278" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Gomora, da Ultraman (1966).</td></tr>
</tbody></table>
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In realtà, come ho scoperto con grande commozione, esiste, nel cinema <i>tokusatsu</i> che tanto ha fornito ai Digimon, un <i>kaiju</i> così simile da rendere improbabile che non ci sia stata nessuna influenza.<br />
Si tratta di Gomora, un (bellissimo) mostro proveniente dall'universo di Ultraman, introdotto nell'episodio 26 della prima serie, "Ultraman" del 1966. Gomora è risultato essere uno dei mostri più forti affrontati dal gigantesco eroe Ultraman, al punto di tenergli testa in diverse occasioni, e nel corso delle sue numerose apparizioni negli innumerevoli seguiti e rifacimenti che costituiscono la serie di Ultraman, ha anche svolto ruoli eroici, proprio come Godzilla e altri suoi comprimari. Il suo aspetto è quello di un dinosauro teropode, con il tipico assetto anatomico dei kaiju, caratterizzato dalle tre corna sulla testa, uno davanti e due dietro.<br />
Un fan-favorite, potremmo dire, riuscito a lasciare traccia di sé al punto di divenire non solo il Digimon più rappresentativo del franchise dopo lo stesso Agumon, ma anche il più citato nell'onomastica dei Digimon, in cui la "specie Greymon" sembra essere la più numerosa di tutte.<br />
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<div style="text-align: center;">
<span style="font-size: large;">Draghi, dinodraghi e dualismi: speculazioni personali</span></div>
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
Tornando adesso alla questione dei Digimon draghi e dinosauri, intendo adesso approfondire alcune questioni che, secondo me, potrebbero gettare nuova luce su alcuni dettagli della definizione di questo universo.<br />
Come abbiamo visto, nel primo V-pet, le digievoluzioni esclusive di Agumon rispetto a Betamon sono i due Digisauri, mentre quelle di Betamon i due Digidraghi. Dei tre livelli Evoluto, mentre Monzaemon è evoluzione esclusiva di Numemon, gli altri sei livello Campione possono esitare tre in MetalGreymon e tre in Mamemon. Mamemon, palesemente, non ha particolari affinità con le forme precedenti, mentre MetalGreymon presenta il nome di uno dei livello Campione e un aspetto molto simile. Se osserviamo bene il disegno originale di MetalGreymon, le differenze tra lui e Greymon sono la stazza, la struttura corporea più massiccia, la presenza di dettagli sulla spalla e la testa che fanno presumere la corazza metallica da cui è distinto il design definitivo di MetalGreymon, le spine sulla coda, le ali e la criniera. MetalGreymon spicca anche per il possesso del braccio sinistro robotico molto più grande del destro, che però qui non sembra figurare, o perlomeno i due arti superiori sembrano delle stesse dimensioni.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-Dc4vi5GY1RU/Xpr_ZfBxwlI/AAAAAAAAEHk/3g3HflbRIkM6JzUun4cm9FHtJWQpSOyygCLcBGAsYHQ/s1600/MetalGreymon%252528Virus%252529.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="320" data-original-width="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-Dc4vi5GY1RU/Xpr_ZfBxwlI/AAAAAAAAEHk/3g3HflbRIkM6JzUun4cm9FHtJWQpSOyygCLcBGAsYHQ/s1600/MetalGreymon%252528Virus%252529.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="font-size: 12.8px; text-align: center;">MetalGreymon, Digimon di livello Evoluto.</td></tr>
</tbody></table>
Quello su cui mi interessa porre l'attenzione, oltre alle evidenti tracce di una pluralità di fasi nel design di questi primi Digimon, è la supposizione, ora come ora nulla di più di questo, che MetalGreymon sia stato concepito, in quanto Digimon che portasse al massimo grado l'aspetto feroce delle creature -visto che Mamemon e Monzaemon vertono in altre direzioni- come mostro che coniugasse i dinosauri e i draghi: per definire MetalGreymon, oltre alla corazza metallica, gli sono state aggiunte le ali e la criniera, aspetti tipici dei draghi e non certo comuni ai dinosauri, che, del resto, sono caratteristiche di Airdramon, uno dei livello Campione in grado di digievolvere in MetalGreymon insieme a Greymon e a Devimon. In effetti, le ali di quest'ultimo sembrano più simili a quelle di MetalGreymon, cui è accomunato anche dalla corna, ma mi sembra più verosimile immaginare che Watanabe, interrogandosi su quale potesse essere un design ancora più emozionante di quello dei dinosauri, abbia avuto la pensata di fonderli con i draghi.<br />
Dal mio punto di vista, questo sviluppo è notevole: solitamente attaccare delle ali a un dinosauro, ali dorsali, un paio di arti in più, non funziona, perché la forma del suo corpo è tale da evidenziare sempre e comunque l'alienità di quelle ali, inadatte a quella struttura e quel peso. Grazie allo stile dei Digimon, in cui il dinosauro Greymon assume una postura diversa da quella autentica dei dinosauri, più ispirata a quella dei <i>kaiju</i> come Godzilla (che a sua volta derivava dalle incorrette ricostruzioni dei dinosauri degli anni '50), e in cui MetalGreymon modifica quella struttura ulteriormente, assumendo un assetto più orizzontale e aerodinamico sempre rimanendo "altro" rispetto a un vero dinosauro, l'aggiunta delle ali sul suo dorso riesce a funzionare e a essere percepita come in equilibrio rispetto al resto del (sia pure) composito, ibrido assetto del mostro, forse anche perché bilanciate dall'enorme braccio metallico. Mi sono sempre chiesto quale potesse essere il motivo per cui a MetalGreymon, nel corso di una digievoluzione tesa a renderlo un cyborg, spuntasse la criniera, ma credo di aver trovato la risposta.<br />
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<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-dW9rI0I5VQI/Xp3R2X4hSzI/AAAAAAAAEHw/jvaAQUuG60Ex0qopEmU8oRL1kIaF6UAKwCLcBGAsYHQ/s1600/Megadramon1.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="320" data-original-width="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-dW9rI0I5VQI/Xp3R2X4hSzI/AAAAAAAAEHw/jvaAQUuG60Ex0qopEmU8oRL1kIaF6UAKwCLcBGAsYHQ/s1600/Megadramon1.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Megadramon, Digimon di livello Evoluto.</td></tr>
</tbody></table>
C'è un'ultima estensione di questo discorso, che si allaccia a ulteriori espansioni dei Digimon confluite in Digimon World del 1999. In questo gioco, sono presenti i Digimon introdotti nei cinque Virtual-Pet successivi al primo. Tra i Digimon giocabili, i livello Evoluto principali del tipo dinosauro sono MetalGreymon, SkullGreymon e MetalTyrannomon, mentre del tipo drago troviamo Megadramon, seguito idealmente da Gigadramon, sbloccabile con dei trucchi, e Mugendramon/Machinedramon, il boss finale, che può essere giocato in alcune modalità (si tratta di un mostro di livello Mega, ma considerato di livello Evoluto dato che nel gioco quel livello non esiste ancora). Osservando la copertina originale del gioco, che trovate qui sotto, notate come MetalGreymon e Megadramon, i Digimon più grossi rappresentati nell'artwork, abbiano alcuni richiami, e per certi versi possano considerarsi quasi complementari. Entrambi Digimon cyborg con parti organiche e parti inorganiche, MetalGreymon è un dinosauro blu, mentre Megadramon un drago arancione. Noterete come, mentre nel primo disegno di Watanabe MetalGreymon aveva ali da pipistrello, la sua versione definitiva presenti ali viola e piene di lacerazioni, molto simili a quelle di Megadramon, anche se non esattamente identiche in quanto quelle di Megadramon hanno un aspetto più draconico, e quelle di MetalGreymon ricordano piuttosto quelle di un insetto.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-5UtCax-RHnk/Xp3R31qg5II/AAAAAAAAEH0/E_cnO94n0q0SK_g1a2E9nGmXUyMn86wxACLcBGAsYHQ/s1600/MetalGreymon.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="320" data-original-width="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-5UtCax-RHnk/Xp3R31qg5II/AAAAAAAAEH0/E_cnO94n0q0SK_g1a2E9nGmXUyMn86wxACLcBGAsYHQ/s1600/MetalGreymon.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">MetalGreymon nella sua versione Antivirus.</td></tr>
</tbody></table>
Ma torniamo al colore, che il punto che ci interessa: MetalGreymon è blu e Megadramon è arancione. Di Megadramon nasce ben presto una versione simile ma diversa nei colori, come accade per molte altre specie, e quella versione è, appunto, Gigadramon; MetalGreymon, dal canto suo, avrà presto una versione alternativa arancione introdotta dall'anime, per mantenere costanza cromatica all'interno delle evoluzioni di Greymon, rispetto al quale la versione blu ha un aspetto più malvagio.<br />
Ora, io ho una mia impressione che il rapporto tra questi due colori abbia un significato all'interno di questo universo, se non altro per la sua ricorrenza.<br />
Greymon, il Digimon simbolo, dopo essere stato inizialmente blu e marrone come abbiamo visto assume una livrea arancione con le strisce blu, ed è di questi colori che si illumina il Digivice di Tai, il suo partner in Digimon Adventure, durante le digievoluzioni. L'arancione, colore caldo, si alterna all'oro nella megadigievoluzione in WarGreymon, ma il vero Digimon definitivo della generazione Adventure è Omegamon, in occidente Omnimon, costituito dalla fusione di WarGreymon e MetalGarurumon e rappresentato dalla convergenza dei loro colori simbolo, l'arancione e il blu, che ricorrono più volte nella serie a significare anche la differenza e l'equilibrio tra i loro partner, Tai/Taichi e Matt/Yamato, il primo caloroso e impulsivo, il secondo freddo e riflessivo.<br />
E a darmi l'impressione che questi due colori siano importanti è il fatto che caratterizzino anche un altro, particolare personaggio, uno dei Digimon malvagi più importanti dell'universo digitale, Millenniummon.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-ci8Ttdfsy2k/Xp3TGK4g8rI/AAAAAAAAEIM/Qg7tJlnqzWsuc5Q_gle1Vl4RIgBETr6pgCLcBGAsYHQ/s1600/ZeedMillenniummon_b.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="320" data-original-width="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-ci8Ttdfsy2k/Xp3TGK4g8rI/AAAAAAAAEIM/Qg7tJlnqzWsuc5Q_gle1Vl4RIgBETr6pgCLcBGAsYHQ/s1600/ZeedMillenniummon_b.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">ZeedMillenniummon, Digimon di livello Mega,<br />
ma considerato anche tra i cosiddetti livello Ultra,<br />
un livello ancora superiore che esiste solo in alcuni media.</td></tr>
</tbody></table>
Il mostro del millennio nasce in un videogioco, Digimon Adventure: Anode/Cathode Tamer, pubblicato in Giappone alla fine del 1999, dopo la fine della trasmissione dell'anime, e ambientato nello stesso universo; Millenniummon è frutto di una fusione tra due mostri che abbiamo già osservato, Kimeramon e Machinedramon, scelti in quanto creature sintetiche formate una da parti di Digimon organici, l'altro da parti di Digimon artificiali. Nel corso di giochi successivi, questa creatura proietterà la sua esistenza anche oltre la sua forma fisica assumendo altri stati, fino a raggiungere quello di ZeedMillenniummon, da molti considerato <i>il Digimon più potente che esista </i>in quanto capace di controllare il tempo e lo spazio. Ebbene, il suo aspetto è costituito da due dragoni spettrali, uno arancione e con un grande corno sul muso, che eredita l'essenza di Kimeramon, l'altro blu con due orecchie appuntite, più simile a Machinedramon.<br />
Creatura ricchissima di valenze simboliche, credo che, senza voler significare più di questo, dia prova dell'importanza, per i Digimon, di questo dualismo cromatico che riflette parti contrapposte che devono unirsi per completarsi, poiché, facendolo, danno accesso ai vertici dell'evoluzione, prima nel caso di Omegamon, il Digimon più potente nel periodo in cui ha debuttato nei film, e poi di ZeedMillenniummon.<br />
<br />
<div style="text-align: center;">
<span style="font-size: large;">Digimon World: il mondo dei mostri</span></div>
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-ZYpnTYDZWes/Xpi2eh39WyI/AAAAAAAAEGA/rtB29q3QnygkLuOGk0Gnt5MqRY-7UdxuACLcBGAsYHQ/s1600/Digimon%2BWorld%2Bart.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1173" data-original-width="1200" height="312" src="https://1.bp.blogspot.com/-ZYpnTYDZWes/Xpi2eh39WyI/AAAAAAAAEGA/rtB29q3QnygkLuOGk0Gnt5MqRY-7UdxuACLcBGAsYHQ/s320/Digimon%2BWorld%2Bart.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Digimon World, copertina giapponese.</td></tr>
</tbody></table>
Nel 1999 esce per la PlayStation X "Digimon World", il primo videogioco dell'universo dei Digimon, prima ancora del debutto dell'anime e del primo cortometraggio. A questo punto, l'universo digitale si è espanso grazie ad altre serie di Virtual-pet, che hanno delineato molte più tipologie, tra i Digimon pianta, quelli acquatici e anche nuovi esemplari delle prime categorie.<br />
In Digimon World si mette in scena il motivo del viaggio in un altro mondo: dopo aver assistito a una lotta virtuale tra Digimon del V-Pet nel cinematic iniziale del gioco -in cui i Digimon, un MetalGreymon e un MetalMamemon, vengono rappresentati in 3D nell'ipotetico scenario del loro scontro-, il protagonista, il ragazzino con l'impermeabile giallo e il berretto nero, cui il giocatore può dare il nome che preferisce ma che sarà ribattezzato Mameo una volta riapparso in "Digimon World: Next Order" (2016), torna a casa e viene richiamato dagli strani fenomeni provocati dal suo Virtual Pet, che lo digitalizza e lo risucchia al suo interno, trasportandolo nel mondo digitale e, più precisamente, nell'isola di File. La stessa che sarà l'ambientazione principale di Digimon Adventure, nucleo fondamentale, in tal senso, di quello che sarà poi Digiworld, il mondo dei mostri digitali, che nelle loro prime manifestazioni, in quanto creature allevate in "piccoli ambienti controllati", non avevano un mondo loro né ne avevano bisogno.<br />
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-MZbhYhIMTWc/Xpi3fDcGknI/AAAAAAAAEGI/Uxzc97zpjycUZq4U86KH2tr1zUDeV_t9gCLcBGAsYHQ/s1600/unnamed.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="450" data-original-width="600" height="240" src="https://1.bp.blogspot.com/-MZbhYhIMTWc/Xpi3fDcGknI/AAAAAAAAEGI/Uxzc97zpjycUZq4U86KH2tr1zUDeV_t9gCLcBGAsYHQ/s320/unnamed.jpg" width="320" /></a>Qui Mameo apprende da Gigimon, il capo dei Digimon di File City, che un tempo tutti i mostri digitali dell'isola abitavano nella sua città, ma che ormai da molto questa è ridotta a un'ombra di quello che era, mentre la maggior parte dei Digimon si è sparpagliata per l'isola, molti di loro hanno dimenticato la vita precedente insieme alla facoltà di parlare, e sono passati allo stato di animali selvatici. Il compito del nostro eroe, scelto in virtù della sua esperienza con il gioco elettronico, ma soprattutto per l'amore che ha manifestato, attraverso il gioco, verso queste creature, sarà di viaggiare per l'isola e riaccompagnare tutti i Digimon nella città, accompagnato dal suo fido Digimon partner, che nel corso del gioco attraverserà le digievoluzioni fino al livello Evoluto per poi, al termine della sua vita, regredire a Digiuovo e tornare come Digimon diverso. Da segnalare il fatto che il gioco presenta anche alcuni mostri di livello Mega, come Machinedramon, Phoenixmon ed HerculesKabuterimon, trattati però come livelli Evoluti, dato che l'invenzione del nuovo livello era sorta solo da poco nei virtual pet, e il gioco era stato programmato secondo un sistema evolutivo a cinque livelli.<br />
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-YSdwq_2u0H0/Xpi4MF33KzI/AAAAAAAAEGU/RNpbajIm2i4e7OxIIUgn8AUmu7aQq_hLgCLcBGAsYHQ/s1600/digimon%2Bworld%2B11-capture_15052011_134440.png" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="480" data-original-width="640" height="240" src="https://1.bp.blogspot.com/-YSdwq_2u0H0/Xpi4MF33KzI/AAAAAAAAEGU/RNpbajIm2i4e7OxIIUgn8AUmu7aQq_hLgCLcBGAsYHQ/s320/digimon%2Bworld%2B11-capture_15052011_134440.png" width="320" /></a>C'è un aspetto, in Digimon World, che completa l'osservazione su cui desideravo costruire questo post. Analogamente a Digimon Adventure, il gioco mostra -ma è il primo a farlo- come vivono numerosi Digimon nel loro ambiente, senza l'interazione umana. Molti di loro vivono allo stato brado come animali selvaggi, mentre altri posseggono gradi di civiltà che possono essere anche molto elevati, e al contempo, virtualmente tutti, anche quelli più brutali, sono in grado di parlare. Il piano in cui vivono è peculiare, diverso da qualunque cosa si possa osservare nel nostro "mondo primario", dove la civiltà e la favella appartengono agli esseri umani e lo stato di natura è (virtualmente) esclusivo degli animali, nonché diverso da quello dei Pokémon, la cui esistenza è molto più animalesca; può trovare degli analoghi in altri brand a tema mostri, come "Monster Rancher", ma personalmente, nel corso del tempo, assistere alle scene di Digimon World che mostrano aree dove diversi Digimon, realizzati con animazioni che forse oggi sembrano preistoriche, ma possiedono ancora un fascino retrò e corrispondono fedelmente ai vecchi artwork ufficiali, vivono la loro vita immersi negli ambienti naturali, mi ha ispirato paragoni con le leggende degli yōkai giapponesi, le entità che a volte sono spiriti e a volte mostri in carne e ossa e dimorano lontani dagli uomini, ma non troppo. La differenza tra il fantasy occidentale e quello giapponese, lessi una volta, passa soprattutto per il fatto che, mentre nel primo tutto ciò che è magico e fuori dall'ordinario del mondo abituale costituisce una realtà separata, un altro mondo, spesso privo di contatti con il nostro, la cultura giapponese ha sempre concepito il sovrannaturale come parte della quotidianità, nascosto ma sempre prossimo, e se nei Digimon, la cui ispirazione occidentale è forte, sembra che abbia prevalso la tendenza isolante del fantastico, proprio la loro natura digitale ci rivela che sono sempre qui, a un passo da noi, raggiungibili in qualsiasi momento grazie a una connessione, un computer, magari un Digivice, ma soprattutto con la fiducia nei propri sogni e con la determinazione a realizzarli, per non sentirsi dire mai che il mondo che desideriamo non esiste.<br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-9ZXHy3TooUk/Xpi70uH9icI/AAAAAAAAEGg/zumOlSy37OEsikFWrxxK72iclUvpj9biQCLcBGAsYHQ/s1600/Digimon%2BKenji%2BWatanabe%2BArt.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="853" data-original-width="1200" height="454" src="https://1.bp.blogspot.com/-9ZXHy3TooUk/Xpi70uH9icI/AAAAAAAAEGg/zumOlSy37OEsikFWrxxK72iclUvpj9biQCLcBGAsYHQ/s640/Digimon%2BKenji%2BWatanabe%2BArt.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Artwork celebrativo di Kenji Watanabe per il 20esimo anniversario dei Digimon.</td></tr>
</tbody></table>
<br />
<br />
Bibliografia<br />
<br />
Digital Monster Art Book Ver.1~5 & 20th<br />
<br />
Digimon Wiki, riporto il link alla più ricca versione inglese, ma ne esiste anche una in italiano.<br />
<a href="https://digimon.fandom.com/wiki/Digimon_Wiki">https://digimon.fandom.com/wiki/Digimon_Wiki</a><br />
<br />
With the Will, il più grande forum sui Digimon, attivo su diversi social e impegnato nel divulgare sempre nuovi contenuti per gli appassionati di tutto il mondo.<br />
<a href="https://withthewill.net/">https://withthewill.net/</a><br />
<br />
<br />Francis Starkhttp://www.blogger.com/profile/10559448728477569844noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3648770856103118233.post-48806789130389517922020-03-26T21:56:00.002+01:002020-03-26T21:56:50.189+01:00Bloodborne - L'epica dell'orrore<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-9cZAOmQOpnM/XnpGWh15WOI/AAAAAAAAECI/IXfmjsnqjsA1Qiuzt8JF9v20psg4LZpNwCLcBGAsYHQ/s1600/Bloodborne%2Bcathedralward_art.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="839" data-original-width="1600" height="334" src="https://1.bp.blogspot.com/-9cZAOmQOpnM/XnpGWh15WOI/AAAAAAAAECI/IXfmjsnqjsA1Qiuzt8JF9v20psg4LZpNwCLcBGAsYHQ/s640/Bloodborne%2Bcathedralward_art.png" width="640" /></a></div>
<br />
<div style="text-align: right;">
"<i>Oh, non devi temere.</i></div>
<div style="text-align: right;">
<i>Qualunque cosa accada, potrai pensare che sia stato solo un brutto sogno.</i>"</div>
<br />
Compagni cacciatori, bentrovati intorno a questa lanterna.<br />
Riprendo un tema dal quale sono partito altre volte: i primi argomenti ai quali dedicare l'Anima del Mostro, o anzi, per dire meglio, i suoi <i>sogni</i>.<br />
Perché quando ho pensato per la prima volta di crearla, nella lontana primavera del 2015 ormai cinque anni fa, c'erano in particolare tre cose di cui volevo parlare, gli argomenti che maggior peso avevano sui miei pensieri e su cui desideravo dire qualcosa in quel periodo. Uno era la Caccia selvaggia, e spero potrete confermarvi voi se ne abbiamo parlato e se adesso ne sappiamo tutti qualcosa. Un altro, inevitabilmente, lo vedremo più in là, in una fase diversa, poiché ha a che fare con il sacro e con gli angeli. Il terzo riguardava la narrazione che più mi aveva catturato in quel periodo, una storia innovativa affidata a un racconto videoludico che stava facendo parlare tutti e che oggi è sulla strada per essere ricordato come un classico, mentre proprio in questi giorni ricorre il suo quinto anniversario, che è il motivo per il quale avevo già deciso che questa settimana avrei finalmente concretizzato quel sogno.<br />
Anche se non mi sarei aspettato che la sua pubblicazione sarebbe avvenuta nel corso di un momento dalla portata storica in cui il nostro mondo è diventato così simile a quello in cui è ambientata quell'opera.<br />
Naturalmente, sto parlando di Bloodborne.<br />
Nelle lugubri vie di grandi metropoli notturne ormai deserte, i cui abitanti sono costretti a chiudersi in casa per sfuggire a un terribile contagio, un'unica trista figura ha il compito di attraversarle per porre fine alla lunga Notte della Caccia. Ma qui, nel sogno, dove siamo al sicuro, vi invito ad affilare le vostre mannaie e a seguirmi, per percorrere un cammino onirico tra gli orrori macabri e gli splendori alieni del più grande arazzo del mondo delle tenebre che i tessitori di questa epoca abbiano cucito.<br />
Cerchiamo il Sanguesmunto e trascendiamo la Caccia.<br />
<br />
<i>Come accompagnamento musicale per la lettura di questo saggio, non posso che raccomandarvi la colonna sonora ufficiale di Bloodborne, disponibile su Spotify, YouTube e numerose altre piattaforme.</i><br />
<br />
<a href="https://1.bp.blogspot.com/--EjoZgUQPCA/Xnsz7mdzk9I/AAAAAAAAECc/m7AuJEM2OIcwVfQC_AncXXxFGwsK39HpQCLcBGAsYHQ/s1600/Bloodborne.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1394" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/--EjoZgUQPCA/Xnsz7mdzk9I/AAAAAAAAECc/m7AuJEM2OIcwVfQC_AncXXxFGwsK39HpQCLcBGAsYHQ/s400/Bloodborne.jpg" width="347" /></a>Benvenuti, cari lettori, nel mondo di Bloodborne.<br />
Si tratta di un videogioco di ruolo e di azione dall'ambientazione horror del 2015, sviluppato dal team From Software e prodotto da Sony Computer Entertainment, uscito come esclusiva PlayStation 4. Benché questo sia il primo post incentrato sul gioco, è comparso molte volte nei post della nostra pagina Facebook, e almeno in tre occasioni qui sul blog, nel post sugli Incubi, ne "L'Anima del Licantropo" e anche, come immagine, nel post di fine anno del 2018.<br />
Segue il solito piccolo paragrafo autobiografico che potete anche saltare.<br />
Bloodborne è, per molti versi, il mio videogioco preferito, il che è insolito, dato che tendo a preferire gli universi fantasy medievali con quanti più draghi possibile. Indubbiamente il mondo videoludico che preferisco è quello di Dark Souls; ma Bloodborne, come esperienza, come sviluppo del racconto, come impiego di un ricchissimo sistema di riferimenti culturali che pesca non solo da tutta la tradizione specificamente orrorifica della storia occidentale, ma anche a precisi aspetti della religione e del linguaggio del sacro, è stato per me forse l'opera di maggiore ispirazione degli ultimi cinque anni. Non ho altro spazio che questo per esprimere quanto fosse creativamente produttivo quel periodo di cinque anni fa in cui il gioco era uscito da poco, e io ne avevo sperimentato forse solo il dieci per cento, e ciononostante quella piccola parte mi portava a figurarmi scenari, ambientazioni possibili, modi per innovare i generi, estetiche nuove.<br />
Bloodborne mi ha accompagnato in un modo particolare: nel corso di questi anni, l'ho interrotto, continuato e interrotto nuovamente per non so quante volte, concludendolo solo nel corso del Natale del 2018, non già la notte della vigilia (che sarebbe stato significativo, visto il finale del gioco) ma quella successiva. Un viaggio frammentato e un approccio non certo giusto -che ho comunque con la maggior parte dei videogiochi-, ma che ha portato una certa continuità ai periodi che ho vissuto nel frattempo; mi piace sempre raccontare che tutti i giochi che ho giocato durante le interruzioni di Bloodborne, o quasi, sono stati giochi che ho finito e che sono stati parimenti importanti per me, titoli come Dark Souls III, Hellblade: Senua's Sacrifice e Shadow of the Colossus.<br />
Fare del mio meglio per parlare di Bloodborne, oltre che un modo per comunicare con voi lettori e indurvi considerazioni nuove, oltre che una forma di tributo a quest'opera straordinaria, significa anche esprimere i miei sentimenti per l'arte di cui è densa, per gli artisti e gli artigiani che l'hanno realizzata, per l'anima unica e indivisibile che essa possiede e per la parte di me che è confluita in quell'anima, nella mia unica e inimitabile percezione di essa.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-ArOFNPtJDzo/Xn0Tf0S7b_I/AAAAAAAAEC4/zBxjeeNsfNUCgUpHKnshW7M2vzo6Ys4KwCLcBGAsYHQ/s1600/bloodborne-crazyeyed-dog.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="360" src="https://1.bp.blogspot.com/-ArOFNPtJDzo/Xn0Tf0S7b_I/AAAAAAAAEC4/zBxjeeNsfNUCgUpHKnshW7M2vzo6Ys4KwCLcBGAsYHQ/s640/bloodborne-crazyeyed-dog.jpg" width="640" /></a></div>
<br />
Bloodborne è denso, denso come il sangue, pieno di contenuti e di possibilità di analisi. Numerosi sono gli approcci possibili e ancora di più le conclusioni che se ne possono trarre, sulla religione, sui generi letterari, e naturalmente sui mostri.<br />
Il tema che volevo sviluppare inizialmente, il motivo per cui volevo scrivere questo saggio e per il quale ero infatuato del gioco ancora prima che uscisse -e ho già detto che l'ho preso al day one?- riguarda una considerazione innanzitutto formale.<br />
Si tratta della constatazione che Bloodborne, con tutte le specifiche del caso, contiene una narrazione di tipo epico, per un genere, come l'horror, che tipicamente non lo è.<br />
L'idea di un'epica dell'orrore, della possibilità di articolare un discorso che contenga gli enunciati dell'horror siti secondo una struttura epica, è il motivo per cui mi affascinava allora e per cui continua a farlo, insieme alle molte altre ragioni sopraggiunte con la fruizione del gioco nella sua interezza. È un superamento della retorica delle due anime su cui si fonda il blog, enunciata nel primo post, che distingueva gli argomenti di cui avremmo parlato -cioè tutti quelli di mio interesse- in due classi separate secondo le associazioni epica-genere fantasy-luminosità da una parte e lirismo-genere horror-oscurità dall'altra.<br />
In questo post, così, definiremo questa epica dell'orrore, i motivi per cui è possibile questa definizione e che accomunano Bloodborne a mitologie ed epopee antiche e moderne, individueremo alcune figure universali della narrazione nei suoi personaggi e osserveremo, secondo questa chiave, la storia del mondo di Bloodborne e la storia interna al gioco, quella vissuta dal protagonista. In questo caso, non voglio parlare di introduzione in vista di altre incursioni sul tema, ma di considerare questa una prima e molto significativa avventura, seguita possibilmente da altre.<br />
<blockquote class="tr_bq">
<i>Fear the Old Blood.</i></blockquote>
<div style="text-align: center;">
<span style="font-size: large;">Definire l'epica dell'orrore</span></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: left;">
<div style="text-align: left;">
Il primo necessario passo per provare la nostra argomentazione è stabilire che cosa intendiamo per "epica" e osservare se possa applicarsi a Bloodborne e se possa considerarsi abbastanza distintiva di questo rispetto ad altri elementi simili dai quali, con la nostra definizione, lo stiamo distinguendo.</div>
</div>
Il concetto di epica dal quale partire è quello di narrazione grande, in contrasto con narrazioni distinguibili come minori per una serie di ragioni in parte quantitative, ovvero la presenza di una coralità e non di un'unica individualità dominante, la difficoltà delle prove e dunque lo sforzo richiesto dalle azioni per superarle, e soprattutto l'incidenza che queste azioni hanno su un sistema vasto, come una stirpe, una nazione, un mondo, un intero ordine metafisico, cosmico, che vive un cambiamento in seguito alla detta narrazione.<br />
Epica come termine, naturalmente, nasce per distinguere una poesia puramente narrativa dai generi della lirica, in un contesto oltretutto in cui sono solo le grandi gesta a essere tramandate da quella che noi, a posteriori, chiamiamo letteratura.<br />
Ora, generalmente questo vale per contesti che rievochino periodi storici come l'antichità classica, o magari orientale, e naturalmente il medioevo, tempo di sogno che più di ogni altro si presta a stilizzazioni che ne distillano nuclei elementari in cui racchiudere l'intero senso dell'esperienza umana. Anche la modernità proietta la sua epica in queste ambientazioni, per il semplice motivo che tutti i suoi paradigmi di narrazioni epiche sono già ambientati lì. Sono mondi in cui la via tra l'umano e il divino è più breve, in cui gli dei interloquiscono volentieri con gli eroi, oppure in cui la fede nei miracoli e nei prodigi è così forte che gli angeli e i demoni trovano una nicchia da occupare presso ogni anfratto.<br />
In un ambientazione come quella di Bloodborne, le cose sono diverse. La città di Yharnam è una vasta metropoli vittoriana dominata da una cattedrale e scandita dal suono di lugubri campane.<br />
<br />
«<i>Ascoltate il suonare delle campane</i><br />
<i>campane di ferro!</i><br />
<i>Qual mondo di solenni pensieri risveglia la loro</i><br />
<i>monodia!</i><br />
<i>Nel silenzio della notte</i><br />
<i>come noi tremiamo di spavento</i><br />
<i>alla malinconica minaccia del loro tuono!</i><br />
<i>Perché ogni suono che scaturisce</i><br />
<i>dalla ruggine della loro gola</i><br />
<i>è un gemito.</i>»<br />
(Edgar Alla Poe, <i>Le campane</i>, 1849)<br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-o3wTW20TvS8/XnpHrf7XHhI/AAAAAAAAECQ/NJdLkVVA9-Epbt5LdO1Me3fh6Azqpr67QCLcBGAsYHQ/s1600/Yharnam.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="360" src="https://1.bp.blogspot.com/-o3wTW20TvS8/XnpHrf7XHhI/AAAAAAAAECQ/NJdLkVVA9-Epbt5LdO1Me3fh6Azqpr67QCLcBGAsYHQ/s640/Yharnam.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">La città di Yharnam nella Notte della Caccia.</td></tr>
</tbody></table>
Nell'osservarla, l'aggettivo che per primo è suscitato al pensiero e che più spesso è stato impiegato per descriverla è "gotico".<br />
Analizziamo questo secondo termine chiave, poiché è su di esso che ruota l'opposizione tra le due categorie che ci interessano, quale enunciato che tiene in se ciò che stiamo contrapponendo a "epico".<br />
Gotico naturalmente si riferisce a un popolo in particolare, la vasta compagine delle tribù dei Goti che viaggiarono tra la Scandinavia e l'Europa orientale; il primo uso di questo termine diverso dal riferimento a questo popolo sorge già nel medioevo, per distinguere ciò che è germanico da ciò che è latino, con una connotazione di disprezzo lenta a estinguersi. Si è legato a una scrittura dalle lettere marcate e i profili forti che allora veniva raffrontata a una più semplice e armoniosa, e questa scrittura la chiamiamo ancora così. Si è legato, ancora, a uno stile architettonico, seguito a un altro, il romanico, distinto per la direzione precisa delle sue strutture, il tentativo di ascesa e di comunicazione con il piano più alto, quello del divino.<br />
In effetti, un po' di tutto quello che si può dire del gotico si origina nel medioevo. E, come avrete notato, in tutti i suoi usi questa parola designa <i>sempre</i> qualcosa di diverso rispetto a un'altra categoria, un termine primario che in qualche modo gli viene preferito. Gotico è l'altro; i Goti sono quegli altri, i barbari, con la loro lontananza dalle leggi e dall'ordine. Con la loro oscurità.<br />
Poi, c'è stata la ripresa.<br />
Nell'Ottocento, in seno alla cultura romantica, con una ripresa di luoghi e termini medievali. E come avviene questa ripresa? Come alternativa alla cultura dominante, quella del razionalismo che individuava il suo polo ideale nell'emulazione del mondo classico.<br />
La ripresa del medioevo implica inserire temi che gli sono propri e che soprattutto <i>si pensa</i> che gli siano propri a oggetti culturali nuovi. La credenza in possibilità oltremondane, il sovrannaturale, il viaggio nell'inconscio. Il sogno. La forza del sentimento rispetto alla ragione. Architetture che emulino quelle antiche solo pochi decenni dopo l'imitazione del mondo greco avvenuta con il neoclassicismo.<br />
Nasce qui anche un'altra cosa, il romanzo gotico. Un romanzo oscuro, che dall'oscurità è distinto dagli altri romanzi, come quelli storici o avventurosi, poiché fa leva su aspetti con cui è più problematico entrare in contatto. Il romanzo gotico è fortemente legato al contesto che lo produce: i grandi edifici medievali, castelli, abbazie, sono luoghi antichi in cui il contatto con la dimensione dell'alterità, dell'ignoto e del libero esercizio dell'irrazionalità hanno permesso l'insediarsi e il perseverare di forme di esistenza oscure e malvagie, o semplicemente malinconiche, mentre il sogno e la visione permettono di entrare in contatto con i luoghi che le generano, i recessi oscuri della terra, del cosmo, e soprattutto della mente. I personaggi di queste storie sono chiamati, prima di tutto e alla fine del racconto, ad affrontare l'oscurità insita dentro di loro, della quale i mostri e i fenomeni sovrannaturali sono un richiamo esterno, un catalizzatore dei poteri inconsci; sarà solo affrancandosi dai conflitti interiori che gli eroi e gli antieroi romantici potranno spezzare la maledizione e trovare la pace. Quando ci riescono: in molti altri casi, l'eroe del romanzo gotico è un titano che cerca di prevalere contro forze nettamente superiori alle sue possibilità, entità immortali, spettri che sono già morti, forze che anche se arrestate torneranno sempre; e finisce col cadere, martire dei limiti della condizione umana e dell'esistenza di potenze che le sono superiori, vitale, nella sua morte, in un'epoca prossima a una nuova, massima rivoluzione industriale e all'avvento di fallaci teorie sul dominio sancito dalle scienze.<br />
E anche queste, in effetti, trovano un loro legame con il romanzo gotico, poiché la creazione fantastica, l'elaborazione poetica, l'ideazione di sistemi ideologici dalle prospettive oltre-umane non possono prescindere dalle percezioni di sé e della realtà dell'umanità stessa, e con il loro mutare e ampliarsi ne mutano anche le proiezioni. Le opere gotiche più famose nacquero anche grazie a sensazionali scoperte e suggestive teorie, volte a dare all'uomo una maggiore presa sulla realtà, e non furono affatto rivolte a demonizzare la conoscenza o metterne in evidenza i limiti, ma piuttosto ad ammonire, <i>monstrare</i>, come ogni volta che noi saldiamo la presa sull'oscurità anche l'oscurità salda la presa su di noi.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-A1VL3NR1JK8/Xn0TJj1eD6I/AAAAAAAAECw/bObIdxFKQAQm8KXPtGpnaHLBIfb3vo6WQCLcBGAsYHQ/s1600/Hunter_Saw_Cleaver_Scourge_Beast.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="360" src="https://1.bp.blogspot.com/-A1VL3NR1JK8/Xn0TJj1eD6I/AAAAAAAAECw/bObIdxFKQAQm8KXPtGpnaHLBIfb3vo6WQCLcBGAsYHQ/s640/Hunter_Saw_Cleaver_Scourge_Beast.jpg" width="640" /></a></div>
<br />
L'eroe gotico è spesso solitario, e anche quando non lo è, la prova cui è sottoposto è personale, poiché ha a che fare con la sua propria oscurità, con quei demoni della sua soggettività che solo lui può sperare di dominare. Trionfare, o fallire, avrà conseguenze su di lui ed eventualmente sulle persone che gli sono vicine; l'oscurità con cui si scontra, può mettere in pericolo la sua famiglia o la sua comunità, ma è raro che possa minacciare l'umanità nel suo complesso.<br />
Dobbiamo oltretutto considerare che lo stesso contesto storico dal quale siamo partiti, accanto al romanzo gotico, aveva riportato in vita epopee e saghe seguendo l'ideale della nazione e del <i>folk</i>, il popolo, sicché esaltava le gesta degli eroi fondatori proprio in quanto all'origine di questi concetti che definivano la nuova idea dello stato umano.<br />
Insomma, esiste una separazione tra la dimensione dell'èpos e quella del romanzo gotico. Riassumendo quanto detto finora, li distingueremo come un racconto corale proiettato prima di tutto in una dimensione esteriore, dove gli avvenimenti sono determinanti per la fondazione o il mantenimento di una particolare condizione di una collettività umana, il primo, e un racconto individuale che predilige la dimensione interiore, incentrato sul rapporto con elementi negativi dell'esistenza, elementi che spesso creano un legame tra lo spazio interiore e quello esteriore, e sul superamento dello stato corrente di questo rapporto che si traduce in un nuovo stato per la vita di quell'individuo. Appare evidente come il distacco vero e proprio sia costituito dalla portata della vicenda, multipla contro singola, e dall'insistenza del secondo su elementi specifici di un ambito più circostanziato, che del resto, volendo parlare di "oscurità", "sovrannaturale" e "aldilà" sono tutti elementi che possono incontrarsi anche nell'epica, senza però essere preminenti.<br />
Del resto, epica e romanzo sono già due generi diversi, il gotico è solo una possibilità del romanzo, Ma, mentre esiste la possibilità che sia un testo epico che un romanzo abbiano come contenuto vicende storiche, o temi mitologici, o anche viaggi in mondi fantastici creati dalla fantasia dell'autore, un'epica gotica sembra impossibile.<br />
O meglio, lo sembrava prima di Bloodborne.<br />
<br />
Vediamo così, finalmente, perché questo videogioco possa considerarsi tale.<br />
In Bloodborne, secondo una struttura ricorrente per i giochi di ruolo, creiamo un avatar con nome e aspetto personalizzabili, con cui vivere la narrazione offerta (e, per certi versi, <i>svolta</i>) dal mondo in cui ci troviamo. Le esperienze precedenti del giocatore, per le quali esiste la possibilità di selezionare alcune opzioni che condensano il suo potenziale background in poche concetti essenziali -un nobile cresciuto nel lusso, un nessuno venuto fuori dalle fogne, uno studente assetato di conoscenza- hanno valore soltanto nell'influire sulle sue statistiche iniziali, e nient'altro. Chi il protagonista fosse, non ha più importanza.<br />
Il protagonista, che nella mia run di Bloodborne ho chiamato Bordrael -semplici motivi estetici, userò il suo nome per non dover ripetere sempre "protagonista"- è un forestiero giunto a Yharnam per un motivo preciso, eppure ancora oggi terribilmente sfuggente: cercare il Sanguesmunto.<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-wjEU08pqbGw/Xn0S3VDgxfI/AAAAAAAAECo/VYxhj5rquy0XLY9h-SjtQdZjq56Xr5LsACLcBGAsYHQ/s1600/Blood%2BMinister.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="557" data-original-width="1200" height="296" src="https://1.bp.blogspot.com/-wjEU08pqbGw/Xn0S3VDgxfI/AAAAAAAAECo/VYxhj5rquy0XLY9h-SjtQdZjq56Xr5LsACLcBGAsYHQ/s640/Blood%2BMinister.jpg" width="640" /></a></div>
<blockquote class="tr_bq">
<i>Oh, yes...Paleblood.</i></blockquote>
La sua ricerca lo ha condotto nella clinica di Yosefka, dove ha incontrato il ministro del sangue, un misterioso vecchio su una sedia a rotelle, con un cappellaccio a tesa larga e gli occhi bendati, che gli ha detto di essere arrivato nel posto giusto, Yharnam, patria della pratica dell'infusione di sangue.<br />
Svelare il mistero dietro l'infusione -o forse dietro Yharnam, ma naturalmente la verità da scoprire è la stessa- gli consentirà di trovare quello che cerca. Ma, nella situazione corrente, non avrebbe neanche un indizio sulla pista da seguire, e per questo il ministro propone un'infusione di sangue di Yharnam -che, come si scoprirà, non è un sangue come gli altri- e un contratto. In realtà, il contratto non serve per ottenere l'infusione, pratica così comune in una città in cui quel sangue è persino più venduto dell'alcol, ma per diventare un Cacciatore.<br />
All'infusione seguono alcune visioni: Bordrael apre gli occhi durante il trattamento, si trova da solo nella stanza e vede alla sua sinistra una larga pozza di sangue sul pavimento, da cui emerge un terrificante lupo mannaro, macilento e con occhi spettrali, il quale tende la zampa dagli spaventosi artigli verso il letto e viene arrestato da un'improvvisa combustione che ne consuma il corpo, dopodiché, piccole e non meno inquietanti creature bianche simili a neonati umani, scheletrici e dalle sembianze deformi e grottesche, si arrampicano sul letto fino a sommergerlo. L'avventura inizia al risveglio del Cacciatore, che trova, nella stanza ormai vuota, una nota che sembra quasi lasciata per sbaglio:<br />
<blockquote class="tr_bq">
<i>Cerca il Sanguesmunto per trascendere la Caccia.</i></blockquote>
<br />
Il protagonista sta dunque vivendo una <i>quest</i>, alla ricerca di qualcosa che dev'essere estremamente importante; essa ha a che fare con il sangue, e generalmente al sangue, inteso nell'accezione più concreta possibile, la cultura associa una serie di possibilità spesso truci, o legate ad alcuni tabù. Il primo personaggio incontrato dal protagonista è il proverbiale vecchio che ne sa più di noi, a conti fatti l'unico in tutta la storia a essere al corrente del motivo per cui ci siamo diretti a Yharnam, o a dimostrare di saperlo.<br />
Sono molto significative le due immagini del mostro e dei piccoli esseri, i Messaggeri, poiché in un certo qual modo figurano la dualità insita in Bloodborne, quella delle due parti in cui si divide la storia, quella dei due elementi in base ai quali si orienta lo sviluppo del personaggio, il sangue e l'intuizione, e dei concetti cui a loro volta rimandano, la fisicità e l'empirismo da una parte, la mente e il razionalismo dall'altra.<br />
<br />
Nel corso dell'avventura, diventa palese che gli eventi in atto hanno un peso per tutta Yharnam, e le loro ripercussioni riguardano l'umanità intera. Inoltre, il Cacciatore non è da solo, vi sono molti altri cacciatori come lui a viaggiare nello stesso mondo, per aiutarlo o per ostacolarlo, ciascuno con i suoi obiettivi e ciascuno eroe di un dramma non meno importante.<br />
Tutto questo rende Bloodborne una storia videoludica epica, secondo l'accezione che abbiamo dato al termine, ambientata in un contesto gotico in cui l'orrore, nelle sue sfaccettature filosofiche e cosmiche, sostituisce e sovverte i motivi che costituiscono l'epica. Questo rende Bloodborne unico e straordinario nelle potenzialità che porta all'arte della narrazione, come un essere superiore destinato a guidare l'umanità verso una nuova era.<br />
<br />
<br />
<div style="text-align: center;">
<span style="font-size: large;">Bibliografia</span></div>
<br />
Testi di critica videoludica su Bloodborne.<br />
<br />
Adriano di Medio, <i>Bloodborne. Parole nel sangue</i>, Universitalia, Roma, 2016.<br />
Francesco Toniolo, <i>Queste anime oscure, da Demon's Souls a Bloodborne</i>, TraRari TIPI, 2015.<br />
<br />
Sitografia<br />
<br />
Bloodborne Wiki della piattaforma fandom.com<br />
<a href="https://bloodborne.fandom.com/wiki/Bloodborne_Wiki">https://bloodborne.fandom.com/wiki/Bloodborne_Wiki</a><br />
Bloodborne Wiki della piattaforma fextralife.com<br />
<a href="https://bloodborne.wiki.fextralife.com/Bloodborne+Wiki">https://bloodborne.wiki.fextralife.com/Bloodborne+Wiki</a><br />
<br />
<br />
Videografia<br />
<br />
Il video del canale VaatiVidya (in lingua inglese, con sottotitoli in italiano).<br />
Canale: <a href="https://www.youtube.com/user/VaatiVidya">https://www.youtube.com/user/VaatiVidya</a><br />
Vi segnalo il canale in quanto interamente dedicato all'analisi dei videogiochi del team FromSoftware.<br />
La storia di Bloodborne - <a href="https://www.youtube.com/watch?v=wjWOy6ioVHI">https://www.youtube.com/watch?v=wjWOy6ioVHI</a><br />
<br />
La serie del canale Sabaku no Maiku (in italiano).<br />
Playlist della serie: <a href="https://www.youtube.com/playlist?list=PLpwnpXKL5RpAviBWWk9SINJQJSJP80ToZ">https://www.youtube.com/playlist?list=PLpwnpXKL5RpAviBWWk9SINJQJSJP80ToZ</a><br />
<br />
I due video di analisi letteraria del canale SolePorpoise (in inglese).<br />
OTH: How Bloodborne Transforms the Myth: <a href="https://www.youtube.com/watch?v=glP-gH_n3Yc">https://www.youtube.com/watch?v=glP-gH_n3Yc</a><br />
OTH: Bloodborne vs. Gothic Horror - Reanimating a Genre: <a href="https://www.youtube.com/watch?v=HW6_0rr1IG8&t=8s">https://www.youtube.com/watch?v=HW6_0rr1IG8&t=8s</a><br />
<br />
La filosofia di Bloodborne di Rick Dufer (in italiano).<br />
Link al primo episodio: <a href="https://www.youtube.com/watch?v=FQ15oWUFag8">https://www.youtube.com/watch?v=FQ15oWUFag8</a><br />
<br />Francis Starkhttp://www.blogger.com/profile/10559448728477569844noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3648770856103118233.post-8496183322944947682020-02-06T21:26:00.001+01:002020-06-30T12:12:45.114+02:00Teratogonie - I miti dell'origine dei mostri<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-ppR1YfvPlzI/XjYQKu8FWqI/AAAAAAAAD74/X13ngCTwcPocbJ5XG1UWGGUsQ5FqwHFyQCLcBGAsYHQ/s1600/ChaosMonster.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="360" src="https://1.bp.blogspot.com/-ppR1YfvPlzI/XjYQKu8FWqI/AAAAAAAAD74/X13ngCTwcPocbJ5XG1UWGGUsQ5FqwHFyQCLcBGAsYHQ/s640/ChaosMonster.png" width="640" /></a></div>
<br />
<div style="text-align: right;">
<i>«Quando Tiamat lo ascoltò,</i></div>
<div style="text-align: right;">
<i>questo discorso le piacque:</i></div>
<div style="text-align: right;">
<i>«Poiché voi stessi l'avete deciso insieme,</i></div>
<div style="text-align: right;">
<i>creiamo tempeste!»</i></div>
<div style="text-align: right;">
Enuma Elish, prima tavoletta</div>
<br />
Benvenuti dove si ricorda il Caos, dove la distorsione è il sistema metrico della rettitudine.<br />
Anno Zero di un nuovo eone del mostruoso. Buio e caligine.<br />
Dalla caligine il Caos, e dal Caos la vita. <i>Ex Caligine Chaos.</i><br />
Abbiamo menzionato i mostri, e a grandi linee abbiamo detto che cosa sono; per essere più precisi, alcune delle cose che sono e che sono stati in alcune delle circostanze in cui sono stati qualcosa.<br />
Il passo successivo è domandarci la domanda forse più elementare e più insolubile: questi mostri, questi stadi di una storia viziosa, come sono nati e da dove vengono?<br />
Il che ci porta alla seconda parte del nuovo viaggio dell'Anima del Mostro, dedicata a quel complesso di miti che posso essere chiamati, sul calco di quelli cosmogonici, teogonici e antropogonici, rispettivamente incentrati sull'origine dell'universo, degli dei e degli uomini, "teratogonici": i miti sulla nascita dei mostri.<br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-tfNBtV_tL60/Xjwx7y0o_JI/AAAAAAAAD9E/QGvXGwv4Ewo1F78qzF0RbIS_qa5OdkxPQCLcBGAsYHQ/s1600/Nebulosa%2BClessidra.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1024" data-original-width="1024" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-tfNBtV_tL60/Xjwx7y0o_JI/AAAAAAAAD9E/QGvXGwv4Ewo1F78qzF0RbIS_qa5OdkxPQCLcBGAsYHQ/s400/Nebulosa%2BClessidra.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">La Nebulosa Clessidra, il cui centro è chiamato anche "l'occhio di Dio".</td></tr>
</tbody></table>
Percorreremo le connessioni sinaptiche che legano il ricordo dei demoni moderni al pensiero dei leviatani primordiali, la rete neurale in cui sono condivise tutte le esperienze di tutti i mostri mai vissuti e mai pensati, dal primo spasmo cellulare cosmico distorto alle teratogenesi nucleari, passando attraverso tutte le storie su come siano venuti all'esistenza gli esseri mostruosi.<br />
Occorrerà specificare, in questa sede, <i>quali</i> tra i tanti significati possibili siano quelli che diamo al nome dei mostri, e di quali tra loro parleranno queste storie. In molte tradizioni mitologiche, esiste un complesso di creature, a volte uniche, a volte costituenti gruppi di simili per i quali valgono pure le stesse regole, che vengono considerate <i>altro</i> rispetto alle classi degli esseri che dimorano nel mondo, creature che non sono né dèi né uomini e neppure bestie, e combinano tratti di tutte e tre le categorie. Questi li chiameremo Mostri. Inoltre, nel più dei casi, questi esseri mantengono un forte legame con l'elemento indistinto e incontrollabile dal quale nascono o alla cui essenza sono riconducibili in un modo o nell'altro; accanto a loro, dunque, troveranno posto in questa rassegna anche categorie ben definibili, come quelle delle molte razze di Giganti le cui storie abbondano nel mondo, poiché essi, pur non essendo affatto qualcosa di stridente rispetto al corso naturale della vita, e anzi costituendone spesso la manifestazione più pura, non possono essere ammessi entro le razionalizzazioni degli elementi da cui derivano le disposizioni divine e i criteri delle società degli uomini che se ne fanno specchio. Per questo, le storie sui Giganti, in qualità di figli del caos e testimoni della sua natura, saranno presenti insieme a quelle degli altri mostri.<br />
Infine, soprattutto nelle ultime battute, ricorrerà spesso la parola "demoni". Senza dissertare ulteriormente su cosa si possa e cosa si debba chiamare in questo modo, è il termine con cui le creature di cui parleremo sono nominate nelle narrazioni che le comprendono; non saranno inseriti qui tutti gli esseri che sono stati chiamati in questo modo nel corso della storia, ma poiché, in quelle narrazioni in particolare, questo termine si fa contenitore di aspetti chimerici e teratomorfi che in molti casi derivano dalle tradizioni precedenti, quei demoni li considereremo la categoria mostruosa del loro mondo.<br />
E ora silenzio, poiché viene il tempo del sonno della ragione e della riesumazione delle ataviche memorie.<br />
<br />
<div style="text-align: center;">
<span style="font-size: large;">Gli undici figli di Tiamat</span><br />
<span style="font-size: large;"><br /></span></div>
<div style="text-align: center;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-Kac9GSG5U-s/Xjda0ya55XI/AAAAAAAAD8c/ufUnWutto54z4_wODZ_f3YuZZsVTZ_awACLcBGAsYHQ/s1600/Labbu.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="808" data-original-width="1200" height="430" src="https://1.bp.blogspot.com/-Kac9GSG5U-s/Xjda0ya55XI/AAAAAAAAD8c/ufUnWutto54z4_wODZ_f3YuZZsVTZ_awACLcBGAsYHQ/s640/Labbu.jpg" width="640" /></a></div>
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
Vi sarete forse aspettati di partire dalla mitologia greca, e invece no. Cominciamo dall'inizio e ripercorriamo il mito teratogonico più antico di cui ci sia rimasta traccia, quello mesopotamico narrato nell'<i>Enuma Elish</i>.<br />
Il complesso dei miti sumeri, babilonesi e assiri, e di tutti quei popoli che vissero e scambiarono le loro culture nel Vicino Oriente tra il quarto e il primo millennio avanti Cristo, può considerarsi un corrispettivo della Mezzaluna Fertile per il mondo dei mostri. Presso queste culture appaiono per la prima volta -nel senso che ne possediamo le prove di più remota datazione- figure che sono ancora incredibilmente vitali nella fantasia e nel linguaggio del nostro tempo, dal drago occidentale al grifone e agli uomini-pesce, oltre che i remoti antenati di numerose altre.<br />
Nella grande narrazione mitologico-religiosa dell'<i>Enuma Elish </i>(𒂊𒉡𒈠𒂊𒇺), poema in lingua accadica ritrovato su tavolette del VII secolo a.C. e generalmente ritenuto dagli studiosi non più antico del XII, numerosi esseri mostruosi vengono posti in relazione con la vicenda generativa degli dèi attraverso la vicenda di Tiamat.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-2qAAwjJljt4/XjdaPk5y6DI/AAAAAAAAD8U/P2AORLdbuWAsmv1pI4G8lGgZMpSeRNvVgCLcBGAsYHQ/s1600/tiamat%2Bocean%2Bgoddess.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="792" data-original-width="1418" height="222" src="https://1.bp.blogspot.com/-2qAAwjJljt4/XjdaPk5y6DI/AAAAAAAAD8U/P2AORLdbuWAsmv1pI4G8lGgZMpSeRNvVgCLcBGAsYHQ/s400/tiamat%2Bocean%2Bgoddess.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Tiamat di Victor Adame.<br />
<a href="https://www.artstation.com/artwork/VgQn4">https://www.artstation.com/artwork/VgQn4</a></td></tr>
</tbody></table>
<br />
Tiamat, descritta come drago nonostante non se ne trovi evidenza nei testi (fondamentalmente per via delle analogie con le numerose altre figure mitologiche protagoniste del motivo della <i>Chaoskampf</i>), è la madre generatrice dell'universo, una potenza oceanica. Presente da prima dell'inizio del cosmo insieme al suo pari e sposo, Apsû, entrambi increati, Tiamat, che oggi si associa al principio dell'acqua salata, con Apsû a significare invece l'acqua dolce, era più correttamente l'oceano superiore, mentre Apsû era l'oceano inferiore, l'insieme delle acque sotterranee. Dai due ebbe vita una prima generazione di dèi, fino al fatidico momento in cui Apsû, adirato per il rumore che provocavano, decise di ucciderli, e i figli, prevenendolo, lo uccisero per primi. La signoria sul cosmo, che prima era appartenuta ad Apsû, fu ricoperta da Ea, il sumero Enki, e quindi trasferita a Marduk, suo figlio. Un riflesso dell'ascesa di questi a dio principale del pantheon babilonese.<br />
Quando Marduk, con i Quattro Venti che Anu, il dio del cielo, aveva creato per lui, iniziò a turbare gli dèi oceanici che dimoravano con Tiamat, essi si rivolsero alla loro madre, esortandola ad agire e rinfacciandole l'inattività durante l'uccisione di Apsû.<br />
Tiamat non li deluse: avrebbe risposto ai venti di Marduk con le sue tempeste.</div>
<div style="text-align: left;">
<br />
«<i>Quando Tiamat lo ascoltò,</i><br />
<i>questo discorso le piacque:</i><br />
<i>«Poiché voi stessi l'avete deciso insieme,</i><br />
<i>creiamo tempeste!»</i><br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-ax62-67gYzY/XjYQR5I_nVI/AAAAAAAAD78/HMZJxqXcTGIINoqJcuJy27qMZ8NirOoigCLcBGAsYHQ/s1600/Final%2BFantasy%2BXIV%2BDragonbrood.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><i><img border="0" data-original-height="1000" data-original-width="530" height="640" src="https://1.bp.blogspot.com/-ax62-67gYzY/XjYQR5I_nVI/AAAAAAAAD78/HMZJxqXcTGIINoqJcuJy27qMZ8NirOoigCLcBGAsYHQ/s640/Final%2BFantasy%2BXIV%2BDragonbrood.jpg" width="337" /></i></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">I figli di Midgardsormr in Final Fantasy XIV.</td></tr>
</tbody></table>
<i>Ora, altri dèi</i><br />
<i>erano venuti là dentro</i><br />
<i>che avevano anch'essi concepito il male</i><br />
<i>contro gli dèi loro progenie!</i><br />
<i>In piedi in cerchio</i><br />
<i>accanto a Tiamat,</i><br />
<i>furibondi, complottavano senza sosta,</i><br />
<i>notte e giorno,</i><br />
<i>spingendosi al combattimento,</i><br />
<i>battendo i piedi, infuriati,</i><br />
<i>tennero un consiglio</i><br />
<i>per programmare la guerra.</i><br />
<i>La Madre-Abisso,</i><br />
<i>che aveva formato ogni cosa,</i><br />
<i>si preparò armi irresistibili:</i><br />
<i>mise al mondo Dragoni giganti,</i><br />
<i>dai denti aguzzi,</i><br />
<i>dalle zanne spietate,</i><br />
<i>a cui riempì il corpo</i><br />
<i>di veleno al posto del sangue;</i><br />
<i>e Leviatani feroci,</i><br />
<i>ai quali diede spaventoso aspetto,</i><br />
<i>e che circonfuse di splendore soprannaturale,</i><br />
<i>equiparandoli così agli dèi:</i><br />
<i>«Chi li veda,</i><br />
<i>perda i sensi!</i><br />
<i>E che una volta lanciati - disse</i><br />
<i>non indietreggino mai!»</i><br />
<i>Creò ancora Idre,</i><br />
<i>Dragoni Formidabili, Mostri Marini,</i><br />
<i>Leoni colossali,</i><br />
<i>Molossi rabbiosi, Uomini-scorpioni,</i><br />
<i>Mostri aggressivi,</i><br />
<i>Uomini-pesci, Bisonti giganteschi:</i><br />
<i>tutti brandivano armi spietate</i><br />
<i>senza tema del combattimento,</i><br />
<i>i loro poteri delegati, smisurati,</i><br />
<i>ed essi, irresistibili!</i><br />
<i>In verità quegli undici</i><br />
<i>erano proprio tali e quali li fece!</i>»</div>
<div>
<br />
I mostri generati da Tiamat sono dunque undici. Sono creature estremamente affascinanti, anche perché quattro di loro sono draghi. Desidero esplorare tutto quello che c'è da esplorare su di loro in un'altra sede, ma nel frattempo ve li presento in questa con i loro veri nomi. <i>Bašmu </i>è un drago connotato dal veleno, sempre provvisto di corna, e a seconda delle raffigurazioni anche di zampe e di ali; <i>Ušumgallu </i>è affine; <i>Mušmaḫḫū </i>è un drago provvisto di molte teste, attributo cui sono associati anche i due precedenti, ma che possiamo osservare più frequentemente nei suoi confronti; <i>Mušḫuššu </i>è indubbiamente il più noto, il drago-leone che orna le porte di Ishtar, un compagno di dèi dalla ricca tradizione; <i>Laḫmu</i> è un mostro antropomorfo connotato dal suo carattere peloso; <i>Ugallu</i>, demone della tempesta, è un altro mostro antropomorfo con la testa di leone e i piedi di aquila; <i>Uridimmu</i> è speculare al precedente, un essere teriomorfo con la testa di uomo, il cui corpo non si è certi se sia di canide o di felino; <i>Girtablullû </i>è l'uomo scorpione, la cui razza compare anche nell'epopea di <i>Gilgamesh</i>, ma non va immaginato come The Rock ne "Il ritorno della mummia" (Universal, 2001), poiché è rappresentato con testa umana, corpo di scorpione, due arti di non chiara identificazione, ali, e naturalmente coda armata di pungiglione; <i>Umū dabrūtu</i>, altro demone della tempesta, rappresentato come una sorta di leone-centauro; <i>Kulullû</i>, l'uomo-pesce, torso umano e coda ittiforme, un portatore di saggezza e di esperienza per gli uomini; <i>Kusarikku</i>, l'uomo-toro, con corna e zampe posteriori, uno spirito delle montagne. Nominati al singolare e come <i>unicum</i>, ognuno dei loro nomi designa una categoria, attestata come numerosa in altre fonti, come gli uomini scorpione che nel <i>Gilgamesh</i> sono due o gli uomini pesce raffigurati come ancor più numerosi nelle statuette che rappresentano il motivo dei sette saggi.<br />
La loro iconografia, attenzione, in molti casi è <i>supposta</i>, ovvero essi vengono ricondotte ad alcune delle molto più numerose figure teratomorfe presenti nelle tavolette, nelle epigrafi, nei templi e negli amuleti delle civiltà mesopotamiche antiche. Sono mostri che, a un certo punto della loro storia culturale, sono stati temuti, ma di cui questi reperti mostrano una riqualificazione: qui sono guardiani, simboli degli dèi, forze che vengono evocate e controllate dagli oggetti magici per ottenere un determinato effetto. Come del resto accade sempre nel Gilgamesh, in cui l'eroe si appella a numerosi spiriti per affrontare la lotta contro Humbaba, il mostro che monta la guardia alla foresta dei cedri. E anche Humbaba è diffuso negli amuleti.<br />
<br />
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-R327GoUOH5c/XjwxbRujj8I/AAAAAAAAD88/1brzpEUzkwkzZWTKSj5DbGLIev7cfWY_ACLcBGAsYHQ/s1600/supernova.jpeg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1227" data-original-width="1200" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-R327GoUOH5c/XjwxbRujj8I/AAAAAAAAD88/1brzpEUzkwkzZWTKSj5DbGLIev7cfWY_ACLcBGAsYHQ/s320/supernova.jpeg" width="312" /></a>L'<i>Enuma Elish</i> procede con il racconto della preparazione alla grande battaglia tra l'esercito di Marduk e quello di Tiamat. Il campione divino, circondato da attributi e divinizzazioni delle armi e degli elementi della guerra, vince scagliando i venti contro Tiamat, in particolare un "vento cattivo", <i>Imullu</i>, che le gonfia il ventre e strazia le viscere, costringendola a tenere la bocca aperta in modo che Marduk possa scagliare la sua freccia dentro di lei e lacerarle il corpo in due parti. Gli dèi che la accompagnano vengono circondati e neutralizzati, le loro armi bruciate. Il poema, a questo punto, menziona i nostri undici amici:<br />
<blockquote class="tr_bq">
«<i>In quanto a quelle undici creature,</i><i>quelle circondate di spavento,</i><i>corte diabolica</i><i>che l'avevano accompagnata,</i><i>mise loro il guinzaglio</i><i>e incatenò le braccia:</i><i>a spregio della loro bellicosità</i><i>le calpestò.</i>»</blockquote>
Marduk rende inoffensivi i mostri, in modo che non possano più arrecare danno. Ma non ha ancora finito.<br />
La sequenza successiva contiene il racconto del mito demiurgico, in cui Marduk dispone delle parti del corpo di Tiamat per fare il cielo, la terra e le acque, e intanto ordina il tempo, le stelle, le stagioni e le dimore degli dèi.<br />
<blockquote class="tr_bq">
«<i>Condusse davanti ai suoi padri</i><i>gli dèi della cricca di Tiamat,</i><i>non meno che le undici creature</i><i>create da lei e che egli [...]:</i><i>legò ai suoi piedi,</i><i>dopo averne spezzato le armi,</i><i>e ne fece immagini</i><i>che pose sulle Porte dell'Apsû:</i><i>«Affinché -disse- questo resti come ricordo</i><i>per non dimenticare mai in seguito!</i>»</blockquote>
Le porte dell'Apsû, cioè del mondo sotterraneo, sono così affrescate con le immagini dei mostri.<br />
Ed è quello che queste creature saranno per la civiltà babilonese: immagini.<br />
Il racconto del poema, così, ci fornisce un'informazione di carattere, potremmo dire, di storia culturale, ovvero l'origine dell'uso delle rappresentazioni di esseri mostruosi nelle pratiche magiche, istituito da Marduk in persona, colui che ha trasformato le potenze feroci e indomite del Caos in forze, sebbene temibili, controllabili, e ridotte a un mondo ordinato e sottoposto a misura in cui il loro potere è compreso entro degli argini.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-fpGINXJ8wZs/Xjw0lOd8yuI/AAAAAAAAD9Q/QRc2jybYeyUnsuRqpUzGUHR29ZWleROiwCLcBGAsYHQ/s1600/Chaos_Monster_and_Sun_God.png" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="885" data-original-width="1200" height="295" src="https://1.bp.blogspot.com/-fpGINXJ8wZs/Xjw0lOd8yuI/AAAAAAAAD9Q/QRc2jybYeyUnsuRqpUzGUHR29ZWleROiwCLcBGAsYHQ/s400/Chaos_Monster_and_Sun_God.png" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Il mostro Anzû e l'eroe divino Ninurta. Illustrazione che riproduce<br />
l'incisione del tempio di Ninurta (883-859 a.C.), la stessa che attual-<br />
mente fa da sfondo all'Anima del Mostro. È spesso riproposta anche<br />
per illustrare il combattimento tra Marduk e Tiamat.</td></tr>
</tbody></table>
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Accanto agli undici figli di Tiamat, queste culture possiedono numerosi demoni teriomorfi che possono essere controllati o scacciati da chi pratica la magia, il più famoso dei quali è certamente Pazuzu, con il suo tronco alato sormontato da una testa di cane e terminante in coda di scorpione e piedi di aquila, come poi Humbaba, enorme e villoso e con un serpente al posto del fallo, la demonessa Lamashtu e l'uccello-leone Anzû. Questi, e i molti altri che non nomino, sono spesso imparentati con gli dèi, loro figli, come Pazuzu che è figlio del dio Hanbi, il quale secondo alcuni sarebbe padre anche di Humbaba, o Lamashtu, figlia di Anu; e queste creature, quando non devastano il mondo dei mortali, sono, con gli dèi, in buoni rapporti: Humbaba è stato cresciuto da Utu, il dio del sole, che l'ha posto di guardia alla foresta dei cedri. Il Toro celeste, secondo mostro affrontato da Gilgamesh, dimora in cielo ed è il consenso di Anu che scende sulla terra per devastarla, secondo i comandi della dèa Inanna. Uno stato che ricorda quello che i mostri hanno nella mitologia greca, dove, come vedremo, sono spesso gli dèi a inviare i mostri, e, a volte, a generarli.<br />
Del resto, come si diceva, molti mostri spesso <i>rappresentano</i> gli dèi. Un caso che abbiamo esplorato in passato è quello del mostro marino Sassu Urinnu, un incrocio tra un drago e un pesce luna definito uno, e uno tra molti, degli aspetti di Ea, o Enki (Thompson 1904). L'aspetto teratomorfo del dio può essere un modo per rappresentarlo in termini descrivibili e raffigurabili, ma anche per denotare la sua natura e per provare a comprenderlo. Il mostro, come abbiamo detto molte volte, è un modo per parlare di Dio.<br />
Il caso di Anzû ci aiuterà a capire meglio queste dinamiche: secondo la teoria di Thorkild Jacobsen (1989), le sembianze chimeriche di questo mostro sono dovute a una stratificazione di immagini con un significato, volte in origine a rappresentare un dio associato alle tempeste, Abu. Per raffigurare questo dio, sarebbe stata scelta l'immagine di una grande nuvola temporalesca a forma di aquila, e, in una seconda fase, la testa di leone sarebbe stata aggiunta per rimandare alla natura del tuono, descritto come un forte ruggito -e si ricordi che ben tre dei figli di Tiamat sono demoni della tempesta con attributi leonini. Si dibatte ancora, in merito alle raffigurazioni di Anzû affiancato da un personaggio antropomorfo, su se quest'ultimo vada letto come un adoratore umano del dio, o come l'aspetto divino di quest'ultimo, rispetto al quale il mostro alato sarebbe invece una forma simbolica, o un'incarnazione, ma quel che è certo è che la creatura lo rappresenta, e come lei, molti altri mostri sono dèi.<br />
Su questo complesso di storie possiamo osservare che i mostri nascono in contrapposizione a qualcosa, sono forze oscure e aggressive la cui stessa fisiologia è volta alla violenza, e non sarebbero stati concepiti, o perlomeno non lo sarebbero stati nei termini bellicosi in cui lo sono stati, se non fosse stato per un atto di violenza precedente. Sono gli dèi i figli naturali, per usare una terminologia vicina a noi, dei creatori dell'universo. Eppure, traboccano elementi che rimandano a un altro quadro, spie di miti precedenti alla razionalizzazione: gli dèi primordiali Apsû e Tiamat sono essi stessi entità caotiche e smisurate, di cui la seconda è concepita con termini teriomorfi (nel poema è menzionata una coda, e il suo nome è imparentato con termini che in altre lingue designano draghi) e non c'è ragione per non immaginare altrettanto del primo; inoltre, anche ad altezze storiche successive, i mostri vengono impiegati per descrivere gli dèi, e anche le creature che non lo sono possono avere una valenza positiva nella magia e nella letteratura epica.<br />
Nel mondo mesopotamico, il mostro è un tassello culturale importante che agisce su più livelli, e con i giusti presupposti è possibile integrarlo in un ordine armonico, senza che questo significhi per il mostro la perdita della sua essenza, che sarà sempre caotica.</div>
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<span style="font-size: large;">Mostri dalla Bibbia</span></div>
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Spostiamoci verso occidente con la storia sulle origini del mondo più conosciuta nel mondo odierno, quella del Genesi.<br />
Nella Bibbia, non serve girarci attorno, tutto quello che esiste è una creazione di Dio. Dunque, se ci sono dei mostri, a crearli è stato Dio.<br />
Fortunatamente, non se li è risparmiati, e troviamo così, nel Vecchio Testamento, alcune delle creature di più duratura influenza sulla cultura occidentale e orientale.<br />
Il primo passo che suscita il nostro interesse si trova proprio nel racconto della Creazione.<br />
<blockquote class="tr_bq">
«<i>Dio disse: «Le acque brulichino di esseri viventi e uccelli volino sopra la terra, davanti al firmamento del cielo». Dio creò i grandi mostri marini e tutti gli esseri viventi che guizzano e brulicano nelle acque, secondo la loro specie, e tutti gli uccelli alati secondo la loro specie. E Dio vide che era cosa buona. Dio li benedisse: «Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite le acque dei mari; gli uccelli si moltiplichino sulla terra». E fu sera e fu mattina: quinto giorno.</i>» (Genesi 1:20-23)</blockquote>
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<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-LwfTVonExpc/Xjx2JMAd3VI/AAAAAAAAD-M/3nsZzqOXH3QXcQZHVNBIBiPY4h3wm5lygCLcBGAsYHQ/s1600/Levia%2Be%2BBehe.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1216" data-original-width="880" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-LwfTVonExpc/Xjx2JMAd3VI/AAAAAAAAD-M/3nsZzqOXH3QXcQZHVNBIBiPY4h3wm5lygCLcBGAsYHQ/s400/Levia%2Be%2BBehe.jpg" width="287" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">William Blake, Leviathan e Behemoth in una<br />
delle illustrazioni del Libro di Giobbe, 1825.</td></tr>
</tbody></table>
"Mostri marini" è traduzione di <i>tannin</i>, תנין, che designa una natura rumorosa, un verso penetrante e agghiacciante, e ricorre nella Bibbia a proposito di numerosi animali del deserto. Ma nella maggior parte dei casi questo verso è il sibilo, un suono naturale da cui la memoria atavica dell'uomo spinge a tenersi alla larga, e<i> tannin</i>, nell'ebraico antico, significa "drago". Oltre a designare il concetto di mostro marino in senso più generico.<br />
Troverete queste e molte altre notizie interessanti in "Dal Leviatano al Drago" di Anna Angelini (il Mulino 2018). Oggi possiamo leggere quella frase e pensare ai grandi animali marini di cui conosciamo l'esistenza, come le balene e le orche, o anche i delfini; con la loro consapevolezza del mondo, gli antichi annoveravano, nell'ambito della fauna marina, anche draghi, serpenti giganti ed esseri mostruosi che con la loro singola forma significavano la violenza e la pericolosità del mare, immagine di quel concetto di Caos con cui avevano familiarità anche gli antichi Ebrei, che lo chiamavano <i>tehom</i>.<br />
Il più universalmente famoso di questi esseri è colui che essi chiamavano Leviathan.<br />
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Ma quello che ci dice il Genesi attiene solo a uno tra i molti strati che il pensiero ebraico elabora nel corso dei secoli. Ben diversa risulta la visione della natura descritta nel Libro di Giobbe, che atterrisce e riduce a nullità la potestà dell'uomo in modo ben diverso dalla condizione di servizio presentata nel primo testo della Torah.<br />
L'immagine di Dio trasmessa da questo libro è più simile a quella di un potente che ha sì ordinato il caos, ma che deve costantemente tenerlo a bada, e in ogni caso il suo è un mondo selvaggio e indomato, con una terribile bellezza che riduce sempre l'uomo a una posizione di piccolezza.<br />
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Accanto al Leviathan si trova il Behemoth.<br />
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«<i>Guarda behemoth che ho fatto al pari di te; esso mangia l'erba come il bue.</i>»</div>
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(Giobbe 40:15)</div>
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<div style="text-align: center;">
<span style="font-size: large;">Elementi di logica mostruosa egizia</span></div>
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Il corpus letterario e archeologico dell'Antico Egitto ci ha lasciati in possesso di menzioni di centinaia di nomi e di descrizioni di creature ed entità mostruose, quasi tutte poco conosciute, ma non di informazioni precise sulla loro origine.</div>
<div style="text-align: left;">
Quando ci approcciamo alla religione egizia, d'altra parte, occorre che teniamo presente alcuni accorgimenti: non esiste <i>una</i> tradizione, ancor meno di quanto si possa dire per le altre mitologie, ma <i>molte</i> tradizioni <i>contemporanee</i>, sviluppate in numerose regioni diverse dell'Egitto, ruotanti intorno alle città più forti. Se altri corpora mitologici sono soggetti a una varietà di forme e di manifestazioni in senso diacronico, quello egizio è plurimo anche in senso sincronico.<br />
<br />
Sarà interessante, solo come accenno, indagare il concetto dell'Ogdoade (<i>hemeneyu</i> nella scrittura ieratica, la forma grafica dell'uso comune sviluppatasi accanto a quella epigrafica dei geroglifici), sviluppato intorno all'area di Ermopoli nel III millennio a.C., ma comune anche ad altre aree. L'Ogdoade, che è calco della traduzione greca ὀγδοάς dello ieratico, è un gruppo di otto dèi, questo il significato del termine, distinti in quattro coppie costituite da un dio e una dea, emersi dal Caos per primi e responsabili di tutta la creazione. Gli dèi dell'Ogdoade sono rappresentati con la testa di rana, mentre le dee con la testa di serpente, ma non è certo per il teriocefalismo, tratto comunissimo presso gli dèi egizi e di valenza, per quel che sappiamo, più rappresentativa e simbolica che altro, che menziono l'Ogdoade. Questi dèi rappresentano aspetti primordiali del cosmo, come l'acqua generatrice e l'oscurità, e anche dopo aver generato i numi successivi <i>restano</i> nel Caos a mantenere una continuità tra l'Eone teogonico e il tempo dei mortali.<br />
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<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-06l0k73qgm0/Xjx13qjKGSI/AAAAAAAAD-E/rJlw3kDoIMIGHYlqxkAmC4PMhb0WT3B7QCLcBGAsYHQ/s1600/Apopi.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="963" data-original-width="1600" height="384" src="https://1.bp.blogspot.com/-06l0k73qgm0/Xjx13qjKGSI/AAAAAAAAD-E/rJlw3kDoIMIGHYlqxkAmC4PMhb0WT3B7QCLcBGAsYHQ/s640/Apopi.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Apopi.</td></tr>
</tbody></table>
<br />
Il mostro più noto della mitologia egizia è indubbiamente Apopi, o Apep, il serpente oscuro che dimora nel Duat, cioè gli inferi, e vanta tra i suoi titoli quello di "signore del Caos".<br />
Conoscerete la storia: ogni notte Ra, il dio-sole, naviga sulla sua barca attraverso le regioni oscure del cosmo e ingaggia un feroce combattimento contro Apopi, coadiuvato da un gran numero di dèi, forze magiche e contributi spirituali da parte dei sacerdoti della terra, fino a vincere la battaglia e tornare in cielo il giorno dopo, mentre il corpo dilaniato di Apopi si rigenera in attesa dello scontro successivo, che avverrà al nuovo calare del sole. Se i testi egizi chiariscono i rapporti genealogici tra la maggior parte delle divinità -quando non li complicano proponendo versioni contrastanti-, poco ci dicono su Apopi. Tre sole storie ipotizzano la sua origine. Secondo la prima, egli è figlio di Neith, o Nit, anch'ella dea che incarna la potenza generativa dell'oceano primordiale, insieme a numerosi aspetti in qualche modo riconducibili a una natura "caotica", dalla maternità alla guerra. Neith è la madre di Ra, e in quanto dea acquatica è stata anche associata al dio coccodrillo Sobek, signore delle acque e incarnazione della natura a un tempo fertile e devastante del Nilo. Il modo in cui potrebbe aver generato Apopi ce lo suggerisce l'altra storia, che potrebbe anzi essere un completamento della prima: Apopi sarebbe nato dal cordone ombelicale che univa Neith e Ra, ed essere dunque venuto all'esistenza insieme a lui, che viene quasi da associare all'immagine del cordone ombelicale avvolto intorno al neonato con il rischio di strozzarlo, e perché no, al motivo arcaico del serpente avvolto intorno all'uovo primordiale, o al fanciullo divino che nasce, come nel mito di Phanes.<br />
Vi è infine una terza versione, secondo la quale Apopi nacque dallo sputo di Neith nelle acque di Nun, uno degli dèi dell'Ogdoade, per l'appunto colui che, insieme alla controparte femminile Nunet, incarna l'acqua primordiale.<br />
In qualunque caso, Apopi, che non figura tra le entità delle prime generazioni di dèi, nasce dall'acqua che rappresenta il Caos, da dèi che incarnano questi elementi, e non si allontana troppo dal motivo mesopotamico.<br />
<br />
Come dicevo, i mostri della mitologia egizia sono numerosissimi. Possiamo ricondurli a due categorie principali, quella dei mostri degli inferi, in cui rientra anche Apopi -con qualche valenza in più, dato che non si limita a dimorare nel Duat, ma minaccia con la sua sola esistenza la Maat, l'ordine del cosmo-, e quella delle creature che simboleggiano gli dèi.<br />
Di nessuno di questi, però, conosciamo le origini.<br />
Il mostro infero più conosciuto dopo Apopi è Ammit, o Ammut, la divoratrice di cuori dalla testa di coccodrillo che presenzia al rito della pesatura e si scaglia contro le anime dei reprobi, ma essa non è sola: i testi le affiancano Am-eh, una feroce creatura simile a un uomo con la testa di cane da caccia che dimora in un lago di fuoco, e Babi, personificazione della violenza dei babbuini. Entrambi si nutrono dei morti e proiettano in una dimensione escatologica aspetti reali di animali la cui ferocia era letta come propria dell'altro mondo, un mondo, quello infero, dove il caos continuava a prosperare, anche al di là delle complesse strutture organizzate dagli dèi.<br />
Tolte queste tre creature provviste di nome, i Libri dei Morti, quei testi magico-religiosi contenenti i precetti con cui orientare le pratiche ultraterrene, descrivono uno straordinario numero di creature ibride e grottesche poste a guardia dei cancelli e delle caverne degli inferi.<br />
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<div style="text-align: center;">
<span style="font-size: large;">Τερατογονία - La generazione dei mostri greci</span></div>
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Eccoci dunque all'anima della nostra storia, nel complesso di storie in cui risiedono le basi della stessa percezione mitologica dell'Occidente moderno. Per me, su un piano personale, è quasi una restaurazione di qualcosa: dopo essere cresciuto imbevuto di questa mitologia, e averla imparata su testi divulgativi, con la maturità ho iniziato a guardare altrove e a rapportarmi al concetto di fonte e di autore. Il corpus mitico greco l'ho appreso come una materia organica, disseminata di voci discordanti qua e là. Nel cammino che seguiremo adesso, invece, procederemo attraverso mitografi precisi. Inoltre, se nell'errare attraverso le storie di altre parti del mondo esisteva una radice di insofferenza all'assolutezza con cui certa cultura eleva quella greca, in un certo senso, a unica mitologia degna di considerazione alta, che si rifletteva in un'insofferenza indiretta verso la stessa, è soprattutto grazie alle storie di mostri che ho ripreso possesso dell'adorazione per questa tradizione, e di tutte quelle parti della mia identità che ho vincolato ad essa e le sono legate per l'eternità.<br />
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Detto ciò, gettiamoci nella mischia.<br />
La fonte mitografica più antica è la <i>Teogonia </i>di Esiodo, il grande poema composto intorno al 700 a.C. La sua è una tra numerose versioni differenti della stessa storia, ma è la più seguita e ad essa ci atterremo.<br />
L'elemento primevo, anche qui, è il Caos, concepibile in qualche modo come una divinità, o un qualcosa di meno definibile e di più ancestrale connotazione. Dal Caos deriva Gea, la Terra, che sarà la madre della creazione e avrà un ruolo non del tutto dissimile da quello di Tiamat, benché quest'ultima fosse l'oceano. È significativo che a Gea seguano Tartaro ed Eros, l'uno il luogo più oscuro, il baratro senza fondo della malvagità, e l'altro il dio più bello, il fondamento della vita stessa; dopo ancora verranno Erebo, l'oscurità, e Nyx, la notte.<br />
La prima generazione di esseri mostruosi è quella dei figli di Gea, che prima generò Urano, il cielo, e poi si unì a lui in un amplesso, cielo e terra che si tendevano l'uno verso l'altro suscitando l'innalzamento delle montagne e la formazione del mare: da quell'amplesso nacquero le prime tre razze di esseri divini. I primi sono i dodici Titani, e rappresenteranno le forze primordiali nella loro contesa con i loro discendenti, gli dèi olimpici; ma alcuni di essi saranno parte del culto religioso, sposi e spose degli dèi, e per quello che ci risulta hanno tutti sembianze antropomorfe.<br />
(Il testo della Teogonia proviene dalla traduzione di Ettore Romagnoli del 1929, reperibile su Wikisource.)<br />
<blockquote class="tr_bq">
«<i>Ed i Ciclopi poi generava dal cuore superbo,</i><i>Stèrope, Bronte, ed Arge dal cuore fierissimo: il tuono</i><i>diedero questi a Giove, foggiarono il folgore. In tutto</i><i>erano simili essi agli altri Celesti Immortali,</i><i>ma solamente un occhio avevano in mezzo alla fronte:</i><i>ebbero quindi il nome: Ciclòpi; perché solo un occhio</i><i>si apriva a lor, di forma rotonda, nel mezzo alla fronte.</i><i>Aveano forze immani, nell’opere grande scaltrezza.</i>» (vv. 136-143)</blockquote>
La terza stirpe, la più mostruosa, la più terrificante, così tanto da comparire molto più raramente dei Ciclopi nei racconti mitologici, è quella degli Ecantochiri, o Centimani.<br />
<blockquote class="tr_bq">
«<i>Ed altri nacquero anche figliuoli alla Terra e ad Urano,</i><i>Cotto, Gía, Briarèo, figliuoli di somma arroganza.</i><i>Ad essi cento mani spuntavan dagli òmeri fuori,</i><i>indomabili, immani, cinquanta crescevano teste</i><i>fuor dalle spalle a ciascuno, sovresse le membra massicce;</i><i>e senza fine gagliarda la forza su l’orrido aspetto.</i>» (vv. 144-149)</blockquote>
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-Eultio6klc8/XjxlhsAYlyI/AAAAAAAAD9o/upSA4rn2XOQBNGp3tbnuC5JqQj-knEn6ACLcBGAsYHQ/s1600/ecantochiri%2Bimmagine%2Bdi%2Bun%2Bblog%2Bin%2Bcirillico.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="724" data-original-width="800" height="361" src="https://1.bp.blogspot.com/-Eultio6klc8/XjxlhsAYlyI/AAAAAAAAD9o/upSA4rn2XOQBNGp3tbnuC5JqQj-knEn6ACLcBGAsYHQ/s400/ecantochiri%2Bimmagine%2Bdi%2Bun%2Bblog%2Bin%2Bcirillico.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Ecantochiro.</td></tr>
</tbody></table>
I Titani, i Ciclopi e gli Ecantochiri sono, insieme alle montagne e al mare, i figli primogeniti, i neonati della Terra e del Cielo, ed è in essi che il potere generativo degli albori del mondo si trova più denso, come nel fuoco delle stelle si ravvisa una scintilla dell'energia che ha dato inizio al nostro universo.<br />
Eppure, per il loro solo aspetto, queste creature conobbero presto la sorte che avrebbe accompagnato la maggior parte dei mostri nel corso della loro storia, al cui ricordo tutta la rete neurale lungo la quale viaggiavamo tremola ed è scossa dalla sofferenza e dal rancore: la prigionia.<br />
Urano ebbe paura dei suoi figli, come ogni padre della sua discendenza avrebbe avuto dopo di lui, e decise di imprigionarli nei profondi baratri dell'esistenza, nel Tartaro.<br />
<blockquote class="tr_bq">
«<i>E quanti erano nati terribili figli d’Urano<br />e della Terra, tanti fatti erano segno, nascendo,<br />del padre loro all’odio: ché, come nascevano, tutti<br />li nascondeva giú nei bàratri bui della Terra,</i><br />
<i>non li lasciava a luce venire.</i>» (vv. 150-154)</blockquote>
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-PuCfDc9URRI/Xjxl1kNO71I/AAAAAAAAD90/GAk-Zar1kmQd4IWLigTlKQiLk2z-XR4wwCLcBGAsYHQ/s1600/John_Martin_002%2BFallen%2BAngels%2Bin%2BHell.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1267" data-original-width="1536" height="328" src="https://1.bp.blogspot.com/-PuCfDc9URRI/Xjxl1kNO71I/AAAAAAAAD90/GAk-Zar1kmQd4IWLigTlKQiLk2z-XR4wwCLcBGAsYHQ/s400/John_Martin_002%2BFallen%2BAngels%2Bin%2BHell.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">John Martin, <i>La caduta degli angeli ribelli</i>.</td></tr>
</tbody></table>
Esiodo non ne fa menzione, ma nel racconto mitico di un'altra delle fonti più importanti della mitologia greca, la <i>Biblioteca </i>dello Pseudo-Apollodoro (II secolo d.C.) si nomina anche un guardiano del Tartaro, posto a sorvegliare i Ciclopi e gli Ecantochiri. Una creatura mezza donna e mezza serpente di nome Campe.<br />
Nella <i>Biblioteca</i>, in effetti, non figura nessuna descrizione del mostro, e non si dice altro che la sua funzione. È Nonno di Panopoli a descrivere Campe con ricchezza di attributi nelle sue <i>Dionysiaca</i> (V secolo d.C.), dove ne dà un'impressione raccapricciante: gigantesca, velenosa, cinquanta colli serpentini si agitano nelle parte inferiore del suo corpo, e culminano nelle bocche rabbiose di altrettanti diversi tipi di belva; non una coda, ma un groviglio di spire la sua, e nel punto mediano, dove si incontrano la donna e il drago, un ribollire caotico di materia che prende forme sempre cangianti di bestie ulteriori. Non sappiamo l'origine di questa creatura, ma è possibile identificarla con un'altra, che incontreremo tra poco.<br />
Gea non poteva tollerare che i suoi figli rimanessero imprigionati inutilmente, né che Urano continuasse a unirsi a lei per generare prole che avrebbe poi distrutto: prima che potesse bandire anche i Titani, Gea armò con una falce di ferro il figlio Crono, il più animoso e il più arguto dei dodici, perché colpisse il padre e ne prendesse il posto, e Crono, condividendone il pensiero, accettò e colpì Urano ai genitali, evirandolo.<br />
Urano non avrebbe mai più avuto figli. Ma la potenza del suo seme e del suo sangue era tale che le copiose quantità che ne ricaddero sulla Terra diedero origine a numerosi esseri.<br />
<br />
«<i>Né fu che senza effetto gli uscissero quelle di mano;</i><br />
<i>però che quante lí ne sprizzarono stille di sangue,</i><br />
<i>le accolse tutte quante la Terra; e col volger degli anni.</i><br />
<i>l’Erinni generò tremende, e gl’immani Giganti,</i><br />
<i>lucidi in armi, strette nel pugno le lunghe zagaglie,</i><br />
<i>e quelle Ninfe che Mèlie son dette sovressa la terra.</i>» (vv. 182-187)<br />
<br />
È a questo punto che Esiodo interrompe la narrazione della vicenda generazionale di Titani e Dei per narrare delle stirpi e delle entità che nacquero in quelle ore primordiali, o nelle ere che seguirono, dalle forze primigene e dai loro discendenti.<br />
Le Erinni, le dee che personificano la vendetta, sono senza numero negli autori antichi e saranno tre a partire da Virgilio; mentre Esiodo le inserisce nella progenie di Urano e Gea, accanto ai Giganti, altri autori le collocano tra le figlie della Notte, le ore buie che conducono al rimpianto.<br />
I Giganti, dal canto loro, saranno sempre considerati prima di tutto i figli della terra, e dalla terra trarranno la loro forza, come apprenderà Eracle che potrà vincere Anteo solo dopo essere riuscito a sollevarlo, privandolo del suo legame con la madre.<br />
E sia le Erinni che i Giganti verranno rappresentati come mostri in parte umani e in parte rettili, con serpenti nei capelli le prime e al posto delle gambe i secondi. I serpenti, nella mitologia greca, sono prima di tutto un simbolo ctonio, e in alcuni luoghi e anche acquatico. La natura degli esseri nati dalla terra è oscura, e nel più dei casi spiccatamente pericolosa. Le Melie sono ninfe degli alberi, in particolare del frassino, e non posseggono la natura violenta o crudele dei loro fratelli.<br />
Eppure, dalla stessa fonte che diede vita alle creature immani e terrificanti della prima età che fu, nacque anche il principio stesso dell'armonia e della bellezza, poiché la parte del sangue e del seme di Urano che cadde nel mare divenne la dea Afrodite.<br />
Perché forse, dopotutto, c'è un legame invisibile ma saldo tra l'orrore e la bellezza, tanto più concreto quanto più essi sono intensi.<br />
<br />
Segue la menzione dei figli della Notte, dèi tenebrosi e potenze infere come il Fato, la Morte, il Sonno, le tre Moire Atropo, Cloto e Lachesi, Nemesi, la vendetta, e gli altri elementi più odiati della vita degli uomini, dall'inganno alla contesa.<br />
Ponto, cioè il mare, è progenitore di molti dèi, ma anche di una grande stirpe di mostri, poiché insieme a Gea dà vita a Forco, a Ceto, a Taumante e a Euribìa, ciascuno dei quali è un aspetto del mare e del rapporto tra questo e l'uomo. Mentre Euribìa è la forza del mare, sulla quale al navigante occorre saper esercitare un controllo, e Taumante è la meraviglia che esso suscita, spesso parente del terrore per ciò che contiene e della paura della morte, Forco rappresenta quel pericolo misterioso che attende vicino al fondale, e Ceto, benché Esiodo ne parli in termini di bellezza, possiede il nome che in greco designa i mostri marini. Forco e Ceto sono coloro che generano la vasta stirpe di cui Esiodo parla così:<br />
<br />
«<i>E Ceto partorí le Graie bellissime a Forci,</i><br />
<i>che dalla nascita sono canute, e le chiamano Graie</i><br />
<i>gli uomini che sulla terra si muovono, e i Numi del cielo:</i><br />
<i>Penfredo dal bel peplo, con Enio dal peplo di croco;</i><br />
<i>e le Gorgóni che stanno di là dal famoso Oceàno,</i><br />
<i>verso la Notte, agli estremi confini, ove, garrule voci,</i><br />
<i>sono I’Espèridi: Stenno, Euríale e Medusa funesta.</i><br />
<i>Era mortale questa, immuni da morte o vecchiezza</i><br />
<i>le prime due: con quella, sui fiori d’un morbido prato</i><br />
<i>a Primavera, il Nume s’uní dalla chioma azzurrina.</i><br />
<i>E quando a lei Persèo dal collo recise la testa,</i><br />
<i>il grande ne balzò Crisàore, e Pègaso. A quello</i><br />
<i>ben si convenne il nome, quand’egli d’intorno alle fonti</i><br />
<i>giunse d’Ocèano, e d’oro stringeva nel pugno una spada.</i><br />
<i>Quindi volò, lasciando la terra nutrice di greggi,</i><br />
<i>fra gl’Immortali giunse, di Giove nei tetti or dimora,</i><br />
<i>e il tuono a Giove, mente sagace, ed il fulmine reca.</i>» (vv. 270-286)<br />
<br />
Le Graie, "bellissime" in Esiodo, sono tra le figure più sinistre che questi miti ci abbiano consegnato: grigie, come dice il loro nome, prive di denti e di occhi, ne possiedono uno solo per tipo e se lo scambiano a seconda delle necessità.<br />
E fanno pur sempre meno paura di quelle che vengono dopo.<br />
<br />
<br />
Figli di Calliroe<br />
<br />
«<i>Crisàore s’uní con Callíroe, d’Ocèano figlia,</i><br />
<i>e Gerïóne nacque da loro ch’à triplice capo.</i><br />
<i>Ercole tolse a questo la vita, il gagliardo campione,</i><br />
<i>nell’Eritèa circonfusa dall’acque, vicino ai giovenchi</i><br />
<i>dal lento pie’ quand’egli, d’Ocèano traverso al cammino,</i><br />
<i>spingeva i buoi dall’ampia cervice a Tirinto la sacra.</i><br />
<i>Ed Orto uccise, ed Euritióne, dei bovi custode,</i><br />
<i>nella nebbiosa stalla, di là dal famoso Oceàno.</i><br />
<i>E un altro orrido mostro generò Calliroe, per nulla</i><br />
<i>simile agli uomini, o ai Numi d’Olimpo che vivono eterni,</i><br />
<i>in una cava spelonca la diva scaltrissima Echidna,</i><br />
<i>che Diva è per metà, bella guancia con occhi fulgenti,</i><br />
<i>e per metà serpente terribile, orribile, immane,</i><br />
<i>versicolore, vivace, nei bàratri immensi di Gèa.</i><br />
<i>Una spelonca ha qui, sottessa una concava roccia,</i><br />
<i>lungi dai Numi immortali, dagli uomini nati a morire:</i><br />
<i>l’inclita casa a lei qui prescrissero i Numi immortali.</i><br />
<i>Ma ella riparò sotterra, fra gli Arimi, Echidna,</i><br />
<i>la luttuosa, Ninfa che mai non invecchia né muore.</i>» (vv. 287-305)<br />
<br />
<div style="text-align: center;">
I Figli di Echidna e Tifone</div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-bHxB6n73430/XjYQbQrNqHI/AAAAAAAAD8E/HsY7KDu-7MwdzyLi5tdlOz1Tds5PXRicACLcBGAsYHQ/s1600/dave-wolf-echidna-color-scaled.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1600" height="480" src="https://1.bp.blogspot.com/-bHxB6n73430/XjYQbQrNqHI/AAAAAAAAD8E/HsY7KDu-7MwdzyLi5tdlOz1Tds5PXRicACLcBGAsYHQ/s640/dave-wolf-echidna-color-scaled.jpg" width="640" /></a></div>
<br />
<br />
«<i>D’amor con lei si strinse, fanciulla dai fulgidi sguardi</i><br />
<i>l’ingiurïoso Tifone, che spezza ogni legge, tremendo.</i><br />
<i>Ed essa incinse, e a luce die’ figli dall’animo invitto</i><br />
<i>per Gerïone prima die’ a luce Orto, il cane: secondo</i><br />
<i>un mostro partorí terribile piú d’ogni dire,</i><br />
<i>Cèrbero, il cane dell’Orco, che voce ha di bronzo, gagliardo,</i><br />
<i>senza pietà, che di vivi si nutre, che capi ha cinquanta:</i><br />
<i>l’Idra di Lerna terza die’ a luce, d’aspetto funesto,</i><br />
<i>cui nutricò Giunone, la Diva dal candido braccio,</i><br />
<i>che, d’ira insazïata contro Ercole valido ardeva.</i><br />
<i>Ma lei trafsse il figlio di Giove col ferro spietato,</i><br />
<i>d’Anfitrióne il figlio, col suo prediletto Iolào,</i><br />
<i>Ercole per volere d’Atena, la Diva predace.</i><br />
<i><br /></i>
<i>Idra, poi partorí Chimera, che fuoco spirava,</i><br />
<i>che immane era, tremenda, veloce nei piedi, gagliarda.</i><br />
<i>Essa tre teste aveva: la prima di fiero leone,</i><br />
<i>l’altra di capra, la terza di serpe, d’orribile drago.</i><br />
<i>Bellerofonte prode con Pègaso morte le diede.</i><br />
<i><br /></i>
<i>Essa con Orto s’uni, die’ a luce la Sfinge funesta</i><br />
<i>che sterminava le genti di Cadmo, e il leone di Neme,</i><br />
<i>cui nutricò Giunone, di Giove la celebre sposa,</i><br />
<i>e lo mandò nei campi Nemèi, gran cordoglio ai mortali.</i><br />
<i>Quivi abitava, e a rovina mandava le molte famiglie,</i><br />
<i>che aveva Treto in suo dominio, e Apesanto e Nemèa.</i><br />
<i>Ma Ercole gagliardo poté con la Forza domarlo.</i><br />
<br />
<i>Ed in amore Ceto con Fòrcide unita, un serpente</i><br />
<i>orrido generò, che nei bàratri bui della terra</i><br />
<i>sta, con le spire immani, degli aurei pomi custode.</i><br />
<i>Questo serpente, dunque, da Ceto e da Fòrcide nacque.</i>»<br />
<br />
<div style="text-align: center;">
<span style="font-size: large;">La Culla del Caos</span></div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
La cosiddetta "narrazione silenziosa" di Dark Souls, la sua antonomastica <i>lore</i> segreta, costituisce, come molti hanno notato (si vedano ad esempio i video del canale YouTube "SolePorpoise", oltre naturalmente alle classiche interpretazioni di Vaatividya e Sabaku no Maiku), una condensazione di archetipi mitologici, inseriti in un contesto narrativo ed estetico che, ai miei occhi, ne esalta il valore motivico e ce li consegna in una forma in linea con la millenaria storia di questi archetipi e, al tempo stesso, con la nostra cultura.<br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-9PlNuO-u7-0/Xjx9TjgjZgI/AAAAAAAAD-Y/diliQaqNTXQy3hoVPoFnlJRu1LLrPBNYQCLcBGAsYHQ/s1600/Dark%2BSouls%2BAge%2Bof%2Bthe%2BAncients.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="360" src="https://1.bp.blogspot.com/-9PlNuO-u7-0/Xjx9TjgjZgI/AAAAAAAAD-Y/diliQaqNTXQy3hoVPoFnlJRu1LLrPBNYQCLcBGAsYHQ/s640/Dark%2BSouls%2BAge%2Bof%2Bthe%2BAncients.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">L'era degli antichi mostrata nel video prologo di Dark Souls (From Software, 2011).<br />
Si notino i grandi alberi di pietra e il drago con le sue quattro ali in basso a destra.</td></tr>
</tbody></table>
<br />
Una peculiarità che crea una lettura originale è il fatto che, nel mondo di Dark Souls, esistono esseri mostruosi prima del momento della creazione vera e propria, cioè l'accensione della Prima Fiamma.<br />
<blockquote class="tr_bq">
«<i>Nell'era degli antichi...il mondo era amorfo e avvolto dalla nebbia. Un regno di rupi grigie, alberi giganti e draghi eterni. Poi venne il Fuoco...e con il Fuoco venne la Diversità.</i>» (Prologo di Dark Souls)</blockquote>
I draghi, le creature caotiche per antonomasia, non solo esistono indipendentemente dal Caos -che è un concetto che in questo mondo nasce in un secondo momento e che vedremo più tardi- ma anche prima della nascita della diversità e della vita stessa, dunque si trovano in uno stato di esistenza che non è quello della vita animale, più simili a pietra semovente (della quale sono fatti, come lo sono gli alberi giganti), e come se non bastasse sono tutti identici tra loro, sempre perché la diversità non esiste. Accanto a loro esistono i cosiddetti "Serpenti primordiali", assolutamente imparentati con il mitema di Apopi e di Leviathan, ma presentati come una forma inferiore e non sviluppata dei draghi, e i giganti, da cui discendono coloro che coglieranno le anime nate dalla Fiamma per diventare dèi, e da cui deriverà anche l'umanità.<br />
In quest'ottica possiamo addirittura osservare che, paradossalmente, i draghi, i serpenti primordiali e i giganti non sono mostri, giacché, per un tempo non specificato, sono gli unici abitanti del mondo e ne rappresentano una sostanziale normalità.<br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-mTIC399etHs/XjyAJ5wS9PI/AAAAAAAAD-k/9miuKemW2EM2k8JYxQQthWSgd2ck_32mQCLcBGAsYHQ/s1600/First_Flame.png" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="250" data-original-width="300" src="https://1.bp.blogspot.com/-mTIC399etHs/XjyAJ5wS9PI/AAAAAAAAD-k/9miuKemW2EM2k8JYxQQthWSgd2ck_32mQCLcBGAsYHQ/s1600/First_Flame.png" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">La Prima Fiamma nel video prologo di Dark Souls.</td></tr>
</tbody></table>
Il concetto di diversità, si diceva, nasce con la Fiamma, ed è alla diversità che è connessa anche la mostruosità. Non può essere se non dopo la Fiamma la nascita di draghi unici e diversi da quelli antichi, come Seath il Senzascaglie, albino e dalla conformazione del corpo singolare, o Kalameet, con un occhio solo e due ali invece che quattro come gli altri. Del pari, è dopo l'avvento della Fiamma che possiamo collocare lo sviluppo delle numerose specie animali che popolano il mondo di Dark Souls, incluse creature che chiameremmo mostruose, come la chimera "Guardiano del Santuario" o le viverne, rettili che si sono evoluti in modo simile ai draghi.<br />
<br />
Il racconto teratogonico di Dark Souls, elevabile anzi a mito teratogonico moderno, quello che pone in un rapporto quasi antinomico la creazione degli esseri "non caotici" e quella degli esseri "caotici", è la storia della Strega di Izalith e della Fiamma del Caos.<br />
La Strega di Izalith era una dei quattro Lord, coloro che trovarono le Anime dei Lord e divennero gli dèi del loro mondo. Dopo aver vinto la guerra contro i draghi per il dominio sulla superficie -giacché i giganti dimoravano nelle profondità della terra, e fu lì che trovarono la Fiamma- Gwyn, il re supremo, diede inizio all'Era del Fuoco, un tempo di pace e prosperità che durò finché la Fiamma continuò ad ardere. Il rapporto tra la Fiamma, Gwyn, e la possibilità di ravvivarla è al centro della storia di Dark Souls.<br />
Dal canto suo, la Strega di Izalith tentò di ricorrere a un'altra soluzione per prolungare l'Era del Fuoco: creare una nuova fiamma.<br />
Le descrizioni degli oggetti ci narrano a cosa questo portò.<br />
<blockquote class="tr_bq">
«<i>Art of the Flame of Chaos, which engulfed the Witch of Izalith and her daughters. Erects localized chaos fire pillars.</i><i><br /></i><i>The Witch of Izalith, in an ambitious attempt to copy the First Flame, created instead the Flame of Chaos, a twisted bed of life.</i>»<br />
(Descrizione della Chaos Storm)</blockquote>
I miti contengono numerosi esempi in cui creare in modo indebito produce una creazione imperfetta, come quello di Era che genera un figlio da sola, dando così vita al dio Efesto (in Esiodo), deforme e orrendo, oppure allo stesso Tifone (Inno omerico ad Apollo), il mostro dei mostri.<br />
Ma il racconto della Strega di Izalith potrebbe anche darci spunti di riflessione sul tema della bioetica e della creazione della vita artificiale.<br />
Quella generata dalla Strega fu la Fiamma del Caos, una magia estremamente potente, ma che non produsse il risultato sperato.</div>
<div style="text-align: left;">
<blockquote class="tr_bq">
«<i>Catalyst of the Witch of Izalith of long ago, when her daughters were still flame witches, before they were engulfed by the Chaos Flame. Before the birth of pyromancy, their wands were mediums for sorcery, but knowledge of this flame sorcery has long since vanished.</i>»<br />
(Descrizione dell'Izalith Catalyst)</blockquote>
Essa si tramutò nella Culla del Caos, il luogo esecrabile dal quale furono generati tutti i demoni.</div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-ZOtl0-O6-GM/XjtJ6k4TFYI/AAAAAAAAD8o/c4AfqgIKJ8YxaE3BEI4CEdkd1y7dVWbBACLcBGAsYHQ/s1600/Bed-of-Chaos.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="360" src="https://1.bp.blogspot.com/-ZOtl0-O6-GM/XjtJ6k4TFYI/AAAAAAAAD8o/c4AfqgIKJ8YxaE3BEI4CEdkd1y7dVWbBACLcBGAsYHQ/s640/Bed-of-Chaos.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">La Culla del Caos, fotogramma da Dark Souls.</td></tr>
</tbody></table>
<div style="text-align: left;">
<blockquote class="tr_bq">
«<i>Soul of the Bed of Chaos and the mother of all demons. This Lord Soul was found at the dawn of the Age of Fire.</i><i>The Witch of Izalith attempted to duplicate the First Flame from a soul, but instead created a distorted being of chaos and fire. Its power formed a bed of life which would become the source of all demons, and is more than enough to satiate the Lordvessel.</i>»<br />
(Descrizione dell'Anima del Lord della Culla del Caos)</blockquote>
Sono i demoni, secondo la nostra lettura, la razza mostruosa di Dark Souls, l'equivalente delle schiere dei mostri nelle altre mitologie. Non sono nati né insieme alla "prima generazione" delle creature del mondo di Lordran, né insieme alla Fiamma, ma da un tentativo fallito e forse arrogante, benché dettato dalla necessità, di creare artificialmente la fonte stessa della vita. Il loro aspetto grottesco riflette bene il loro stato, i demoni di Dark Souls hanno gli attributi cui la nostra cultura visiva è abituata, dalle corna alla coda e alle piccole ali, ma i loro corpi sono gonfi e sproporzionati, la loro postura storta e i loro errare per il mondo insensato. Vi sono poi creature associate ai demoni ma diverse, come il Demone-Toro e il Demone-Capra, che in realtà costituiscono due categorie rappresentate da numerosi esemplari, che hanno forma diversa e potrebbero possedere origini diverse. Il Demone-Capra, in particolare, possiede statura umana ed è un combattente agile ed elegante.<br />
<br />
Inoltre, il fuoco del Caos consumò in una violenta vampata tutti gli esseri viventi con cui entrò in contatto, le figlie e il figlio della Strega di Izalith, trasformandoli in creature a metà tra l'umano e il demoniaco, esseri che dalla vita in su mantenevano le fattezze precedente e che al posto delle gambe avevano parti che riflettevano la natura del Caos, proprio come i numerosi giganti e le numerose creature femminili che nella mitologia greca posseggono busto umano terminante in code e grovigli serpentini. In Dark Souls, le figlie del Caos contagiate dalla fiamma maledetta sono divenute imponenti ragni dal corpo grottesco e attraversato dal fuoco, come è accaduto a Queelag e alla sua infelice sorella. </div>
<div style="text-align: left;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-74SxdNg34tw/XjtKHh9qgEI/AAAAAAAAD8s/d_sVG1vobc08lRjRG5yqXDZ76wgEZbG_gCLcBGAsYHQ/s1600/Quelaag_full.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="360" src="https://1.bp.blogspot.com/-74SxdNg34tw/XjtKHh9qgEI/AAAAAAAAD8s/d_sVG1vobc08lRjRG5yqXDZ76wgEZbG_gCLcBGAsYHQ/s640/Quelaag_full.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Queelag, la Strega del Caos, fotogramma da Dark Souls.</td></tr>
</tbody></table>
<div style="text-align: left;">
<br /></div>
<div>
<div style="text-align: center;">
<span style="font-size: large;">La Congiunzione delle Sfere</span></div>
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-k4BGw5TskR4/XjxFhiEf4YI/AAAAAAAAD9c/QBrtyWY8RDMsfmGbw0L2lJ1j85Wa0tNtwCLcBGAsYHQ/s1600/the_witcher_3_-_the_conjunction_of_the_spheres.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="562" data-original-width="929" height="387" src="https://1.bp.blogspot.com/-k4BGw5TskR4/XjxFhiEf4YI/AAAAAAAAD9c/QBrtyWY8RDMsfmGbw0L2lJ1j85Wa0tNtwCLcBGAsYHQ/s640/the_witcher_3_-_the_conjunction_of_the_spheres.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">La Congiunzione delle Sfere, con i due mondi intersecati e un licantropo a mostrare il risultato del loro contatto,<br />
in un fotogramma proveniente dal video introduttivo di "The Witcher 3" (CD Projekt Red, 2015).</td></tr>
</tbody></table>
<br />
È estremamente affascinante il modo in cui i mostri hanno fatto la loro comparsa nel mondo di The Witcher.<br />
Per molto tempo, fino a circa 1500 anni prima della storia narrata nel ciclo di romanzi di Andrzej Sapkowski, del suo proseguimento ideale nei videogiochi di CD Projekt Red e dei suoi adattamenti fumettistici e televisivi, gli inquietanti esseri che ne riempiono i bestiari e la stessa magia, elemento chiave della vicenda, non erano mai esistiti. O almeno, non nel Continente. Esso era abitato dai suoi abitanti più remoti, quali i nani, gli gnomi e gli elfi, e solo da poco razze come gli umani si erano affacciate alla storia.<br />
Fino a quando, per circostanze incomprensibili, uno spaventoso cataclisma investì il tessuto spazio-temporale del mondo, un contatto con un'altra dimensione, fatta di energia arcana, di caos, nel modo in cui quella del Continente era fatta di materia. Quel cataclisma è ricordato come "la Congiunzione delle Sfere". È così che le creature mostruose hanno viaggiato da quella realtà a quella del mondo dei mortali. È anzi possibile che alcune derivino da mutazioni operate dalla magia sulla natura, e che creature ibride, con parti che rimandano inequivocabilmente alla natura di animali comuni nel mondo materiale, non siano giunte già fatte dall'altro mondo, ma siano il prodotto del contatto tra le due sfere. In quanto organismi alieni agli ecosistemi del nuovo mondo, i mostri sono specie distruttive, che non possiedono una nicchia ecologica e mettono in pericolo qualunque sistema; essi hanno provocato una lunga età oscura, un tempo di morte e incertezza, fino a quando gli uomini hanno trovato il modo di rispondere al fuoco creando a loro volta degli esseri mutanti, gli strighi, potenziati allo scopo preciso di uccidere i mostri e permettere la fioritura della civiltà.<br />
In questa storia, i mostri possono considerarsi extraterrestri, ma sarebbe più corretto parlare di una realtà altra, complementare a quella materiale, di cui essi manifestano le sembianze. Anche qui, come altrove, i mostri sono non un altro mondo, ma "l'altra parte" del nostro.<br />
<br />
<div style="text-align: center;">
<span style="font-size: large;">Conclusione: l'Alba dopo la Notte dei Tempi</span></div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
Le storie teratogoniche sono infinite, e mentre l'umanità continua a prosperare, a volte in senso buono e altre in senso meno buono, tutte le sue vicende si ripercuotono nei recessi della realtà in cui dimorano i mostri, creandone di nuovi, articolando e reiterando le forme strutturali del mito in storie nuove che parlino al presente delle sue paure e delle sue speranze, ed è da questo che si originano mondi e sistemi in cui si manifestano non già singoli mostri, ma intere classi e funzioni mostruose tutte dotate di senso.</div>
<div style="text-align: left;">
I miti che abbiamo osservato si possono ricondurre ad alcune categorie. I mostri sono una vera e propria categoria a sé stante nella mitologia mesopotamica e in quella greca, e si originano in un preciso momento della gestazione dell'universo. Sono un passaggio organico, in alcune narrazioni, e nella nascita dei Ciclopi o dei mostri marini della Bibbia non vi è nulla di estraneo al processo generativo di cui fanno parte, o al piano cosciente che lo guida, nel caso del racconto veterotestamentario; altre volte, invece, sono una deviazione di percorso, una reazione a una mancanza o a una stortura, e vengono generati per risolverla o come semplice conseguenza: Tiamat mette al mondo i suoi undici "secondogeniti" per fare guerra ai discendenti di quei "primogeniti" che avevano commesso torto contro di lei, come Gea evoca Tifone per vendicare la disfatta dei Titani. Entrambi i miti sono, non solo ma anche, reazioni di un ordine vecchio e conservativo a un ordine nuovo che lo ha debellato, sacche di resistenza al mutamento che alimenta la storia.</div>
<div style="text-align: left;">
I demoni di Dark Souls derivano, analogamente, dalla creazione della Fiamma del Caos conseguente allo spegnimento della Prima Fiamma, ma non sono né desiderati né in qualche modo funzionali alla crisi, essi semplicemente <i>succedono</i>, e restano nel mondo come esseri mostruosi e vaganti, avversati da dèi e umani.</div>
<div style="text-align: left;">
Poi vi sono i racconti -li vedremo in futuro- in cui i mostri sono una parte della realtà che deriva da un atto creativo secondo e contrario a quello principale, una contro-creazione o una corruzione di parte della creazione. È ciò che si manifesta nello Zoroastrismo, dove il mondo è scenario dell'antagonismo tra bene e male, e passa attraverso il Cristianesimo fino a lasciare un solco nella tradizione contemporanea, dove l'entità malvagia che deturpa gli esseri viventi in creature maligne, affermatosi nella mitologia tolkieniana del Silmarillion, è molto ricorrente nei fantasy.<br />
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-selbvwOQH2c/XkGiA8FZB0I/AAAAAAAAD-w/T_bNMnwSicAOR2BXARaYC6saIh_bFGFJwCLcBGAsYHQ/s1600/AWanderer.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1102" data-original-width="1500" height="470" src="https://1.bp.blogspot.com/-selbvwOQH2c/XkGiA8FZB0I/AAAAAAAAD-w/T_bNMnwSicAOR2BXARaYC6saIh_bFGFJwCLcBGAsYHQ/s640/AWanderer.jpg" style="cursor: move;" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">"A Wanderer", di Hannah Comstock.</td></tr>
</tbody></table>
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
Al termine del viaggio, recuperiamo il contatto con il nostro oggi e il nostro qui, e ci interroghiamo su cosa quella storia significhi per noi ancora oggi.</div>
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Che pensare i mostri era necessario agli uomini di seimila anni fa, e lo è stato in tutte le epoche successive, e che non ha smesso di esserlo neanche ora. Più che necessario, inevitabile. È una struttura della mente dell'uomo radicata come tutte le sue categorie, la cui origine è nelle stesse percezioni sensoriali.</div>
<div style="text-align: left;">
E che i mostri hanno una loro storia. Miti che dicono da dove sono venuti. Escatologie sul loro destino. Sono storie fatte dagli uomini così come loro stessi sono stati proiettati dagli uomini fuori da se stessi, e quel che ne emerge è che la loro storia e la loro autonomia dipendono da ciò che gli uomini decidono di loro.<br />
Poi però arriva un tempo in cui i mostri, come gli dei, vengono lasciati da parte, accantonati come giocattoli il cui valore era vincolato ad un'entità di tempo specifica e determinata, e che non possono spingersi oltre il suo termine se non nella rievocazione di un ricordo che li altera e li tradisce. Come articoli di antiquariato con cui servire qualcosa che viene avvertito come più importante, ecco che la loro carica sovversiva e anarchica viene stemperata fino ad estinguersi.<br />
Da parte mia, credo che i mostri abbiano maturato nel tempo un loro ideale status di ideale autonomia. Che la loro lunga esistenza astratta abbia lasciato una traccia nell'astrazione, e che in questa traccia essi possano dimorare e prosperare per conto proprio. E se non è così, intendo sostenere con l'Anima del Mostro un sistema in cui le cose vanno proprio in questo modo, in cui tutti gli elementi del mostruoso sono in grado di riconoscersi e di individuare come proprio principio ontologico <i>non</i> la loro "non umanità", al grado negativo, ma la loro, passatemi il grecismo, "teratìa" -giacché "mostruosità" è sovraccarico di significati- al grado positivo.<br />
E il primo passo per fondare questo principio è la memoria, il mito delle origini. Carichi di un ricordo comune, coloro che vivono nell'altra metà del mondo possono da ora procedere a ricostruire quell'identità e a mettere insieme la loro storia come gli uomini hanno disposto della loro, e nessuna delle due sarà senza significato per l'altra parte, poiché i mostri, in questa come in tutte le altre manifestazioni, sono un infinito rispecchiare ciò che gli uomini sono stati, sono, potrebbero essere e, qualche volta, dovrebbero essere.<br />
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<br />
<span style="font-size: large;">Bibliografia</span><br />
<br />
Angelini 2018 - <i>Dal Leviatano al drago. Mostri marini e zoologia antica tra Grecia e Levante</i>, Il Mulino, Bologna, 2018.<br />
Jacobsen 1989 - T. Jacobsen, <i>God or Worshipper </i>in T.H. Holland, a cura di, "Studies In Ancient Oriental Civilization" 47, The Oriental Institute of the University of Chicago, pp. 125-130.<br />
Romagnoli 1929 - Esiodo, <i>I poemi</i>, traduzione di E. Romagnoli, Zanichelli, Bologna, 1929.</div>
<div>
Thompson 1904 - R. Campbell Thompson, <i>The devils and evil spirits of Babylonia</i>, 2 voll., Lunzac, Londra, 1903-1904.<br />
Wiggermann 1992 – F..A.M. <i>Wiggermann, Inventory of Monsters. Brief discussions in Mesopotamian Protective Spirits: The Ritual Texts</i>, STYX Publications, Groningen, 1992.<br />
Wiggermann 1994 – F.A.M. Wiggermann, <i>Transtigridian Snake God</i> in I.L. Finkel, M.J. Geller, <i>Sumerian Gods and Their Representations</i>, STYX Publications, Groningen, 1994, pp. 33-55.<br />
<br />
Dark Souls, From Software, 2011.<br />
The Witcher, CD Projekt Red, 2015.<br />
<br />
<span style="font-size: large;">Postille</span><br />
<br />
I - L'immagine di copertina dell'articolo proviene dalla Spore Wiki e fa parte di un filone narrativo sviluppato dai fan del gioco. Nell'immagine è rappresentato un <i>Chaos Monster</i>, appartenente alla categoria <i>Hierophant</i> e nominato come <i>Nenenlthast</i>.<br />
Fonte: <a href="https://spore.fandom.com/wiki/Fiction%3AChaos/Monsters">https://spore.fandom.com/wiki/Fiction%3AChaos/Monsters</a><br />
<br />
II - La maggior parte di questo testo è stata scritta tenendo come sottofondo la musica della Black Metal band greca Rotting Christ. In particolare, il loro album "Theogonia" (2007), le cui tracce evocano scenari mitologici greci, e nel caso del brano "Enuma Elish" anche mesopotamici. Accanto ad esso, il successivo "Aealo" (2010). La suggestione mitologica della loro musica è stata determinante durante la stesura del post, e non posso non suggerirne l'ascolto durante la lettura.</div>
Francis Starkhttp://www.blogger.com/profile/10559448728477569844noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3648770856103118233.post-52931052172911859172020-01-23T22:17:00.002+01:002020-12-19T13:11:10.688+01:00La Storia dei MostriBenvenuti a tutti i lettori, e ben ritrovati presso queste latitudini remote, al crocevia tra la discesa che porta all'Acheronte, i confini di Prete Gianni e il non frequentemente citato Regno che Fu.<br />
L'attività dell'Anima del Mostro, negli ultimi mesi, anzi, per la maggior parte dell'ultimo anno, si è concentrata sulle pagine social di <a href="https://www.facebook.com/LAnimadelMostro/">Facebook</a> e <a href="https://www.instagram.com/l_animadelmostro/?hl=it">Instagram</a>, e dato che i miei impegni e le mie attività esterne all'Anima, per i quali mi è risultato più semplice proseguire questo percorso attraverso piccoli post che lunghi articoli, si sono fatti via via maggiori, ho tratto quanti più vantaggi possibili da questa situazione per portare avanti, in questo formato, alcune di quelle ricerche più impegnative che in precedenza svolgevo attraverso il blog.<br />
E dato che la situazione rimarrà tale ancora per diverso tempo, non c'è motivo per lasciare indietro "l'anima" del progetto, questo stesso blog.<br />
Ecco perché ho deciso di pubblicare qui il frutto degli ultimi mesi di lavoro dell'Anima del Mostro, in modo da recuperare anche il blog, da una parte, e di dare forma migliore a queste ricerche, dall'altra.<br />
Sarà anche un modo per portare a compimento quanto avevo detto tempo fa, e arrivare a cento post sul blog prima di dare nuova forma e nuovo assetto a tutto il progetto.<br />
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<div style="text-align: center;">
<span style="color: orange; font-size: large;">Storia umana di ciò che umano (forse) non è</span></div>
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Il primo post di questo 2020 che apre un nuovo decennio farà una cosa che nel blog, in effetti, non avevo paradossalmente mai fatto: introdurre i mostri.</div>
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Vi riporto infatti le cinque parti della rubrica "MOSTRO", che ho scritto quest'estate dopo aver creato la nuova pagina Instagram in modo da presentare la materia e il modo in cui consideriamo qui il concetto di mostro, alla luce soprattutto della sua evoluzione nel corso del tempo.</div>
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In realtà, i mostri non sono <i>sempre</i> stati l'argomento centrale dell'Anima, al di là del suo nome. Anche dopo il primo grande cambiamento, da spazio di scrittura personale a sito di ricerca, gli argomenti erano più generici e non c'erano vere e proprie specifiche. È stato più tardi ancora che ho realizzato che era proprio dei mostri che avevo bisogno di parlare di più, ed è stato un passaggio vissuto, dunque graduale.</div>
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Con questo post colloco anche sul blog questa grande presentazione, e la apro introducendo tutto con quello che posso dirvi sui mostri ora, dopo averli approfonditi per un po' di tempo.<br />
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<i>Mostro</i>.<br />
Mostro, in francese <i>monstre</i>, <i>monstruo</i> in spagnolo, <i>monster </i>in inglese e in tedesco, sono tutti esiti del latino <i>monstrum</i>. È quel che ripeto fin dall'inizio: <i>monstrum</i> può essere tutto. Una creatura, una persona, ma anche un evento, una sensazione, un pensiero. La parola <i>monstrum</i> si forma a partire dal verbo <i>moneo</i>, il nostro "ammonire", e dal suffisso <i>-trum</i>, con cui si costruiscono nomi strumentali a partire dai verbi. Un <i>monstrum</i> è una cosa che serve a <i>monere</i>, ad avvisare, mettere in guardia, o prestare attenzione a qualcosa che la richiede. A sua volta, <i>moneo </i>è uno dei derivati di una radice indoeuropea molto importante, <i>*men-</i>, che designa le attività del pensiero. "Mente", da <i>mentis</i>, viene dalla stessa origine. Il mostro è un fatto del pensiero. Un procedimento della nostra intelligenza. Frutto di una mediazione tra una struttura mentale e una realtà fisica esterna, che crea una categoria in cui disporre alcuni oggetti, quelli che richiedono attenzione.<br />
<br />
<i>Teratologia</i>.<br />
La disciplina che studia i mostri. Essa riflette un lato del cambiamento di percezione del mostruoso, che solitamente qui non trattiamo: la deformità degli esseri viventi. Molti episodi della storia del mostruoso si legano a fenomeni di natura biologica. E se la teratologia originaria cercava motivazioni sacre o ragioni astronomiche nella nascita di animali o di esseri umani affetti da deformità, oggi è una disciplina scientifica legata alla genetica. Ma, nella più ampia definizione, che ho già usato, di "studio dei mostri", è quanto di più vicino a quel che facciamo qui. E quindi userò questa parola.<br />
<i>Monstrum</i> è usato in latino nei luoghi in cui il greco adopera τέρας, <i>téras</i>. Le due parole sono legate.<br />
Anche τέρας ha la stessa ampiezza di significato di <i>monstrum</i>, ma un legame più presente con il divino, giacché la mostruosità nella tradizione greca viene sempre avvertita come suo segnale. La sua origine non si richiama alla mente, bensì all'azione: τέρας deriva dalla radice indeuropea *kʷer-, la cui sfera è quella del fare in tutte le sue accezioni, agire o creare. In tal senso, il mostro è fin dall'assenza un'azione divina, l'atto creativo stesso è assimilabile al mostro.<br />
<br /></div>
Mostro può significare tante cose, sia buone che cattive che al di fuori di qualunque morale. Oltre a connotare qualunque cosa ci susciti orrore, può anche evidenziare la particolare efficacia di qualcuno in qualcosa, un particolare talento. In tutti i casi, il denominatore comune è che il mostro è in qualche modo un'eccezione o un caso unico. Non rientra nel canone, nella misura. Il più delle volte, la eccede.<br />
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<div style="text-align: center;">
<span style="color: orange; font-size: large;">I - L'antichità</span></div>
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Il concetto che più ci interessa -ma nel tempo cercheremo di affrontarli tutti- è quello originario, la sfumatura di più ampio respiro implicata dalla mostruosità.<br />
Il <i>monstrum</i>, e prima ancora il τέρας greco, sono connotati come prodigi, fenomeni meravigliosi. L'idea soggiacente è che fenomeni come questi abbiano un significato divino. Il divino è per necessità non umano, o almeno tale necessità è quella avvertita dagli antichi, per i quali, a partire dalla civiltà di cui possediamo le attestazioni più remote, quella sumera, i mostri sono ipostasi degli dèi. Del loro aspetto distruttivo, legato ad aspetti naturali e quindi rappresentazioni teriomorfe; soprattutto, incomprensibile.<br />
<br /><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-bzyt4ToC05U/X93q_J8YoDI/AAAAAAAAEY8/RwBgpP9bhmoVmDK_6OZfUwacI1ET7l-PwCLcBGAsYHQ/s1135/Grifone%2Bpersiano%2BSusa.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1113" data-original-width="1135" height="393" src="https://1.bp.blogspot.com/-bzyt4ToC05U/X93q_J8YoDI/AAAAAAAAEY8/RwBgpP9bhmoVmDK_6OZfUwacI1ET7l-PwCLcBGAsYHQ/w400-h393/Grifone%2Bpersiano%2BSusa.jpg" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12.8px;">Un proto-grifone dal palazzo persiano di Susa, conservato al Louvre.</span></td></tr></tbody></table><br />Alla base della parabola dei mostri si trova la constatazione che l'Uomo non può comprendere Dio, qualunque sia il modo in cui lo concepisce. Ai suoi occhi sarà sempre "altro", costituito su cardini esistenziali assolutamente diversi.<br />
Così, il Mostro diviene la lingua con cui l'Uomo parla di Dio. Un tramite, un messaggero. Un angelo, che infatti nella letteratura ebraica antica si manifesta con sembianze mostruose, accompagnando le manifestazioni di un Dio che si pone come la mostruosità prima, ultima e definitiva.<br />
<br />
In un certo senso, la <i>quest </i>dell'Anima del Mostro può intendersi, oltre che come comprensione, indagine, e naturalmente esaltazione e manifestazione di ammirazione, verso i mostri, come una ricerca di Dio attraverso di loro.<br />
<br />
<div style="text-align: center;">
<span style="color: orange; font-size: large;">II - Il medioevo</span></div>
<br />
Il campo del mostruoso è particolarmente interessante e ricco di implicazioni complesse quando si tratta di Medioevo. A dispetto di quanto ci aspetteremmo da un'epoca culturale cui associamo polarizzazioni concettuali rigide, e in cui dunque il brutto e il deforme non possono essere che sinonimi di male, in realtà la mostruosità ha un ruolo importante e culturalmente fecondo, perché prosegue l'espressione del linguaggio divino come nel mondo antico.<br />
<br />
Per comprendere come dobbiamo passare attraverso le opere dello Pseudo-Dionigi l'Areopagita, teorico della cosiddetta teologia negativa. È un concetto nato già in Grecia con Plotino, principale modello di quel Neoplatonismo che è base fondamentale del pensiero medievale, e si fonda sul riconoscimento dell'impossibilità di definire Dio secondo quello che è, essendo le sue caratteristiche del tutto oltre la portata del pensiero dell'Uomo, e la scelta di una "via negationis" mediante la quale definire Dio secondo quello che non è. Accettando la propria imperfezione e la limitatezza dei propri mezzi, l'Uomo tenta così di trascendere sé stesso mediante l'errore, facendo di questo il proprio percorso verso Dio.<br />
<br /><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-xpmIP7WVlHM/X93rtNkDOQI/AAAAAAAAEZE/c3gu33iLNcYUTFjXutkpJvXaeJNv9PK1wCLcBGAsYHQ/s686/Manticora%2Bbestiario.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="558" data-original-width="686" height="325" src="https://1.bp.blogspot.com/-xpmIP7WVlHM/X93rtNkDOQI/AAAAAAAAEZE/c3gu33iLNcYUTFjXutkpJvXaeJNv9PK1wCLcBGAsYHQ/w400-h325/Manticora%2Bbestiario.jpg" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12.8px;">Miniatura di una manticora proveniente dal Bestiario di Ashmole, </span><br style="font-size: 12.8px;" /><span style="font-size: 12.8px;">del XII-XIII secolo, Bodleian Library, MS. Ashmole 1511, Folio 22v.</span></td></tr></tbody></table><br />È così che la deformità, l'asimmetria, il grottesco, il connubio di sembianze diverse, vengono concepiti come strumenti per indagare il campo del divino e dell'assoluto.<br />
Nel mondo medievale, in cui ogni cosa fa parte di un'unica realtà concepita sulla base di un piano ben preciso, e ogni elemento fisico è vincolato a un elemento spirituale, un significato e un'allegoria, anche le forme mostruose non fanno eccezione, e come le creature deformi che popolano i recessi sconosciuti del mondo vengono considerate creature di Dio come tutte le altre, le chimere e gli esseri fantastici hanno una funzione ancora più alta di immagini direttamente afferenti a Dio. Anche qui il Mostro è la lingua con cui l'Uomo parla di Dio.<br />
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<br />
<div style="text-align: center;">
<span style="color: orange; font-size: large;">III - L'età moderna</span></div>
<br />
Il pensiero moderno ha certamente reinventato i mostri in molti modi, e possiamo dire che oggi ne coesistono più declinazioni diverse, sia quelle che abbiamo già osservato che le numerose altre originatesi in seguito.<br />
Alla fine del Medioevo, l'arte gotica concepisce le possibilità del grottesco, e il mostruoso come caricatura anche licenziosa della realtà, che permane fino a noi. Il Rinascimento è ricco di combinazioni ornamentali a un tempo orripilanti e divertenti.<br />
<br />
Con il romanzo gotico, il mostro incorpora il senso di minaccia di un'età di grandi incertezze in cui il mondo che era cade definitivamente al sorgere del nuovo mondo. I mostri più famosi della letteratura ottocentesca sono relitti del passato, dell'aristocrazia decadente e di pratiche abbandonate, sono incarnazioni di paure latenti verso le nuove possibilità delle tecniche o le nuove scoperte che cambiano la percezione della realtà.<br />
<br /><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-5pORAAYMI9U/X93sFh5KpzI/AAAAAAAAEZM/8p5BOGg2-4APuWjUKAOXQc216Qye28hhQCLcBGAsYHQ/s1024/Dracula%2BWilfried%2BPodriech.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1024" data-original-width="797" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-5pORAAYMI9U/X93sFh5KpzI/AAAAAAAAEZM/8p5BOGg2-4APuWjUKAOXQc216Qye28hhQCLcBGAsYHQ/w311-h400/Dracula%2BWilfried%2BPodriech.jpg" width="311" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12.8px;">Un'illustrazione di Wilfried "Sätty" Podriech </span><br style="font-size: 12.8px;" /><span style="font-size: 12.8px;">per "Annotated Dracula", 1975.</span></td></tr></tbody></table><br />È soprattutto l'Inconscio il nuovo palcoscenico, la nuova incubatrice dei mostri. Mentre gli spazi sconosciuti del mondo fisico, le regioni la cui conoscenza è interdetta dalla scritta "Hic Sunt Dracones", vengono svelati e riempiti dalle scienze esatte, si scopre che il pensiero umano è una regione ancora inesplorata, sul fondo della quale si spalanca un abisso ancora pieno di misteri. Paranoie, smarrimento, paure sconosciute, e un groviglio di impulsi violenti e ferali che minano le fondamenta di una civiltà organizzata e professatamente razionale, che li soffoca fino al punto di provocarne le sconcertanti esplosioni.<br />
<br />
Possiamo dire che un assioma fondamentale non è mutato: il mostro è il caos che irrompe nella dimensione ordinata del cosmo. Nel pensiero antico tutto dimorava sullo stesso piano, e quel caos risiedeva sul fondo del mare, nel fitto delle foreste o sotto la terra. Oggi, oltre a provenire da nuove dimensioni, come lo spazio o la rete, viene dalla nostra interiorità stessa, dalle paure e dalle forze incontrollate della nostra Psiche.<br />
<br />
<br />
<div style="text-align: center;">
<span style="color: orange; font-size: large;">IV - L'età contemporanea</span></div>
<br />
Siamo ormai giunti al mondo contemporaneo.<br />
Il significato primario che oggi associamo alla parola mostro è quello spiccatamente negativo che considera tale qualsiasi essere possegga un aspetto ripugnante e/o un'indole crudele, che spregi quella morale e quell'empatia che costituiscono ciò che consideriamo 'umanità'. Idealmente sono soprattutto esseri antropomorfi, capaci di provare ed eventualmente aborrire sentimenti simili ai nostri, e inseriti nei nostri stessi ambienti.<br />
<br /><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-YQWseoKAMJU/X93sygDE5VI/AAAAAAAAEZY/FR1pEkLwCDAxe-qZ7CM4fWfmJO-cE75eACLcBGAsYHQ/s2015/Frankenstein%2BBernie%2BWrightson.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="2015" data-original-width="1380" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-YQWseoKAMJU/X93sygDE5VI/AAAAAAAAEZY/FR1pEkLwCDAxe-qZ7CM4fWfmJO-cE75eACLcBGAsYHQ/w274-h400/Frankenstein%2BBernie%2BWrightson.jpg" width="274" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: 12.8px;">Illustrazione per Frankenstein </span><br style="font-size: 12.8px;" /><span style="font-size: 12.8px;">del maestro Bernie Wrightson.</span></td></tr></tbody></table><br />È nell'ambito idiomatico, oltre che presso i colti e gli addetti ai lavori, che la parola mantiene la sua valenza più antica e neutra di "cosa eccezionale". Chiamiamo mostri la chimera e le arpie perché troviamo spaventose le loro sembianze, e le includiamo in una categoria ideale di altre figure che troviamo simili per lo stesso motivo, ma chiaramente non vediamo granché di divino in loro. Come in molte altre cose, in effetti.<br />
La parte più interessante però è il modo in cui gli strumenti e le conoscenze della nostra epoca ci permettono di rileggere i mostri e la mostruosità in molte altre chiavi. Non parlo solo delle discipline scientifiche, o delle cosiddette scienze umane, ma di tutte le differenze e le caratteristiche proprie dell'Uomo del ventesimo e ventunesimo secolo.<br />
Un orientamento assunto da autori, artisti e pensatori moderni guarda a un superamento della dicotomia tra uomo e mostro, che ne aveva ricondotto il rapporto a un'opposizione, e si propone invece una comprensione del Mostro. Il discorso sui Mostri attuale deve molto al Frankenstein di Mary Shelley, un'opera che ci ha fatto entrare nella sofferenza di un essere mostruoso. Raccontiamo storie sui mostri dal punto di vista dei mostri, arrivando a dar loro ragione quando ce l'hanno. Un processo verso una saggezza e un'accettazione delle possibilità dell'esistenza che sono ancora molto lontane, ma verso le quali continuiamo a viaggiare.<br />
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<div style="text-align: center;">
<span style="color: orange; font-size: large;">V - L'oltre</span></div>
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Ultima parte di questa miniserie, nata per essere introduttiva e che invece è divenuta quasi programmatica di un modo di comprendere i mostri attraverso le loro funzioni, osservandole nel loro sviluppo diacronico.<br />
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L'orrore cosmico, il perno della filosofia di Lovecraft, concepisce un'assoluta insignificanza dell'esistenza dell'Uomo rispetto a un universo troppo vasto e indifferente. Questa alienante grandezza è raccontata attraverso le figure di entità smisurate e inconcepibili che incarnano l'indifferenza del cosmo.<br />
<br />
L'universo si configura allora come un luogo in cui l'orrore è costitutivo più degli elementi della materia, celato dalla maschera dell'oblio e dal sottile specchio della civiltà. Un orrore che può facilmente entrare nella vita di tutti i giorni nelle molteplici forme di esseri che vivono a contatto con noi e attendono solo che il velo tra le dimensioni della Morte, del Caos o del Sogno si faccia più sottile.<br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-Sp5gZWJ6ztk/XioFWwSU0fI/AAAAAAAAD7g/xOnB-ifuOccKuWS8x-Wwaqeb1Ii4-hNBwCLcBGAsYHQ/s1600/Shoggoth_by_Nottsuo.jpg" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="990" data-original-width="1024" height="386" src="https://1.bp.blogspot.com/-Sp5gZWJ6ztk/XioFWwSU0fI/AAAAAAAAD7g/xOnB-ifuOccKuWS8x-Wwaqeb1Ii4-hNBwCLcBGAsYHQ/s400/Shoggoth_by_Nottsuo.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Shoggoth in un'illustrazione di Nottsuo.<br /><a href="https://www.deviantart.com/nottsuo/art/Shoggoth-594261203">https://www.deviantart.com/nottsuo/art/Shoggoth-594261203</a></td></tr>
</tbody></table>
Quando ciò accade, diviene impossibile descrivere la forma e le sensazioni suscitate da quei mostri che portano con sé la Verità sul cosmo. È possibile provare a combinare insieme le parti della realtà sensibile che le loro forme ci ricordano, descrivendoli come ibridi, creature abortite, ammassi di materia amorfa che rigurgita costantemente le proprie sembianze, tentacoli, bocche, e occhi, gli occhi che sembrano mancarci perché riusciamo a vedere quella verità.<br />
<br />
Dai miti di Lovecraft nasce così il genere dell'orrore cosmico, dalla prolifica influenza, e un nuovo prototipo di mostro: l'abominio senza forma, l'eldritch horror, "orrore bizzarro", lo shoggoth, che occupa varie nicchie del suo mondo, la più alta delle quali è quella del Grande Antico, del Dio Esterno, l'ammasso necrotico grande come una galassia.<br />
In questo stato, che domina un'era in cui l'orrore domina le nostre vite ad ogni livello, il Mostro continua a svolgere le sue numerose funzioni, e ritorna ad essere l'immagine più accurata dell'elemento incontrollabile, del Caos, del divino.<br />
<br />
<span style="font-size: large;">Bibliografia</span><br />
<br />
Cohen, Jeffrey Jerome, <i>Monster Theory: Reading Culture</i>, University of Minnesota Press, Minneapolis, 1996.<br />
Wiggermann, F.A.M., I<i>nventory of Monsters. Brief discussions in Mesopotamian Protective Spirits: The Ritual Texts</i>, STYX Publications, Groningen, 1992.<br />
Williams, David, <i>Deformed Discourse. The Function of the Monster in Mediaeval Thought and Literature</i>, Liverpool University Press, 1996.<br />
<br />
<div>
</div>
Francis Starkhttp://www.blogger.com/profile/10559448728477569844noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3648770856103118233.post-22769722471085838802019-10-31T21:47:00.004+01:002020-10-29T23:51:55.096+01:00Jack Lanterna e i Teratartari<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-HT84Sd7tkzg/XbtG3NRp5yI/AAAAAAAAD7A/-IBmmIbFKfYtfi4qk8f6j4Wu9VQu8uQXwCLcBGAsYHQ/s1600/jack.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="360" src="https://1.bp.blogspot.com/-HT84Sd7tkzg/XbtG3NRp5yI/AAAAAAAAD7A/-IBmmIbFKfYtfi4qk8f6j4Wu9VQu8uQXwCLcBGAsYHQ/s640/jack.jpg" width="640" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div>"La notte di Halloween è una notte diversa da tutte le altre, e sapete perché?<br /><div>Perché ogni anno, durante quella notte, passa nel cielo una cometa, una cometa molto speciale, che può essere vista sia dal mondo dei vivi che dal nostro.</div><div>In quel momento, solo per quella notte, viviamo tutti nello stesso mondo. Noi siamo un po' più simili a loro, e loro un po' più simili a noi."</div><div><br /></div><div>Oltre il corso del fiume Stige, sotto le cascate del Flegetonte, nel profondo di un vasto burrone sulla fiancata del monte Qaf, rischiarato dalla luna sotterranea e circondato dai fumi mefitici delle sorgenti del Cocito, si trova il paese Teratartara, i cui abitanti attendono ogni anno Halloween con grande trepidazione.<br />C'è un legame stretto come la morsa degli uncini della vergine di Norimberga, tra il modo in cui si dedicano alla festa gli abitanti di Pianodisopra, come loro usano chiamare noi vivi, e la brava gente di Teratartara. Tanto per cominciare, anche loro si travestono. Con la differenza che, nel loro mondo, la paura è il modo più raffinato di comunicare e di creare aggregazione. Per cui, come tra noi qui sulla terra fanno quelli che ancora festeggiano Halloween alla maniera di una volta, e tentano di sprigionare il massimo dell'orrore e del raccapriccio permessi dalle arti dei mortali, i teratartari si agghindano in modo da ispirare simpatia e affabilità nei loro simili.<br />Si potrebbe osservare che hanno una concezione di simpatia che potremmo trovare quantomeno discutibile: nello storico Halloween del 1966, il famoso Empusio Salassetto vinse il premio Zucca Scarnificata per aver fatto passare, attraverso l'ampia cavità che gli attraversava il petto all'altezza del cuore, un palo di legno cui aveva appeso scheletri di bambini, alternati a scheletri di gattini, facendoli scricchiolare mentre avanzava sulle sue gambe sbilenche. L'apice della festa fu raggiunto quando uno degli scheletri dei bambini riprese a parlare.</div><div>Cionondimeno, non è con meno che la più grande cortesia e il massimo rispetto verso l'un l'altro, che i teratartari mettono in atto i loro scherzetti, e sono soliti dispiacersi molto se questi inducono sensazioni spiacevoli nel loro prossimo. Perché, se anche la percentuali annuali di incidenti fatali dovuti a ghigliottine o cannibalismo sono sensibilmente più alte a Teratartara che da noi a Pianodisopra, vale la pena di osservare anche che per i teratartari la morte in sé e per sé non è un incidente molto più grave di quanto una macchia di sangue su una cravatta, o un escremento di scimmia nella ciotola del gatto, possano esserlo per noi, e se anche talvolta uno di loro si trova per errore a uccidere un suo concittadino, o anche una ventina, la cosa più educata da fare e rimettere in fretta insieme i propri mezzi e affermare di aver comunque gradito l'idea.</div><div>I teratartari, va inteso, hanno la fortuna di essere tutti d'aspetto abbastanza affine allo spirito di Halloween -sicché se girassero per Pianodisopra non avrebbero chiaramente il bisogno di camuffarsi- e anche l'uno diverso dall'altro. Sono tutti estremizzati in qualcosa, tozzi o ridotti all'osso, nani o spilungoni; alcuni hanno criniere, corna e becchi adunchi, altri invece tre teste e un occhio solo, mentre un numero discreto della loro gente somiglia, più che altro, a sacchi imbottiti con una faccia e capelli di setole di scopa, a ceppi d'albero che camminavano sulle radici, o a vecchi mobili abbandonati e dissestati cui erano cresciuti i piedi e almeno una lingua, che nel caso di persone come la signora Comodino, che a onor del vero era una poltrona scucita e ricoperta di muffa, è anche di troppo.<br />Per cui è qualcosa di strano, e forse di incomprensibile a meno di essere uno di loro, quello strano equilibrio tra l'abnorme e il lezioso che cercano di ottenere quando si dedicano ad Halloween. Una sorta di accrescimento di quella cosa che noi chiamiamo "grottesco", e che loro definiscono, invece, "moda autunno-inverno tardo-barocca".<br /><br />Teratartara, si capirà, è piena di zucche. Campi di zucche, estesi fin dove occhio può vedere -anche se l'occhio è quello di un lumacocchio, che può spostarsi grazie ai piccoli tentacoli verminosi che reggono l'occhio il quale costituisce l'interezza del suo corpo, ma che di rado approfitta di questa possibilità di movimento per per percorrere i campi di zucche-, zucche sui davanzali delle finestre e lungo le balconate, zucche all'angolo delle porte. Zucche di Halloween, si intende.<br />E' da talmente tanto tempo che gli abitanti di Teratartara incidono le zucche del loro mondo che queste hanno cominciato a mettere su facce da sole, sicché i teratartari devono solo raccoglierle e inserire loro i lumi dentro.<br />Le usano per tutto, come vasi, portaombrelli, fermaporta, teste di ricambio, quando perdono la propria o quando i loro bambini la smarriscono giocando alla loro peculiare versione del nascondino, e naturalmente le cucinano in numerosi modi e le mangiano. Anche le zucche mangiano loro, di tanto in tanto.</div><div>Il conte di Teratartara è una tartaruga. Dal suo carapace escono sbuffi verdastri, e sul volto ha sempre un sorriso larghissimo, rugoso e privo di denti. E' ormai anziano, ma a suo dire non è che a metà della vita media di una tartaruga delle sue parti.<br />I paesi vicini sono pieni zeppi di tartarughe, originarie della regione del Tartaro, ma così numerose da aver colonizzato quasi ogni stato infero.</div><div>Solitamente, i teratartari non usano interferire con gli affari degli abitanti di altre regioni del mondo dei mostri, né di alcuno degli aldilà. Sanno però essere ospitali con i visitatori, anche se ultimamente è sempre più raro che se ne presenti qualcuno.</div><div><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-Y6lcCHCvpAg/X5swBytCfoI/AAAAAAAAETc/b1WhztvPnjQFkKWOWxHgidb1ZA6QjssMgCLcBGAsYHQ/s1969/spooky%2Bvalley.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1479" data-original-width="1969" height="480" src="https://1.bp.blogspot.com/-Y6lcCHCvpAg/X5swBytCfoI/AAAAAAAAETc/b1WhztvPnjQFkKWOWxHgidb1ZA6QjssMgCLcBGAsYHQ/w640-h480/spooky%2Bvalley.jpg" width="640" /></a></div><br /><div><br /></div><div>Un anno capitò un fatto bizzarro. Si avvicinava la notte di Halloween, e i preparativi fervevano come non mai.</div><div>Alcuni bambini, tre piccoli sacchetti di iuta e carne tritata ricuciti insieme, con degli adorabili tagli frontali da cui ogni tanto colava un po' di moccio, che si chiamavano Ematonio, Baretta e Tombino, erano particolarmente emozionati, più delle civette che facevano in continuazione"Uh! Uh!", persino più delle Efemere Trepidanti, che nascevano durante la festa, gridavano per l'emozione e morivano di crepacuore poco dopo.</div><div>Ecco, i tre piccoli teratartari erano più emozionati ancora: mostri di cioccolato che deponevano uova, scheletri di marmotta che li confezionavano, zombie che dipingevano le pareti con la propria bile e raccoglievano i resti di quelli pitturate il secolo prima, che alla fine si erano sciolte; vampiri che svolazzavano da una parte all'altra per consegnare gli inviti, salici fantasma che si strappavano i rami di dosso, per intrecciare i cestini di vimini che la gente usava per raccogliere i dolcetti, mummie che incartavano come regalo cagnolini e gattini imbalsamati, cui asportavano il cervello per confezionare i pasticcini da servire alle nonne teratartare che non avevano più i denti -i quali cadevano molto abbondanti, da quelle parti, visto l'alto consumo di zuccheri; ma dato che le scope le usavano per volare, e non molto per ramazzare la sporcizia, quei denti abbandonati erano diventati così tanti da fondare una propria repubblica indipendente nei sotterranei di Teratartara, dove tentavano, con scarsi risultati, di parlamentare con quelle maledette fatine che rapivano i dentini da latte e ci costruivano case abusive.</div><div>Baretta tirò la gonna di quella vecchia, brutta e bimaledetta strega che era la sua mamma, e chiese «Mammina, mammina, ma perché si festeggia Halloween? Mammina, mammina, ma perché si festeggia Halloween? Mammina, mammina, ma perché si feste...»</div><div>«Ora te lo dico, la peste ti colga!» rispose la mamma «Halloween è quando nel cielo passa la grande cometa, che ci guida verso le sponde di Pianodisopra»</div><div>«Ma perché passa la cometa, signora Bacucca?» chiese Tombino.</div><div>«Passa e basta, piccolo Tombino» rispose la strega «Possibile che voi bambini vogliate sapere tutto? Non vi hanno detto che i morti hanno la testa vuota?»</div><div>Ma i bambini non stavano più a sentirla: avevano deciso di andare a vedere quella cometa, e stavano correndo a vederla. Si chiedevano cosa fosse, poi, una cometa, e ognuno aveva la propria idea in proposito.</div><div>«Per me è la scorreggia di un angelo del paradiso» disse Ematonio, che era molto sensibile.</div><div>«Per me è un fantasma assassino che ogni anno ad Halloween uccide tutti i teratartari e poi li ricrea il giorno dopo all'infinito» disse Tombino, che aveva molta fantasia.</div><div>«Per me è morta» disse Baretta «e non passa più»</div><div>I bambini corsero per tutta la giornata, fino a quando non si resero conto che non sapevano mica dove andare, e allora decisero di tornare indietro e chiedere a qualche adulto, magari defunto, dove andare a cercare questa cometa.</div><div>Ma, forse perché era tardi e avevano iniziato a stancarsi, forse perché i loro piedi erano gli angoli del sacco che costituiva il loro corpo e quindi avevano i passi un po' brevi, e forse anche perché quando provavano a correre le cuciture saltavano, rotolini di carne gli cadevano intorno, e loro, golosi com'erano, si fermavano a raccoglierli per rimangiarseli, sicché poi erano ancora più affaticati, non riuscirono a fare molta strada prima di fermarsi, stanchi.</div><div>«Abbiamo combinato un pasticcio» disse Ematonio, pulendosi gli occhiali: lo faceva sempre, quand'era preoccupato.</div><div>«Io vorrei un pasticcio di occhi di ragno» brontolò Tombino, che era di buon appetito.</div><div>«È tutta colpa tua» gli disse Baretta, che era la più spaventata, perché temeva sempre che l'infame megera che diceva di averla messa al mondo la gettasse in un pentolone e ci facesse un pasticcio per davvero, o magari un polpettone «eri tu che volevi vedere quella stupida cometa»</div><div>«Che magari è solo una puzzetta...» disse Ematonio.</div><div>Atterriti, impauriti e con la pancia che brontolava, i tre teratartarini non sapevano che fare, e di conseguenza non fecero nulla, rimanendo lì a fissare le ombre della notte, che ogni tanto si innervosivano e sibilavano «Beh, che c'è da guardare?»</div><div>D'un tratto, quando si era ormai fatta ora di cena, udirono dei suoni morbidi e striscianti provenire dai dintorni: dal fitto del bosco dello Squartamento Ottuplice (vanto della scuola di tortura teratartarese, che consisteva nel legare il corpo da squartare a otto cavalli, anziché quattro) emersero delle basse sagome tonde, alcune piccole e alte grandi, alcune saltellanti e altre che strisciavano su lunghe radici verdi e tentacolari. Erano una banda di zucche.</div><div>«Oh no!» sussultarono i teratartarini.</div><div>La zucca più grossa esclamò «Guarda guarda, che bocconcini prelibati che abbiamo trovato!»</div><div>«Per favore, signora zucca, non ci mangi» supplicò Baretta.</div><div>«Stai scherzando?» si accigliò la zucca «Ogni anno, tutti voi cosiddetti "cittadini" coltivate, rapite e affettate migliaia di noi zucche, per mangiarci e per fare le vostre stupide lanterne decorate. Io dico: basta!»</div><div>«Ma, signora zucca» balbettò Tombino «io pensavo che a voi, ecco...piacesse, essere mangiate, o intagliate per fare le lanterne»</div><div>Tutte le zucche tacquero.</div><div>«Che cos'hai detto?» chiese la grande zucca, guardandolo torvo.</div><div>«Io...pensavo che vi piacesse, essere il nostro cibo e i nostri giocattoli ad Halloween»</div><div>«Ah! Hai ragione, è vero!» esclamò la zucca, scoppiando a ridere. Risero anche le altre zucche. «È proprio vero! Ah, e io che stavo per mangiarvi! Voi tre mi piacete, ragazzi. Ehi, venite con noi, vi facciamo conoscere il nostro capo e poi vi riaccompagniamo a casa, che ne pensate?»</div><div>«Urrà!» esclamarono i teratartarini.</div><div>Seduti sulla cima di tre grosse zucche, i bambini, reggendosi forte mentre queste saltellavano su e giù, percorsero insieme a loro un irto sentiero che passava intorno alle montagne, dove nessuno dei loro genitori era mai stato. Al centro del monte più grande di Teratartara si trovava una grotta, un'ampia cavità illuminata da alcune zucche di pietra, molto antiche. Fu proprio là che la banda portò i bambini.</div><div>Guardandosi intorno impressionati, perché non avevano mai visto niente di così grande, i sacchetti di carne si accorsero che c'era qualcun altro, in quella caverna, che non era una zucca.</div><div>«Scusi, signore» lo chiamò Ematonio «lei chi è?»</div><div>Videro alzarsi un personaggio alto, smilzo, con un lungo mantello stracciato e una grossa zucca al posto della testa. Nella zucca si accese una fiamma.</div><div>«Io? Ho il piacere di essere il vecchio Jack Lanterna, per servirvi, ragazzi miei!»</div><div>«Jack Lanterna?» chiesero all'unisono i fagottini «Mai sentito!»</div><div>L'uomo zucca sospirò «Non mi stupisce, cerco di far bene la mia parte senza prendermi troppi meriti. Ma dovete sapere, amici miei, che ho fondato io Teratartara, tanti anni fa»</div><div>Ora Ematonio, Baretta e Tombino lo fissavano con i fori facciali a "O".</div><div>«Una volta vivevo a Pianodisopra. Ero un pianodisoprese, o umano, come dicono lassù. E quando morii, non potei andare in nessuno dei luoghi dove vanno gli umani quando muoiono loro. Avevo in mano soltanto una zucca lanterna. Dopo aver girato a lungo senza concludere niente, ebbi un'idea: dato che non mi facevano entrare in nessuna casa, né quella dei buoni né quella dei cattivi, decisi di costruirmene una io»</div><div>«E come fece, signore?»</div><div>«Trovai un posto nell'aldilà dove nessuno sarebbe venuto a disturbare, un posto che nessun altro avrebbe voluto per sé. C'era questa grande vallata ai piedi della montagna, abitata da nessun altro che alcune zucche molto gentili: quando videro la mia lanterna, trovarono l'idea interessante, e decisero di farmi il loro capo. Insieme abbiamo reso abitabile questo posto, e costruito tutto quello che conoscete»</div><div>«E quindi tutti gli abitanti erano zucche?» chiese Tombino, al quale non sembrava di somigliare a una zucca.</div><div>«Oh, no. Ma hai ragione: avevo bisogno di abitanti. Così, dato che potevo ancora tornare sulla Terra, decisi di prendere un po' di gente di lì. Sapete, ogni anno c'è una notte in cui la soglia tra la Terra e l'aldilà si apre, e noi spiriti possiamo passare qualche ora lì. Decisi di approfittarne: iniziai a tornare ogni anno a Pianodisopra, durante la notte di Halloween, e a dire alla gente che c'era questo bel posticino nell'aldilà, dove si possono fare cose spaventose tutto l'anno e fare dolcetto o scherzetto tutti i giorni»</div><div>«E poi?» chiese Baretta, ammaliata dalla storia.</div><div>«E poi, con mia grande sorpresa, scoprii che c'era tantissima gente che desiderava proprio vivere in un posto come questo. Così mi misi in testa, facendo luce con la mia lanterna, e li guidai fin qui. Nessuno era costretto a rimanere qui per sempre, ma sempre più pianodisopresi si trasferivano senza tornare più indietro. Man mano la voce iniziò a girare, e ricevemmo visite da diavoli infernali, fate dell'Isola dei Beati, polipi volanti dello spazio e persino qualche angelo un po' annoiato. Oh, e i gatti, non bisogna dimenticare i gatti.</div><div>Alla fine, Teratartara si è riempita di persone. Ogni anno risalgo in superficie, portando con me i fantasmi che desiderano fare una visita ai loro vecchi mondi, sempre guidandoli con la mia lanterna. A quanto si sente dire, è il luogo più in di tutto l'aldilà. Alla fine, è stato il vecchio Jack a fare uno scherzetto a quelli del paradiso e dell'inferno, che non l'hanno voluto far entrare!»</div><div>«Signor Jack, ma allora, la cometa di Halloween, che passa ogni anno attraverso il nostro cielo...» disse Tombino.</div><div>«...è la mia lanterna, hai indovinato» concluse Jack, sorridendo, cioè sollevando una delle zucche stese ai suoi piedi, su cui era inciso un volto sorridente.</div><div>«Ora dovete tornare a casa. Manca ancora qualche giorno ad Halloween. Mi raccomando: festeggiatelo sempre, festeggiatelo con allegria, con spirito festoso e con il cuore leggero, perché è la festa della libertà, la festa delle scelte che durano oltre la morte. Buon Halloween a tutti voi! Dolcetto o scherzetto? Cosa vi toccherà? Io non ne ho idea, ma so per certo che vi divertirete moltissimo!»</div><div><br /></div><div>Quella notte, le zucche riaccompagnarono i bambini al limitare della città, augurarono loro buona notte, dissero che avrebbero comunque considerato l'eventualità di mangiarli, se li avessero rivisti, e se ne tornarono sulle colline.</div><div>I genitori dei bambini li punirono in modo esemplare. L'infinitamente disgraziata strega impiccò Baretta a testa giù, mentre i genitori di Tombino distrussero effettivamente il bambino, e lo ricucirono soltanto la mattina di Halloween, ma solo perché era una festa importante, altrimenti avrebbero aspettato anche per mesi. In ogni caso, i bambini si considerarono più che felici, perché avevano scoperto un segreto importantissimo, e sapevano perché si festeggiava Halloween.</div><div>Quando la notte del 31 sopraggiunse, in lontananza, nel cielo nebbioso, si accese un lumino, che lentamente arse attraverso il cielo e lo percorse fino a sparire.</div><div>«Ciao Jack» gridarono in coro i bambini «buon Halloween!». Si guardarono l'un l'altro mentre ridevano: i loro volti sembravano quasi umani. Quasi vivi.</div><div>E come disse loro il buon vecchio Jack Lanterna, buon Halloween a tutti noi. Dolcetto o scherzetto?</div><div><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-CoeKk5usp80/X5sqA1fVwcI/AAAAAAAAETQ/Z3pTRaqAKPcnI9siOYMkAg2qjhEFE5W5QCLcBGAsYHQ/s1920/jack%2Bo%2Blantern%2Bmonster.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1234" data-original-width="1920" height="412" src="https://1.bp.blogspot.com/-CoeKk5usp80/X5sqA1fVwcI/AAAAAAAAETQ/Z3pTRaqAKPcnI9siOYMkAg2qjhEFE5W5QCLcBGAsYHQ/w640-h412/jack%2Bo%2Blantern%2Bmonster.png" width="640" /></a></div><br /><div><br /></div>
Francis Starkhttp://www.blogger.com/profile/10559448728477569844noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3648770856103118233.post-73079541254409802772019-10-17T22:09:00.000+02:002019-10-17T22:09:30.056+02:00Devil May Cry 5 - Eucatastrofi demoniache<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-KAJThK2pdvU/XXoq7oZxVxI/AAAAAAAAD3c/5lnn5YZ027sg1aKPqGniHgPjIxlQ7YYogCLcBGAsYHQ/s1600/DMC5_DeluxeEdition_KeyArt.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="360" src="https://1.bp.blogspot.com/-KAJThK2pdvU/XXoq7oZxVxI/AAAAAAAAD3c/5lnn5YZ027sg1aKPqGniHgPjIxlQ7YYogCLcBGAsYHQ/s640/DMC5_DeluxeEdition_KeyArt.jpg" width="640" /></a></div>
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Buonasera, e ben ritrovati sul blog originale dell'Anima del Mostro, dopo lo iato più lungo della sua vita. Finora.<br />
Rispetto all'ultima volta, sono cambiate molte cose. Molte delle cose che aspettavamo e su cui fantasticavamo insieme sono accadute, e hanno assunto una forma intorno alla quale non possiamo fantasticare più.<br />
Perché le cose di cui mi piace scrivere di più sono quelle possibili. Il fantastico, oltre che una serie di modi di parlare di ciò che è, dato che naturalmente occorre sempre ribadire, è pur sempre anche un discorso su ciò che <i>potrebbe</i> essere. È il motivo per cui tante volte qui abbiamo dato uno spazio enorme alle concept art: una possibilità vaga, definita ma non del tutto.<br />
Devil May Cry 5 è uscito, Godzilla II è uscito, e intanto L'Anima adesso è anche una pagina Instagram che vi invito a seguire se non ci siete. Ormai l'attività su Facebook e su quest'altra pagina è consolidata, e il fatto che sia passato il lasso di tempo di inattività del blog più lungo di tutti non l'ho vissuto problematicamente, visto che l'attività procedeva in modo anche interessante.<br />
Questo post sarà il primo degli ultimi nove sulla via del centesimo.<br />
Sì, ultimi.<br />
Nel senso che finiremo?<br />
Sì.<br />
No no, scherzo, non finirà niente!<br />
Dopo il centesimo post, L'Anima cambierà impostazione. Abbandonerò il metodo del "un solo post lungo alla volta" e tutta una serie di altre regole che mi ero imposto, per pubblicare i contenuti qui in modo più libero. Nel frattempo, spero che per allora sarò riuscito a concretizzare un paio di altri progetti, grazie ai quali le cose prenderanno una svolta molto ma molto più interessante.<br />
Penso però che un cambiamento come questo non vada preso di punto in bianco e in un momento casuale. Per questo non l'ho fatto prima. Così, voglio arrivare al post numero 100, perché penso che dopo quel momento potrò farlo.<br />
Finiti i chiarimenti, passiamo a questo novantaduesimo post dell'Anima del Mostro.<br />
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DMC IS BACK!!!<br />
Quale sarà il modo giusto per parlare di questo gioco? Le sue conseguenze sono state molto diverse da quel che mi immaginavo.<br />
Come ricorderete dal post precedente, quello che descriveva <i>l'attesa</i> del gioco, un grandissimo peso avevano le aspettative sui contenuti in termini di quello che mi interessava di più, la storia della saga di Devil May Cry in primo luogo, la <i>lore</i> e i dettagli sui demoni e la loro mitologia che sarebbero stati espressi, e i punti di congiunzione tra le due cose, vale a dire in che modo le gesta dei cacciatori di demoni si sarebbero intrecciate con la Storia con la esse maiuscola del mondo demoniaco.<br />
E poi, c'era un pensiero rivolto allo stile. Perché il motivo per cui mi piace questa saga, insieme al legame con il suo protagonista, è quel modo in cui combina elementi vari al fine di rendere un'impressione di attrazione, di farci desiderare quel mondo, sentendo come tutto lì avviene nel modo più affascinante, più figo possibile. E poi, per me, questo risultato è direttamente proporzionale alla quantità di colore rosso presente nel gioco, dagli ambienti alle schermate fino agli artwork promozionali. Il rosso accompagna ed enfatizza il sapore di spettacolo e di passione, come se richiamasse non già il sangue presente in gran quantità sullo schermo, ma il mio, che ribolle davanti allo spettacolo e ne gode appieno. È anche per questo che i primi tre -incluso il due- hanno su di me un potere visivo unico.<br />
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<div style="text-align: center;">
<span style="color: orange; font-size: large;">Avengers May Cry</span></div>
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Devil May Cry 5 non è un Devil May Cry rosso.<br />
Non potrei dirlo più chiaro di così.<br />
Ed è come se questo avesse determinato un cambiamento, sulla base del quale l'ho dovuto leggere in base alle sue connotazioni specifiche, e non quelle del resto della saga, per trovare il suo senso nel mio sistema di suggestioni e sensazioni.<br />
Farlo è stato molto particolare, mi ha lasciato sensazioni nuove e sconosciute.<br />
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Devil May Cry 5 cambia genere estetico e passa dall'anime alla live action.<br />
Punta al realismo cinematografico, ha una direzione estetica spettacolare, tesa a coniugare i modelli gotici e macabri, con cui ha sempre presentato i demoni, con un'ambientazione metropolitana e un tono da film d'azione, magari supereroistico, pieno della polvere, del grigiore e dell'oggettistica che questo comporta.<br />
Il rosso diminuisce perché Dante ha solo un terzo dello spazio complessivo del gioco -o qualcosa di più-, e dominano i colori di Nero e V, gli altri due protagonisti, e il grigio dell'ambiente metropolitano. Il rosso è maggiore nei livelli ambientati nelle dimensioni sovrannaturali, combinato con altri colori caldi, ma non è esattamente quel misto di rosso e nero, e di tratteggi sfumati, cui collego i primi tre. Perché quelli erano ambientati in una dimensione fumettistica, basata sui cliché, ed era come se Dante avesse il pieno controllo di quella dimensione, un <i>genius loci</i> dello sballo action-horror. Qui, a bordo del fedele camper di Nico, lui e la sua banda sono sbarcati in un mondo più vasto, un mondo in cui i vecchi stilemi non bastano più, e la narrazione acquisisce così multimedialità, notazioni cronologiche e topografiche, mentre i rimandi a una storia del mondo si fanno più fitti.<br />
Perché la saga di Devil May Cry, per la maggior parte degli aspetti, pare ambientata in un mondo fantastico: città e luoghi immaginari come Mallet Island o Vie de Marli, nessuna menzione alla geografia reale se non in due casi (sappiamo che la città di Fortuna si trova in Europa, e che Dante negli altri capitoli opera in America), una generica menzione a proposito di un medioevo in cui esistevano cavalieri (nella descrizione di Shadow del primo Devil May Cry); soprattutto, regole proprie: l'umanità è consapevole dell'esistenza dei demoni, il negozio di Dante non è un caso isolato, ma le attività di Devil Hunter rendono bene anche altrove. Anche la fisica sembra distorta, ma quello è sempre per via dei poteri di Dante...e un pochino del taglio registico.<br />
Per curioso che possa sembrare, Devil May Cry 5 aggiunge un tassello che sembra tenerlo più legato al nostro mondo, inserendo una persona realmente esistita, forse l'unica mai nominata: William Blake.<br />
A meno di considerare l'ipotesi, che io non scarterei, che il nostro Blake, uomo pieno di risorse, non abbia viaggiato in altre dimensioni e pubblicato i suoi libri anche lì.<br />
Nel gioco, uno degli oggetti più importanti sia ai fini della storia che della componente ludica è un libro, il libro con cui gira sempre V, contenente le poesie e le incisioni di William Blake. Sarebbe futile congetturare su che libro possa essere in termini "editoriali", se una selezione delle opere migliori, una miscellanea, un testo contenente tutto il Blake poeta concentrato in uno spazio ridotto (perché possiedo un libro con <i>tutta</i> la poesia di Blake, e nella rilegatura del libro di V non ci entra). Diciamo che allora che il libro di V è un pretesto, un oggetto la cui funzione è simbolica, un dispositivo che serve a dare all'insieme quello che occorre.<br />
Così, nel mondo di Devil May Cry questo autore esiste. Il che avvicina questo universo al nostro un po' di più. Senza che, al contempo, manchino altri fattori che acuiscono la distanza, come la menzione del leggendario fabbro di armi Machiavelli (che in realtà era già stato menzionato nel Devil May Cry Drama CD, del 2008). Direi insomma che questa è una saga che non tenta di creare un'ambientazione perfettamente definita e delimitata da delle regole, ma continua anche qui a giocare con quelle regole, inserendo ciò che sceglie di inserire esclusivamente sulla base della stilosità e di quanto renda tutto ancora più figo. Con la differenza che lo fa a più livelli rispetto al passato.<br />
A definire questo episodio, al di là del mio evanescente discorso sui colori, sono il tono e le scelte autoriali.<br />
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-H-I9cMAcD7A/XajKA88VPII/AAAAAAAAD6o/ky_EzqiLu0kJxm2J1fqmz4dd3w_Fo07KgCLcBGAsYHQ/s1600/Tatsuya_Yoshikawa%2527s_Devil_May_Cry_5_Artwork.png" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1072" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-H-I9cMAcD7A/XajKA88VPII/AAAAAAAAD6o/ky_EzqiLu0kJxm2J1fqmz4dd3w_Fo07KgCLcBGAsYHQ/s400/Tatsuya_Yoshikawa%2527s_Devil_May_Cry_5_Artwork.png" width="267" /></a>Devil May Cry 5 segue un registro narrativo inedito, che intreccia l'intreccio in un modo che non sempre aggiunge significato, ma dà indubbiamente un aspetto più autoriale al tutto.<br />
In primo luogo, possiede una cronologia ben determinata e puntualmente documentata: all'inizio di ognuna delle venti missioni, del prologo, degli epiloghi, e anche in diversi momenti all'interno della stessa scena, veniamo sempre informati del giorno e dell'ora, sì da poter ricostruire dettagliatamente la successione degli eventi, avendone voglia.<br />
Giusto per darvene un assaggio, e per definire anche qui la materia del nostro discorso anche in termini temporali: Devil May Cry 5 è ambientato principalmente il 15 giugno.<br />
La Missione 1 inizia alle 04:24 di notte, la missione 20 alle 16:27.<br />
Il Prologo, quando inizia la nostra avventura, è ambientato il 16 maggio. Il Prologo è costituito dalla prima battaglia tra i Cacciatori di Demoni, dunque i protagonisti Nero, Dante e V, ma anche le cacciatrici Trish e Lady, e l'antagonista Urizen. Lo stesso giorno ha visto emergere dagli inferi, nella metropoli immaginaria di Red Grave City, il gigantesco albero del Qliphoth, ambientazione della maggior parte del gioco, causa della morte della maggior parte degli abitanti, attraverso le sue radici semoventi che uccidono gli esseri umani per assorbirne il sangue, e veicolo dell'invasione di demoni forse più grande della saga.<br />
Il primo evento in ordine di trama, però, avviene il 30 aprile, ed è il furto del braccio di Nero da parte di un misterioso sconosciuto. Quello sconosciuto, cioè Vergil, torna il 1 maggio nella casa in cui lui e il fratello abitavano da bambini, ridotta a un rudere dopo l'attacco dei demoni, e lì opera l'atto dal quale prendono vita Urizen e V.<br />
V contatta Morrison, l'agente di Dante, presumibilmente uno o due giorni dopo, magari dopo essersi rimesso in sesto dopo la sua "nascita", e Morrison a sua volta lo accompagna alla Devil May Cry il 3 maggio; di lì a pochi giorni Patty Rowell festeggia il suo compleanno (no no, è importante).<br />
Il 15 maggio, un mese prima degli eventi principali del gioco, il Qliphoth emerge dalla terra di Red Grave City, e ben presto (alle 16:44) Dante, insieme a Trish, Lady, V e Nero, si reca al suo interno per affrontare il demone che ha causato il tutto. La missione 10 è l'unica ambientata in un periodo differente, e segue per l'appunto Dante che attraversa le vene pulsanti del Qliphoth. Uno dopo l'altro vengono tutti sconfitti -ad eccezione di V, che non prende parte allo scontro- e mentre quest'ultimo e Nero si mettono in salvo, gli altri tre rimangono indietro. Questo, come dicevo, nel Prologo.<br />
Dopodiché, l'azione si sposta avanti di un mese, e tutti gli altri eventi sono ambientati in seguito.<br />
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<div style="text-align: center;">
<span style="color: orange; font-size: large;">Urizen: One King, One God, One Law</span></div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: center;">
«And it grew both day and night, till it bore an apple bright.»</blockquote>
Devil May Cry 5 inizia con una citazione. È la prima volta che accade.<br />
Iniziare un'opera con una citazione in chiave postmoderna (cioè inserita esclusivamente come citazione, come siamo abituati a vedere) le dà invariabilmente un tono più rilevante, più autoriale, non tanto per motivazioni intrinseche quanto perché ci siamo abituati.<br />
La frase, naturalmente, è di Blake. Sono due versi della poesia <i>A Poison Tree</i>. Capiamo ben presto che si riferiscono al Qliphoth, che Urizen sta nutrendo notte e giorno perché produca il Frutto dal quale otterrà il potere. Ma se leggiamo la poesia troviamo bene come essa rispecchia lo svolgimento della vicenda di Devil May Cry 5:<br />
<br />
<i>I was angry with my friend; </i><br />
<i>I told my wrath, my wrath did end.</i><br />
<i>I was angry with my foe: </i><br />
<i>I told it not, my wrath did grow. </i><br />
<i><br /></i>
<i>And I waterd it in fears,</i><br />
<i>Night & morning with my tears: </i><br />
<i>And I sunned it with smiles,</i><br />
<i>And with soft deceitful wiles. </i><br />
<i><br /></i>
<i>And it grew both day and night. </i><br />
<i>Till it bore an apple bright. </i><br />
<i>And my foe beheld it shine,</i><br />
<i>And he knew that it was mine. </i><br />
<i><br /></i>
<i>And into my garden stole, </i><br />
<i>When the night had veild the pole; </i><br />
<i>In the morning glad I see; </i><br />
<i>My foe outstretched beneath the tree.</i><br />
<i><br /></i>
La figura centrale della storia è Vergil. È lui che dà vita a tutto ciò che accade. E il sentimento da cui derivano tutte le sue azioni, sia in questo capitolo, che, sulla base dei retroscena che esso contiene, anche del resto della sua vita, è la rabbia verso Dante, 'amico' in quanto fratello e unico simile che possieda, 'nemico' da quando la vita li ha contrapposti. Ha coltivato la sua rabbia con le lacrime... e con la paura.<br />
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: center;">
«The truth is... I wanted to be protected and loved...»</blockquote>
La sua rabbia, mediata dalle risorse del mondo demoniaco, è divenuta il Qliphoth, la cui funzione principale è proprio produrre il Frutto.<br />
Così, le ultime due strofe, in cui il nemico assiste allo splendore del frutto e tenta di fermare il poeta, sembrano anticipare l'incontro di Dante e Urizen, nel campo davanti alla casa di infanzia dei figli di Sparda, durante la Missione 17. Espropriate del messaggio di Blake, chiaramente.<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-MYV5Tysz3Og/XYNjmIJdldI/AAAAAAAAD3o/gD4LtDiShIQxPpXA6JLl1P2y6dX_axOWgCLcBGAsYHQ/s1600/Urizen_34.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="360" src="https://1.bp.blogspot.com/-MYV5Tysz3Og/XYNjmIJdldI/AAAAAAAAD3o/gD4LtDiShIQxPpXA6JLl1P2y6dX_axOWgCLcBGAsYHQ/s640/Urizen_34.jpg" width="640" /></a></div>
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Il Prologo e il video iniziale della Missione 1 sono estremamente emblematici nella definizione dell'opera, nel mostrare come essa sia approdata altrove rispetto al passato, dal punto di vista estetico.<br />
Il primo, come scrivevo nell'articolo precedente, mostra un'apocalisse demoniaca che coinvolge in modo più manifesto la città e i suoi abitanti. Persone alle prese con la vita di tutti i giorni che vengono impalate e smembrate da tentacoli mostruosi, il tutto enfatizzato da brani tragici.<br />
Urizen si palesa come il tiranno. Siede su un grande trono poggiando il capo su una mano che si regge sul gomito posato su un bracciolo. L'impressione che gli artisti vogliono trasmettere è quella di un essere che ha raggiunto il massimo delle sue potenzialità, la forma di potere più alta esistente -o meglio, della cui esistenza era al corrente- e che dunque prova noia davanti a qualunque cosa, che ormai non può più interessargli. Tutto ciò che esiste può solo dargli altro potere.<br />
Parlando la lingua degli archetipi, possiamo vedere nella sua posizione un segnale di malinconia, che lo accomuna a quelle figure mitologiche, come Saturno o Lucifero, re dell'Età dell'Oro, che dopo la fine della loro epoca perdono il loro stato e si ritrovano in una dimensione infera e ctonia, sospesi nella non-vita, in attesa che torni il loro momento. Urizen, cioè Vergil, è effettivamente un angelo caduto, passato a un'esistenza nascosta, dolorosa e intollerabile, e adesso l'albero gli consente il ritorno.<br />
Urizen prende il nome da uno dei personaggi più importanti della mitologia di Blake. Identificabile con il Dio del Vecchio Testamento, è lo spirito della tradizione e della ragione, che ha provocato la separazione dell'Uomo primordiale, il gigante Albione, nei Quattro Zoa, ognuno dei quali è una delle parti che solo insieme costituiscono la natura dell'uomo, la ragione appunto, la natura, l'amore e la creatività. Urizen è il Nemico per eccellenza in tutte le fasi in cui si evolve la mitopoiesi blakeana, a partire dalle poesie giovanili in cui è chiamato <i>Nobodaddy</i>, "Papà Nessuno" (o <i>Babbonemo</i>, come lo tradusse Ungaretti), incombe su tutte le passioni mentre tenta di stroncarle, e in questo ruolo antagonistico è assimilabile a Satana, come nel fatto che in molti episodi si trasforma in un drago, o a un drago viene paragonato.<br />
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: center;">
«This demon is your reason. Your reason for fighting.»</blockquote>
Difficile, naturalmente, non vedere le similitudini con quanto avviene nel gioco. Sventando tutti i timori che Urizen fosse solo un nome, gli scrittori del gioco hanno saputo integrare la loro fonte letteraria con la trama che stavano sviluppando: Urizen, la ragione di Vergil, presente in lui fin dall'inizio, è ciò che lo ha portato a scindersi in due entità diverse, per mantenere una forma che fosse libera dalle ferite lasciategli dalla vita come Nelo Angelo, liberarsi della parte più debole e umana e perseguire la ricerca del potere in una forma che non avesse limiti. Un essere freddo, vuoto, che operasse per puro calcolo.<br />
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<div style="text-align: center;">
<span style="color: orange; font-size: large;">L'albero della dannazione</span></div>
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-aysYKxTexlY/XYZTzl0ticI/AAAAAAAAD4g/DmReGqT_o3Erced2cMOG_MaaI7kjseMswCLcBGAsYHQ/s1600/Qliphoth%2BFruit.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="180" src="https://1.bp.blogspot.com/-aysYKxTexlY/XYZTzl0ticI/AAAAAAAAD4g/DmReGqT_o3Erced2cMOG_MaaI7kjseMswCLcBGAsYHQ/s320/Qliphoth%2BFruit.jpg" width="320" /></a></div>
Acquista allora un grande valore la sua compenetrazione con il Qliphoth, altro elemento chiave del sistema di mitologia <i>e </i>riferimenti mitologici di Devil May Cry 5, che sono ancora più ricchi e più fitti degli episodi precedenti.<br />
Il Qliphoth, internamente al gioco, è una pianta parassitaria proveniente dal mondo demoniaco, e, a detta di V, persino più antica del mondo demoniaco stesso. Non è la prima forma di vita vegetale demoniaca che compare nella saga -se di forme di vita si può parlare a proposito del <i>Netherworld</i>- basti pensare alle radici rampicanti di Devil May Cry 4, ma certamente è la più importante. Il Qliphoth si nutre di sangue umano, penetrando nel mondo mortale se evocato da qualcuno in grado di farlo, e man mano che cresce protende le sue radici sempre più in alto, verso il cielo, mentre il fusto e i rami si estendono nel mondo demoniaco. In tal senso, il Qliphoth funge anche da collegamento tra le due dimensioni. La sua funzione principale, o perlomeno più unica, è la creazione di un frutto attraverso il sangue che assorbe, un frutto che detiene un potere tale da porre chiunque lo possieda al di sopra di ogni altro demone. Fu proprio il frutto, come spiega Trish all'inizio della Missione 13, a rendere Mundus imperatore del mondo demoniaco molti millenni fa...il che dischiude ai nostri occhi, per la prima volta, il pensiero che Mundus non sia sempre stato il sovrano dei demoni.<br />
Non abbiamo mai sentito parlare prima del Qliphoth perché Sparda, duemila anni fa, nel corso della sua opera "demiurgica", l'ha bloccato grazie al sigillo che ha posto per separare i due mondi: senza la possibilità di nutrirsi, il Qliphoth rimane inattivo.<br />
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<a href="https://1.bp.blogspot.com/-JwVSyRycZj0/XYZTfo2VuiI/AAAAAAAAD4Y/1HC7O2XautAl4bHl4TwQhoActNa9MlmcACLcBGAsYHQ/s1600/Demon_Tree_Dmc_5.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="360" src="https://1.bp.blogspot.com/-JwVSyRycZj0/XYZTfo2VuiI/AAAAAAAAD4Y/1HC7O2XautAl4bHl4TwQhoActNa9MlmcACLcBGAsYHQ/s640/Demon_Tree_Dmc_5.png" width="640" /></a></div>
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Il nome dell'albero è di origine cabalistica, e indica forse ciò che meglio corrisponde, all'interno della tradizione esoterica ebraica, al male: <i>Qliphoth</i>, קליפות, che in ebraico è un genitivo plurale, significa <i>gusci</i> e designa degli strati di scorie che separano l'uomo dalla santità, da intendere come forze spirituali negative, le tentazioni, il male. Le <i>qliphoth</i>, contrapposte alle <i>sephiroth</i>, che sono invece i gradi di perfezionamento risalendo i quali l'uomo raggiunge lo stato divino, sono ciò che allontana l'uomo da Dio. Se fosse possibile disporre le <i>qliphoth</i> e percorrerle, probabilmente condurrebbero verso lo stato di maggior lontananza da Dio e di totale asservimento alla materia e alla bassezza. Il Qliphoth di Devil May Cry, letto in questo senso, è la scala che porta verso l'inferno, e dopo averlo percorso tutto ed essersi completamente integrato allo stato inferiore dell'esistenza, Urizen è divenuto il demone supremo, supremo perché più in basso di tutti in un universo capovolto, il cui vertice raggiunge infatti il fondo del mondo demoniaco.<br />
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-NQ701b1eLHY/XYZT7CndFKI/AAAAAAAAD4k/25Y1FR0mURMKADdHJm3SwPMtA2Vji8ZcwCLcBGAsYHQ/s1600/The_Great_Demon_Tree_concept_DMC5.png" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1005" data-original-width="1600" height="251" src="https://1.bp.blogspot.com/-NQ701b1eLHY/XYZT7CndFKI/AAAAAAAAD4k/25Y1FR0mURMKADdHJm3SwPMtA2Vji8ZcwCLcBGAsYHQ/s400/The_Great_Demon_Tree_concept_DMC5.png" width="400" /></a>Mitologicamente, il Qliphoth di Devil May Cry è il perfetto <i>Axis Mundi</i>, cioè l'asse al centro dell'assetto cosmologico che sostiene e collega i mondi, come Yggdrasill nella mitologia eddica e l'Albero della Vita in quella ebraica. Ai quali, naturalmente, è ispirato.<br />
La forma di albero, che naturalmente non deriva direttamente dalle <i>qliphoth</i> cabalistiche, è ripresa da questi alberi mitologici, dei quali Yggdrasill è il più famoso anche a livello popolare, e con il quale il parallelismo è esplicitato da un'altra componente del gioco, la razza dei Nidhogg, che prendono il nome dal grande drago che rode eternamente una delle tre radici di Yggdrasill, tormenta i morti ed è destinato a portarli via dal cosmo dopo la fine del Ragnarök.<br />
Fin dalle prime Missioni ci approcciamo all'unica effettiva meccanica "puzzle" di Devil May Cry 5 -insieme ai pozzi di sangue da riempire nella Missione 12, che non si trovano al di fuori di essa-, i viticci del Qliphoth che è possibile superare solo attaccando loro una delle larve di Nidhogg, che con la loro azione parassitaria le consumano fino a dissolverle. Malgrado in queste prime fasi non si palesi nessun drago, è interessante la rilettura del mostro mitologico norreno come di un parassita dell'albero del mondo -che è a sua volta un parassita di sangue.<br />
In realtà, scopriamo alla fine della quarta missione, Nidhogg possiede un aspetto più grande e più "draconico" delle piccole e inermi larve che troviamo sparse in piccole culle demoniache: un mostro ibrido di natura arborea che emerge dalle radici del Qliphoth, costituito da un corpo da cui si sviluppano alcuni tentacoli, uno culminante nel mostro principale, mentre gli altri tre sono teste serpentine che ne seguono le indicazioni. Resta da stabilire se il mostro sia il centro dell'organismo Nidhogg, o lo stadio adulto che tutte le larve possono raggiungere dopo la maturazione, e il fatto che, anche dopo averlo sconfitto, è possibile trovare e usare una delle sue larve nella Missione 12 -ma non farlo ci garantirà un bonus extra alla fine della missione- potrebbe provare la seconda ipotesi, o essere semplicemente una piccola errore dello sviluppo del gioco. Io penso di optare per l'altra spiegazione.<br />
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<a href="https://1.bp.blogspot.com/-IlIs5mPlGIA/XYZZV_YLJOI/AAAAAAAAD40/p5-1Y1zbNGQ5nXfXAx-IBcqZjC9PtThzwCLcBGAsYHQ/s1600/Nidhogg_DMC5_Artbook_Render.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1015" data-original-width="1356" height="478" src="https://1.bp.blogspot.com/-IlIs5mPlGIA/XYZZV_YLJOI/AAAAAAAAD40/p5-1Y1zbNGQ5nXfXAx-IBcqZjC9PtThzwCLcBGAsYHQ/s640/Nidhogg_DMC5_Artbook_Render.jpg" width="640" /></a></div>
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Nidhogg è un demone originale del gioco, il cui bestiario contiene molte vecchie conoscenze, ma ricorda sotto molti aspetti, al punto da portarci a ipotizzare una parentela, un boss di Devil May Cry 4, la serpentiforme Echidna, anch'essa formata da un corpo da drago, un torso antropomorfo, e varie appendici di natura vegetale. Nel mondo di Devil May Cry, dove i demoni si originano spesso dai sentimenti umani e organizzare una tassonomia è impossibile e insensato, esistono legami canonici tra categorie il cui aspetto è simile, come tra i demoni della serie Sin e Death, o i Blade e i Frost; Nidhogg ed Echidna, entrambi eredi della ricca tradizione mitologica dei serpenti, potrebbero essere un altro esempio.<br />
Inoltre, voluto o meno che sia, attraverso di loro si crea un parallelismo e una potenziale fonte di coesione della <i>lore</i> tra gli elementi del quarto e del quinto Devil May Cry: l'oggetto chiave per superare gli alberi demoniaci di DMC4 è un frutto chiamato "Sephirothic Fruit", ottenuto dopo aver sconfitto Echidna e proveniente dal suo stesso ventre, come fosse un uovo. La sua descrizione riporta che esso detiene il potere che lega le piante demoniache; come detto sopra, il Sephiroth è esattamente contrapposto al Qliphoth nella Cabala. Così, dai due demoni-serpente derivano dei "frutti" capaci di consumare e distruggere le radici dei due alberi demoniaci; in tal senso, il loro aspetto ofidico riporta alla mente il serpente dell'Eden, causa della caduta dell'Uomo, anche se questi dimorava non sull'Albero della Vita, ma su quello della Conoscenza.<br />
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<a href="https://1.bp.blogspot.com/-Y6C5ajV9FpA/XYuWuLhXd5I/AAAAAAAAD5o/UJvBjAcdw2srWvG2oVXfrXUvdGGAdEjWwCLcBGAsYHQ/s1600/Empusa_DMC5_Artbook_Render.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="575" data-original-width="499" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-Y6C5ajV9FpA/XYuWuLhXd5I/AAAAAAAAD5o/UJvBjAcdw2srWvG2oVXfrXUvdGGAdEjWwCLcBGAsYHQ/s320/Empusa_DMC5_Artbook_Render.jpg" width="277" /></a>Del ciclo vitale del Qliphoth fa parte poi una razza demoniaca che vale la pena di approfondire qui, costituendo il grosso dei nemici affrontati nel gioco, erede delle Marionette, dei Msira, dei Sette peccati capitali e degli Spaventapasseri che costituivano la carne da cannone dei quattro capitoli precedenti: le insettoidi Empuse. Indubbiamente i miei <i>minion</i> preferiti della saga.<br />
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-OhHw18pWiC4/XYuXI-a9YXI/AAAAAAAAD50/5kW_Nv4Z_zUv3XnT3sYBePWz0Vkq1NkRgCLcBGAsYHQ/s1600/Green_Empusa_DMC5_Artbook_Render.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="563" data-original-width="654" height="275" src="https://1.bp.blogspot.com/-OhHw18pWiC4/XYuXI-a9YXI/AAAAAAAAD50/5kW_Nv4Z_zUv3XnT3sYBePWz0Vkq1NkRgCLcBGAsYHQ/s320/Green_Empusa_DMC5_Artbook_Render.jpg" width="320" /></a>Le Empuse sono demoni insettoidi, vagamente simili a delle formiche antropomorfe con solo quattro arti, il cui design, a mio modesto ma attento parere, è tra i più geniali di Devil May Cry. Ciò è soprattutto per via delle loro teste, in cui la forma tipica della testa di una formica è costituita da tre volti umanoidi dai lineamenti raccapriccianti, uno centrale che pare urlare -ricordando in ciò i Red Orb, la valuta di gioco con cui si acquistano le abilità, che a sua volta somigliano molto al Bejelit di Berserk- e due laterali che si protendono nelle mascelle dell'insetto. Questo, accompagnato dalle escrescenze sul capo, che un personaggio cinematografico popolare in questo periodo chiamerebbe "sacche scrotali", rende il loro un volto difficile da dimenticare. Soprattutto perché questo assortimento di orrore contrasta con la loro debolezza: si tratta di demoni deboli, lenti e privi di intelligenza, la cui funzione è quella di bere il sangue delle vittime del Qliphoth, per poi trasportarlo all'interno dell'albero, anzi, se non attaccati, cercheranno le fonti di sangue disponibili per poi scavare dei tunnel e allontanarsi dal combattimento.<br />
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-4xsF4ECdpW8/XYuXNwlbvvI/AAAAAAAAD54/TBC4PmPn2Fcoq4lzbJUxrTSj5Qtplr5kACLcBGAsYHQ/s1600/Red_Empusa_DMC5_Artbook_Render.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="542" data-original-width="697" height="248" src="https://1.bp.blogspot.com/-4xsF4ECdpW8/XYuXNwlbvvI/AAAAAAAAD54/TBC4PmPn2Fcoq4lzbJUxrTSj5Qtplr5kACLcBGAsYHQ/s320/Red_Empusa_DMC5_Artbook_Render.jpg" width="320" /></a>Le varianti di Empusa presenti nel gioco svolgono differenti funzioni, e oltre a quella basilare si incontrano l'Empusa verde, volante e simile a una mosca, che trasporta al posto del sangue un nettare verde con cui cura i demoni di ogni specie, preferibilmente quelli più pericolosi, e che dopo averlo fatto si rifornisce di sangue per produrre ulteriore nettare, e l'Empusa rossa, nella quale il sangue assorbito si è cristallizzato ed è una risorsa per i Devil Hunter che colpendo il loro addome possono accumulare i Red Orb.<br />
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-Iklcyvi6_Is/XYuXh7iN7TI/AAAAAAAAD6E/ruONYgeXwdQxQ44oyzgEMWX-OxKxBoLZQCLcBGAsYHQ/s1600/QueenEmpus.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1414" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-Iklcyvi6_Is/XYuXh7iN7TI/AAAAAAAAD6E/ruONYgeXwdQxQ44oyzgEMWX-OxKxBoLZQCLcBGAsYHQ/s400/QueenEmpus.jpg" width="352" /></a>Come in ogni alveare che si rispetti, al comando si trova l'Empusa Regina, simile a una massiccia mantide religiosa, capace non solo di infliggere gravi danni con i suoi arti a falce, ma di afferrare e azzannare i Devil Hunter (combatterla mi ha ricordato le Aranee di Devil May Cry 3); come mostra la prima scena in cui la si incontra, l'Empusa Regina non si fa scrupoli a uccidere anche le sue stesse operaie -e in generale qualunque demone le sbarri la strada- soprattutto perché consumare il sangue che hanno assorbito le permette di entrare in uno stato potenziato, una sorta di ebbrezza. Anche quando viene sconfitta è pericolosa, perché si lascia esplodere in modo da portare con sé anche il suo uccisore.<br />
Il nome di questa disgustosa razza di parassiti deriva dalla mitologia greca, e designa, opportunamente, dei mostri femminili ascrivibili alla macro-categoria dei vampiri. Le Empuse mitologiche costituiscono il corteo di Ecate, la dea della magia, patrona della caccia e delle potenze infere; sono simili a donne, ma possono assumere qualunque aspetto, e prediligono quelli degli animali sacri a Ecate, come il cane. Gli autori le descrivono spesso con una gamba di asina, o di bronzo, che rimane in vista anche quando l'Empusa si trasforma. Similmente ad altri esseri demoniaci femminili del folklore antico, come la Lamia, erano temute specialmente perché si credeva che, mentre scorrazzavano di notte, si introducessero nelle case per bere il sangue e divorare la carne degli abitanti. Infine, possiedono il potere del fuoco, che possono usare a proprio piacimento, grazie al quale, se uccise, provocano devastanti incendi. In questo caso, Devil May Cry non si appropria solo di un nome, come in altri casi, ma crea una razza demoniaca che corrisponde alla sua controparte mitologica in più punti, il consumo di sangue e l'infido attacco finale.<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-xxkMicGsfhI/XYuW9TgJyfI/AAAAAAAAD58/WL90xu92dKwg-WONNYAseroKY6gRx4JJgCEwYBhgL/s1600/DMC5_Empusa.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="360" src="https://1.bp.blogspot.com/-xxkMicGsfhI/XYuW9TgJyfI/AAAAAAAAD58/WL90xu92dKwg-WONNYAseroKY6gRx4JJgCEwYBhgL/s640/DMC5_Empusa.jpg" width="640" /></a></div>
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<div style="text-align: center;">
<span style="color: orange; font-size: large;">Nero e Nico</span></div>
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Torneremo sui mostri e l'ambientazione nel corso dei prossimi paragrafi, ma questa è più o meno la situazione di partenza, il mondo in cui i Devil Hunter devono affrontare la loro nuova battaglia in Devil May Cry 5.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/qiiW2lKu-og/0.jpg" frameborder="0" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/qiiW2lKu-og?feature=player_embedded" width="320"></iframe></div>
L'inizio del gioco vero e proprio è con la Missione 1, ambientata il 15 giugno, ore 16:24 del pomeriggio, che si apre con una delle sequenze più spettacolari di tutta la saga: i titoli di testa. Una giostra di acrobazie in slow motion concepita per una ragione chiara, restituire a DmC il servizio che questo aveva reso a DMC. DmC: Devil May Cry, il famigerato reboot, che nelle intenzioni dichiarate voleva rendere la saga più figa in un'ottica occidentale, riuscendo bene in molti ambiti ma non esattamente in questo qui, iniziava con una scena in slow motion simile -ma non così bella, andiamo. Come se non bastasse, la scritta alla fine dei titoli di DMC5, "This game does not promote smoking or the use of cigarettes", sfotte la presenza di queste in DmC, sempre nell'ottica di dare una certa caratterizzazione al protagonista.<br />
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Le prime Missioni scorrono così, con questa coppia che un po' scoppia che attraversa una metropoli fantasma vittima di un'invasione demoniaca. Un'invasione le cui tracce più spaventose, più degli edifici in rovina, del vuoto e del silenzio (spesso e volentieri spezzati dalla comparsa dei demoni) sono i corpi pietrificati delle vittime del Qliphoth e delle Empuse, disseminati per tutti gli ambienti urbani.<br />
Nero in Devil May Cry 5 è stato realizzato sulla base di due criteri, la somiglianza fisionomica con Vergil, dopo le conferme ufficiali del loro rapporto, e il raggiungimento del massimo della prestanza fisica. Il percorso che affronta in questo gioco è molto interessante, perché Nero non è Dante e non è neanche un nuovo protagonista alle prime armi: è la sua seconda apparizione in un episodio di Devil May Cry, e si appresta a compiere una missione importante, ben più dello sventare i piani di una sette religiosa dissennata come in DMC4; un po' come Dante, la cui prima avventura, Devil May Cry 3, lo vedeva fermare il tentativo di un altro uomo, Arkham, di possedere il potere demoniaco di Sparda. Tre volte su cinque, le trame dei Devil May Cry contrappongono gli eroi a uomini ambiziosi che organizzano folli rituali per ottenere il potere di un demone, mentre negli episodi restanti, appunto, il primo e il quinto, l'antagonista è un potentissimo sovrano demoniaco che invade la Terra. Come Dante ha fermato Mundus nel primo Devil May Cry, così Nero dovrà fermare Urizen questa volta. Ed è interessante come tra i due antagonisti sia stato tracciato un legame mediante il Qliphoth, o come ricorrano diversi demoni del primo capitolo.<br />
Insomma, Devil May Cry 5 può essere considerato il Devil May Cry 1 di Nero. Ma, poiché le acque del fiume del tempo scorrono sempre diverse, le circostanze sono profondamente diverse, sia perché Dante ai tempi aveva qualche anno in più (la sua età è sempre stata una materia complicata, ma è chiaro che nel primo episodio è un uomo adulto) sia perché Nero si trova nell'interessante situazione di non essere l'unico Devil Hunter impegnato nel caso, e di non avere la pesante eredità di Sparda sulle sue spalle. Nero è solo Nero, non conosce le sue origini come non le conoscono gli altri, ed è libero di essere chi vuole. Anche se le vicende del suo viaggio cambieranno profondamente questa situazione.<br />
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<span style="color: orange; font-size: large;">L'esercito degli ultimi giorni</span></div>
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Ultima creatura da associare al Qliphoth è Gilgamesh.<br />
Gilgamesh condivide il nome con un'arma di Devil May Cry 4, il set di guanti e gambali usato da Dante (e acquisito subito dopo l'uccisione di Echidna, proprio come Gilgamesh il demone appare dopo quella di Nidhogg, <i>se proprio dobbiamo essere pignoli</i>), caratterizzato dalla capacità di tramutare il materiale organico con cui entra in contatto in un metallo indistruttibile.<br />
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-EbV8agcytGw/XYuUvg-F-jI/AAAAAAAAD5c/UIsuis09tqMTDNFYxzMEkQgkeuff0lc1gCLcBGAsYHQ/s1600/Gilgamesh_DMC5_Artbook_Render.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1087" data-original-width="1354" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-EbV8agcytGw/XYuUvg-F-jI/AAAAAAAAD5c/UIsuis09tqMTDNFYxzMEkQgkeuff0lc1gCLcBGAsYHQ/s400/Gilgamesh_DMC5_Artbook_Render.jpg" width="400" /></a>Finalmente, Devil May Cry 5 espande anche questo punto della <i>lore</i>: Gilgamesh è in realtà il nome di un metallo reperibile solo nel mondo demoniaco, dotato appunto della proprietà sopra descritta. Nel momento in cui una delle radici del Qliphoth, in continua espansione, è entrata in contatto con una lastra o un giacimento di quel metallo -ma Nico suggerisce che qualcuno abbia provocato tale unione deliberatamente- hanno provocato la nascita di questo gigantesco orrore meccanico, uno dei nemici più grandi affrontati in Devil May Cry. Richiami particolari tra l'arma, il demone e il Gilgamesh dell'epica mesopotamica non se ne vedono.<br />
La lotta di Nero contro Gilgamesh occupa l'interezza della Missione 6, una missione che spicca in quanto inusuale per Devil May Cry, sia perché, fino al quarto capitolo, solo le missioni finali erano state costituite soltanto da una boss fight, sia perché si tratta di una boss fight in movimento, in cui Nero segue gli spostamenti di Gilgamesh, combattendolo sia a terra che salendo sul suo stesso dorso, sul modello di Shadow of the Colossus ma con uno stile più <i>à la</i> Horizon Zero Dawn. Opinione forse impopolare, ma mi è piaciuto molto, perché ha aggiunto qualcosa di nuovo, concentrato solo in un livello, all'interno di Devil May Cry, saga caratterizzata anche dal prendere a piene mani dalla cultura pop e inserire tutto ciò che risulti abbastanza figo da entrare. Inoltre, Nero che affronta Gilgamesh rinvia a un tipo di immaginario tipico dei film supereroistici che DMC5 ha come modello.<br />
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Al di fuori di questi demoni, le forze di Urizen sono costituite dalle numerose specie di demoni minori che compaiono nel corso del gioco, benché non sia mai certo quali siano ai suoi ordini e quali siano semplicemente comparsi in quel luogo di passaggio che è il Qliphoth per cacciare.<br />
Spiccano, poi, due generali, come vediamo nel corso della Missione 5: un cavaliere nero e una strega con tre volti, sopra un orribile uccello. Mentre il Cavaliere Nero è un'armatura alimentata da Trish, dopo che è stata catturata da Urizen, la strega, Malphas, è interessante in quanto unico demone di statuto maggiore che troviamo agli ordini di Urizen.<br />
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-hCj2rMVTtuk/XYuSb1UjINI/AAAAAAAAD5I/jbBpPPr5BosnfKjX6iGQFi2kfS_AAEO8gCLcBGAsYHQ/s1600/DMC5_Malphas.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="225" src="https://1.bp.blogspot.com/-hCj2rMVTtuk/XYuSb1UjINI/AAAAAAAAD5I/jbBpPPr5BosnfKjX6iGQFi2kfS_AAEO8gCLcBGAsYHQ/s400/DMC5_Malphas.jpg" width="400" /></a>Malphas è il nome di un demone classico della demonologia, sovente associato e rappresentato come corvo, ricorrente anche nei videogiochi. La Malphas di Devil May Cry appare come, appunto, tre busti di donna riuniti al centro di alcune pietre magiche, il tutto trasportato da un mostruoso demone simile a un gigantesco pulcino deforme, ed è tra le presenze più affascinanti del gioco per diverse ragioni.<br />
La prima è che inserisce un tipo di suggestione particolare, relativo alla stregoneria e alla concezione trina della Dea, che si ricollega direttamente a Ecate, citata poco più su. Piuttosto che richiamarsi al cinema o ad altri videogiochi, il suo aspetto richiama alla memoria magia ed esoterismo.<br />
La seconda è che in molti hanno visto in Malphas Devil May Cry che cita Bayonetta, saga che in parte ne deriva e con la quale sono stati diversi i contatti nel tempo, dove Malphas è un demone corvino che può essere evocato dalla protagonista. Anche se, osservandolo, è molto più simile al nuovo Griffon.<br />
La cavalcatura di Malphas, dal canto suo, ricorda molto da vicino una vecchia concept art di DMC1, caro a molti appassionati, raffigurante quello che sembrava essere un cucciolo del Griffon adulto dalle caratteristiche horror, in linea con lo stile di Resident Evil. Quella bozza, come molte altre che raffiguravano demoni simili a manipolazioni genetiche, fu scartata, e riscoperta anni dopo grazie alla Devil May Cry HD Collection e agli artbook. Finalmente, anche se in formato molto diverso da quelle che dovevano essere le idee iniziali -così diverso da avermi lasciato insoddisfatto- il concept è riuscito ad arrivare nel gioco.<br />
Dalle informazioni del gioco, sembra che inizialmente la strega e il mostro fossero due entità distinte, fuse per magia, e che questo somigli a un pulcino perché effettivamente <i>è </i>un pulcino, trasformato in questa forma prima di raggiungere lo stadio adulto, che sarei molto curioso di vedere.<br />
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<a href="https://1.bp.blogspot.com/-AT5w-z8jURY/XYuSgsdiPuI/AAAAAAAAD5M/W4Q7_HcaiZI3Kww7T-h3rF1_4THYbbEtwCLcBGAsYHQ/s1600/Malphas_DMC5_Artbook_Render.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1094" data-original-width="1353" height="516" src="https://1.bp.blogspot.com/-AT5w-z8jURY/XYuSgsdiPuI/AAAAAAAAD5M/W4Q7_HcaiZI3Kww7T-h3rF1_4THYbbEtwCLcBGAsYHQ/s640/Malphas_DMC5_Artbook_Render.jpg" width="640" /></a></div>
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Bibliografia<br />
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Devil May Cry: 3124 Graphic Arts, Udon Entertainment, 2015.<br />
Devil May Cry HD Collection, Capcom, 2012.<br />
Devil May Cry 5, Capcom, 2019.<br />
Devil May Cry 5 - Official Art Works, KADOKAWA, 2019.<br />
Devil May Cry 5 - Visions of V -, Tomio Ogata, LINE MANGA, 2019.<br />
https://devilmaycry.fandom.com<br />
<br />Francis Starkhttp://www.blogger.com/profile/10559448728477569844noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3648770856103118233.post-13730836436423813522019-02-21T22:04:00.001+01:002019-03-05T19:18:03.109+01:00Devil May Cry 5 Introibo - In dimidio dierum meorum vadam ad portas inferi<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-ZibNfT-je24/XG8Po-MgMgI/AAAAAAAADw4/uU1fHUiZq6sLnDwPys7KDLKGBGTfIwA0gCLcBGAs/s1600/dmc-5-dante-3.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="360" src="https://2.bp.blogspot.com/-ZibNfT-je24/XG8Po-MgMgI/AAAAAAAADw4/uU1fHUiZq6sLnDwPys7KDLKGBGTfIwA0gCLcBGAs/s640/dmc-5-dante-3.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><div style="text-align: right;">
<span style="font-size: 12.8px;"><i>"Nel mezzo del cammin di nostra vita</i></span><br />
<div style="font-style: italic; text-align: right;">
<span style="font-size: 12.8px;"><span style="font-size: 12.8px; text-align: center;">mi ritrovai per una selva oscura</span></span></div>
<span style="font-size: 12.8px;">
</span>
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<div style="text-align: right;">
<span style="font-size: 12.8px;"><span style="font-size: 12.8px; text-align: center;"><i>ché la diritta via era smarrita."</i><br />Dante, Inferno, I, 1-3.</span></span></div>
<span style="font-size: 12.8px;">
</span></div>
</td></tr>
</tbody></table>
Ben ritrovati. È passato del tempo, come le altre volte, ma siamo di nuovo insieme, e iniziamo un viaggio molto importante che ci terrà impegnati per un po'. Entreremo all'Inferno, tanto per cambiare, ma questa volta non lo faremo per vedere il doloroso regno o i suoi abitanti, bensì per capire meglio chi compie il viaggio, chi è l'uomo che si addentra nella selva oscura nonostante essa sia selvaggia, aspra e forte, e forse proprio per quello; perché si addentra, cosa cerca, e cosa lascia dietro di sé.<br />
Oggi parliamo di Devil May Cry. Devil May Cry ricorre qui sin dagli inizi del blog, e ve ne ho parlato in maniera più specifica <a href="http://lanimadelmostro.blogspot.com/2017/06/devil-may-cry-raccontato-con-gli-arcani_1.html">qui</a>, in una sorta di post introduttivo sviluppato secondo un'idea che trovo ancora oggi carina. Allora, avevo pensato a un piano per i futuri post su questa serie, sarebbero stati tre o quattro, più uno a parte per il reboot, e avrebbero esplorato lati specifici della storia, abbracciando tutti gli episodi, soffermandosi sui riferimenti culturali -mitologici soprattutto- che compaiono nei titoli -perché l'Anima del Mostro è innanzitutto questo-, sull'evoluzione dei personaggi, sulla cosmologia, il bestiario, le possibilità di interpretazione della trama e varie altre meraviglie. L'annuncio di un quinto episodio, che aggiungerà, implementerà e cambierà ciò che sappiamo e ciò che è il mondo di Devil May Cry, ha comportato naturalmente la necessità di cambiare i piani, e di attendere che i nuovi elementi si aggiungano a quelli vecchi, per poter tracciare un quadro che vagli più elementi, e che però abbia dalla sua una completezza maggiore di quella che avrebbe avuto quello sui soli capitoli precedenti: Devil May Cry 5 è stato infatti presentato come conclusione della "saga dei figli di Sparda", dunque della storia di Dante e di Vergil, e se è già attualmente considerata la possibilità di una continuazione del franchise attraverso altri personaggi, dopo questo capitolo potremo, a quanto sembra, affrontare un discorso su una materia che, almeno in parte, sarà un insieme chiuso. E magari avremo qualche punto interrogativo in meno.<br />
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Ora, questo post, fino a ieri, avevo deciso che non l'avrei scritto.<br />
Sulla pagina Facebook avevo affermato, diversi mesi fa, dopo una premessa simile a quella qui sopra, che avrei scritto un post prima dell'uscita di Devil May Cry 5, in modo da poter mettere insieme un po' degli elementi già rivelati, speculare e fantasticare liberamente sul contenuto, soprattutto scrivere in forma carina quanto diavolo sia bello che stia accadendo questa cosa, e poi un post post-uscita (chiedo venia) con qualche commento a caldo sul gioco e su in che misura rispecchiasse le mie aspettative e quello che avevo immaginato. Sapevo che quasi sicuramente sarei arrivato a febbraio, prima di poterlo fare, ma non immaginavo che Capcom avrebbe rivelato la mole ciclopica di informazioni che sono uscite nel frattempo, al cui confronto i pochi <i>leak</i> sembrano quasi innocui, sì da limitare enormemente la possibilità di supporre e di dire "spero che...": alcune cose ormai sono chiare. In tal senso, è opportuno mettere in chiaro che, da un certo momento in poi, il post conterrà spoiler per chi avesse deciso di non vedere trailer e avesse abilmente evitato tutte quelle anticipazioni.<br />
Sta di fatto, dicevo, che a questo punto scrivere questo post ha perso molto del suo senso. 'Sì, facciamolo per salvare da qualche parte le cose che vorrei e le costruzioni mentali che queste anticipazioni hanno ispirato', ho anche pensato, ma non valeva ancora tutta la mole di lavoro richiesta. Finché non ho deciso di spingere verso un'altra direzione, e cioè, il sentimento.<br />
Perché questi mesi, relativamente all'attesa di questo gioco, sono stati finora qualcosa di davvero inaudito, un periodo diverso da qualunque attesa di qualunque altra cosa, grazie all'ottima campagna di marketing portata avanti da Capcom, alla bellezza di ogni singolo contenuto del gioco, e anche alla meraviglia rappresentata dalla community di Devil May Cry, una community che ricalca lo spirito della saga: leggero, scanzonato, di un mondo dove si affrontano crisi che minacciano l'equilibrio del cosmo e la sorte dell'umanità, ma si sa quando prendersi sul serio e quando, invece, non farlo per nulla.<br />
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<a href="https://2.bp.blogspot.com/-sayCS11ikGg/XG8Qk7bk0GI/AAAAAAAADxA/lJaEW_s51AkVngH2iQq8JB3E_9uDhSFtgCLcBGAs/s1600/devil-may-cry-5-5c5b15c6afe23.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="360" src="https://2.bp.blogspot.com/-sayCS11ikGg/XG8Qk7bk0GI/AAAAAAAADxA/lJaEW_s51AkVngH2iQq8JB3E_9uDhSFtgCLcBGAs/s640/devil-may-cry-5-5c5b15c6afe23.jpg" width="640" /></a></div>
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Dunque eccoci qua, dopo una premessa di una lunghezza che supera tutti i miei record precedenti, a fare il punto, qui sull'Anima del Mostro, su dove fosse rimasta la saga, l'ultima volta che si è mossa, e su cosa sia accaduto nell'ultimo anno.<br />
Devil May Cry (デビルメイクライ <i>Debiru Mei Kurai</i>), saga costituita da un primo capitolo uscito nel 2001 e diretto da Hideki Kamiya, e i tre sequel di Hideaki Itsuno, più un anime, un manga, tutti canonici, diversi romanzi e light novel che invece non lo sono, alcuni giochi per cellulare basati su quelli per console, e un capitolo reboot che rappresenta un mondo a parte, ha portato i giocatori di PlayStation 2, e poi delle due generazioni successive di console, insieme a lettori, spettatori e curiosi, in una realtà nella quale sul mondo reale incombe un mondo demoniaco, i cui mostruosi abitanti vivono bramando la strage e il potere, domati dall'ombra e dalla leggenda del Cavaliere Nero Sparda, che ha sigillato il reame infernale e segnato un vero prima e dopo nella storia (per giunta due millenni prima del nostro tempo, come la venuta di Cristo; sarebbe carino se in Devil May Cry si segnassero gli anni in "avanti Sparda" e "dopo Sparda"), che di tanto in tanto riescono a entrare nel mondo umano e che vengono affrontati da una cerchia di persone, dalle doti straordinarie, che ruota intorno alla figura del figlio di Sparda, il mezzo-demone Dante, che nel corso della sua vita ha sventato numerose minacce provenienti da entrambi i mondi, fino a superare, a quanto si dice, il potere dello stesso padre, e che dimora nel "negozio" base della sua attività di ammazza-demoni, che si chiama Devil May Cry.<br />
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-wTgsz7njzso/XG8XnOt5RDI/AAAAAAAADxs/aXNNS1NDfOkUe_eVYckoLS2zbQAdk1a-QCLcBGAs/s1600/Devil_May_Cry_Shop.png" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="397" data-original-width="646" height="245" src="https://4.bp.blogspot.com/-wTgsz7njzso/XG8XnOt5RDI/AAAAAAAADxs/aXNNS1NDfOkUe_eVYckoLS2zbQAdk1a-QCLcBGAs/s400/Devil_May_Cry_Shop.png" width="400" /></a>La vera essenza della straordinarietà dei personaggi di questa saga è espressa nel modo peculiare in cui essi si muovono nello spazio, soprattutto durante i combattimenti, alterando del tutto ogni tipo di legge fisica in modo tale che le loro azioni risultino le più fighe, stilose, esagerate e sexy possibili. Vi farete un'idea se guardate una qualunque <i>cinematic</i> del gioco, o se leggete l'articolo di Nonciclopedia sulla "Fisica in Devil May Cry". Un mix tra il supereroico, con sequenze in slow motion e scontri iperadrenalici, e gli anime, sia come tratto grafico che come ridondanza delle azioni, oltre che per tanti ingredienti tipici. Attraverso il gameplay, e in una maniera che si è molto evoluta nel corso degli anni, i giocatori fanno in modo che il combattimento dei personaggi abbia questa carica visiva, questo fascino e questa esagerazione, poiché non è superare il livello, sconfiggere il nemico, il vero punto dell'esperienza di Devil May Cry, ma farlo con stile. Soprattutto dal terzo capitolo in poi, quando questa <i>stilosità</i> è divenuta consapevole, ricercata, e resa bene attraverso le azioni del gameplay.<br />
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<a href="https://1.bp.blogspot.com/-JmxxTPb7zV4/XHQIsrL0JTI/AAAAAAAADyg/vPMdt9W1fKskN4bRnSuGCC1Zt5uYxbGBwCLcBGAs/s1600/devilmaycryfeature.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="621" data-original-width="1280" height="193" src="https://1.bp.blogspot.com/-JmxxTPb7zV4/XHQIsrL0JTI/AAAAAAAADyg/vPMdt9W1fKskN4bRnSuGCC1Zt5uYxbGBwCLcBGAs/s400/devilmaycryfeature.jpg" width="400" /></a>In termini di profondità narrativa, Devil May Cry non è certamente un Final Fantasy, o perlomeno non lo è stato finora. La preminenza su tutto ce l'hanno gli effetti e le manifestazioni estetiche, mentre la trama fa un po' da raccordo, e probabilmente è sempre a partire dal terzo episodio che le cose sono diventate un po' più complesse. I primi due sono incentrati sul presentare ed esaltare il profilo eroico di Dante, questo supereroe dal vestiario iconico, presentato come un mercenario che accetta "ogni genere di lavoretto" (ma mostrato spesso mentre li rifiuta puntualmente a meno che non li ritenga esaltanti, condizione che richiede la presenza di demoni) e che in realtà è profondamente umano, compassionevole e generoso. Ha un forte peso su di lui l'eredità della sua famiglia: la grande leggenda del padre, il suo compito, dovuto alla sua unicità di mezzo demone e alla sua discendenza, di proteggere il mondo umano dai demoni, ma anche il dolore per la perdita della madre, uccisa dai demoni quando lui era bambino, e del fratello, da cui è stato separato da giovane. Ha un desiderio bruciante di vendicarsi, camuffato dalla sua apparente leggerezza di spirito e l'aria da duro. Rispetto al primo DMC, dove si esprimono la sua vena ironica e il suo sostanziale buonumore, il secondo lo priva di quasi ogni complessità, e lo presenta come uno stereotipato guerriero taciturno, che finge di non interessarsi ai bisogni degli altri a meno che la monetina truccata cui affida le sue decisioni non dia testa, e che solo di tanto in tanto impiega qualche battuta graffiante.<br />
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<a href="https://3.bp.blogspot.com/-FTunIS7RHzs/XG8UrPc3JSI/AAAAAAAADxY/jn4pMf047Ecrq0IRrKaqsjZWic8Aynb0ACLcBGAs/s1600/tumblr_ovv6bt9Rmt1rcpq6ao3_500.gif" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="200" data-original-width="500" height="128" src="https://3.bp.blogspot.com/-FTunIS7RHzs/XG8UrPc3JSI/AAAAAAAADxY/jn4pMf047Ecrq0IRrKaqsjZWic8Aynb0ACLcBGAs/s320/tumblr_ovv6bt9Rmt1rcpq6ao3_500.gif" width="320" /></a></div>
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Quando il terzo capitolo, tornando nel suo passato, ha raccontato il suo "risveglio", la storia della battaglia che lo ha portato, da un giovane privo di interessi al paladino della sua età matura, ha dato molta più linfa vitale a Dante, l'ha reso più complesso, e ha sapientemente elaborato uno spunto che il primo DMC presentava ma senza approfondire troppo, quello del fratello Vergil; la scena in cui Dante, dopo diverse battaglie contro il misterioso cavaliere Nelo Angelo, lo sconfigge e gli trova addosso il medaglione che lo identifica come il fratello perduto, mentre nei suoi ricordi riaffiora la voce della madre, Eva, che augura buon compleanno a entrambi i figli, gemelli, legati da qualcosa di ancora più potente del sangue demoniaco, è forse il momento più toccante del gioco. Le basi perché Devil May Cry divenisse la storia di un dramma familiare sovrannaturale c'erano, e sono state abilmente impiegate.<br />
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-3D_fhacAStU/XHQJSjFZW5I/AAAAAAAADyo/wLpW1rCOoAsD-NBywmE7KZ0Upv3WlxNGQCLcBGAs/s1600/Dmc3%2BDante%2Band%2BVergil.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1024" data-original-width="1280" height="256" src="https://4.bp.blogspot.com/-3D_fhacAStU/XHQJSjFZW5I/AAAAAAAADyo/wLpW1rCOoAsD-NBywmE7KZ0Upv3WlxNGQCLcBGAs/s320/Dmc3%2BDante%2Band%2BVergil.jpg" width="320" /></a>Devil May Cry 3 ha definito Vergil, opposto e speculare a Dante, che dalla morte della madre per causa dei demoni ha appreso la necessità del potere, e che l'ha ricercato, al prezzo di sacrificare ogni attenzione e misericordia verso il prossimo, ma non per questo un suo personale senso dell'onore, fino a legarsi sempre di più al potere demoniaco che Dante, inizialmente, non vuole usare, e che accetterà solo dopo il primo confronto col fratello. Alla fine del viaggio, Vergil, sconfitto nell'ultimo duello contro Dante, sceglie di rimanere nel mondo demoniaco alla ricerca di più potere, dove sarà soggiogato dal sovrano dei demoni, Mundus, e reso Nelo Angelo; questa ulteriore separazione, che durerà fino all'incontro tra i due nel primo gioco, segnerà Dante con altrettanta forza, probabilmente, dei colpi già subiti.<br />
Importante è anche il fatto che, da questo momento in poi, le sorti di Dante si legano a quelle di un attore, Reuben Langdon, che lo interpreta grazie al <i>motion capture</i> e lo doppia. Reuben è tuttora adorato da molti appassionati della saga, me incluso, come se fosse veramente Dante.<br />
Fino a questo punto, avevamo due capitoli in ordine e un prequel, più:<br />
-un adattamento a fumetti del primo Devil May Cry, non canonico;<br />
-due romanzi, non più canonici, che espandevano i primi due capitoli (il primo raccontava un'altra parte della giovinezza di Dante, in cui lui adoperava lo pseudonimo di Tony Redgrave e si scontrava con un uomo di nome Gilver, fino ad ucciderlo e scoprire che si trattava di Vergil; l'uscita di DMC3 lo ha reso non canonico);<br />
-il manga di Devil May Cry 3, che racconta un incontro tra Dante e Vergil accaduto un anno prima del gioco, e che, anche se c'è poca chiarezza al riguardo, non contraddice il canone. Inoltre qui Dante ha un assistente di nome Enzo.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-bD7wg6uqbJs/XG8RD1Dh4DI/AAAAAAAADxM/0-k5KWxs3w8D9SgLUr2e68sBn0aDms-pwCLcBGAs/s1600/Devil-May-Cry-4-devil-may-cry-4-8883676-1024-768.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="768" data-original-width="1024" height="480" src="https://3.bp.blogspot.com/-bD7wg6uqbJs/XG8RD1Dh4DI/AAAAAAAADxM/0-k5KWxs3w8D9SgLUr2e68sBn0aDms-pwCLcBGAs/s640/Devil-May-Cry-4-devil-may-cry-4-8883676-1024-768.jpg" width="640" /></a></div>
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Con Devil May Cry 4, nel 2008, le cose si complicano.<br />
Il secondo capitolo, il meno riuscito -e io sono tra i pochi che lo gradiscono lo stesso, che vedono la sua importanza, e che si innervosiscono non poco quando vedono gli altri che cercano di fingere che non esista- presentava non pochi problemi come continuità, in primo luogo il mutamento repentino del carattere di Dante, poi la mancanza di personaggi del terzo capitolo, che lo rendeva un po' difficile da legare al resto, e infine, la decisione di lasciare il finale aperto: dopo la vittoria contro il potente principe demoniaco Argosax, Dante decide di andare da solo sulla sua moto nel mondo demoniaco, e l'ultima scena mostra la sua ultima "partner", Lucia, che attende nel suo negozio, sente il rumore di una moto che si spegne nelle vicinanze e corre ad aprire alla porta. Per qualche motivo, questa ambiguità, un'ambiguità voluta forse più dai giocatori, per il fascino della possibilità che Dante non tornasse, è stata preservata fino a tempi recentissimi, e anzi, se il post l'avessi fatto qualche settimana fa, sarebbe rimasta aperta.<br />
Sta di fatto che, forse per evitare le complicazioni che comportava DMC2 per la continuity, Devil May Cry 4 è stato ambientato prima, tra il primo e il secondo, e riprende gli elementi del primo e del terzo, praticamente ignorando il fratellino più sfortunato.<br />
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-uL2WsYuM7tQ/XH1elmepLTI/AAAAAAAAD0E/BP8iC_R2tLU91475B9D5vqIMzDeEEtm5wCLcBGAs/s1600/Dmc4-nero.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1496" data-original-width="1262" height="400" src="https://4.bp.blogspot.com/-uL2WsYuM7tQ/XH1elmepLTI/AAAAAAAAD0E/BP8iC_R2tLU91475B9D5vqIMzDeEEtm5wCLcBGAs/s400/Dmc4-nero.jpg" width="336" /></a>Devil May Cry 4 ha introdotto Nero, un ragazzo con i capelli bianchi e un braccio mostruoso, sede dei suoi poteri di demone, un vero mistero, visto che finora gli unici ad unire qualità umane e demoniache sono stati Dante e Vergil. Nel corso della storia, Nero, che vive nella città europea di Fortuna, dove vige un culto molto simile al Cristianesimo intorno alla figura di Sparda, l'Ordine della Spada, i cui vertici stanno cercando di trascendere la condizione umana e diventare demoni, parte per investigare sul misterioso superumano che ha apparentemente ucciso il capo dell'Ordine, cioè Dante, e poi per salvare la ragazza che ama, Kyrie, rapita dall'Ordine, e rivela di possedere la capacità di evocare una forma di demone che ricorda molto quella di Vergil, per non parlare della sua affinità all'arma del gemello di Dante, la katana Yamato. È nel graphic novel in due volumi "Devil May Cry 4: Deadly Fortune" (credo) che viene svelato che Nero è figlio di Vergil, e di una donna non meglio identificata, abbandonato in un orfanotrofio avvolto in delle fasce nere, da cui il suo nome.<br />
Dante, quando lo vede, non sa chi sia -anche se l'aver incontrato, per la prima volta, qualcun altro come lui, dev'essere stato significativo- ma deve aver realizzato ben presto l'identità di Nero, dato che nel gioco mostra un certo riguardo e un opportunamente celato affetto nei suoi riguardi, fino al punto di lasciargli tenere Yamato, oggetto che gli ricorda una delle persone che ama di più.<br />
L'uscita del nuovo capitolo videoludico viene accompagnata, inoltre, da un adattamento anime, canonico, che vede la luce nel 2007, e che sicuramente non rende più chiare le cose: è ambientato dopo il primo gioco e prima del quarto, compaiono le sue partner nella caccia ai demoni Trish, conosciuta nel primo Devil May Cry, e Lady, incontrata nel terzo, a loro volta entrambe presenti nel quarto. L'anime presenta poi Dante in un "quadro familiare" inedito, in cui ha un assistente, Morrison, mai visto prima (ma non è la prima volta che ne ha uno) e ospita per qualche tempo una bambina di nome Patty. Sia in DMC4 che nel doppiaggio inglese dell'anime, Dante è ancora Reuben Langdon.<br />
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<a href="https://4.bp.blogspot.com/-Hk_VOJUohSA/XH1fElFOl5I/AAAAAAAAD0M/chXZaUPVSOAVRF-02oVlDBVfkmsOrGwXwCLcBGAs/s1600/devil_may_cry_383_1680.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1000" data-original-width="1600" height="400" src="https://4.bp.blogspot.com/-Hk_VOJUohSA/XH1fElFOl5I/AAAAAAAAD0M/chXZaUPVSOAVRF-02oVlDBVfkmsOrGwXwCLcBGAs/s640/devil_may_cry_383_1680.jpg" width="640" /></a></div>
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Quello che farò adesso è un bilancio della situazione di Devil May Cry, diciamo, nel 2012, quando ho iniziato a giocare la saga, e anche nel 2013, quando ho finito il quarto.<br />
Un grande cambiamento, Nero, un personaggio che pare destinato a prendere sulle sue spalle l'eredità di Dante, che in Devil May Cry 4 compare ed è giocabile, ma certamente con meno spazio rispetto a lui, e che sembra prossimo a intraprendere una nuova via, che gli darà meno spazio: nel gioco mostra chiaramente di poter affrontare tutto da solo il problema dell'Ordine, della sua brama di usare il potere di Sparda e creare demoni, e anche con ridicola facilità, ma lascia fare diverse cose a Nero, e appare spesso come una guida che sta in seconda fila, che può intervenire, ma il cui scopo è farlo il meno che può.<br />
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<a href="https://4.bp.blogspot.com/-YGEdc7bzhag/XH1hxqj0FAI/AAAAAAAAD0o/urfgX7lQHWcTfShPVBL8HTLFBjdd2_t9wCLcBGAs/s1600/Vergil%2Bpic.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="500" data-original-width="421" height="320" src="https://4.bp.blogspot.com/-YGEdc7bzhag/XH1hxqj0FAI/AAAAAAAAD0o/urfgX7lQHWcTfShPVBL8HTLFBjdd2_t9wCLcBGAs/s320/Vergil%2Bpic.jpg" width="269" /></a>Un grande interrogativo, Vergil: che diavolo è successo a Vergil? La sua ultima apparizione, cronologicamente, è quella nel primo Devil May Cry, come Nero Angelo: nei sottotitoli dell'edizione italiana Mundus afferma, dopo la battaglia, «Vergil è morto», ma in realtà le sue parole sono «Vergil has been defeated». Non sappiamo cosa voglia dire questa sconfitta, possiamo immaginare che si sia liberato del controllo di Mundus, ma non abbiamo altro.<br />
Nel 2015 è uscita la Devil May Cry 4 Special Edition, una Remastered per le console di nuova generazione, che aggiungeva all'esperienza del gioco base, oltre a nuove difficoltà e costumi, la possibilità di giocare nei panni di Lady, Trish e Vergil, e l'aggiunta di video <i>cinematic</i> introduttivi e conclusivi per le rispettive storie. In quello di Vergil, vediamo il mezzo-demone entrare a Fortuna coperto da un mantello da viaggiatore, con una nota temporale che riporta "Alcuni decenni fa", interessato a scoprire qualcosa di più sull'Ordine della Spada, e vediamo anche che, mentre incrocia un gruppo di passanti, accoliti dell'Ordine, una donna si ferma e lo osserva mentre prosegue: dunque quello della scena è il Vergil giunto a Fortuna nel periodo in cui ha generato Nero, almeno sedici anni prima di Devil May Cry 4 e prima dell'incontro col fratello in Devil May Cry 3. E il fatto che per tanti anni i fan abbiano continuato a parlare di Vergil, a chiedersi "e adesso?" dopo la sua sconfitta, dopo che DMC4 aveva parlato indirettamente di lui e non l'aveva mostrato, ha lasciato nell'aria la possibilità che di lui si parlasse ancora.<br />
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-cSRDotTQxVw/XH1fvQYs8lI/AAAAAAAAD0U/dYin9nrxlesXM-5AsqfbocTdu1Ze4pruQCLcBGAs/s1600/Devil%2BMay%2BCry%2B4%2BSpecial%2BEdition%2BArt.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1500" data-original-width="1061" height="400" src="https://4.bp.blogspot.com/-cSRDotTQxVw/XH1fvQYs8lI/AAAAAAAAD0U/dYin9nrxlesXM-5AsqfbocTdu1Ze4pruQCLcBGAs/s400/Devil%2BMay%2BCry%2B4%2BSpecial%2BEdition%2BArt.jpg" width="282" /></a>È sempre rimasto aperto l'interrogativo su Sparda: il Leggendario Cavaliere Nero che duemila anni fa ha sigillato il mondo demoniaco, attraverso armi e oggetti e rituali che sono stati usati e profanati infinite volte nel corso di questa saga, dove uno dei pochi fattori comuni tra le trame è sempre stata l'ossessione verso Sparda, il bisogno di confrontarsi con questo essere straordinario, un'eredità indesiderata e poi accolta e onorata, per Dante, un termine da eguagliare, per Vergil, un'onta da vendicare, per Mundus, un potere senza eguali da ottenere per Arkham e Sanctus (antagonisti di DMC3 e DMC4), persino il garante di un antico patto per due personaggi dell'anime, i fratelli Baul e Modeus, e anche l'immagine del destino per Dante in Devil May Cry 2, dove davanti al portale per il mondo demoniaco viene ricordato come le azioni del figlio stessero rispecchiando quelle del padre, ebbene, questa leggenda, profondamente vitale anche senza apparire mai, che ne è adesso?<br />
Viene detto che Sparda lasciò la famiglia e morì, forse di cause naturali. Può davvero un demone, uno così potente, morire di morte naturale? Rimanere per duemila anni sulla Terra e sposarsi e avere figli solo alla fine, e per giunta morire naturalmente poco dopo, senza neanche vederli crescere? Forse può, ma questa risposta non ci è mai bastata, non è mai stato detto con chiarezza che Sparda fosse definitivamente finito, né mostrata una tomba o un ricordo.<br />
Anche Mundus è un capitolo aperto: unico tra gli antagonisti già visti, escluso Vergil, lui non è stato ucciso, ma sigillato una seconda volta da Dante, e ha minacciato di tornare.<br />
Rimaneva anche da conciliare le parti in disaccordo della storia già vista, provare ad armonizzare Devil May Cry 2 con gli altri, magari, e recuperare Lucia, sua co-protagonista.<br />
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-1YMzjuKKwS0/XH1ihJ8XNMI/AAAAAAAAD04/Laely8Dt_cAqnsj74vxb2NUsKLzpcnbFgCLcBGAs/s1600/TheLDKSparda.png" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1275" data-original-width="800" height="400" src="https://3.bp.blogspot.com/-1YMzjuKKwS0/XH1ihJ8XNMI/AAAAAAAAD04/Laely8Dt_cAqnsj74vxb2NUsKLzpcnbFgCLcBGAs/s400/TheLDKSparda.png" width="250" /></a>In tutto questo, in quegli anni, c'ero io, nella mia piccola stanza, che trascorrevo ore e ore a immaginare come avrei voluto che fosse quello che si sarebbe dovuto chiamare Devil May Cry 5, che finalmente avrebbe portato avanti la saga anziché tornare sempre indietro. Volevo che ci fosse ciò che più mi piaceva e mi è sempre piaciuto di Devil May Cry, cioè Dante, il suo stile, i mostri grotteschi contro i quali combatte e le ambientazioni cupe in cui lo fa. DMC4, dovete sapere, non mi è mai andato molto a genio in termini estetici: il barocco che sostituisce il gotico e la patina di antichità dei luoghi, design basati sulle linee, molti colori e una certa pomposità, e anche lo stesso Dante, che come caratterizzazione coniuga felicemente l'esuberanza del terzo capitolo, divenuta ormai il suo tratto più riconoscibile, con una maggiore attenzione e un certo senso di responsabilità, ha un costume un po' troppo vistoso ed un fisico molto più imponente del passato.<br />
Volevo una storia in cui avesse il suo spazio -anche se era chiaro che Nero non ne avrebbe mai avuto di meno-, con una direzione visiva che mi piacesse, che rispondesse ad alcuni dei quesiti ancora aperti, e magari riunisse un po' di personaggi sparsi in giochi diversi.<br />
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Ma torniamo alla storia.<br />
Con tante questioni aperte, e soprattutto con una saga ancora dotata di pochi capitoli, sviluppatasi nel corso di sette anni, c'era ragione di aspettarsi un buon proseguimento per altro tempo.<br />
Ecco perché la notizia di un reboot, intorno al 2011, fece arrabbiare tutti.<br />
A che serviva il reboot di una serie a tutti gli effetti ancora in corso?<br />
La decisione derivava dalla volontà di fare un capitolo prima di Devil May Cry 3, che come continuità avrebbe creato non pochi problemi. Cosa volevano raccontare, la storia di Dante a undici anni? A sette? Prima di accedere ai suoi pieni poteri, prima della Devil May Cry? È comprensibile che si sia preferito scollegare tutto dalla storia, e se vogliamo, è comprensibile perché qualcuno potesse voler ambientare un gioco prima di DMC3: come avrete capito, la continuity è una matassa bell'e fatta. E la colpa è sicuramente di DMC2, e, volendo, di aver ambientato il 4 prima del 2, in modo da tamponare il problema anziché risolverlo, aggravandolo invece.<br />
Il primo trailer mostrava un giovane tossico ridotto proprio male che affrontava con una spada e delle pistole dei grotteschi manichini e concludeva fumando al chiaro di luna, e rispetto a questo il gioco definitivo è riuscito molto meglio.<br />
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-uB_d8-xZFfo/XH1g27MrSuI/AAAAAAAAD0c/aBaR5fqgUrszryuS2wLn6dgRv9ls8q3PgCLcBGAs/s1600/dmc-definitive-edition-is-the-next_dd7w.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="225" src="https://2.bp.blogspot.com/-uB_d8-xZFfo/XH1g27MrSuI/AAAAAAAAD0c/aBaR5fqgUrszryuS2wLn6dgRv9ls8q3PgCLcBGAs/s400/dmc-definitive-edition-is-the-next_dd7w.jpg" width="400" /></a>DmC: Devil May Cry, sviluppato dal team Ninja Theory, team che proprio per questo è poco gradito ai fan di Devil May Cry (ma i Ninja hanno sviluppato Hellblade, l'opera d'arte del millennio, e quindi non li dovrebbe insultare nessuno), ha inserito Dante, Vergil, Sparda, Eva e Mundus in un contesto post-moderno puramente occidentale, astraendoli dalla patina di anime giapponese, e ha puntato verso il realismo e una reinterpretazione dei demoni secondo la chiave di un discorso di denuncia dei mali della società contemporanea. Lo spirito "ribelle" di Dante (del giovane Dante di DMC3) lo porta ad essere reinterpretato qui come un ragazzo di strada in conflitto con le autorità e dalle tendenze autodistruttive, in una realtà, quella di Limbo City, dove gli esseri umani sono completamente in balia dei demoni, che esercitano subdolamente il loro controllo attraverso media corrotti, bevande che limitano le facoltà intellettive, e vere e proprie manipolazioni di massa del pensiero. Avvicinato da Vergil, a capo di un'organizzazione terroristica che mira a rovesciare i demoni, Dante scopre il proprio retaggio di nephilim, cioè mezzo demone e mezzo angelo, amplia i suoi poteri, rovescia il sistema dei demoni smascherandone la presenza agli occhi dell'umanità e sconfigge Mundus insieme al fratello, per poi scontrarsi con lui quando egli manifesta l'intenzione di tiranneggiare a sua volta sugli umani, e intraprendere, infine, strade diverse. A conti fatti, il finale di DmC permetterebbe a questo di ricollegarsi a Devil May Cry 3, non fosse per il contrasto in termini di <i>lore</i> (angeli, nephilim), la morte di Mundus e altri dettagli.<br />
DmC ha dimostrato, qualora servisse, quanto i giocatori fossero affezionati a Dante e alla sua storia, ma ha anche rappresentato dei passi avanti per il gameplay e la ricerca di combo sempre più scatenate e scenografiche, vera anima del tutto.<br />
Quando nel 2015 è uscita la nuova versione di DMC4, si è sentito il ritorno di ciò che più la community amava e la possibilità che venisse ripreso. È stata una mossa che continuava una direzione già presa, visto che anche di DMC3 era uscita una Special Edition dopo quella standard, ed era anche il progetto che Itsuno voleva portare avanti.<br />
A quel punto, e questo lo sappiamo grazie alle sue ultime dichiarazioni, sembra che bollisse in pentola l'idea di sviluppare DmC 2. Ma, fortunatamente, altre forze hanno portato i nostri a scegliere diversamente.<br />
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<a href="https://3.bp.blogspot.com/-8ajMv5P85Jw/XG_VhQXZD1I/AAAAAAAADyA/5MpX0on9-e8hqtbu-VksjBqnoAX15eT_wCLcBGAs/s1600/Nero%2Bgif.gif" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="303" data-original-width="540" src="https://3.bp.blogspot.com/-8ajMv5P85Jw/XG_VhQXZD1I/AAAAAAAADyA/5MpX0on9-e8hqtbu-VksjBqnoAX15eT_wCLcBGAs/s1600/Nero%2Bgif.gif" /></a></div>
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10 giugno 2018, E3, conferenza Microsoft: esce il trailer di Devil May Cry 5.<br />
In realtà, nel corso dell'inverno precedente, erano uscite notizie che dichiaravano che il gioco fosse in sviluppo, un capitolo con tre personaggi giocabili e un maggior spazio dato alla narrazione, tutte cose che adesso sappiamo essere presenti nel gioco in attesa...ma raccontare questo non sarebbe esaltante. Torniamo alla conferenza.<br />
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<iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/KMSGj9Y2T9Q/0.jpg" frameborder="0" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/KMSGj9Y2T9Q?feature=player_embedded" style="clear: right; float: right;" width="320"></iframe></div>
È la prima volta che vado a cercare lo streaming dell'E3, ho appena visto il trailer di Sekiro: Shadows Die Twice, dunque voglio vedere se riesco ad assistere a qualche bell'annuncio in diretta: apro il video, e vedo che stanno effettivamente trasmettendo un altro trailer, un'ambientazione urbana dove si allungano strani tentacoli.<br />
Poi vedo questo ragazzo vestito di blu scuro, con i capelli bianchi e un braccio meccanico, eseguire acrobazia in aria che mi ricordano molto quelli della famiglia di ammazza-demoni. Il trailer lo mostra accanto a un gigantesco essere bestiale, e poi vari altri orrori. In tutto questo, un'inquietante prospettiva si apre davanti ai miei occhi: che questo possa essere DmC 2, il sequel del reboot.<br />
E già montava la disperazione: tutta questa attesa, queste speranze rinvigorite da tanti annunci, solo per vedere la saga continuare nella direzione che non voglio? E se esiste ancora la speranza che il vero Devil May Cry continui, quanto dovremmo aspettare?<br />
Anzi, confesso che, quando è apparso il titolo "Devil May Cry 5", non ho tirato un sospiro di sollievo, ma temuto, per via della mia costitutiva inclinazione al pessimismo, che il reboot stesse in qualche modo assorbendo la saga canonica, che non sarebbe continuata se non per suo tramite.<br />
E POI...<br />
dopo il titolo appare questa scena: una moto, un uomo in sella a una moto demoniaca, ha un cappotto di un rosso molto scuro e capelli che sembrano più grigi che bianchi. Lo vediamo in volto: è chiaramente un uomo adulto, anzi, ben maturo. Lo schermo diventa nero, e si sente la sua voce, un fischio e uno «YEAAAAHHHHHHHHHHHHH».<br />
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<a href="https://1.bp.blogspot.com/-tDuiWYf7otk/XG_UfLgIMMI/AAAAAAAADx4/-fiSqbaS1iAchUlptBBNpbhronbrxZPhgCLcBGAs/s1600/Dante%2BV.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="360" src="https://1.bp.blogspot.com/-tDuiWYf7otk/XG_UfLgIMMI/AAAAAAAADx4/-fiSqbaS1iAchUlptBBNpbhronbrxZPhgCLcBGAs/s640/Dante%2BV.jpg" width="640" /></a></div>
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E questo, amici miei, è stato il ritorno di Dante, figlio di Sparda.<br />
Quella sera ero abbastanza confuso, e la prima impressione negativa incideva sulla mia valutazione. Il trailer mostrava Nero perdere il braccio demoniaco a causa di un misterioso personaggio incappucciato, già allora chiaramente identificabile con Vergil (su cui da allora girano meme per elogiarne il meraviglioso spirito di paternità), e la sua sostituzione con un arto di metallo mi sembrava un'eco di una delle forze negative che mi triggerano di più: il tecnologico che sostituisce il magico, persino in un contesto dove il magico è di casa. Non aprirò quest'altra monumentale parentesi, ma se volete c'è sempre il vecchio articolo sull'<a href="http://lanimadelmostro.blogspot.com/2016/03/senso-unico-verso-linferno-di-metallo.html">inferno di metallo</a>.<br />
Ad ogni modo, tra ulteriori visioni del video e le prime dichiarazioni, molte cose sono andate al loro posto, e la dimostrazione di come il nuovo braccio meccanico, un supporto capace di equipaggiare diversi tipi di protesi chiamate Devil Breaker, ognuna dotata di poteri diversi, renda il gameplay di Nero, in DMC4 limitato a spada, pistola e braccio, vario quasi come quello di Dante, che in ogni capitolo sfodera molte armi diverse, mi ha reso molto più bendisposto verso questa novità. Anche perché, se il braccio di Nero ha questa particolarità -in un periodo culturale in cui sembra andar molto di moda- il mondo di gioco è assolutamente quello di Devil May Cry.<br />
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-zrBXd96166Y/XHqvnXlm7fI/AAAAAAAADzk/swRIzAaM4J41kXZEQOKSmNpWe9EYoxtfgCLcBGAs/s1600/DMC5-TrailerScreen1.png" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="225" src="https://1.bp.blogspot.com/-zrBXd96166Y/XHqvnXlm7fI/AAAAAAAADzk/swRIzAaM4J41kXZEQOKSmNpWe9EYoxtfgCLcBGAs/s400/DMC5-TrailerScreen1.png" width="400" /></a>Ci troviamo a Redgrave City, una metropoli di gusto londinese che ha lo stesso nome adoperato in gioventù da Dante, dove ha luogo un'invasione demoniaca di proporzioni inedite: se prima, il più delle volte, i demoni li avevano incontrati soltanto Dante e i suoi, oppure le singole vittime che si erano rivolte a lui e che per qualche motivo avevano tenuto il segreto, e in caso di fenomeni di distruzione di massa, come l'emersione della babelica torre Temen-ni-gru in DMC3, <i>nessuno </i>tranne i nostri eroi era stato coinvolto o si era avvicinato al fenomeno, qui i demoni uccidono le persone e lo vediamo accadere, come vediamo un intervento di veri ordini militari ufficiali.<br />
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-qy5Ii9w2Qm8/XHqu6apNXcI/AAAAAAAADzc/sebwWIkWGtMYDzsxmmfobQCHMb-XwogEgCLcBGAs/s1600/Nico.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="225" src="https://1.bp.blogspot.com/-qy5Ii9w2Qm8/XHqu6apNXcI/AAAAAAAADzc/sebwWIkWGtMYDzsxmmfobQCHMb-XwogEgCLcBGAs/s400/Nico.jpg" width="400" /></a>L'invasione è dovuta a un misterioso albero demoniaco che si staglia in cielo, e fin dal primo trailer vediamo colui che sarà il nuovo grande antagonista, un grande demone avvolto da radici rosse in qualche modo legato all'albero. Nella primissima inquadratura, inoltre, vediamo un uomo di età avanzata, di colore, apparentemente uno sconosciuto, che afferma, rivolto a un interlocutore misterioso che "conosce da molto tempo", che questo interlocutore non si è mai trovato in una situazione così pericolosa; e più avanti facciamo la conoscenza di Nico, una ragazza che viaggia insieme a Nero su un camper ornato da un'insegna al neon che riporta "Devil May Cry", e che è la persona che si occupa dei Devil Breaker.<br />
Insieme al trailer è uscita la prima immagine ufficiale, la cover art dell'edizione standard del gioco, che mostra tre personaggi di spalle avanzare verso l'albero. Al centro Nero. A sinistra Dante, con la sua Rebellion. A destra, un misterioso individuo vestito di nero e con le braccia tatuate, armato di bastone, che rompeva qualunque certezza che il terzo personaggio sarebbe stato Vergil.<br />
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<a href="https://1.bp.blogspot.com/-fV23RiKws0s/XHQF8kr3qaI/AAAAAAAADyM/0kP90RGbqc0j8DI5EfNhz9g701m4sGREwCLcBGAs/s1600/Devil-May-Cry-5-1_risultato-1280x720.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="360" src="https://1.bp.blogspot.com/-fV23RiKws0s/XHQF8kr3qaI/AAAAAAAADyM/0kP90RGbqc0j8DI5EfNhz9g701m4sGREwCLcBGAs/s640/Devil-May-Cry-5-1_risultato-1280x720.jpg" width="640" /></a></div>
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<iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/8k6GC5NtuAg/0.jpg" frameborder="0" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/8k6GC5NtuAg?feature=player_embedded" style="clear: right; float: right;" width="320"></iframe>La seconda metà di giugno è stata l'inizio di un periodo incredibile, che ha visto, non dico tornare alla vita, perché molti erano sempre rimasti attivi, ma certamente un grande rinvigorimento delle numerose pagine social, community e gruppi vari di appassionati di Devil May Cry, ridestati dal letargo, liberati dalla polvere, con gli animi accesi dalla realizzazione di un desiderio rimasto nell'aria per tanti anni. Un periodo dominato dal primo dei tre temi musicali dei personaggi principali, divenuto una vera hit in pochi giorni: <i>Devil Trigger</i>, di Casey e Ali Edwards, tema da combattimento di Nero, di cui qui accanto potete vedere il video ufficiale. Presente nel trailer, è un brano fresco, energico, dinamico, sprizzante tutto l'entusiasmo per il ritorno di Devil May Cry, l'entusiasmo di Nero, il giovane cacciatore ora nel pieno della crescita e delle potenzialità fisiche. Interessante il fatto che Nero, perso il suo braccio, non sembra più grado di ricorrere all'abilità chiamata, appunto, Devil Trigger, altro tratto iconico della saga, mediante la quale i personaggi assumono la propria forma demoniaca. Che la traccia di Nero sia un semplice riferimento al grilletto della sua pistola? Che un generico rimando alla sua saga? Che un nome messo a caso? Lo scopriremo quando avremo il gioco.<br />
È stato rivelato che l'uomo di colore del trailer è nientepopodimeno che Morrison, l'assistente di Dante presente nell'anime, e questa l'ho trovata una notizia straordinaria, perché l'unico gioco ambientato dopo l'anime, DMC4, non ne teneva conto e non aveva motivo di farlo, così come non ne ha il 5. Legare l'anime al gioco significa aumentare la coesione narrativa, piuttosto che avere il primo come un supplemento slegato, una ruota di scorta del secondo.<br />
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-NavjUC_5CPU/XHQHMP4fiiI/AAAAAAAADyU/PRZgZBC1wpM6dFAGWxXqtMjxa46JZQ0AACLcBGAs/s1600/DMC5-NeroandDemon.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="360" src="https://2.bp.blogspot.com/-NavjUC_5CPU/XHQHMP4fiiI/AAAAAAAADyU/PRZgZBC1wpM6dFAGWxXqtMjxa46JZQ0AACLcBGAs/s640/DMC5-NeroandDemon.png" width="640" /></a>Nel mese di luglio, è stato trasmesso il primo gameplay, con i primi dettagli sui Devil Breaker di Nero, capaci di essere sparati contro i nemici, esplodere, emettere raggi, rallentare il tempo; sui Devil Breaker mi faccio e vi faccio uno sconto, e ne parlerò per esteso quando li avrò visti tutti, nel post sul gioco. Il trailer ha mostrato poi un altro dettaglio strepitoso, il ritorno di nemici storici da affrontare, non solo quelli ricorrenti, come il demoni-uomini lucertola Blade, comparsi sia in DMC che in DMC4, ma anche più specifici, come i Sin Scissor, fantasmi muniti di cesoie visti solo nel primo gioco. E in effetti sembra proprio che sia il capostipite quello più ripreso in questo gioco, come vedremo tra poco.<br />
Nel gameplay, apprendiamo anche qualcosa di più su Goliath, il boss mostrato anche nel trailer, un demone enorme che senza spiccare per qualche ragione in particolare, fa innamorare gli amanti dei mostri come me per il realismo conferitogli dal motore grafico e la giustapposizione di dettagli: gigantesco uomo bestia ricoperto di pelliccia, con una grande bocca nello stomaco, mi ricorda tantissimi demoni dell'arte medievale.<br />
Poco dopo, un nuovo trailer sempre incentrato su Nero si è concluso mostrando qualcosa di più su Dante, e quei pochi secondi sono divenuti una nuova ossessione: la moto che guidava nell'altro trailer è infatti in grado di scomporsi in due grosse motoseghe, abbattute con nonchalance dal sempre divertito Dante su file infinite di demoni.<br />
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<a href="https://1.bp.blogspot.com/--bxVj2UCSQA/XHQNQydf17I/AAAAAAAADy8/5P6PZ8KxS58FBNTSDAgsroeLvDCCtLKdACLcBGAs/s1600/devil-may-cry-5_dante_weapons.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="360" src="https://1.bp.blogspot.com/--bxVj2UCSQA/XHQNQydf17I/AAAAAAAADy8/5P6PZ8KxS58FBNTSDAgsroeLvDCCtLKdACLcBGAs/s640/devil-may-cry-5_dante_weapons.jpg" width="640" /></a></div>
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Qualche tempo dopo compare in rete un <i>leak</i>, che mostra per esteso due scene: quella in cui Nero perde il braccio, e un'altra, estremamente importante, che ha naturalmente alimentato molte domande e molte speculazioni che prontamente i video successivi hanno mostrato ufficialmente quasi tutta. La scena sarebbe sempre spoiler, ma ormai è stata rivelata per intero, e da questo punto in poi ogni informazione è qualcosa che toglie un po' di sorpresa. La scena mostra Dante, Nero, Trish, Lady, e il terzo protagonista misterioso, alle prese con il grande antagonista del gioco, o per meglio dire mostra Dante e le due cacciatrici privi di sensi, Nero che tenta di affrontare il gigantesco nemico da solo e in punto di essere ucciso viene salvato da Dante, che si trasforma in demone con il suo Devil Trigger e tenta un nuovo attacco: questo, per la prima volta nella saga, si rivela insufficiente, e, sempre per la prima volta, Dante sembra davvero in difficoltà: il tirannico avversario, con un solo colpo, riesce non solo a interrompere la trasformazione di Dante, ma a <i>spezzare</i> Rebellion. Prima di questa sconfitta, Dante intima al "terzo protagonista", chiamandolo V, di portare Nero fuori di lì. Mentre Nero oppone resistenza, V nomina, forse per la prima volta nel corso della storia, il mostro demoniaco, e lo chiama con un nome che mai mi sarei aspettato di trovare, da cui deriva molta della mia attesa per il gioco: il suo antagonista si chiama Urizen.<br />
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<a href="https://4.bp.blogspot.com/-i0Og7M3iUco/XHqv8UvdYpI/AAAAAAAADzs/AyljNHtzpvYbl8bdbYjniN1cSxH8giD4wCLcBGAs/s1600/UrizenCloseUp.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="360" src="https://4.bp.blogspot.com/-i0Og7M3iUco/XHqv8UvdYpI/AAAAAAAADzs/AyljNHtzpvYbl8bdbYjniN1cSxH8giD4wCLcBGAs/s640/UrizenCloseUp.jpg" width="640" /></a></div>
Devil May Cry ha omaggiato molte mitologie, strizzato l'occhio al mondo della musica, ed è sempre stato legato alla letteratura, dalla Commedia che ne fornisce le basi, a Goethe e Shakespeare citati in DMC4, per certi versi a Milton, ma quello che accade qui va più in profondità, poiché Urizen è una delle figure che costituiscono la mitologia creata nel primo Ottocento da William Blake. Una scelta migliore non poteva esserci, anche perché appropriata, con Blake che ha dato grande spazio alle vicende di Inferno e Paradiso. Urizen è il demiurgo, il dio tirannico ispirato all'Antico Testamento, che rappresenta la tradizione, la fredda razionalità che non lascia spazio all'amore e all'immaginazione. Ho sperato in quel punto che Urizen, uno dei quattro esseri chiamati Zoa da Blake, potesse non essere l'unico riferimento blakeano, ma era un bell'azzardare.<br />
A parte questo, il leak mi ha dato l'emozione di vedere il Devil Trigger, per giunta in una <i>cutscene</i> (di solito lo si vede solo durante il gameplay) -anche se un Devil Trigger abbastanza umano, simile a quello di DMC4, cui preferisco la Majin Form, molto meno umana, di Devil May Cry 2- e quella, più forte ancora, ma terribile, di vedere Dante, il mio <i>alter ego</i> videoludico principale, connotato dall'assoluta invincibilità, messo in difficoltà e addirittura perdere -a meno di riforgiarla- la sua iconica arma. Sul terzo protagonista torniamo tra poco.<br />
<iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/OGtwoh7_DF4/0.jpg" frameborder="0" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/OGtwoh7_DF4?feature=player_embedded" style="clear: right; float: right;" width="320"></iframe>Il 19 settembre esce il tema musicale di Dante, e le cose prendono una piega fantastica: il brano, <i>Subhuman</i>, frutto della collaborazione di Matthew Johnson con la band Deathcore Suicide Silence, non piace quasi a nessuno. Al primo ascolto neanche a me, in effetti, anche se a furia di risentirlo l'ho apprezzato di più. È un brano figlio del suo genere, chiaramente, il cui vocalist, Eddie Hermida, non ha convinto con la sua performance neanche molti amanti del genere -in realtà non piace così tanto neanche a me, ma l'idea di avere un po' di <i>scream</i> in Devil May Cry, quantunque non della miglior categoria, aveva un suo fascino.<br />
Sta di fatto che il giorno dopo, giorno in cui è uscito, finalmente, il trailer personale di Dante, è saltato fuori che proprio Hermida aveva a carico accuse di molestie sessuali, di cui Capcom si è dichiarata assolutamente ignara al momento della scelta, ma che sono risultate, nella crudele logica del mercato, provvidenziali: interrotta la collaborazione, è stato dopo qualche mese dichiarato che nel gioco finale sarà presente Subhuman, cantata però da Michael Barr. In video recenti si possono udire stralci della nuova versione, e se smanettate su YouTube troverete anche video in cui questi pezzi sono assemblati per dare idea di quello che dovrebbe trovarsi nel gioco finale.<br />
In tutto questo, la canzone, nel cui ritornello Hermida ripete "<i>You cannot kill me</i>" (semplice, ma molto calzante quando si parla di Dante), e che dopo un giorno è stata bloccata, e lui cacciato fuori, è diventata un meme, come un po' tutto quello che piace molto o affatto tende a fare oggigiorno.<br />
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<iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/rKp1Hy0pjtw/0.jpg" frameborder="0" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/rKp1Hy0pjtw?feature=player_embedded" style="clear: left; float: left;" width="320"></iframe>Il trailer di Dante del Tokyo Game Show, 20 settembre, ha dominato le mie giornate per un bel po', non solo perché <i>è il trailer di Dante</i>, ma perché è davvero bello e tocca le corde giuste. A cominciare dal fatto che si apre con una scena perfetta per i nostalgici: Morrison davanti all'insegna della Devil May Cry, e poi, l'interno della stessa, un po' revisionato come sempre, ma assolutamente riconoscibile, con Morrison insieme a Dante e quest'ultimo che risponde al telefono, esattamente come all'inizio del primo gioco, del terzo e in molte altre scene iconiche, pronunciando il nome della sua agenzia.<br />
Il gameplay di Dante, finalmente lo vediamo, riprende le sue mosse tipiche elevandole a nuova dignità visiva grazie allo stile del gioco, accompagnandole con l'incazzosa Subhuman e aggiungendo vitale novità grazie ad alcune armi nuove. L'arsenale di Dante era già perfetto in quel trailer: all'immancabile spada Rebellion si aggiungeva un quasi altrettanto immancabile set di guanti e gambali, come nel primo, nel terzo e nel quarto capitolo, infuso di fuoco, e la strepitosa moto trasformabile già menzionata, le cui lame sono elettrificate, mentre come armi da fuoco Ebony e Ivory erano affiancate dal fucile Coyote A. Soprattutto, ritorno atteso da sempre, Dante nel trailer adoperava anche la spada Sparda, l'arma del padre, utilizzata finora solo nel primo DMC, alla fine del quale la donava a Trish, e solo lei, come personaggio giocabile, l'aveva più usata. Sparda, ovvero la Soul Edge di Soul Calibur con qualche ritocco -la vedete nelle prime immagini di questo articolo- è sempre stata una delle mie armi videoludiche preferite, uno spadone di carne e ossa esagerato come ci si aspetta da questa saga, ma dotato di una sua eleganza e perfettamente in linea con lo stile gotico del resto dell'ambientazione (anche se nel nuovo redesign la carne e l'esagerazione sembrano aver prevalso sullo stile). In quanto arma più potente che esista nella saga, molti ne aspettavano il ritorno, e io stesso, tra le cose che speravo di vedere quando mi immaginavo "il mio Devil May Cry 5", avevo in testa Dante che riprendeva a usare Sparda, magari a causa di una situazione di difficoltà inaudita. Il trailer rivela ufficialmente l'aspetto del Devil Trigger di Dante, e mostra come, nel gameplay, le scaglie che sostituiscono il cappotto di Dante possano trasformarsi in ali e farlo volare liberamente nell'ambiente di gioco, proprio come in DMC2.<br />
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<a href="https://4.bp.blogspot.com/-K66LXtpzSew/XHgHokDPaXI/AAAAAAAADzI/h9YejlM0Jl4qEiJsCLZmWltpWovO7cOLgCLcBGAs/s1600/Dante%2Bdevil%2Btrigger%2B5.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="360" src="https://4.bp.blogspot.com/-K66LXtpzSew/XHgHokDPaXI/AAAAAAAADzI/h9YejlM0Jl4qEiJsCLZmWltpWovO7cOLgCLcBGAs/s640/Dante%2Bdevil%2Btrigger%2B5.png" width="640" /></a></div>
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Le avevamo viste distese a terra nel <i>leak</i>, e finalmente le abbiamo ammirate in via ufficiale, nel pieno della forma: sono tornate Trish e Lady, le cacciatrici di demoni che DMC4 e l'anime hanno reso una presenza fissa.<br />
Alla fine del trailer, come quello di Nero mostrava alcuni secondi di Dante, si vede, rivelato per la prima volta in un video ufficiale, il misterioso V. Che dimostra che anche in un altro senso ciò che speravo si realizzerà, poiché nella sua prima scena, mentre cammina appoggiandosi al suo elegante bastone, legge da un libro su cui campeggia una grande V dorata uno dei <i>Proverbs of Hell</i> di Blake:<br />
<blockquote class="tr_bq">
<i>«He who desires but acts not breeds pestilence.»</i></blockquote>
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-4mHK0C57C9s/XHquQ9euPyI/AAAAAAAADzU/OLH3_4q500gQLuOZVpkOhut82rGImTn1QCLcBGAs/s1600/DMC5_V.png" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="225" src="https://4.bp.blogspot.com/-4mHK0C57C9s/XHquQ9euPyI/AAAAAAAADzU/OLH3_4q500gQLuOZVpkOhut82rGImTn1QCLcBGAs/s400/DMC5_V.png" width="400" /></a>Da quel momento, trovo che l'attesa sia entrata in una fase che mi ha emozionato ancora di più, perché avevo la conferma che Dante è ancora <i>il mio</i> Dante, reso ottimamente come aspetto e assolutamente riconoscibile come carattere, avevo grande desiderio di vederne di più, mi conciliavo meglio con lo spazio dato a Nero e nutrivo una curiosità sana e tranquilla verso V, dovuta anche al fatto che tanti mesi prima era stato detto che il terzo personaggio sarebbe stato caratterizzato dalla capacità di evocare demoni.<br />
Circa una settimana dopo il TGS Trailer è uscito il gameplay di Dante. Come anche quello di Nero, mostrava quanto fosse avanzato il gioco come tipologia, oltre che come motore grafico e velocità delle azioni: scenari molto più grandi che in passato, esplorabili in buona parte, e anche il dettaglio dei personaggi che parlano in tempo reale durante le esplorazioni e anche le boss fight, tutti quanti elementi che rendono quest'opera più raffinata. Il boss affrontato da Dante, Cavaliere Angelo, richiama con insistenza il Nelo Angelo del primo gioco, è un boss dal design splendido e in perfetto accordo ai miei gusti, con uno dei temi musicali più belli che si siano mai sentiti nella saga.<br />
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<a href="https://1.bp.blogspot.com/-n09HgNcU2fY/XHqyI2YUnoI/AAAAAAAADz4/cuWfyYTxhOUIJ6giqsH-IqXJFx2s2ycuQCLcBGAs/s1600/V%25C3%25B9oltaicblackknight.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="670" data-original-width="1194" height="359" src="https://1.bp.blogspot.com/-n09HgNcU2fY/XHqyI2YUnoI/AAAAAAAADz4/cuWfyYTxhOUIJ6giqsH-IqXJFx2s2ycuQCLcBGAs/s640/V%25C3%25B9oltaicblackknight.png" width="640" /></a></div>
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Le informazioni su Dante sono state notevolmente espanse il 6 ottobre, quando al New York Comic-Con è stato mostrato un video con le sue altre armi. Oltre a Rebellion, Sparda e il set di guanti, che questa volta si chiama Balrog (si è detto in riferimento a un personaggio di Street Fighter, ma quando questi oggetti sono infuocati e hanno le corna non ci sono molti dubbi sulla vera origine), Dante torna a usare una vecchia arma, il nunchaku di ghiaccio Cerberus, in una forma più avanzata chiamata King Cerberus che alterna alla forma già conosciuta quelle di bastone bo e sansetsukon con gli elementi, rispettivamente, di fuoco e fulmine, e una novità che ha fatto esagitare la community, il cappello di Faust, un cappello da cowboy con una sciarpa demoniaca, il cui uso prevede di investire le sfere rosse, cioè i punti spendibili, in attacchi contro il nemico che, se riusciti, permettono di recuperare quanto speso e ottenere molto di più, sempre all'insegna dell'azione e dello stile. Sul versante delle armi da fuoco, torna il bazooka di Lady da DMC3, Kalina Ann, questa volta una copia in più costruita per Dante. È stata mostrata anche la scena iniziale del gioco.<br />
Già a questo punto avevamo un bel po' di armi in mano a Dante, e la mia speranza in tal senso è che non siano state rivelate tutte.<br />
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<iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/jHPAnj_Lcbo/0.jpg" frameborder="0" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/jHPAnj_Lcbo?feature=player_embedded" style="clear: right; float: right;" width="320"></iframe>Concludo con rapidi cenni, perché soffermarsi così tanto su questi dettagli appesantisce l'articolo e rende meno entusiasta l'attesa: il 6 dicembre abbiamo avuto una sorta di trailer principale, o di terzo trailer rispetto a quello iniziale e quello di Dante. Questo ha mostrato finalmente in azione V, lasciando tutti di stucco: non solo perché evoca i demoni, ma perché quelli che evoca sono restyling di nemici e addirittura boss del primo Devil May Cry! Per gli attacchi a distanza si avvale di un uccello scuro, delle dimensioni di un grosso falco, dai poteri elettrici, che si chiama Griffon ed è una versione miniaturizzata di un gigantesco boss dorato aviforme; Griffon sembra essere anche la spalla comica di V e forse del gioco, dato che parla in continuazione in un mondo di eroi taciturni.<br />
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-6VPFbFArY7c/XH1ql7SGUMI/AAAAAAAAD1M/CDf8MEGDwPE60W4v7mJD36NL9vIHGH--ACLcBGAs/s1600/Vwithdemons.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="225" src="https://4.bp.blogspot.com/-6VPFbFArY7c/XH1ql7SGUMI/AAAAAAAAD1M/CDf8MEGDwPE60W4v7mJD36NL9vIHGH--ACLcBGAs/s400/Vwithdemons.jpg" width="400" /></a>Per il combattimento ravvicinato V ricorre a Shadow, uno dei demoni più odiati della serie, un felino oscuro in grado di trasformare il suo corpo in ogni genere di oggetto appuntito e mortale; diciotto anni fa era avvolto da un alone che ne rendeva poco chiare le forme, qui invece è un'elegante pantera nera. V dispone di un potere ancora più grande che sembra fungere da Devil Trigger: quando lo attiva subisce un misterioso cambiamento, poiché i suoi tatuaggi scompaiono e i suoi capelli diventano bianchi come quelli dei mezzi-demoni, ed evoca nientepopodimeno che Nightmare, il boss che infesta gli ultimi livelli del gioco originale, e che qui abbandona la forma di massa organica informe per avanzare come un gigante antropomorfo acefalo, che mi ricorda molto i demoni similmente privi di testa che impugnavano Agni e Rudra in DMC3. Entra in campo come un meteorite e poi devasta ogni cosa grazie anche al suo raggio che è ancora oggi un vero incubo. Che effetto strano dovrà fare avere le risorse diaboliche di Mundus, tanto odiate, ma anche ricordate con nostalgia, dalla nostra parte durante il gioco?<br />
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-Du0vajVzCL8/XH1qRPZuElI/AAAAAAAAD1E/fEthIO4ONN4dp-75bPuZzyYvpPyfmXMGgCLcBGAs/s1600/DMC5_V_%2526_Nightmare.png" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="225" src="https://2.bp.blogspot.com/-Du0vajVzCL8/XH1qRPZuElI/AAAAAAAAD1E/fEthIO4ONN4dp-75bPuZzyYvpPyfmXMGgCLcBGAs/s400/DMC5_V_%2526_Nightmare.png" width="400" /></a>Per giunta, il gameplay di V ha una complicazione aggiuntiva, e cioè, malgrado la potenza di cui dispongono i suoi famigli, tocca sempre a lui sferrare il colpo di grazia ai demoni, che altrimenti non muoiono. Per farlo, si teletrasporta attraverso il campo e li colpisce con il suo bastone. Il teletrasporto, e quelle che sembrano spade eteree che gli volteggiano intorno sono abilità tipiche di Vergil, e i misteri su questo personaggio non fanno che aumentare.<br />
Come lo fa il suo fascino: il richiamo a Blake è costante, dato che V lo cita ancora una volta nel nuovo trailer: alla domanda su quale sia il suo nome risponde con i primi due versi di <i>Infant Joy</i>:<br />
<blockquote class="tr_bq">
<i>«I have no name / I am but two days old.»</i></blockquote>
<iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/rFSxzRLK1fo/0.jpg" frameborder="0" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/rFSxzRLK1fo?feature=player_embedded" style="clear: right; float: right;" width="320"></iframe>Il 17 dicembre è uscito un trailer di gameplay solo per lui, mentre un video gameplay più esteso è stato mostrato solo da pochi mesi, e a quel punto avevo smesso di vedere altre anticipazioni. Sempre dicembre è stata pubblicata la traccia che fa da battle theme per V, <i>Crimson Cloud</i> di Jeff Rona feat. Rachel Fannan. Come V è molto diverso dai cacciatori di demoni già visti, anche il suo tema è qualcosa di inedito per la saga, e pur senza ottenere l'immediato successo di <i>Devil Trigger</i> e l'altrettanto immediato sdegno di <i>Subhuman</i> si è conquistato un buon posto nelle playlist dei fan. Una canzone oscura e, parola appropriata, evocativa.<br />
Così si è compiuto questo sistema di pubblicità tripartita, che ha orientato la campagna di marketing di Devil May Cry 5 in tre fasi volte a mostrare i tre protagonisti (senza che di volta in volta non si aggiungesse nulla a quelli già mostrati).<br />
<iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/1l0elvnMgfA/0.jpg" frameborder="0" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/1l0elvnMgfA?feature=player_embedded" style="clear: right; float: right;" width="320"></iframe>Quel trailer è stato importante per aver mostrato anche un'altra cosa, una di quelle cui tenevo di più, di cui però non metto l'immagine, la ritengo una cosa che sarebbe stato meglio non far vedere, e la menziono lo stesso perché questo spazio di scrittura rimane pur sempre una cosa personale: il ritorno, da Devil May Cry 2, di una forma di Devil Trigger per Dante ancora più potente della prima, meno umana e più mostruosa, proprio come volevo che fosse. La cosiddetta Majin Form di DMC2 è una delle cose che preferisco nell'intera saga, mi dispiaceva non ci fosse più stata e speravo tornasse. Sembra che sia stato accontentato.<br />
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Eccoci infine prossimi al fatidico giorno, l'8 marzo.<br />
Uscirà probabilmente altro, prima di allora, ma quello che sappiamo già è più che sufficiente.<br />
Le cose che desideravo di più, un Dante che fosse Dante, con un outfit che mi piacesse, il ritorno della spada Sparda, una nuova "Majin Form", e rivedere Vergil, sono tutte cose già confermate, ma c'è molto di più, perché le ambientazioni del gioco sono lugubri e surreali come non mi sarei neanche sognato, dei demoni presentati finora non ce n'è neanche uno che non mi piaccia, musicalmente sembra già una rock opera straordinaria anche senza avere un gioco annesso -e non mi riferisco solo ai tre battle theme-, e la narrazione ha chiaramente un peso superiore al passato.<br />
Lo stile da anime è stato sostituito da un realismo espressamente ispirato ai film d'azione hollywoodiani, e se lo strapotere di questi ultimi sulla cultura mondiale non è certamente qualcosa di positivo, per un gioco come Devil May Cry che ha sempre ricercato effetti simili è un ottimo sviluppo evolutivo. Chi potrà mai desiderare ancora un film in live action su DMC, con un gioco che lo contiene già?<br />
La possibilità che l'opera di Blake abbia un peso effettivo nell'opera, al di là del puro citazionismo, è una delle cose che mi allettano di più. Perché ritornare su di lui così spesso, tra Urizen e le frasi di V, e anche un tatuaggio di Nico che contiene alcuni versi di <i>Eternity</i>, se da lui non fosse stato preso qualcosa di più vasto di un nome? Dubito che l'Urizen del gioco sia uno di quattro esseri eterni che costituivano l'uomo originario e si sono separati provocandone la caduta, o che le azioni degli eroi daranno vita a una nuova dimensione spirituale per l'umanità; ma è anche vero che Blake è stato definito da molti 'poeta ribelle' o 'della ribellione', e cos'è Devil May Cry se non la storia di persone che si ribellano? Da Sparda che si ribella alla tirannia dei demoni di Mundus, a Dante che porta una spada di nome Rebellion e si mostra anti-autoritario ogni volta che ne ha l'occasione, fino a Nero che è cresciuto nella solitudine e nel disprezzo e che ha cambiato vita quando ha accettato il suo potere e combattuto contro l'ordine. Non è per nulla che il tema principale del primo DMC si intitola <i>Public Enemy</i>. E se guardiamo la forma del logo di DMC5, una V simile a un paio di ali, che ci porta a domandarci anche se questa volta nella saga entreranno gli angeli, il ruolo di Blake, autore del <i>Matrimonio del Cielo e dell'Inferno</i>, potrebbe essere quello di aprire la porta a un grande cambiamento della saga.<br />
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<a href="https://1.bp.blogspot.com/-ATqRIDalFw8/XH69KlJAeWI/AAAAAAAAD1g/UGlWXnYXjrwuxp76gTT_sd9tmYWNbkGAgCLcBGAs/s1600/DMC5%2Bfamily.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="325" data-original-width="600" height="216" src="https://1.bp.blogspot.com/-ATqRIDalFw8/XH69KlJAeWI/AAAAAAAAD1g/UGlWXnYXjrwuxp76gTT_sd9tmYWNbkGAgCLcBGAs/s400/DMC5%2Bfamily.jpg" width="400" /></a>Saga che, sembra, per Dante e per Vergil finirà. Sembra sicuro che continuerà con Nero, cui sia Devil May Cry 4 che il suo seguito danno un ruolo centrale, per favorire il passaggio da Dante a lui, probabilmente anche con V, e magari con altri personaggi ancora da vedere. Negli anni, Devil May Cry ha assunto sempre di più una dimensione corale, rispetto al carattere individuale del primo gioco. Lì Dante compiva i passaggi di una sorta di viaggio sacro, che spettava solo a lui, accompagnato da Trish che però fungeva semplicemente da guida (come Beatrice nella Commedia, se vogliamo), mentre in Devil May Cry 2 Dante è affiancato da Lucia, che ha una campagna parallela alla sua, nel 3 il viaggio di Dante si intreccia a quello di Lady, benché questa non sia giocabile, e con la Special Edition lo possiamo vivere con Vergil. Il quarto ha portato la cosa a un nuovo stadio, prima facendo alternare Dante e Nero, quindi, con la sua Special Edition, permettendo di arrivare a ben cinque personaggi giocabili. Quella di Devil May Cry 5 sembra allora un'evoluzione naturale, in cui la trama è divisa tra ben tre personaggi, che sembra si alterneranno in maniera più fluida che in DMC4, e se, come non è da escludere, contenuti o edizioni successive dovessero rendere giocabili anche Trish, Lady e Vergil, come già accaduto, e addirittura qualcun altro, arriveremmo ad almeno sei personaggi giocabili. La realtà di Devil May Cry si è evoluta, secondo la legge cui tutto è soggetto, e l'agenzia di Dante è il centro di una vera e propria famiglia. Il che è sicuramente molto bello. L'evoluzione di cui parlavo potrebbe essere tale non solo per la saga particolare, ma per gli <i>action game</i> in generale, i cui sviluppatore guardano con attesa e speranza all'esito di Devil May Cry 5, poiché il suo successo potrebbe significare una nuova stagione di questo genere che negli ultimi anni è stato fortemente surclassato dai <i>multiplayer</i>, dalle contaminazioni con i giochi di ruolo e altri generi che hanno avuto un periodo di maggiore fortuna.<br />
Come dicevo, per Dante e per Vergil sembra che le cose finiranno. È vero che apprezzo l'idea che la cosa raggiunga un compimento e che la si possa così, non per forza valutare, ma almeno concepire e osservare nella sua interezza, ma lo è altrettanto, inutile dirlo, che mi dà un po' di paura, sia per il pensiero che l'eroe cui sono così legato muoia alla fine della storia, sia per quello di andare avanti, nei miei futuri "rapporti videoludici", sapendo che con lui è finita. Certo, se la fine non significasse morte sarebbe un pensiero più accettabile. E che ironia sarebbe, per uno che ha una canzone che ripete ossessivamente "You cannot kill me". Qualunque sia l'epilogo di Devil May Cry 5, e di Devil May Cry tutto, lo seguirò e voglio farlo con il joypad in mano fino all'ultima scena, ma è soprattutto per l'epilogo dei figli di Sparda, e soprattutto per quello di Dante, il mio altro io, che voglio esserci fino alla fine, oltre l'inferno e le lacrime.<br />
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<a href="https://4.bp.blogspot.com/-k8EoXgNtgRg/XH68J6sgExI/AAAAAAAAD1Y/Rj4Uz9XAjAYJZFEAJ4eyi21oiC34G0aUACLcBGAs/s1600/DMC_secu.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="360" src="https://4.bp.blogspot.com/-k8EoXgNtgRg/XH68J6sgExI/AAAAAAAAD1Y/Rj4Uz9XAjAYJZFEAJ4eyi21oiC34G0aUACLcBGAs/s640/DMC_secu.jpg" width="640" /></a></div>
<br />Francis Starkhttp://www.blogger.com/profile/10559448728477569844noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-3648770856103118233.post-60675382602990097612019-01-17T22:12:00.003+01:002019-01-17T22:41:46.252+01:00Caput Draconis et Cauda Draconis - Le eclissiIl 21 gennaio avrà luogo un'eclissi lunare. Non paragonabile a quella dello scorso luglio, cui abbiamo dedicato il post sul drago Bakunawa, e che non sono nemmeno riuscito a vedere a causa del maltempo, e non del maltempo di casa mia, bensì di quello <i>inglese</i> (ebbene, in quei giorni ero partito per l'Inghilterra), ma dopo questa ci vorrà del tempo perché se ne possa vedere un'altra, o una di sole.<br />
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Così ho pensato, dato che l'argomento 'eclissi', proprio nell'ultimo anno, è diventato uno di quelli che mi interessano di più, e che più voglio affrontare qui, che la miglior occasione per parlarne è in prossimità di un'eclissi, e che dopo questo mese non se ne presenterà una per due anni, che aspetto a prendere il discorso subito?</div>
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In realtà, una cosa l'aspetterei. Come saprete, l'ho scritto molte volte, l'Anima del Mostro ha (o almeno, aveva; diciamo <i>avrebbe</i>) un certo percorso, un disegno da seguire; negli ultimi mesi, visto che la pubblicazione è diventata rara, ho agito in modo più libero lasciando perdere quel disegno, che prevedeva, tra le altre cose, che i post sui draghi costituissero la parte finale del viaggio. Così, anche per questa volta, mi sottrarrò a quel proposito e vi aprirò le porte per la vera essenza di questo mondo di mostri.<br />
Il discorso che sto avviando, tanto per cambiare, è molto complesso e riguarda numerose discipline, e oltre all'impossibilità di affrontarlo qui in maniera completa, si pone il chiaro limite che nel mio percorso ho solo sfiorato la superficie di quello che c'è davvero. Dunque, e questo in parte può salvare il proposito che menzionavo prima, questo sarà il primo di diversi discorsi a riguardo, che magari ricapiteranno a ridosso di eclissi future, e in qualunque caso, salvo imprevisti, ricapiteranno.<br />
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<a href="https://4.bp.blogspot.com/-BpPWO4Z5VIM/XD-bNx7_V-I/AAAAAAAADvI/uTGYzulEMAsYzIrK-TYoH5nXDjkhHn4cQCLcBGAs/s1600/Dual%2BSerpents.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="762" data-original-width="1280" height="380" src="https://4.bp.blogspot.com/-BpPWO4Z5VIM/XD-bNx7_V-I/AAAAAAAADvI/uTGYzulEMAsYzIrK-TYoH5nXDjkhHn4cQCLcBGAs/s640/Dual%2BSerpents.jpg" width="640" /></a></div>
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Le eclissi, per gli antichi, sono opera dei draghi.<br />
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-0OKxT28CyQk/XEDuOZ7r61I/AAAAAAAADv4/9BiL1fkecEsE2BGX0buZqP_dD_ka0rcmwCLcBGAs/s1600/lunar-eclipse-shadow.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="630" data-original-width="1200" height="168" src="https://2.bp.blogspot.com/-0OKxT28CyQk/XEDuOZ7r61I/AAAAAAAADv4/9BiL1fkecEsE2BGX0buZqP_dD_ka0rcmwCLcBGAs/s320/lunar-eclipse-shadow.jpg" width="320" /></a>È un concetto che ha lasciato traccia di sé anche nella nostra cultura e che sopravvive, per i pochi che se ne interessano, anche ai giorni nostri, ma a questo arriveremo al momento opportuno.<br />
Le eclissi di sole sono fenomeni che la scienza ha compreso e spiegato da molto tempo, grazie a nozioni sconosciute per una cultura che prescinda dalla concezione eliocentrica, e dalla stessa consapevolezza di come sono fatti il sole, la luna e la terra.<br />
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-XygDYOvJMeI/XEDuQEa5xoI/AAAAAAAADv8/aNLMKGEhXEcLb0W4pxvvvYA8awagtJyYACLcBGAs/s1600/eclipse20170811.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="180" src="https://1.bp.blogspot.com/-XygDYOvJMeI/XEDuQEa5xoI/AAAAAAAADv8/aNLMKGEhXEcLb0W4pxvvvYA8awagtJyYACLcBGAs/s320/eclipse20170811.jpg" width="320" /></a>Le eclissi rappresentano il fenomeno che più di ogni altro turba lo stato naturale delle cose, e per gli antichi la cosa più urgente è capire come intervenire per tornare a quello stato. Molto spesso, l'eclissi viene interpretata come l'azione di un mostro, un'entità gigantesca che ha ingoiato o nascosto la luna o il sole, e che agli uomini tocca scacciare, spaventare, o supplicare, in modo che restituisca l'astro nascosto.<br />
Nella maggior parte dei casi, quell'entità è un drago, o un gigantesco serpente; che in mitologia, come sappiamo, sono quasi sempre lo stesso.<br />
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<a href="https://1.bp.blogspot.com/-I4uFLVgH_VQ/XEDunQJHP6I/AAAAAAAADwI/B5wzgSlxZFIjs_pQ3EZR3bXcyQjtaDwwwCLcBGAs/s1600/musmahhu-001.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="273" data-original-width="443" height="197" src="https://1.bp.blogspot.com/-I4uFLVgH_VQ/XEDunQJHP6I/AAAAAAAADwI/B5wzgSlxZFIjs_pQ3EZR3bXcyQjtaDwwwCLcBGAs/s320/musmahhu-001.jpg" width="320" /></a>I primi ad averci lasciato informazioni a tale proposito sono i Babilonesi. Vicini agli albori della nostra cultura, alle origini dell'astronomia e dei dei draghi per come li conosciamo oggi, che nascono con i Sumeri, il fatto stesso che abbiano concepito un legame tra il cielo e i draghi significa che l'essenza di quel legame è incontrovertibilmente vera. E per loro, l'eclissi è un atto di male.<br />
Uno dei miti più ricorrenti vede le eclissi causate dai Sette Demoni della demonologia babilonese, estremamente influenti in tutte le tradizioni successive, e un testo rituale descrive il loro approssimarsi alla luna, oscurarla e provocare così numerosi mali agli uomini della Terra, malattie, diluvi, morte. L'assirologo Paul-Alain Beaulieu ha esaminato l'idea che l'eclissi venisse letta come un conflitto divino, una lotta tra un eroe e un mostro, il dio Nabû e il serpente leonino Labbu. Facciamo la conoscenza di questi personaggi, nuovi anche per me. Nabû è il dio della scrittura e della saggezza, simile al Thot egizio se vi è familiare, coincidente con la dea sumera Nisaba o Nidaba, e venerato nel I millennio a.C. come figlio di Marduk, il dio principale del pantheon babilonese, dal quale sembra ereditare, come cavalcatura, il drago Sirrush o Musshussu, in cui ci eravamo già imbattuti un po' di tempo fa, la prima volta che abbiamo parlato di <a href="http://lanimadelmostro.blogspot.com/2016/08/chi-e-ea-lord-of-depths-di-cui-parla.html">mostri mesopotamici</a>. Come patrono di arti affine anche a quella degli oracoli, viene associato al dio lunare, Sîn.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-giuqAM-RLgo/XEDsd_I-atI/AAAAAAAADvY/d7frqgNoenAwCL8O1JHpDuVII14Fb_OtACLcBGAs/s1600/Labbu.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="808" data-original-width="1200" height="268" src="https://2.bp.blogspot.com/-giuqAM-RLgo/XEDsd_I-atI/AAAAAAAADvY/d7frqgNoenAwCL8O1JHpDuVII14Fb_OtACLcBGAs/s400/Labbu.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Labbu (immagine che ho trovato associata al suo nome<br />
con un effetto troppo suggestivo per non proporvelo).</td></tr>
</tbody></table>
Labbu è il serpente che l'eroe deve sconfiggere, ed è menzionato in due testi letterari epici, dove è descritto come un Mushussu dal corpo lungo sessanta leghe, o un Bashmu (tendenzialmente simili, o l'uno o l'altro hanno le ali, il Bashmu spesso ha più teste) lungo cinquanta, che viene creato da Enlil, dio dell'aria, quando questi lancia dal cielo un'immagine di drago. Il concetto di "serpente leonino" dovremo immaginarlo come un serpente dotato di zampe, che un serpente con la testa di leone -che è un soggetto su cui andrebbe fatto un ampio discorso a parte- dato che il primo tipo di creatura è ben attestato dall'archeologia mesopotamica.<br />
Il poema racconta:<br />
<br />
«<i>Le città sono cadute in rovina, le terre turbate.<br />I popoli sono diminuiti sulla terra.<br />Al loro clamore il Labbu non presta attenzione.<br />Non prova pena per il loro lamento.<br />Chi creò il serpente?<br />Il mare creò il serpente!<br />Enlil scagliò la sua immagine nel cielo:<br />La sua lunghezza cinquanta leghe, la sua altezza una lega,<br />La sua bocca sei cubiti,<br />Dodici cubiti la circonferenza delle sue orecchie.<br /><br />Tutti gli dèi del cielo<br />Si inchinarono davanti a Sîn nel cielo,<br />E il volto di Sîn venne oscurato dal bordo della sua veste.<br />"Chi andrà ad uccidere il Labbu?</i><br />
<i>Chi salverà la vasta terra?</i>»<br />
<br />
(Traduzione dall'inglese di "Sources of Evil: Studies in Mesopotamian Exorcistic Lore" capitolo "Ina lumun attalî Sîn: On Evil and Lunar Eclipses", di Francesca Rochberg, pag. 307-308); ho omesso tutti i segni ortografici che indicano le perplessità dell'autrice sulla traduzione e le lacune del testo, per riportarne l'essenziale in una forma immediatamente leggibile, ma vi sia chiaro che parte di questo testo è dubbia.)<br />
<br />
Tralasciando il fatto che l'inizio ricorda quello del Gilgamesh, la misura del Labbu potrebbe non essere casuale, ma derivare dalle dimensioni della luna, che Beaulieu ci informa essere, presso i babilonesi, di sessanta "doppie ore".<br />
Il mito di Labbu va messo in relazione con quello di Tiamat e con i numerosi serpenti abbattuti dagli dèi nei miti più arcaici, ma quello che interessa oggi è il rapporto di questi serpenti con gli astri.<br />
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<iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/W193UQVUCis/0.jpg" frameborder="0" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/W193UQVUCis?feature=player_embedded" style="clear: right; float: right;" width="320"></iframe><br />
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Primo intermezzo musicale: Cauda Draconis dei Draconian.<br />
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Il concetto che voglio introdurre qui è quello dei nodi lunari, i punti in cui l'orbita della luna e l'eclittica del sole si incontrano, la cui conoscenza permette di prevedere le eclissi.<br />
I due punti sono detti nodo ascendenti, o nord, e nodo discendente, o sud, in quanto il primo è segnato dal passaggio della luna al di sopra dell'eclittica, nell'emisfero eclittico nord, mentre il secondo quando essa discende nell'emisfero lunare sud. Quando entro 11° 38' di longitudine eclittica da un nodo lunare si ha la luna piena (cioè quando la luna piena coincide con il nodo o avviene nel giro di poco tempo rispetto ad essa) avremo un'eclissi di luna, mentre quando in prossimità del nodo (17° 25') cade la luna nuova, può verificarsi un'eclissi solare.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-vEcjdCpsVyA/XEDsu9Leg7I/AAAAAAAADvk/cqVqo5bxrUEY3DnT3iwHCLQ-0-zaA7xLACLcBGAs/s1600/Rahu_graha.JPG" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1529" height="320" src="https://3.bp.blogspot.com/-vEcjdCpsVyA/XEDsu9Leg7I/AAAAAAAADvk/cqVqo5bxrUEY3DnT3iwHCLQ-0-zaA7xLACLcBGAs/s320/Rahu_graha.JPG" width="305" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Rahu.</td></tr>
</tbody></table>
Ancora oggi, il periodo di tempo nel corso del quale la luna passa per lo stesso nodo è chiamato mese draconico, e sull'enciclopedia Treccani esiste l'aggettivo draconico proprio e solo con quel significato (l'uso che ne faccio io per indicare qualcosa di relativo ai draghi l'ho assunto da ragazzino, probabilmente dall'ambito dei giochi di ruolo, e sinceramente dovrebbe entrare nel dizionario a sua volta). Dunque, qual è il nesso tra i nodi e i draghi?<br />
La storia sembra avere inizio in India, nella mitologia dei libri sacri Purāṇa, dove si trova la nozione di Navagraha, nove corpi celesti concepiti come altrettante divinità. Oltre alle sette note anche all'astronomia greca, il sole, la luna, Marte, Mercurio, Giove, Venere e Saturno, se ne incontrano due chiamate Rahu e Ketu. Questi sono concepiti come pianeti d'ombra, o invisibili, la cui esistenza si manifesta durante le eclissi, quando coprono la luna.<br />
Rahu, in sanscrito राहु, che è anche il re delle meteore, corrisponde al nodo ascendente, è un'entità oscura ritenuta estremamente malvagia.<br />
Ketu, in sanscrito केतु, è il nodo discendente.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-Nb8MdX7aMCk/XEDswqgN-JI/AAAAAAAADvo/MTTp_JAwEUYHkhQ5YWtddDGjBC3wLNHXACLcBGAs/s1600/Ketu_graha.JPG" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1332" height="320" src="https://2.bp.blogspot.com/-Nb8MdX7aMCk/XEDswqgN-JI/AAAAAAAADvo/MTTp_JAwEUYHkhQ5YWtddDGjBC3wLNHXACLcBGAs/s320/Ketu_graha.JPG" width="266" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Ketu.</td></tr>
</tbody></table>
Nei Purāṇa si racconta che, originariamente, Rahu e Ketu fossero un'unica entità, chiamata Rahuketu, e che sembra coincidere con il dio Svarbhānu, un altro nome associato alle eclissi. Svarbhānu bevve l'amrita, l'elisir che donava l'immortalità, senza averne ottenuto il permesso, e pertanto Mohini, uno degli <i>avatara</i> del dio Vishnu, lo colpì con la sua Sudarshana Chakra (un'arma a forma di disco), tagliandogli la testa. Ma Rahuketu aveva ormai bevuto, e questo l'aveva reso immortale: la sua testa e il resto del corpo presero vita a sé, divenendo, come avrete capito, una Rahu e l'altro Ketu.<br />
Una leggenda buddhista, contenuta nel Samyutta Nikaya, racconta invece un'altra versione: Rahu, essere malvagio, attaccò e catturò Surya, il sole, e Chandra, la luna, che per liberarsi recitarono un'orazione rivolta al Buddha. Buddha intimò a Rahu di liberarli, e questi rispose che, piuttosto che acconsentire, si sarebbe fatto tagliare la testa in sette parti. La sua testa fu tagliata, e in questo modo gli astri furono liberati.<br />
Nella concezione induista, a ognuno dei nove Navagraha corrisponde una parte del giorno, lunga circa 90 minuti e soggetta a variazioni, che cade sotto la loro influenza; la parte di Rahu è chiamata Rahukaalam, ed in essa opera l'influsso nefasto del demone: in quel momento è meglio evitare le pratiche funebri e altre azioni dalla valenza sacra.<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: right;">
<span style="text-align: left;"></span></div>
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<iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/gtau8VyzpAU/0.jpg" frameborder="0" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/gtau8VyzpAU?feature=player_embedded" style="clear: right; float: right;" width="320"></iframe>Perfetto per l'occasione: "On Ketu's trail", dalla demo "Caput Draconis" della band Black Metal finlandese "Rahu".</div>
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Il concetto dell'astrologia indiana influenza quella persiana e quella araba, che a sua volta lo introduce all'Occidente.<br />
E occorre tenere presente che, in tutto questo discorso, all'eclissi si lega un'idea di male. Rahu era un'entità oscura, e il drago dell'eclissi un mostro portatore unicamente di caos per l'ordine planetario. Quel drago è della stessa stirpe di Tiamat, di Lotan, di Apopi e del Raab. Per questo l'astrologia indù ha portato con sé il concetto che le eclissi siano un momento in cui sono all'opera tremende forze negative, e durante i nodi lunari, che corrispondono a Rahu e Keto, operano le stesse forze.<br />
<br />
In età tardo medievale, nei testi astronomici europei, viene adottata una nomenclatura, per designare i nodi lunari, che i praticanti di astrologia e varie forme di discipline mistiche e occulte utilizzano ancora: il nodo lunare nord, ascendente, ☊<br />
viene chiamato Caput Draconis<br />
<br />
e il nodo lunare sud, discendente, ☋<br />
viene chiamato Cauda Draconis.<br />
Così, nei testi di astronomia compaiono immagini che mostrano un grande drago disposto nel cielo tra il sole e la luna. Questo drago si legherà anche alla simbologia alchemica, divenendo frequente nei testi dotti del Rinascimento.<br />
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-sm8SuEN8xCA/XEDvLfzkIoI/AAAAAAAADwU/fuQHpWq3tfYVSdv2eebZpCNquzLGixaBACLcBGAs/s1600/Astronomicum_Caesareum_%25281540%2529.f18.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1536" data-original-width="1024" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-sm8SuEN8xCA/XEDvLfzkIoI/AAAAAAAADwU/fuQHpWq3tfYVSdv2eebZpCNquzLGixaBACLcBGAs/s400/Astronomicum_Caesareum_%25281540%2529.f18.jpg" width="266" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Dallo "Astronomicum Caesareum" di Pietro Apiano, 1540.</td></tr>
</tbody></table>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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Bibliografia (in aggiornamento)<br />
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Buylaere, G. van, "Sources of Evil: Studies in Mesopotamian Exorcistic Lore".<br />
<br />
<iframe width="320" height="266" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/Hd6DLLDZtvY/0.jpg" src="https://www.youtube.com/embed/Hd6DLLDZtvY?feature=player_embedded" frameborder="0" allowfullscreen></iframe>"Cauda Draconis", e "Azra Lumial", dei Nightbringer.<br />
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Francis Starkhttp://www.blogger.com/profile/10559448728477569844noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3648770856103118233.post-87659719461875311082019-01-03T22:20:00.000+01:002019-01-14T18:55:32.630+01:00Davanti alla soglia dove mi attendeva il mio MithrandirBuon anno ad ognuno di voi.<br />
Ben ritrovati sull'Anima del Mostro.<br />
E, soprattutto, ben ritrovati nella Terra di Mezzo. Avevo menzionato in pagina il fatto di trovarmi da tempo "in esilio", perché non ho letto i suoi libri per molto tempo e sentivo di essere troppo lontano dal loro messaggio, né il pensiero delle storie e i loro ricordi mi agitava come aveva sempre fatto. Sapevo di dover semplicemente aspettare, senza forzare. E ora l'attesa è finita.<br />
Amici miei, da tre anni il primo post di gennaio è sempre un post su Tolkien, perché pubblicato nella settimana in cui cade l'anniversario della sua nascita. Questa volta, il giorno di pubblicazione viene a coincidere con quell'anniversario, e se appendere al muro il nuovo calendario non ha cambiato di una virgola la situazione che il blog si porta dietro, una coincidenza come questa val bene lo sforzo di onorare ancora una volta...lei. La nostra terra. La nostra storia. La nostra eredità. Il posto che ho più ardentemente desiderato nel corso di questa vita. La Terra di Mezzo.<br />
Proviamo perciò a parlare di lei, in un post che non vuole essere un inedito che svisceri nuove questioni filologiche legate al legendarium, ma somigliare di più a una lettera d'amore, al tributo di un sito che, per ora, è tornato a essere niente più che la sola voce del suo autore.<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-xMxYJFdG0I8/XC56_ciEhnI/AAAAAAAADuU/sRsKBGYLhzk06_8_V3b_WabMA1MJVZOQQCLcBGAs/s1600/earth%2Blandscape.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1000" data-original-width="1600" height="400" src="https://2.bp.blogspot.com/-xMxYJFdG0I8/XC56_ciEhnI/AAAAAAAADuU/sRsKBGYLhzk06_8_V3b_WabMA1MJVZOQQCLcBGAs/s640/earth%2Blandscape.jpg" width="640" /></a></div>
<br />
La Terra di Mezzo, come non ancora tutti sanno, non è altro che la stessa terra in cui viviamo noi. Nessun altro mondo. La sostanza che la costituisce, i suoi elementi, la sua fisica, sono non simili ai nostri, bensì i medesimi. La Terra di Mezzo è dove viviamo ancora, e se intorno a noi non vediamo più le catene montuose del Beleriand o le piane delle Terre Selvagge, né la foresta di Lórien, e non ci rimane nemmeno una pietra del colossale picco intorno al quale erano state innalzate le sette cerchia di mura di Minas Tirith, ciò è dovuto al tempo e alle metamorfosi del suolo, ma chi conosce le storie e le tiene nel suo cuore non avrà difficoltà a vedere tutti questi luoghi accanto a dove vede il castello di Camelot, la fonte di Mimir e il solco lasciato da Achille intorno allo sconfinato perimetro di Troia.<br />
Tolkien lo mette in chiaro nelle Lettere: Arda è una fase remota del mondo, separata da noi da molte di quelle che nel suo sistema cronologico vengono chiamate Ere; in una lettera spiega che, se la vicenda del Signore degli Anelli si svolge tra la fine della Terza Era e l'inizio della Quarta, quella in cui viviamo adesso è probabilmente la Settima.<br />
Questa idea, naturalmente, mi ha sempre lasciato molte domande: se le ere durano alcune migliaia di anni, mentre la formazione dei continenti ne richiede milioni, come sarebbe possibile che nel corso di nemmeno centomila anni il mondo sia passato dalla forma che aveva nelle mappe di Tolkien a quella odierna? E come questo si concilierebbe con ciò che la geologia ci ha insegnato sulla storia del nostro pianeta? Per non parlare del fatto che la prospettiva storica è quella di una storia esclusivamente umana, e "antropomorfica" volendo includere anche gli Elfi, i Nani e gli Hobbit, e mentre di tutti questi conosciamo la creazione, secondo la prospettiva mitologica del Silmarillion, ci mancano tutte le forme di vita che, evoluzionisticamente, conducono a loro. Insomma, perché non si parla di dinosauri? E dire che da bambino (vedi le note di "Albero e Foglia") a Tolkien piacevano!<br />
Forse il concetto lo afferreremmo meglio se Tolkien avesse inserito l'immagine darksoulsiana dei cicli a me tanto cara, ma anche nel caso assurdo in cui questo fosse stato possibile, non avrebbe permesso una constatazione importante.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-PEPk7qpeS4s/XC5_ThQlFFI/AAAAAAAADug/y3Vb5LlYpQA1uT2kd61GgI4kba_VQ2yLwCLcBGAs/s1600/Terra_di_Mezzo.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="502" data-original-width="1200" height="266" src="https://3.bp.blogspot.com/-PEPk7qpeS4s/XC5_ThQlFFI/AAAAAAAADug/y3Vb5LlYpQA1uT2kd61GgI4kba_VQ2yLwCLcBGAs/s640/Terra_di_Mezzo.png" width="640" /></a></div>
<br />
Tutto questo, queste cose che mancano, chiarisce infatti ancora meglio che cos'è la Terra di Mezzo, e cioè la nostra terra nel modo in cui è sempre stata nei miti e nelle fiabe, che rimane sempre uguale, laddove, nella Realtà Primaria, cioè quella in cui viviamo e di cui essa è la proiezione realizzata dall'artista, le cose cambiano fino a non conciliarsi più con la vecchia idea del mondo. Perché il mondo è sempre quello, ma nel momento in cui tutte le caverne sono state percorse da cima a fondo e nessuno ha più visto un orco, nel momento in cui la stella del mattino è il pianeta Venere e non si può più parlare di Eärendil che tiene un Silmaril sulla nave Vingilot, non si possono disconoscere questi dati.<br />
Anche se ultimamente è diventato di tendenza farlo.<br />
In una storia che dura, come dicevo, migliaia di anni, dove l'uso dell'acciaio, delle spade a due mani e delle cotte di maglia sono largamente praticati per buona parte della Prima Era, che dura non si sa quante migliaia di anni, e dalla cui fine al periodo in cui vivono Frodo e Aragorn passano oltre seimila anni, il fatto che lo sviluppo tecnico rimanga sempre lo stesso, salvo per i casi dei vari signori oscuri Morgoth, Sauron, e anche Saruman, che costruiscono macchine puntualmente distrutte dai loro nemici, è un'altra prova del fatto che la realtà, nel pure estremamente realistico mondo di Tolkien, si evolve in maniera diversa rispetto a quella del nostro.<br />
Il che dovrebbe ricordarci come il concetto stesso di realismo sia ampio e possa significare molte cose diverse.<br />
La Terra di Mezzo si caratterizza così nel fatto che vi sono possibili cose che nella Realtà Primaria non lo sono, in misura molto più profonda e molto meno eclatante del pur sublime soffio dei Draghi o della collera nevosa della montagna di Caradhras; ed è affascinante il fatto che abbia formulato la prima parte della frase in un modo che riecheggia quello in cui Tolkien presentava il reame di Fäeria in "Albero e Foglia"; sono possibili, dicevo, tutte quelle condizioni necessarie a delle storie epiche che vengano raccontate nel XX secolo, quando la realtà e le persone sono cambiate con l'avvicendarsi delle epoche, mentre quel genere e le corde che tocca sono rimasti gli stessi.<br />
È un mondo che permette a sé stesso di essere come lo sogniamo.<br />
Tolkien scrisse in una lettera di avere ben chiaro che, se la vicenda del Signore degli Anelli fosse accaduta nella Realtà Primaria, l'Anello sarebbe stato adoperato come arma fin da subito, e la storia sarebbe andata molto diversamente. Di certo non sarebbe stato distrutto, nessuno avrebbe rinunciato a quel potere, come nella storia che viviamo noi l'Uomo non ha rinunciato a nessuna di quelle fonti di poteri che hanno dimostrato di fare molto più male che bene. È questo è solo un esempio.<br />
Questo non significa che la storia non sia realistica: lo è tenendo conto delle forze che operano in campo nella sua realtà, e cioè un valore, una bontà e una capacità di comunicare, tra persone anche molto profondamente diverse, andando anche oltre quei sentimenti più ignobili che nella storia sono ben attestati, temibili, ma che non riescono a prevalere per sempre. Nella ciclicità delle vittorie del bene e del male che si riscontrano tra l'Ainulindalë e la Quarta Era, uno degli aspetti che personalmente ho sempre trovato più realistici e più affascinanti, è innegabile che il vantaggio appartenga al bene, che a prezzo di grandi sacrifici, di un decadimento del mondo che pare inarrestabile, riesce cionondimeno a tornare come situazione stabile fino al nuovo male, il cui trionfo sarà in qualunque caso più breve e mai totale.<br />
<iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/igUpb9VyMPI/0.jpg" frameborder="0" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/igUpb9VyMPI?feature=player_embedded" style="clear: right; float: right;" width="320"></iframe>Quello è, in un certo senso, il mondo come <i>dovrebbe</i> essere. Secondo il criterio della propensione alla parte migliore delle cose. Un mondo in cui a sentirla sono in tanti.<br />
<br />
Ora, come si presenta questo mondo?<br />
Ad accompagnare questo ritorno, e anche la stesura di parte del post, è stata una delle mie canzoni preferite, "Beleriand" dei Summoning. Quando la ascolto ripenso all'idea potente che mi suscita il nome Beleriand, quello di una terra mitica rispetto ad una terra mitica, con i luoghi dove sono accaduti i grandi eventi di un'epoca remota rispetto a un'epoca remota. Un luogo che sento in parte come mitologico, fondante rispetto a qualcosa, e in parte come primordiale.<br />
<blockquote class="tr_bq">
«<i>Ora, la grande e bella contrada del Beleriand si stendeva d'ambo i lati del vasto fiume Sirion, celebrato nei canti, che nasceva in Eithel Sirion e, dopo aver contornato i margini di Ard-galen, si immetteva nella gola, a mano a mano ingrossato dai torrenti montani. Dal passo procedeva verso sud per centotrenta leghe, accogliendo le acque di molti tributari, finché, con possente flusso, veniva alle sue molte bocche e al delta sabbioso nella Baia di Balar. E seguendo il Sirion da nord a sud, a man ritta, nel Beleriand Occidentale, si aveva, tra il fiume e il suo affluente Teiglin, la Foresta di Brethil, e più oltre, tra questo e il Nargo, il regno del Nargothrond.</i>»<br />
(Il Silmarillion, "Di Beleriand e dei suoi territori")</blockquote>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-KFChvcwDNKI/XC9iHbd0uJI/AAAAAAAADu8/_aCH3-cks6QJ8W0F9XsurH7qgpBtCkQsACLcBGAs/s1600/Beleriand.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1063" data-original-width="1600" height="424" src="https://3.bp.blogspot.com/-KFChvcwDNKI/XC9iHbd0uJI/AAAAAAAADu8/_aCH3-cks6QJ8W0F9XsurH7qgpBtCkQsACLcBGAs/s640/Beleriand.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">"Beleriand and its Realms" di Ted Nasmith.</td></tr>
</tbody></table>
<br />
Le descrizioni che Tolkien fa del suo mondo sono sempre estremamente belle ed emozionanti, e anche molto dettagliate; riflettono bene il suo amore per la natura.<br />
Rappresentarlo graficamente non diverge così tanto dal rappresentare la nostra terra. Immagini cariche di antichità, nostalgia e sapore di mitologie germaniche e celtiche saranno ideali per rendere l'idea di come appaia la Terra di Mezzo. Ci sono mondi fantastici pieni di strani luoghi la cui forma e la cui natura suscitano il nostro <i>sense of wonder</i> per quanto sono diversi da ciò che sappiamo possibile, ma quello di Tolkien, proprio in quanto il nostro stesso, non ha quasi niente del genere.<br />
Ciò che lo caratterizza, semmai, è il fatto che i suoi luoghi riflettono il massimo della bellezza, della meraviglia e della maestosità che possono suscitare i noi i luoghi della nostra terra. La terra e i luoghi di Arda sono belli nel grado massimo possibile ai nostri.<br />
Lasciatemi poi rimarcare quanto sia stata felice l'idea di Peter Jackson di girare i suoi film in Nuova Zelanda, filmando paesaggi che, pur facendo parte della nostra terra, ci sono apparsi nuovi, e al contempo non estranei, non alieni.<br />
<br />
Per concludere, alcune righe sul titolo del post.<br />Questo lo scrivo perché sento che, dopo il tempo che è occorso, questo ritorno è finalmente avvenuto. Si tratta di un ritorno nel mondo che ho descritto, dove una parte di me è cresciuta per tanti anni e dal quale, come dicevo, per qualche tempo sono mancato. Ma credevo, pur con qualche timore del contrario, che la cosa si sarebbe sanata e che quel mondo, e il suo autore, che per me è sempre stato una guida, un Mithrandir, mi stavano semplicemente aspettando.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-tlj5tktwrWs/XC5_vFEr69I/AAAAAAAADu0/WLIi9zju9_Ia4uO61YnEeZt8SO-5jvTMwCEwYBhgL/s1600/lotr_22.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="986" data-original-width="606" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-tlj5tktwrWs/XC5_vFEr69I/AAAAAAAADu0/WLIi9zju9_Ia4uO61YnEeZt8SO-5jvTMwCEwYBhgL/s400/lotr_22.jpg" width="245" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">I tre cacciatori nella foresta di Fangorn,<br />
Alan Lee.</td></tr>
</tbody></table>
Il brano che ho scelto di leggere in occasione del Tolkien Birthday Toast di oggi mi è capitato davanti dopo aver scartato passi che avevo cercato e che non mi sembravano adatti, aprendo, invece, a caso:<br />
<blockquote class="tr_bq">
<blockquote class="tr_bq">
<i>«Mithrandir!», gridò. «Mithrandir!».</i></blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
<i>«Benincontrato, ti ripeto, Legolas!», disse il vecchio. </i></blockquote>
</blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
<blockquote class="tr_bq">
<i>Lo guardarono tutti stupefatti. La sua capigliatura al sole era candida come neve, e la sua veste bianca e splendente; gli occhi sotto le folte sopracciglia erano luminosi, penetranti come raggi di sole; in mano aveva lo strumento del potere. Paralizzati dalla meraviglia, dalla gioia e dal timore, rimasero senza parole.</i></blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
<i>Infine Aragorn si scosse. «Gandalf!», disse. «Al di là di ogni speranza tu giungi a noi nel momento del bisogno! Qual velo copriva i miei occhi? Gandalf!». Gimli non parlò, ma cadde in ginocchio portandosi una mano alla fronte.</i></blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
<i>«Gandalf», ripeté il vecchio, come se avesse ritrovato fra vecchi ricordi una parola da tempo in disuso. «Sì, era questo il nome. Io ero Gandalf».</i></blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
<i>Discese dalla roccia e raccolse la cappa grigia, avvolgendosela poi intorno alle spalle: e parve che il sole splendente di poco prima fosse ora di nuovo nascosto dalle nubi. «Sì, potete chiamarmi ancora Gandalf», disse con una voce che era quella del loro vecchio amico e capo. «Alzati, mio buon Gimli! A te nessun rimprovero, e a me nessun danno. Amici, nessuno di voi possiede armi che potrebbero ferirmi. Siate allegri! Eccoci di nuovo insieme, al cambiamento di marea. La grande tempesta sta per giungere, ma la marea è cambiata»."</i></blockquote>
</blockquote>
Dopo tanta lontananza, il Mithrandir è tornato più luminoso che mai.<br />
Se ci diamo tutti una mano, e come i tre cacciatori "restiamo fedeli l'un l'altro", nonché agli autori cui siamo legati, e ai luoghi dove, a prescindere da qualunque vincolo casuale, ci sentiamo davvero a casa, attraverseremo il nuovo anno con la speranza, la fede e quella gloria che sembrava di avere dimenticato.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-wnrSpFYNnYM/XC5_sgtL2AI/AAAAAAAADuo/VQfVE4D6TD0ks6bJEl7E8R04ExIUM4FmwCLcBGAs/s1600/gandalf-the-white.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="667" data-original-width="1600" height="265" src="https://4.bp.blogspot.com/-wnrSpFYNnYM/XC5_sgtL2AI/AAAAAAAADuo/VQfVE4D6TD0ks6bJEl7E8R04ExIUM4FmwCLcBGAs/s640/gandalf-the-white.jpg" width="640" /></a></div>
<br />Francis Starkhttp://www.blogger.com/profile/10559448728477569844noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3648770856103118233.post-35139300113046744432018-12-27T22:06:00.002+01:002018-12-31T22:53:49.568+01:00La fine dell'anno<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
Fine dell'anno, voglio che ci diamo un buon saluto e ci facciamo gli auguri.<br />
Vorrei dire che l'anno venturo sarà migliore, che riprenderemo a crescere, che quello che abbiamo interrotto quest'anno verrà ripreso, ma non ho questo ottimismo nemmeno io.<br />
<br />
Spero abbiate dato un'occhiata alla serie "Myths and Monsters" in onda su DMAX. Pare sia una serie Netflix, non sapevo che facessero anche documentari. Mi è piaciuta, perché divulga quelle conoscenze sul confronto tra i miti, i motivi ricorrenti, gli archetipi, di cui parla anche l'Anima del Mostro e che sono, oltre a un ambito di ricerca relativamente recente e ancora tutto da esplorare, un genere di conoscenza quasi esclusivo degli "addetti ai lavori", più pochi appassionati, in numero crescente ma ancora esiguo. Una gran bella sorpresa sentire parlare degli studi di Joseph Campbell -non il primo, ma probabilmente il più celebre tra gli studiosi del mito e autori di letteratura divulgativa sul tema-, veder ripercorsa in forma animata una storia del poco conosciuto folklore slavo, e ricostruite le tappe del percorso di un eroe attraverso il confronto tra Star Wars, il ciclo arturiano e la Saga dei Volsunghi.<br />
È di questo che parliamo qui. O parlavamo. Di sicuro dovremmo parlarne di più.<br />
Miti e mostri non sono l'argomento principale qui?<br />
<br />
Ho passato un sacco di tempo a rimuginare su quest'anno, su di esso in particolare. Non ne ho più voglia. Lo dico anche a voi, se avete addosso qualcosa di infelice, e di inutile, questo è il momento buono per lasciarlo andare.<br />
<br />
Spero che quest'anno vada meglio. Sarà l'anno che inevitabilmente porterà a compimento alcune cose. Tutti aspettiamo la fine di Avengers, di Star Wars e di Game of Thrones; io aspetto ancora di più il nuovo Godzilla e anche la fine della saga di Dante con Devil May Cry 5.<br />
Non ci saranno solo queste cose.<br />
La situazione mia di vita cambierà, in qualche modo, e questo significa che cambierà anche il blog. Finirà lo stadio dell'ultimo anno, con post sempre in forse e solo a volte, ma non so se significherà tornare a come le cose andavano prima, o qualcos'altro ancora.<br />
<br />
L'anno che incombe è come la creatura che vedete qui sotto, misteriosa e seducente, con pari possibilità di essere un pericolo o una salvezza.<br />
Possiamo avversarla e pensare che sarà come tutti gli altri mostri, oppure provare a fidarci e a capirla. Noi confidiamo nei mostri.<br />
Vi faccio i più cari auguri qui sul blog per il nuovo anno e per quanto di meglio potrà portare.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-OiAlYyogU4Y/XCUWp5MuMPI/AAAAAAAADuI/fOJyUIc1wE8wjeqqwOZz-UAAW-K5KxW0ACLcBGAs/s1600/Moon%2BPresence%2BDescending.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="360" src="https://4.bp.blogspot.com/-OiAlYyogU4Y/XCUWp5MuMPI/AAAAAAAADuI/fOJyUIc1wE8wjeqqwOZz-UAAW-K5KxW0ACLcBGAs/s640/Moon%2BPresence%2BDescending.jpg" width="640" /></a></div>
<div>
<br /></div>
<br />Francis Starkhttp://www.blogger.com/profile/10559448728477569844noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3648770856103118233.post-86037690855615250082018-12-20T22:09:00.000+01:002018-12-23T16:17:58.170+01:00Il Mostro in attesa del Re: Il trailer di Godzilla - King of the Monsters<a href="https://2.bp.blogspot.com/-O0IhvoK4kPw/XBvcycIbrBI/AAAAAAAADsY/VH3bQ8Kd6sEIFC57_30smIsBoltYVmwjACLcBGAs/s1600/GKOTM_Trailer_2_-_King_Ghidorah_emerges.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="671" data-original-width="1600" height="268" src="https://2.bp.blogspot.com/-O0IhvoK4kPw/XBvcycIbrBI/AAAAAAAADsY/VH3bQ8Kd6sEIFC57_30smIsBoltYVmwjACLcBGAs/s640/GKOTM_Trailer_2_-_King_Ghidorah_emerges.png" width="640" /></a>Bentrovati a voi tutti in questa ultima sera autunnale, davanti alle porte dell'Inverno.<br />
Non pensavo che ci saremmo risentiti in questi giorni, anche se speravo di scrivere almeno un post di fine anno. Invece abbiamo quest'altra, spero gradita, sorpresa.<br />
Mi dispiace di essere mancato per un altro mese e mezzo, spero che la maggior parte dei lettori del blog seguano ormai la pagina Facebook e vedano come l'attività, a passi più piccoli, procede lì.<br />
Devo dedicarmi ad altri impegni, e ci vorrà ancora del tempo prima che possa pubblicare con più regolarità.<br />
Ciò detto, che succede adesso? Perché questo post imprevisto?<br />
In primo luogo, per chi non seguisse la pagina Facebook e si fosse perso gli ultimi sviluppi dell'Anima del Mostro, è successo che l'attesa del film "Godzilla - King of the Monsters" è divenuta l'argomento più discusso, specie man mano che, nell'ultimo mese, è uscito gradualmente nuovo materiale. Anzi, in tutto questo lungo periodo, l'universo mostruoso di Godzilla, tanto dei film giapponesi targati Toho, quanto della Legendary, è diventato molto più importante di quanto fosse prima, per me, per i miei obiettivi, e anche per una più personale autoriflessione che qui non ci interessa. Infine, lunedì 10 dicembre, abbiamo assistito al trailer, il secondo trailer del film. Dopo aver preso un po' di tempo, sia per riguardarlo e riflettere, che per via di impegni miei, ho iniziato a scrivere sulla pagina il primo post di rito con tutte le mie impressioni.<br />
Poi, quando ho visto che questo post, che doveva essere il primo di due o tre, stava diventando decisamente troppo lungo per essere tenuto lì, mi è balenata l'idea di trasferire il tutto qui sul blog, in modo da scrivere un unico testo che contenesse tutte le impressioni e le speculazioni. E una volta essendo qui, fare anche di più.<br />
<br />
Partiamo dal trailer in oggetto.<br />
Dedicate quattro minuti alla sua visione, se non l'avete fatto, prima di leggere il post.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/yYOyBGGbXKc/0.jpg" frameborder="0" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/yYOyBGGbXKc?feature=player_embedded" width="320"></iframe></div>
Vi è piaciuto? Spero di sì.<br />
Nel mio discorso farò riferimento anche al <a href="https://www.youtube.com/watch?v=jqbIR7MD_mg">primo trailer</a>, uscito a luglio. Per il resto, si tratta di un libero exploit in cui mi rifaccio a tutto quello che so e di cui ho fatto esperienza riguardo ai personaggi dell'universo di Godzilla. Naturalmente, mi è ben chiaro che solo pochi dei miei lettori sono familiari a tutto questo, ed ecco perché troverete diverse precisazioni. Mi auguro che troverete chiaro il discorso.<br />
Il trailer mi è piaciuto, mi è piaciuto perché ha mostrato meglio i mostri, infrangendo il velo di sospensione creato dal trailer di luglio, e al contempo è riuscito a non dirci troppo di loro. Certo, il mistero che li circondava prima era più interessante, ma quando l'uso è di mostrare così tanti trailer per promuovere i film, far vedere solo estratti di un'unica scena per Rodan, mostrare Mothra che vola senza altri indizi, e dare solo un minimo scorcio sui nuovi kaiju (su cui torneremo) è una buona soluzione.<br />
È bello come sia chiaro che il film si ponga decisamente sulla scia dei predecessori, cogliendo una delle caratteristiche forse più importanti di tutto il ciclo di Godzilla, e cioè il fatto che tutti i suoi film sono film che parlano del male che fa l'uomo, sia che si tratti di superare i limiti posti dalla natura, sia soprattutto attaccare, ferire ed essere crudeli nei confronti di quella stessa natura, cui, in qualunque caso, andrà l'ultima parola: sarà quella natura a mettere in scena, producendolo ex novo, oppure chiamandoli dal limbo in cui li teneva sospesi, come riserva, come risorsa estrema, i giganteschi mostri che faranno valere la sua parola.<br />
Una cosa che mi intriga molto è pensare che vedremo, in questo film, personaggi umani in situazioni simili a quelle in cui li vedevamo nei classici giapponesi: non più masse di spettatori sconvolti e un manipolo di protagonisti "privilegiati" dalla conoscenza, come nel film del 2014 (che naturalmente proponeva un universo in cui era la prima volta che fenomeni simili si palesavano; o meglio, che si palesavano su scala così estesa, dato che nel Monsterverse "Kong: Skull Island" è ambientato molto tempo prima di "Godzilla", salvo però riguardare solo un'isola i cui avvenimenti rimangono nascosti), ma l'intera opinione pubblica che segue un dibattito tra i vertici governativi del pianeta che cercano di rispondere a una semplice, tragica domanda: e noi? Mentre questi esseri giganteschi e distruttivi avanzano indisturbati sul pianeta, cosa possiamo fare? Qual è il nostro posto?<br />
La scena che mostra uno di questi congressi, dove viene posta la domanda<br />
<blockquote class="tr_bq">
«Quindi vorrebbe fare di Godzilla il nostro animaletto?»</blockquote>
mi ha ricordato una scena simile in "Ghidorah! Il mostro a tre teste" (1964), il film su cui del resto, riteniamo, sarà maggiormente basato KOTM, quando, dopo che in rapida sequenza sono apparsi Godzilla, Rodan e King Ghidorah, il governo giapponese discute di come affrontare tutte queste minacce. E per quel che mi viene in mente -ma vi prego di correggermi se dimentico qualcosa- sarà la prima volta che vedremo, in un film occidentale, un fitto dibattito politico sul "problema dei mostri giganti". Nel Godzilla del 1998 non ricordo scene simili, né nel primo Pacific Rim (ma non ho ancora visto il secondo), certo non nei King Kong. E se dovessi essere smentito, sarebbe comunque la prima volta che si dibatte in Occidente il "problema Godzilla".<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-2RX8tVdfcNQ/XBwDptMTSKI/AAAAAAAADtE/43UYyaBzqIsumiwJxakKdnjYvdsXZhjmwCLcBGAs/s1600/King-of-the-monsters%2Bposter.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1111" height="400" src="https://2.bp.blogspot.com/-2RX8tVdfcNQ/XBwDptMTSKI/AAAAAAAADtE/43UYyaBzqIsumiwJxakKdnjYvdsXZhjmwCLcBGAs/s400/King-of-the-monsters%2Bposter.jpg" width="276" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Il poster del San Diego Comic Con, mostrato<br />
a luglio insieme al primo trailer.<br />
È uno dei poster di sempre che amo di più.</td></tr>
</tbody></table>
<br />
Anche quella frase su Godzilla, poi, trovo affascinante, poiché a questo punto si sta parlando del re dei mostri come di un elemento conosciuto, non è più "la minaccia di adesso", è un fatto che è successo un po' di anni fa e che ormai conosciamo tutti. Anzi, sarebbe bello se il film, come hanno fatto da un certo momento in poi i film dell'MCU, dedicasse anche solo qualche inquadratura a far vedere come la scoperta di Godzilla abbia modificato la cultura in questo mondo, mostrando giocattoli, costumi, locali o negozi a tema, proprio per offrire immersione e realismo. Vi renderete conto che se davvero, quattro anni fa, avessimo scoperto che Godzilla esiste -e in tutto questo lui non avesse spazzato via noi e noi non avessimo fatto qualcosa di molto stupido- la nostra cultura ne sarebbe stata, semplicemente, scioccata con violenza.<br />
<br />
Cosa voglia dire il discorso non lo sappiamo, ma sappiamo a cosa porterà il film: Godzilla affronterà i "mostri distruttivi", ed è questa la miglior speranza di sopravvivenza dell'umanità. Del resto, nel modello del '64 che citavo prima, il consesso si concludeva con la proposta delle Shobijin, le fate portavoce di Mothra, di far risolvere il problema King Ghidorah alla coalizione degli altri tre mostri. Dunque, nel film viene proposto di ricorrere a Godzilla, magari adducendo il fatto che questi ha dimostrato di non avere, tra i suoi scopi, la distruzione delle metropoli umane, come soluzione alla crisi dei cosiddetti titani. Proposta accolta con ragionevoli riserve.<br />
Grandiosa è la risposta a queste ultime del dottor Serizawa, il personaggio di Ken Watanabe (adoro lui come attore, e adoro il personaggio che interpreta, un messaggero di quel pantheon di mostri giganti che il mondo deve conoscere e che noi, appassionati, mostrofili, godzillomani, amiamo e non vediamo l'ora di sentire raccontato con parole nuove):<br />
<blockquote class="tr_bq">
«No. Noi saremo i suoi.»</blockquote>
Il dottor Ishiro Serizawa, che vi ricordo riprendere il nome del colossale regista che ha dato vita a tutto questo, e il cognome del suo eroe maledetto, il dottor Daisuke Serizawa, fino a un anno fa l'unico essere umano ad aver mai ucciso Godzilla, intende qui dire che affidarsi al predatore alfa significherà, accanto alla possibile soluzione della crisi, l'inizio di un'età completamente diversa per l'umanità, in cui non sarà più l'homo sapiens a porre le condizioni cui dovranno adeguarsi tutte le altre specie, ma un unico individuo, quello che il sito di pubblicità virale Monarch chiama Titanus Gojira, stabilirà le leggi per tutti, uomo incluso.<br />
Saltando oltre il fatto che io questa condizione me l'accollerei anche adesso, passiamo a commentare il resto.<br />
<br />
Chi sono i mostri nuovi? E sono davvero due?<br />
Mi riferisco a due momenti precisi del trailer, quello in cui vediamo una grande spaccatura in uno strato di terreno roccioso, da cui fuoriescono zampe da animale artropode (come gli insetti, gli aracnidi e i crostacei), e quello in cui quella che si direbbe una collina si solleva, come se sotto di essa, anzi, come se essa stessa fosse un altro titano.<br />
Alla prima visione, ero sicuro che la creatura fosse solo una, magari con l'abilità di scavare e dunque vista emergere dal terreno in più occasioni diverse.<br />
Tutti sono convinti che siano due.<br />
La forma della montagna fa pensare più a un animale quadrupede che a un ragno o a un insetto.<br />
Dunque okay.<br />
In caso, io l'avevo detto.<br />
<br />
<br />
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-MR615vXPIHQ/XBwEV6OdBkI/AAAAAAAADtM/Xx_ukuv5ND011CgQozQl9SNVCyC7tLpKgCLcBGAs/s1600/big%2Barthropode.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="540" data-original-width="960" height="225" src="https://4.bp.blogspot.com/-MR615vXPIHQ/XBwEV6OdBkI/AAAAAAAADtM/Xx_ukuv5ND011CgQozQl9SNVCyC7tLpKgCLcBGAs/s400/big%2Barthropode.jpg" width="400" /></a>Il trailer conferma così le dichiarazioni sul fatto che i mostri sarebbero stati ben più che i quattro compagnoni telefonati fin dal 2014, e al contempo non rivela di chi si tratti; un'altra mossa che approvo.<br />
Speculiamo un po' su chi possano essere.<br />
L'ipotesi più diffusa per quanto riguarda il primo kaiju è Kumonga, il ragno gigante del "Godzillaverso", comparso già in altri tre film. Personalmente, non penso proprio possa essere Kumonga, quelle non mi sembrano affatto le zampe di un ragno. In realtà, la prima categoria che mi è venuta in mente vedendole è quella dei crostacei, ma non sono uno zoologo e non andrò oltre. A parte questo, un ragno gigante nel Monsterverse si è già visto in Kong, seppur brevemente; Kumonga magari apparirà in futuro, se la serie continuerà, ma non penso proprio lo farà adesso, con la possibilità di aggiungere mostri nuovi e una priorità, nel recuperare quelli vecchi, di quelli più famosi su quelli che lo sono di meno.<br />
Altri hanno pensato allo stadio larvale di Mothra, che non ha zampe così lunghe.<br />
<i>La mia teoria</i> è che si tratti di un nuovo titano, e in particolare mi ha fatto pensare a quello, che sembrava dover essere simile a un centopiedi, mostrato morto nel primo teaser del Godzilla 2014. Quello, a detta di Gareth Edwards, venne inserito unicamente per far supporre nel trailer che ci sarebbero stati più mostri, ma nulla impedisce che possa aver dato l'ispirazione per creare un nuovo kaiju invertebrato. Speculo, speculo solo, che sarà simile a un centopiedi anche questo.<br />
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-JHhGGDyWhGI/XBwEW8jUvZI/AAAAAAAADtQ/H7SgkNJthxMZ1i8tr3eEdorDtgjoIuUCgCLcBGAs/s1600/moving%2Bmountain.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="640" data-original-width="1387" height="183" src="https://2.bp.blogspot.com/-JHhGGDyWhGI/XBwEW8jUvZI/AAAAAAAADtQ/H7SgkNJthxMZ1i8tr3eEdorDtgjoIuUCgCLcBGAs/s400/moving%2Bmountain.jpg" width="400" /></a>Il secondo mostro, per la maggior parte delle persone, è Anguirus.<br />
Io <i>spero</i> sia Anguirus, e vi spiego perché: questo film contiene quattro dei mostri più famosi dell'universo di Godzilla, che oltretutto sono già comparsi nel film di Ghidorah, il primo film a presentare così tanti kaiju insieme. Inoltre, Rodan è stato il primo mostro della Toho ad avere un film tutto suo dopo Godzilla (1956), seguito, dopo qualche tempo, da Mothra (1961). Prima di Mothra, nel 1958, era uscito un film su Varan, altro kaiju Toho che, per quanto con una sola comparsa nella serie di Godzilla ("Gli eredi di King Kong", 1968), a fronte di incontri che volevano essere più numerosi, fa parte di questo universo e ne è tra i primi personaggi ad essere comparsi. Dunque, nel Ghidorah del '64, e in King of the Monsters, si trovano sullo schermo i primi, quelli col maggiore "diritto di anzianità".<br />
Solo che tutti i mostri comparsi nei film di Godzilla, King Kong escluso, sono venuti tutti dopo Anguirus, che vanta il primato di essere stato il primo tra tutti ad essere comparso nella serie, e di essere stato il primo avversario del re dei mostri, tutto questo in "Il re dei mostri" del 1955. Pensando a questo, e avendo sempre concepito la "cohors amicorum" ideale di Godzilla come costituita innanzitutto da Anguirus, Rodan e Mothra (tutti e tre, prima di divenire suoi amici, suoi nemici), riflettevo già da qualche tempo su quanto fosse giusto l'inserimento di Anguirus nel Monsterverse, con un ruolo degno di lui, e il prima possibile. Se ciò dovesse effettivamente avvenire in KOTM, il film e il suo cast ne risulterebbero enormemente arricchiti, benché sia quanto mai improbabile un così grande spazio per i mostri diversi dai quattro principali. Che sia Anguirus o meno, penso che lui e l'altro, o gli altri, dureranno per lo più una scena. Ma sarà bello essere smentito in questo.<br />
L'altro possibile candidato è Baragon. Sia lui che Anguirus sono abili scavatori, ma Baragon è particolarmente rinomato in questa caratteristica. Trovo però improbabile la comparsa in questo film di un kaiju classico comparso solo due volte nella serie di Godzilla, e una volta al di fuori di essa.<br />
Infine, ai vari utenti o siti che hanno scritto che potrebbe essere Gamera: ragazzi, andate a studiare. Gamera non è un mostro Toho, è della Daiei, una casa completamente diversa, non fa parte dell'universo di G, non ci sono accordi tra Daiei e Legendary, e dato che nel suo universo è protagonista <i>non può</i> fare la comparsa secondaria da nessuna parte, come non può farla Godzilla.<br />
<br />
Parliamo adesso di quello che vediamo dei mostri.<br />
<br />
<div style="text-align: center;">
<span style="color: orange; font-size: large;">Godzilla</span><br />
<br /></div>
<div style="text-align: center;">
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-6NBqlhTb4Vg/XBv7-ZQPF6I/AAAAAAAADss/b1DRaRCfupowpunHZ7VyuEYPiNt064PkACLcBGAs/s1600/Godzilla_King_of_the_Monsters_Poster.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1080" height="400" src="https://3.bp.blogspot.com/-6NBqlhTb4Vg/XBv7-ZQPF6I/AAAAAAAADss/b1DRaRCfupowpunHZ7VyuEYPiNt064PkACLcBGAs/s400/Godzilla_King_of_the_Monsters_Poster.jpg" width="270" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Prima locandina ufficiale del film, rivelata<br />
alcune ore prima del trailer. Nei giorni successivi<br />
sono state mostrate altre tre locandine, dedicate<br />
agli altri mostri, che vedrete nei prossimi paragrafi.</td></tr>
</tbody></table>
</div>
<div style="text-align: left;">
Il re dei mostri subisce un importante cambiamento in questo film, e ciò che spero è che torni a essere la star, l'eroe epico che è stato nella sua lunga epopea giapponese. Nel film del 2014, che aveva il difficile compito di reintrodurlo, Godzilla è la presenza misteriosa, il mistero da svelare, gradualmente introdotta insieme ai suoi nemici MUTO -ed è questo uno dei punti che mi piacciono meno in quel film, si hanno praticamente più informazioni su di loro che su di lui; chiaramente creare personaggi nuovi richiede più spiegazioni di ripresentarne uno così famoso, ma trattandosi di una ridefinizione, di un nuovo inizio, un po' più di enfasi sull'importanza di lui, che appare solo in funzione dell'apparizione di loro, sarebbe forse stata più gradevole. Qui, ora che è apparso, e, come scrivevo più in alto, sono note la sua esistenza e la sua potenza, possono tornare quelle sequenze dei vecchi film, quando, anche se si trattava di tante pellicole diverse, ambientate ad anni di distanza tra loro, a volte legate, a volte no, quando lui appariva, chiunque ne fosse spettatore esclamava subito «Godzilla!». Anche questo ha la sua importanza.</div>
<div style="text-align: left;">
Non ne ho parlato sulla pagina, dunque, soffermiamoci sul suo nuovo design.</div>
<div style="text-align: left;">
Perpetuando la tradizione di cambiarlo tra un film e l'altro -o meglio, di cambiarlo uno o due film alla volta- Michael Dougherty ha ritoccato alcuni dettagli dell'aspetto di Godzilla visto nel film precedente. I suoi arti anteriori, questo lo avevamo notato già nel primo trailer, sono più lunghi, e questo è un dettaglio che mi è particolarmente congeniale. Mentre nelle serie Heisei e Millennium (cioè dal 1984 al 2004) i combattimenti tra il re e i suoi avversari si svolgono molto più attraverso il raggio atomico, e le tecniche a distanza degli altri, in modo da ridurre i movimenti elaborati necessari alle lotte, rischiosi per i costumi e per la verisimiglianza dei mostri, nei film Showa (fino al 1975), per quanto i costumi fossero più approssimativi e oggi ci facciano sorridere più dei successivi, le lotte erano innanzitutto fisiche. Godzilla e gli altri si avvinghiavano, si prendevano a pugni, spesso si lanciavano o calciavano pietre (anche questo un espediente per economizzare), mentre il raggio fungeva più da arma conclusiva, con cui finire il nemico indebolito dalla lotta, o da risorsa estrema per le situazioni difficili. E il grande interprete di Godzilla, Haruo Nakajima, che ci ha lasciati nel 2017, e che è stato Goji fino alla fine della serie Showa, ha anche sottolineato questo cambiamento, con un certo disappunto:</div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: left;">
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-BIiiQ5OM_W8/XBv7r3qErLI/AAAAAAAADsk/R4FU3xVCV5MI9HqWj-uwz-Hwqm5BSaiggCLcBGAs/s1600/Godzilla%2Bstatue.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="960" data-original-width="540" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-BIiiQ5OM_W8/XBv7r3qErLI/AAAAAAAADsk/R4FU3xVCV5MI9HqWj-uwz-Hwqm5BSaiggCLcBGAs/s400/Godzilla%2Bstatue.jpg" style="cursor: move;" width="225" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">La statua vista al Tokyo Comic Con.</td></tr>
</tbody></table>
«<i>Quando ero nei panni di Godzilla, lo raffiguravo mentre faceva wrestling con gli altri mostri. Ai giorni d'oggi, Godzilla e gli altri mostri non fanno altro che spararsi raggi a vicenda. I film storici sono divertenti perché mostrano duelli con le spade. I western sono divertenti perché mostrano le sparatorie. I recenti film di Godzilla sono come film storici senza spade e western senza pistole.</i>» (<a href="http://www.davmil.org/www.kaijuconversations.com/nakajima.htm">Intervista ad Haruo Nakajima del 1995</a>)</blockquote>
Ora, se siamo d'accordo sul fatto che, se dobbiamo vedere un film di mostri giganti che combattono tra di loro, vederli affrontarsi corpo a corpo sia più avvincente di vederli fermi mentre sparano raggi colorati l'uno contro l'altro, riterremo incoraggiante il modo in cui sono avvenuti gli scontri tra Godzilla e i MUTO nel film del 2014: lì Goji soffia il suo fuoco atomico solo due volte, usando per il resto la coda, il morso, il suo peso e le zampe anteriori, combattendo in una maniera che ricorda i draghi di Komodo e gli orsi, animali possenti e fieri lottatori. Anzi, la potenza del raggio lì è ridimensionata, fattore che, se finora ho considerato negativamente -una delle mie scene preferite di tutta la serie è quella, assolutamente eccessiva, in cui il raggio di Godzilla distrugge un enorme meteorite prima che collida con la terra ("Godzilla: Final Wars", 2004)- dà spazio alla sua alternanza con la lotta corpo a corpo. Tutto questo per dire che braccia più lunghe significano un voler insistere in questa direzione, e che dovremmo vedere Godzilla picchiare e stritolare tra le zampe i suoi avversari.<br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-Xl-_3LAqMDQ/XBwMGse5crI/AAAAAAAADtg/2iSGhxKQjs4oQ78W81r9R6sgvXyMkdI_gCLcBGAs/s1600/SH_Monsterarts_Godzilla_2019.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="635" data-original-width="795" height="255" src="https://4.bp.blogspot.com/-Xl-_3LAqMDQ/XBwMGse5crI/AAAAAAAADtg/2iSGhxKQjs4oQ78W81r9R6sgvXyMkdI_gCLcBGAs/s320/SH_Monsterarts_Godzilla_2019.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Action figure della S.H. Monster Arts.</td></tr>
</tbody></table>
Nell'altro trailer avevamo anche visto, inoltre, come il raggio abbia ora un aspetto più simile a quello tradizionale, un flusso di energia compatto anziché la fiamma crepitante di G2014, e soprattutto che la bioluminescenza di Godzilla è diventata ancora più importante. Se prima consisteva in un'illuminazione delle pinne dorsali, o un semplice alone, adesso non solo esse vengono percorse da motivi interni, ma si illuminano anche le frogie e gli occhi, il che conferisce al nostro un aspetto più divino, da elementale (forse un po' troppo fantasy, ma mi piace di più pensare a come la bioluminescenza caratterizzi molti animali marini, e a me piace alquanto la biologia marina).<br />
Il comic con di Tokyo, attraverso la nuova action figure e soprattutto una bellissima statua alta due metri, ha mostrato altri due dettagli del nuovo aspetto di Godzilla: i suoi arti posteriori non terminano più in zampe da elefante, non del tutto da scartare ma estranee alla sua iconografia e curiose se rapportare al resto della sua fisionomia, e sono invece dotate di quattro artigli, due dei quali abbastanza grossi da ricordarci gli iconici piedoni visti in tutti gli altri film; le sue pinne dorsali, infine, hanno una nuova forma, basata su quella del film del 1954, un rispettoso tributo di Mike Dougherty. Tutte queste innovazioni sono state accolte molto positivamente dalla community, e il design sembra potersi definire uno dei migliori di sempre, dato che prende quello del 2014, già degno di tale definizione, cambiando -e per molti migliorando- pochi, importanti dettagli.<br />
Personalmente l'unico cambiamento che occorreva è quello degli arti inferiori, accolgo molto favorevolmente quello degli arti superiori e mi fa piacere quello delle pinne, anche se sono d'accordo con quello che ha scritto il grande illustratore di kaiju Matt Frank sul suo profilo personale di Facebook, a proposito di come la forma più lineare delle pinne di G2014 dava loro un'elegante fisionomia da pinne da squalo, che ha reso estremamente efficaci le scene in cui si vedono le creste di Godzilla affiorare dall'acqua mentre il resto del corpo è sommerso.<br />
<br />
<div style="text-align: center;">
<span style="color: orange; font-size: large;">Rodan</span></div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-S5h1Qf6gUpE/XBwBhREf1II/AAAAAAAADs4/Nr3-r05y8bwBj1fRuhHuG1G6PSnEgaP0wCLcBGAs/s1600/DuVdy-YVYAAPstg.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="810" height="400" src="https://2.bp.blogspot.com/-S5h1Qf6gUpE/XBwBhREf1II/AAAAAAAADs4/Nr3-r05y8bwBj1fRuhHuG1G6PSnEgaP0wCLcBGAs/s400/DuVdy-YVYAAPstg.jpg" width="270" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Locandina dedicata a Rodan.</td></tr>
</tbody></table>
<div style="text-align: left;">
Il secondino del re dei mostri ha una grande occasione di riottenere il suo prestigio, perso dopo la serie Showa: dopo essere stato star (della seconda parte) del suo film, Rodan, il cui nome originale giapponese è Radon, cambiato nella localizzazione americana per essere distinto dall'elemento chimico ma mantenuto nei film italiani finché sono stati doppiati, ha avuto pressoché il medesimo spazio di Godzilla in "Ghidorah! Il mostro a tre teste", e nella lotta contro di lui ha dimostrato di essere altrettanto formidabile. Pari agli altri kaiju ne "L'invasione degli astromostri" (1965) e "Gli eredi di King Kong" (1968), Rodan riappare nella serie Heisei in "Godzilla vs Mechagodzilla" (1993) più piccolo e meno potente del suo vecchio amico, che invece era configurato qui come infinitamente superiore al passato, e in "Godzilla: Final Wars" è, come tutti gli altri mostri che invadono il pianeta, solo una distrazione di alcuni secondi per l'antieroe squamoso.</div>
<div style="text-align: left;">
Mike Dougherty ha affermato che Rodan è uno dei suoi kaiju preferiti, e come tale non gli è mai piaciuto quel ruolo da spalla: un mostro che, stando alle sue parole, ha il potenziale di una bomba atomica volante, merita di meglio.</div>
<div style="text-align: left;">
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
Le sequenze di Rodan mostrate finora nei due trailer sono tra le migliori che si vedano, e sembrano provenire tutte da una singola scena, in cui il re dei cieli emerge dal vulcano in cui si è risvegliato, prende il volo, distrugge gli aerei e le armi volanti che gli girano intorno e rade al suolo almeno una città semplicemente volandole sopra. È stato notato come, se prima Rodan scatenava il potenziale distruttivo delle sue ali, dovuto alle masse d'aria che riescono a spostare, volando ad estrema velocità, qui sembra farlo mantenendone una molto minore.</div>
<div style="text-align: left;">
C'è solo un dettaglio che mi spiace del nuovo Rodan, e cioè che finora aveva sempre avuto arti inferiori ben sviluppati, sì da posarsi e spostarsi in posizione eretta; nei primi film era anzi poco più alto di Godzilla. Ciò naturalmente era dovuto all'anatomia dell'attore che lo interpretava, per cui il suo costume rappresentava uno pteranodonte leggermente antropomorfizzato. Il nuovo Rodan, invece, è molto più realistico, con ali molto più grandi e più lunghe di prima e zampe più piccole; a terra, come si vede da un'inquadratura del nuovo trailer, si sposterà camminando su tutti e quattro i suoi arti, e se è giusto che sia così, un po' mi manca quella caratteristica che lo rendeva un po' più fantastico, un po' più ibrido, un po' più mostro.</div>
<div style="text-align: left;">
Per il resto, è sublime.</div>
<div style="text-align: left;">
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-oQ2jSaibhxQ/XBwMLRL7ALI/AAAAAAAADto/uSZLWnsVlIgVsoZMKH6QKL28gQvsv8POQCLcBGAs/s1600/SH_Monsterarts_Rodan_2019.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="620" data-original-width="1000" height="198" src="https://3.bp.blogspot.com/-oQ2jSaibhxQ/XBwMLRL7ALI/AAAAAAAADto/uSZLWnsVlIgVsoZMKH6QKL28gQvsv8POQCLcBGAs/s320/SH_Monsterarts_Rodan_2019.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Action figure della S.H. Monster Arts.</td></tr>
</tbody></table>
Un colosso volante dalle squame fulve, le cui ali hanno i bordi che prendono fuoco -o lo emettono- mentre vola come la più spaventosa delle calamità. Prima che i toni dei film di Godzilla si addolcissero, Rodan era distruttivo quanto lo era il re dei mostri, e adesso, mentre quest'ultimo viene presentato come un pacifico guardiano, violento solo quando si tratta di difendere il territorio e di "ripristinare l'equilibrio", Rodan riprende e porta a nuovi livelli il suo antico ruolo. Le linee affilate del suo cranio, il taglio degli occhi, la forma del becco che sembra disegnare un ghigno crudele, conferiscono al volto del mostro un aspetto feroce, da perfetto antagonista, e sicuramente pieno di carisma. Da notare inoltre come il becco, uno dei tratti che distinguono Rodan dagli pteranodonti veri e propri, sia qui più grosso rispetto a prima; più che avere dei piccoli denti all'interno, sembra avere i bordi seghettati.<br />
Il suo ruolo è forse quello più dubbio: sappiamo bene che Godzilla è l'eroe e King Ghidorah il cattivo, ci è chiaro che Mothra, il kaiju con il miglior rapporto con gli esseri umani, sarà dalla parte del primo, ma Rodan è una carta tutta da scoprire. Mi sembra molto probabile che, almeno una volta, lui e Godzilla si scontreranno, proprio come facevano nel vecchio film; dopodiché, se ci aspettiamo l'epicissima scena in cui i tre mostri si uniscono contro Ghidorah, e io spero che vada proprio così, non è da escludere che Rodan rimanga un nemico fino alla fine, e addirittura che si schieri con Ghidorah, sancendo una vera novità.</div>
<div style="text-align: left;">
<br />
<div style="text-align: center;">
<span style="color: orange; font-size: large;">Mothra</span><br />
<span style="color: orange; font-size: large;"><br /></span>
<br />
<div style="text-align: left;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-67fmrXfe-rk/XB9-9LQ6ZeI/AAAAAAAADt8/LyONy1CjAPI-hluRq2oqxcEw0q5lf2SvQCLcBGAs/s1600/DuVdygUVsAA6ilt.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="810" height="400" src="https://4.bp.blogspot.com/-67fmrXfe-rk/XB9-9LQ6ZeI/AAAAAAAADt8/LyONy1CjAPI-hluRq2oqxcEw0q5lf2SvQCLcBGAs/s400/DuVdygUVsAA6ilt.jpg" width="270" /></a>La regina dei mostri è indubbiamente quella che sta facendo discutere più degli altri in termini di cambiamento del design, che in lei è stato maggiore. La modifica più evidente riguarda gli arti, di cui i primi quattro hanno adesso una forma falcata, simile a quella delle mantidi, mentre i due posteriori hanno articolazioni che li rendono più simili a delle gambe umane. La <i>figure</i> che ne ha rivelato l'aspetto mostra una testa molto più piccola, rispetto al resto del corpo, di quanto fosse in passato, ma nel trailer abbiamo visto che le proporzioni non sono esattamente queste, e che, frontalmente, è ancora la nostra Mothra. Il pattern cromatico delle ali è decisamente rivisto, e contro il vecchio alternarsi di macchie nere e righe bianche su un paio di ali giallo e uno arancione, i due colori si alternano su ambedue le paia, che hanno il contorno nero e delle righe bianche, e in gran parte cedono spazio all'azzurro, nuovo, per la versione "standard" di Mothra, ma non per la molteplice varietà di forme del kaiju. Mothra, oltre al suo film stand alone del 1961, ha avuto uno spazio tutto suo nella trilogia "Rebirth of Mothra" del periodo Heisei, dunque degli anni 90, dove la Mothra originale ha un figlio, chiamato Mothra Leo, che nel corso dei tre film assume diverse forme per combattere il grande antagonista della serie, un Ghidorah che si manifesta parimenti in diverse incarnazioni. Molte di queste, come Rainbow Mothra o Armor Mothra, hanno ali azzurre, linee più affilate e forma aerodinamica, che almeno in parte devono aver costituito un'influenza per la Mothra del Monsterverse.</div>
<div style="text-align: left;">
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
Naturalmente, quando si parla di Mothra occorre considerare che si ha sempre a che fare anche con la sua forma larvale, e in ambo i trailer di KOTM vediamo una Mothra Larva chiusa in una struttura dell'uomo, sulla cui funzione possiamo liberamente speculare, che ci colpisce per avere una testa diversa rispetto a quello che, tra il 1961 e il 2003 (l'ultima apparizione cinematografica della forma larvale) era rimasto il modello pressoché inalterato, rispetto al quale è più piccola e senza il caratteristico apparato boccale.<br />Non sappiamo se Mothra bruco e Mothra adulto siano lo stesso individuo, o se il primo sia il figlio del secondo, anche se la prima supposizione sembra la più plausibile, come conferma la scena del primo trailer in cui Mothra adulto spalanca le ali emergendo da un luogo pieno di acqua, forse sopra la base in cui era stato tenuto fino a quel momento.</div>
</div>
</div>
<div style="text-align: left;">
<br />
<div style="text-align: center;">
<span style="color: orange; font-size: large;">King Ghidorah</span></div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
<br /></div>
</div>
Francis Starkhttp://www.blogger.com/profile/10559448728477569844noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3648770856103118233.post-78486486885191106952018-10-25T22:06:00.001+02:002018-10-25T22:06:56.092+02:00L'albero delle streghe - Demoni e sangue<div style="text-align: right;">
"Rogo vos, oportet credatis,<br />
sunt mulieres plussciae, sunt Nocturnae,<br />
et quod sursum est, deorsum faciunt."<br />
(Satyricon, LXIII, 9)</div>
<div style="text-align: right;">
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
È da molto che percorriamo insieme questo cammino attraverso le tenebre. Abbiamo visto e chiamato per nome le cose spaventose che dimorano dall'altra parte dello specchio, abbiamo superato lo specchio per avventurarci nel loro mondo e abbiamo portato la sua aria caliginosa nel nostro.</div>
<div style="text-align: left;">
Mai, però, ci siamo soffermati sul come le abbiamo conosciute, su chi abbia aperto la porta, su chi ci sia ad operare dalla nostra parte della realtà perché le cose che vengono dall'altra riescano a stabilire un contatto. Ed è giunto il tempo di distogliere lo sguardo da quello che abbiamo davanti, per guardarci intorno e scoprire chi sta in piedi ai nostri lati.</div>
<div style="text-align: left;">
Si approssima Samhain, l'inizio della stagione del freddo e del buio, si approssima la notte in cui il varco si apre. La notte di Halloween passerà sulle nostre teste come uno spettro volante, come una cometa, rischiarando per un istante, solo per quell'istante, il tratto di cielo di cui al buio non riuscivamo a carpire i segreti. La luna piena splende chiara questa sera.</div>
<div style="text-align: left;">
Dobbiamo parlare di streghe.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-PYNF_7Zlq2Y/W9HrNan4ZmI/AAAAAAAADqc/S846Fg2rM5cxnO_oFvhb2o4andpXMsw3ACLcBGAs/s1600/Witches%2Bat%2Btheir%2BIncantations.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="860" data-original-width="1600" height="342" src="https://1.bp.blogspot.com/-PYNF_7Zlq2Y/W9HrNan4ZmI/AAAAAAAADqc/S846Fg2rM5cxnO_oFvhb2o4andpXMsw3ACLcBGAs/s640/Witches%2Bat%2Btheir%2BIncantations.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">"Streghe e incantesimi" di Salvator Rosa, 1646 circa.</td></tr>
</tbody></table>
Amici miei, questa non sarà facile. Ho una certa soggezione nello scrivere questo post, perché si tratta di uno degli argomenti più vasti tra quelli che toccano il nostro campo, e fino a sì e no un paio di anni fa l'avevo sempre accuratamente evitato, proprio perché ha molti più contatti con la realtà, in un gran numero di ambiti, dalla storia alla psicologia, alla sociologia, alla sessualità, di quanti ne abbiano i topic cui mi sono sempre interessato. Inoltre, avendo cognizione di come esso sia stato affrontato un'infinità di volte da un'infinità di studiosi, nel corso di tantissimo tempo, ho preferito volgermi verso campi meno battuti. Come vedremo insieme, parlare di streghe, salvo che per alcune accezioni del termine, e per alcune figure che esamineremo nella prima parte del post, non significa parlare di mostri. Parlare di streghe è soprattutto parlare di persone.<br />
Eppure, com'è vero che non è possibile parlare dei mostri senza parlare dell'uomo, il nostro percorso sarebbe estremamente mutilo se non comprendesse la stregoneria, intimamente connessa a molte delle cose di cui abbiamo parlato e in grado di metterle in connessione tra di loro.<br />
Come appena detto, questo è un campo in cui molti sono già passati, e difficilmente scriverò qui qualcosa che non è già stato scritto; partirò, anche questa volta, dall'inizio, o da quello che gli si avvicina di più, per arrivare non so dove, ma vicino a noi.<br />
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<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-F3SpXS4nf74/W9IbkS3azKI/AAAAAAAADqw/JpomV4Ojong3EayTTmkEKiK59LZ9JNCVgCLcBGAs/s1600/goya-the-spell.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="800" data-original-width="562" height="400" src="https://4.bp.blogspot.com/-F3SpXS4nf74/W9IbkS3azKI/AAAAAAAADqw/JpomV4Ojong3EayTTmkEKiK59LZ9JNCVgCLcBGAs/s400/goya-the-spell.jpg" width="280" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">"Streghe" di Francisco Goya.</td></tr>
</tbody></table>
Strega ha un'accezione abbastanza precisa nella nostra lingua. Dire questa parola fa pensare in primo luogo a una donna che utilizza la magia, e poi all'idea che questa donna sia vecchia, in condizioni fisiche di avanzato decadimento ed estremamente repellenti. La finzione popolare del nostro tempo ci ha abituati all'idea che la strega possa essere anche giovane e bella, ma è altrettanto vero che in altre epoche storiche qualunque donna poteva essere ritenuta una strega.<br />
Possono gli uomini essere streghe? Possono essere stregoni, fintanto che il secondo termine vale come corrispettivo maschile del primo, possono usare la magia e fare le stesse cose che fanno le streghe. Ma non saranno percepiti nello stesso modo, non avranno lo stesso impatto sulla nostra cultura che hanno le streghe, e questo perché le streghe sono figlie di una forma culturale atavica per il nostro mondo, o almeno per la cultura occidentale (e diverse altre, a quanto ne so), ovvero il dualismo irriducibile in cui sono ripartiti tutti gli elementi della realtà, in una costruzione per la quale la donna, la terra, la magia e la luna sono tutte strettamente intrecciate tra loro. In più, il lungo processo che ha visto, su un'originaria civiltà matriarcale ben radicata nei territori europei, il prevalere di nuovi popoli migratori provenienti dall'Asia, patriarcali, di cui serbano traccia i miti e l'archeologia: questi hanno imbrigliato e ridimensionato tutto quel potere che vedevano nel femmineo, un potere enorme e unico, quello della generazione, subordinandolo alla propria forza e alle proprie necessità, dando vita, probabilmente, a una stigmatizzazione, quella da cui derivano gli abusi della società patriarcale, il problema della donna nella storia, fino ad arrivare al sessismo.<br />
In tutto questo, le streghe. Inevitabilmente donne, frutto di questo processo storico, superstiti di quel mondo arcaico dove operavano misteri che sfuggivano all'ordine sapientemente impostato dagli uomini, continuano a vivere bene laddove quel legame con la natura ed il passato non è stato stroncato del tutto. Ma quando il divenire della società e dell'ordine diviene rigoroso, per loro non c'è più spazio. Gli stregoni saranno visti con paura, ma si ricorrerà a loro e alla loro scienza, perché in quanto uomini vivono almeno in parte nel mondo della luce, mentre le streghe sono sia donne che praticanti della via oscura, e questo le tiene completamente avvolte nell'ombra. Con conseguenze di cui vedremo la drammaticità.<br />
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-dseRa7mlEpQ/W9Ib5mVFiqI/AAAAAAAADq8/iS2M-FcGKRQsWnWREo2Pogw1Ob7KXtoVwCEwYBhgL/s1600/Witches%2BGoya.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="326" data-original-width="1067" height="193" src="https://4.bp.blogspot.com/-dseRa7mlEpQ/W9Ib5mVFiqI/AAAAAAAADq8/iS2M-FcGKRQsWnWREo2Pogw1Ob7KXtoVwCEwYBhgL/s640/Witches%2BGoya.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">"Il sabba delle streghe" di Francisco Goya, 1821-1823.</td></tr>
</tbody></table>
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Le streghe sono coloro che praticano un'arte chiamata stregoneria. Parliamo di che cos'è.<br />
La magia è sempre esistita. È una diramazione naturale della spiritualità dell'uomo, della sua facoltà linguistica e dunque poetica, della sua connessione originaria con la natura. Non possiamo pretendere di dare un inizio alla magia, e nemmeno alla stregoneria, per il semplice fatto che sono sempre esistite, in forme di cui ci è rimasto qualcosa e in altre di cui non ci è rimasto niente.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-AvbtHeO_y3o/W9IepyususI/AAAAAAAADrM/1bDRVZiXitYnGZkXGMFWBgklGW5Rz6XOACLcBGAs/s1600/lamashtu.JPG" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="548" data-original-width="293" height="320" src="https://3.bp.blogspot.com/-AvbtHeO_y3o/W9IepyususI/AAAAAAAADrM/1bDRVZiXitYnGZkXGMFWBgklGW5Rz6XOACLcBGAs/s320/lamashtu.JPG" width="171" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Lamashtu.</td></tr>
</tbody></table>
I popoli del Vicino Oriente, con i quali si iniziano spesso i discorsi storici universali, hanno una tradizione magica straordinaria, che conosciamo grazie a testi e numerosi manufatti. Grazie a questi apprendiamo che i Sumeri, i Babilonesi e gli Assiri possedevano un ricco e complesso sistema demonologico, e che credevano che nel cosmo, oltre agli uomini, alle bestie e agli dèi, vivessero diverse altre classi di entità, per lo più spirituali, alcune più vicine agli dèi, altre del mondo degli uomini, altre ancora provenienti dal mondo dei morti, con naturalmente tante vie di mezzo. Si credeva che molte di queste fossero pericolose, e pertanto furono messi a punto dei sistemi per difendersi; ma si credeva anche che fosse possibile, per gli uomini, ricorrere all'aiuto di alcune entità per scopi di ogni genere, sia giusti che ingiusti. Humbaba, il mostro affrontato da Gilgamesh nella sua epopea, era raffigurato come amuleto come protezione contro i demoni minori, mentre Pazuzu, re dei demoni dell'aria e signore delle pestilenze, la cui statua compare ne "L'esorcista", pur essendo una potenza nefasta veniva invocato attraverso i suoi simulacri e i suoi amuleti per tenere a bada i demoni più potenti, e soprattutto contro Lamashtu, sua sposa demoniaca che presenta molti attributi comuni ai numerosi mostri che incarneranno il tipo della strega in altre civiltà.<br />
Lamashtu, della stessa stirpe degli dèi più grandi, figlia del dio del cielo Anu, era il terrore delle notti e delle madri. Viaggiava lesta nelle tenebre per far abortire la donne in attesa, rapire i bambini nella culla, strapparli alle madri mentre li allattavano, oppure nutrirsi di loro rodendone le ossa e bevendone il sangue. Era raffigurata, come i demoni, con aspetto ibrido, testa di leonessa, denti e orecchie di asino, dita e unghie molto lunghe, zampe di uccello con artigli acuminati, spesso a cavallo di un asino e con dei serpenti in mano, mentre allatta un maiale e un cane; ma nelle tavolette il suo nome era accompagnato dai simboli cuneiformi che ne indicavano lo stato divino.<br />
Nell'invocare Pazuzu contro di lei, bisognava recitare una formula simile a questa:<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-jUioVXO_Rz0/W9IeOSyyxrI/AAAAAAAADrE/q7aM6fZruNkFWLe2LqU9JWVB9t5lmE4aQCLcBGAs/s1600/Lamashtu_plaque_9167.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1067" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-jUioVXO_Rz0/W9IeOSyyxrI/AAAAAAAADrE/q7aM6fZruNkFWLe2LqU9JWVB9t5lmE4aQCLcBGAs/s400/Lamashtu_plaque_9167.jpg" width="266" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Placca metallica che raffigura Lamashtu.<br />La figura che la regge e di cui vediamo la testa<br />e le mani è Pazuzu.</td></tr>
</tbody></table>
<br />
"<i>Grande è la figlia del Cielo che tortura i bambini<br />La sua mano è una rete, il suo abbraccio è morte<br />Lei è crudele, furiosa, rabbiosa, predatrice<br />Una corritrice, una ladra è la figlia del Cielo<br />Lei tocca i ventri delle donne in travaglio<br />Lei scaglia fuori il bambino della donna incinta<br />La figlia del Cielo è una con gli Dei, suoi fratelli</i><br />
<i>Con nessun figlio suo.<br />La sua testa è una testa di leone<br />Il suo corpo è un corpo di asino<br />Lei ruggisce come un leone<br />Lei ulula costantemente come un demone-cane.</i>"<br />(Traduzione dall'inglese da <a href="http://www.ancientneareast.net/mesopotamian-religion/lamastu-lamashtu/">http://www.ancientneareast.net/mesopotamian-religion/lamastu-lamashtu/</a>)<br />
<br />
Nel codice di Hammurabi, che si ritiene risalire al 1754 a.C., sono presenti delle leggi in merito all'uso della magia contro le altre persone:<br />
<br />
"<i>Se un uomo ha lanciato una maledizione su un altro uomo e non è giustificato, colui che lanciato la maledizione sarà messo a morte.</i>"<br />
<br />
"<i>Se un uomo ha gettato un incantesimo su un altro uomo e non è giustificato, colui sul quale l'incantesimo è stato lanciato dovrà recarsi al fiume sacro; nel fiume sacrò egli si immergerà. Se il fiume lo sopraffa ed egli annega, l'uomo che ha gettato l'incantesimo su di lui prenderà possesso della sua casa. Se il fiume sacro lo dichiara innocente ed egli rimane incolume, l'uomo che ha lanciato l'incantesimo sarà messo a morte. Colui che è stato immerso nel fiume prenderà possesso della casa di colui che ha lanciato l'incantesimo su di lui.</i>"<br />
(Traduzione dall'inglese da: <a href="https://www.bible-history.com/isbe/W/WITCH;+WITCHCRAFT/">https://www.bible-history.com/isbe/W/WITCH;+WITCHCRAFT/</a>)<br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-PQQh1RZkPeo/W9Ieu0SAuOI/AAAAAAAADrQ/7d6bZBid2LUK_9_QRRgI2QLtPr7Ag-FbgCLcBGAs/s1600/Lamashtu%2Bmodern%2Bdepiction.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1009" data-original-width="641" height="320" src="https://2.bp.blogspot.com/-PQQh1RZkPeo/W9Ieu0SAuOI/AAAAAAAADrQ/7d6bZBid2LUK_9_QRRgI2QLtPr7Ag-FbgCLcBGAs/s320/Lamashtu%2Bmodern%2Bdepiction.jpg" width="202" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Rappresentazione moderna di Lamashtu.</td></tr>
</tbody></table>
Un'altra testimonianza interessante, accadica, è quella dei Maqlû, che significa "bruciante". Si tratta di rituali anti-stregoneria, sviluppatisi nel corso di molto tempo e la cui forma più matura ci è pervenuta in otto tavolette che comprendono quasi un centinaio di formule e delle indicazioni su come svolgere il rituale.<br />
<br />
Nell'antico Egitto, considerato, del resto, patria dell'alchimia e delle scienze occulte, la magia era trattata con lo stesso rigore matematico con cui si affrontavano l'astronomia e la medicina. I sacerdoti, gli incantatori, tutti gli utilizzatori di magia erano molto ben considerati, e la loro scienza estremamente preziosa. Del resto, ogni giorno i sacerdoti di Ra svolgevano il rituale con cui aiutare il dio del sole, e Set che viaggiava con lui, nell'infinita lotta contro Apophis, il serpente del caos che aggrediva la sua barca quando di notte percorreva i fiumi infernali. L'anima, secondo gli antichi Egizi, è costituita da numerose parti, e alcune di esse hanno una funzione esclusivamente magica, mentre il nome, donato dal dio Ptah, dà vita alla persona e ne permette il legame con la magia.<br />
<br />
Bibliografia<br />
<br />
Filagrossi, Christian, Il libro delle creature fantastiche, Armenia, Milano 2002.<br />
Bailey, Michael D., Historical Dictionary of Witchcraft, The Scarecrow Press, Oxford 2003.</div>
Francis Starkhttp://www.blogger.com/profile/10559448728477569844noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3648770856103118233.post-32168740918567903942018-10-18T22:03:00.002+02:002018-10-23T16:09:58.360+02:00La sala degli antieroi - Quando l'anima diventa il mostro<div style="text-align: right;">
<i>«È qualcosa di così antico che non puoi immaginare.<br />Risale a prima di Caino e Abele, a prima di questa terra...[...]<br />Perché ci sono stati altri come me.</i></div>
<div style="text-align: right;">
<i>Ce ne saranno ancora.<br />Il cui odio non si placa.<br />Che non possono perdonare.</i></div>
<div style="text-align: right;">
<i>Anche se significa la dannazione.»</i></div>
<div style="text-align: right;">
<i><br /></i>(Ghost Rider: Pista di Lacrime #6)</div>
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<br /></div>
<div style="text-align: left;">
In questa nera notte di ottobre, facciamo vela verso regioni buie e difficili da affrontare, le plaghe più intime dell'animo umano, per parlare di alcune cose spaventose nate dai suoi recessi inesplorati e dalle malattie non curate.<br />
Non è uno di quei fenomeni che interessano tutti, che accadono e che noti accadere, anche se c'è stato un momento in cui andava proprio così.<br />
In questo periodo, però, il cinema ha sfornato il suo nuovo adattamento di Venom, per la prima volta come protagonista, e si appresta ad una nuova versione di Hellboy. Mentre da qualche parte, in studi misteriosi, forse neanche su questo stesso piano materiale, Todd McFarlane, insieme a qualche collaboratore ultraterreno, fa i suoi piani per il nuovo adattamento di Spawn. Insomma, tutti e tre li abbiamo già visti, ma sono partiti alla riscossa e sembrano portare con sé la fiaccola di una nuova speranza, per loro e per <i>quelli come loro</i>.<br />
Anche se il risultato di Venom non è il più adatto alla loro causa.<br />
<br />
Questa storia non è cominciata con me. C'è sempre stata.</div>
<div style="text-align: left;">
Ma per raccontarla ho bisogno di partire da come è cominciata <i>per </i>me.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-vbPBLfi7dYw/W8jjAYgnuUI/AAAAAAAADm8/WyX_TAgv7KMDspNcO2Et0hAleOo0gEz4gCLcBGAs/s1600/dark%2Bcharacter.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1000" data-original-width="1600" height="400" src="https://3.bp.blogspot.com/-vbPBLfi7dYw/W8jjAYgnuUI/AAAAAAAADm8/WyX_TAgv7KMDspNcO2Et0hAleOo0gEz4gCLcBGAs/s640/dark%2Bcharacter.jpg" width="640" /></a></div>
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<br /></div>
<div style="text-align: left;">
In effetti, non lo ricordo bene, perché i primi ricordi sono degli albori, dei primordi, si confondono con i sogni e con le memorie perdute. Ma, come per molte delle cose più importanti, è cominciata con la paura.</div>
<div style="text-align: left;">
In parte è cominciata quand'ero bambino e mi emozionavo ben più nel vedere Digimon con le sembianze di dinosauri cyborg o di enormi insetti antropomorfi, mascelle protuse e vene pulsanti, combattere contro esseri crudeli con grande dimostrazione di eroismo, che nel vedere cavalieri in armatura, eroi belli e buoni, fare la stessa cosa con eroismo non minore.</div>
<div style="text-align: left;">
Quelli erano i primi mostri, probabilmente; tra i primi che ricordo, che a differenza di altri ho portato con me sino ad oggi. Della loro importanza ho già parlato. Li ho richiamati perché con loro ho scoperto questa cosa estremamente semplice: un mostro può essere buono. Da cui deriva la scoperta che un mostro può essere un eroe. Per arrivare alla constatazione che qualcuno può essere un eroe anche senza essere buono, e che questo vale per gli uomini come per i mostri, dovremo procedere più lentamente.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
Parlavo di paura. Da piccolo, mi capitava talvolta, quando vedevo la TV, di spaventarmi delle cose che vedevo, per varie ragioni non tutte accessibili alla ragione degli adulti, e di spegnere subito il televisore come reazione disperata (ma immediata ed efficace).</div>
<div style="text-align: left;">
La maggior parte di questi episodi non la ricordo, ed è uno solo quello che ricordo bene: si trattava del cartone animato di Spider-Man, probabilmente della sigla, un cartone dalle atmosfere oscure che ho imparato ad apprezzare più tardi e che mi hanno sempre dato, di Spidey, l'idea di un eroe positivo e luminoso, sia pure con le sue ombre, che affronta situazioni al limite dell'orrore, superandolo spesso; ora, stavo guardando quella sigla bel bello quando, a un certo punto, appare un'immagine da incubo, che mi fa spegnere immediatamente: una figura nera, con un sorriso diabolico costellato di denti a punta e una lunga lingua a strisciarle intorno.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-aoI_YAYUyFA/W8jjl9KyN1I/AAAAAAAADnI/QakIolklbVs7SGqHzRNhSMvyIuRsWYadwCLcBGAs/s1600/venommino.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="360" data-original-width="480" height="240" src="https://2.bp.blogspot.com/-aoI_YAYUyFA/W8jjl9KyN1I/AAAAAAAADnI/QakIolklbVs7SGqHzRNhSMvyIuRsWYadwCLcBGAs/s320/venommino.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Beh, venitemi a dire che è rassicurante.</td></tr>
</tbody></table>
Quello fu il mio primo contatto con Venom. Di acqua sotto i ponti ne è passata.</div>
<div style="text-align: left;">
E se seguite questa nave di unghie di morto da un po', ricorderete di un mio aneddoto simile, anche se meno intenso, per Ghost Rider: anche lui lo incontrai da piccolo, in un episodio dell'incredibile Hulk, e provai smarrimento e inquietudine.</div>
<div style="text-align: left;">
In effetti, mentre la scoperta che Venom era un nemico dell'Uomo Ragno dava un senso a una parte della cosa, Ghost non aveva che iniziato a stupirmi, perché quando sentii di nuovo parlare di lui fu perché stava uscendo il suo film, e mi domandavo perché stessero facendo un film su un cattivo, dato che ero convinto che non fosse altro che questo; al massimo, dato che nelle storie di Hulk non lo vidi più, ma fece un'altra comparsa nel cartone dei Fantastici 4, ipotizzavo fosse una sorta di jolly, un uomo nero che spuntava ogni tanto giusto per fare un po' di paura (una cosa di cui ogni storia non potrebbe che beneficiare), ma di certo non mi sembrava possibile che fosse l'eroe.</div>
<div style="text-align: left;">
E questo perché, anche nonostante i Digimon, ero in certa misura ancora relegato alle demarcazioni tradizionali, al binomio bianco e nero, per cui, se da una parte simboli neutri come, beh, i dinosauri cui i Digimon assomigliavano, potevano rappresentare qualunque cosa, un simbolo più forte come un teschio, o un ghigno pieno di denti, non poteva che significare male.<br />
D'altra parte, avevo dieci anni e ci poteva pure stare.<br />
<br />
Nella delicata fase del passaggio all'adolescenza, molte di queste cose mi si sono semplicemente sfaldate addosso, e parallelamente ho iniziato ad avere sempre più interesse per l'orrore, il macabro, le storie a tema demoni. Ecco così che, al posto della paura di Ghost Rider, che se n'era andata semplicemente col tempo, è subentrato l'interesse verso di lui, il fascino per quel film, per l'atmosfera di male che sembrava pervadere le sue immagini in rete, culminato nell'acquisto, credo proprio il giorno che ho compiuto quindici anni, l'età in cui ho vissuto il fenomeno che racconterò in questo post, del primo fumetto su di lui.<br />
Ora, è stato lì che è iniziato quello di cui parleremo oggi, <i>per me</i>. Il percorso di Venom lo vedremo più approfonditamente in un'altra occasione, ma nel suo caso mi è sempre rimasta, contenuta nell'inconscio, una sottile inquietudine, poiché lui incarna una sorta di principio per la paura e deve farne per forza. Pure, anche lui è divenuto abituale, parte di questa cosa.<br />
E soprattutto, c'era un altro personaggio, che andavo scoprendo gradualmente e si stava configurando come, passatemi il termine, mito personale, figura che a livello tanto concettuale, quanto poetico, estetico, e tanto altro, diveniva importante per me, qualcosa in cui andare e in cui stare, qualcosa cui somigliare, qualcosa che fosse bello e intimo: il Corvo di Brandon Lee.<br />
<br />
Ma per il mondo, com'è iniziato?<br />
Alcuni dicono che il primo antieroe della letteratura sia stato il Tersite dell'Iliade. Ho da ridire su questo, ma d'altra parte, è proprio la parola antieroe ad essere problematica.<br />
Sulla Treccani è scritto:<br />
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<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-sP-aAmIwWMs/W8jj_wLFo-I/AAAAAAAADnU/CAgaO78LbqMkD0tdzsjzop8gwfcSSnKHgCLcBGAs/s1600/bigpun2.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="691" data-original-width="495" height="400" src="https://2.bp.blogspot.com/-sP-aAmIwWMs/W8jj_wLFo-I/AAAAAAAADnU/CAgaO78LbqMkD0tdzsjzop8gwfcSSnKHgCLcBGAs/s400/bigpun2.jpg" width="286" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">The Punisher disegnato da Marco Checchetto.</td></tr>
</tbody></table>
<b>antieròe</b> s. m. [comp. di anti-1 e eroe]. – Personaggio che, polemicamente o no, mostra qualità del tutto opposte a quelle considerate tipiche e tradizionali dell’eroe.<br />
<br />
In questo senso, anche un personaggio insignificante ai fini della narrazione può essere chiamato in questo modo, poiché la parola, in origine, vuole designare appunto colui che <i>non è un eroe</i>.<br />
Certo, anche definire un eroe non è una cosa facile. E non possiamo prescindere da questo per portare avanti il discorso.<br />
Originariamente, l'eroe sta totalmente al di sopra dell'uomo. Svolge una funzione nel mito, gli sono dovuti elementi naturali, pratiche rituali, scoperte culturali, e l'origine delle progeniture degli uomini. È attraverso un percorso durato secoli, se non millenni, che le forme più antiche dei miti sono mutate insieme a coloro che li raccontavano, e gli eroi hanno assunto una dimensione più definita e più vicina a quella dei mortali, mantenendo pur sempre la propria eccellenza. Da qui, il concetto ha sempre continuato a indicare il campione di una storia, che porta avanti il processo di quello che, anche se la sua portata non investe più l'intero cosmo, e neppure una nazione o anche solo una piccola tribù, è pur sempre un <i>mýthos</i>, un racconto.<br />
In modo collaterale, più che altro nel linguaggio moderno, con quella che potremmo quasi definire una risemantizzazione, la parola "eroe" assume un altro significato, cui siamo più avvezzi, non so se rispetto a quello narrativo, ma sicuramente rispetto all'originaria funzione mitologica: quello di un essere umano che ha in sé una quantità superiore agli altri di almeno una qualità che la convenzione sociale trova positiva. È un eroe un uomo <i>straordinariamente</i> generoso, <i>straordinariamente</i> coraggioso, <i>straordinariamente</i> incline al sacrificio. E lo diciamo perché, derivazione del mondo classico, ma anche requisito che risponde a un'esigenza universale, l'eroe della narrazione, dell'epica, del romanzo, è positivo. <i>Kalòs kai agathòs</i>. Nobile, di sangue prima e di indole poi, nel momento in cui, durante il divenire storico, la validità assolutamente positiva del primo viene messa in discussione. Trionfale, altruista, al servizio della patria e dei valori tradizionali, quando per la società le cose più importanti divengono queste altre, e sempre a disposizione per seminare morte e distruzione in remoti angoli del mondo in modo che nel suo paese, di cui non stiamo qui a fare il nome, regni sempre la pace, insieme, naturalmente, alla democrazia.<br />
Potremmo dunque dire anche che c'è una valenza profondamente civile, nel concetto di eroe. Quello di civiltà è un concetto molto più arbitrario di quello di eroe, soprattutto in esempi come gli ultimi elencati, ma ha senso concludere che, oggi, laddove c'è un eroe, c'è dietro di lui una civiltà che egli rappresenta, serve, protegge, e magari diffonde.<br />
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-9Nf8BZx-zk4/W8jkmwID5JI/AAAAAAAADng/2RAMaywC5Fo3zAuuSpwVDWr_mRujoFFHACLcBGAs/s1600/tumblr_onuh2xWlJ11tbghqao1_1280.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="957" data-original-width="1280" height="478" src="https://2.bp.blogspot.com/-9Nf8BZx-zk4/W8jkmwID5JI/AAAAAAAADng/2RAMaywC5Fo3zAuuSpwVDWr_mRujoFFHACLcBGAs/s640/tumblr_onuh2xWlJ11tbghqao1_1280.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Achille contro Memnone.</td></tr>
</tbody></table>
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Rispetto alla sua natura più antica, questo discorso è alquanto aberrante. L'eroe, come mitema puro, è una forza incontrollabile e inarrestabile, che impone il suo volere e la sua forma a una materia informe e incontrollata, e che lo fa con la forza, che in questi primordi della narrazione ha una distinzione poco netta tra fisicità e abilità magica. Forza che si traduce spesso in violenza.<br />
In società arcaiche dove la distinzione tra singole volontà ha molta meno pregnanza rispetto alla volontà comune, dove tutti sono immagine del progenitore che è uno, l'eroe rappresenta un'unica volontà che trionfa su tutte le altre. E che non può essere tenuta a freno.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-h5q5MG853FI/W8jliAmTxBI/AAAAAAAADno/UPVfM9dov20vi_mFqrmwfJ7QbZAD1RqJACLcBGAs/s1600/H%25C3%25A9rcules_separa_los_montes_Calpe_y_Abyla%252C_por_Zurbar%25C3%25A1n.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1408" data-original-width="1600" height="351" src="https://3.bp.blogspot.com/-h5q5MG853FI/W8jliAmTxBI/AAAAAAAADno/UPVfM9dov20vi_mFqrmwfJ7QbZAD1RqJACLcBGAs/s400/H%25C3%25A9rcules_separa_los_montes_Calpe_y_Abyla%252C_por_Zurbar%25C3%25A1n.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">"Ercole separante i monti Calpe e Abila", Francisco de Zurbarán, 1634.</td></tr>
</tbody></table>
Stadi successivi del mito mostrano proprio questo: un tentativo di controllo dell'eroe attraverso l'imposizione di prove, missioni, doveri e divieti, dai quali egli esce trionfante, spinto da una fame ciclopica di carne, carnalità e gloria. È il rapporto contrastato tra le nuove forme di civiltà, basate su leggi e vincoli che permettono una vita più serena a un maggior numero di esseri umani, e quei resti d'un passato brutale che ai vincoli non ci stanno: Eracle con Euristeo, Perseo con Polidette, Sigurðr con i Nibelunghi, si ha sempre un regnante che tenta di indirizzare quella potenza da cui si sente minacciato verso la morte, non riuscendoci.<br />
Alla fine, però, la storia segue il suo corso ed arride al progresso: il mondo nuovo uccide il vecchio, e riesce a vincolarlo. Tutti gli eroi, in qualche modo, muoiono, abbandonando questa terra.<br />
Si ha ancora, sempre nel linguaggio della narrativa, l'eroe come protagonista non necessariamente di una trama, ma di un percorso, di un filo della trama, colui che sta perseguendo una causa o vivendone l'assenza, eroe di sé stesso e del proprio microcosmo.<br />
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Rispetto ad ognuno di questi significati, come si può configurare un antieroe?<br />
Le mitologie comparate mostrano come ricorra spesso, accanto all'eroe culturale e al dio ordinatore della realtà, un personaggio in parte complementare e in parte contrapposto, di natura estremamente complessa, quello che si usa indicare come <i>trickster</i>, e che nel contrastare spesso l'azione della sua controparte finisce spesso col prendere parte nella creazione. Gli elementi negativi della realtà, o quelli che sono il doppio di qualcos'altro (e spesso le due definizioni si equivalgono) sono frutto delle azioni di questo personaggio. Le qualità da cui è connotato più frequentemente sono l'indole giocosa, l'inclinazione ai vizi e ai comportamenti reprobi, e, spesso, la pratica di quelle azioni e quei costumi che la comunità umana condanna.<br />
Con gli eroi epici, luminosi e valorosi, contrastano personaggi sgradevoli, vili, deboli, il cui campione è quel Tersite dell'Iliade che molti considerano il prototipo dell'antieroe. Accanto a cavalieri di nobile sentimento vi saranno baroni senza onore, cavalieri erranti che hanno voltato le spalle ai loro giuramenti. Appare chiaro sin da ora che parliamo di personaggi che il più delle volte svolgono la funzione di antagonisti degli eroi, sostenendo una causa opposta alla loro e intralciandoli nel raggiungimento dei loro obiettivi. Ed è proprio qui che risiede una delle chiavi del discorso, e uno dei quesiti che, probabilmente, resteranno aperti fino alla fine del post: dove e come succede che un personaggio "antieroico", anziché essere il cattivo, diviene un antieroe?<br />
Tutto dipende da <i>rispetto a cosa</i> stiamo valutando il personaggio, rispetto a che cosa è "anti".<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-qU22JvjVs-4/W8kQFl9iw0I/AAAAAAAADo0/9VC2tLBzDAESmbBVacVACDAVgTZ_jzDHQCLcBGAs/s1600/Loki.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="604" data-original-width="486" height="320" src="https://3.bp.blogspot.com/-qU22JvjVs-4/W8kQFl9iw0I/AAAAAAAADo0/9VC2tLBzDAESmbBVacVACDAVgTZ_jzDHQCLcBGAs/s320/Loki.jpg" width="256" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Loki, dio trickster, da un manoscritto medievale.</td></tr>
</tbody></table>
Semplicisticamente potremmo tracciare una prima distinzione in base a se questo personaggio è l'avversario dell'eroe, o se invece non lo è e si limita a mantenere una posizione neutrale rispetto alla contesa tra l'eroe e il suo antagonista, se non addirittura ad aiutare il primo. Con una casistica sterminata di cui tenere conto.<br />
Ma se invece consideriamo da quali sentimenti sono mossi i personaggi, il fatto che ad aiutare l'eroe sia un individuo vile e spregevole, che agisce in questa direzione unicamente perché confida in un tornaconto personale, non renderà quest'ultimo migliore dell'antagonista dell'eroe, che potrebbe piuttosto essere una figura molto più positiva. E da questo punto di vista, non è detto che "l'eroe" sia anche "il buono".<br />
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Focalizziamoci su questo: non è errato <i>affermare</i> che oggi, molto spesso, la parola antieroe viene adoperata in riferimento a quelle narrazioni i cui protagonisti hanno qualità completamente o in gran parte proprie di quelli che usualmente sono i cattivi, o <i>villain</i>.<br />
(Mi soffermerei ad osservare come la parola "cattivo", il cui significato corrisponde perfettamente ad esigenza come la nostra, sia oggi usata raramente e sostituita con l'inglesismo "villain" per il semplice fatto che è "scaduta" a parola del linguaggio per l'infanzia. Ma non è questo l'argomento del post.)<br />
Abbiamo detto che qualunque cosa non sia pertinente a un eroe è antieroica almeno a livello di nome (purché il contesto sia tale da metterla in relazione al concetto di eroismo: se vediamo in giro una vecchietta che per attraversare la strada chiede l'aiuto a qualcuno, non dovrebbe passarci per la testa di definire "antieroica" la sua richiesta, men che meno la fragilità delle sue condizioni fisiche; sarebbe più giusto se ci soffermassimo sul fatto che la vecchietta sta compiendo un'azione difficile nonostante le difficoltà che implica, "eroicamente"...e anche qui, staremmo svalutando il concetto di eroismo adattandolo a delle azioni compiute per necessità e percepite come assolutamente normali per l'agente che le compie e la comunità in cui rientra). Come può succedere che un personaggio moralmente negativo svolga, per cause moralmente negative, azioni che sono positive e che producono un effetto concreto positivo, può anche accadere che un personaggio positivo svolga, a fin di bene, azioni che la comunità condanna, e può anche accadere che lo faccia perché, almeno per un singolo momento nel corso della narrazione, il suo scopo è cambiato, o ancora meglio perché sta vivendo un periodo in cui il suo stato mentale e morale è differente rispetto a quello precedente, e magari anche al successivo: più la narrazione si evolve, più diviene raffinata, più aspetti della realtà incorpora in sé, e la realtà è che l'uomo non è un tipo fisso, un carattere costante che si può contenere in una definizione, fosse anche lunghissima e piena di dettagli.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-A1J9qXhGXwM/W8kP3RB7lHI/AAAAAAAADow/_tifkDdMb1Yx1xj0WkjawP3iuBpO9VnxQCLcBGAs/s1600/Tersite.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="250" data-original-width="306" src="https://3.bp.blogspot.com/-A1J9qXhGXwM/W8kP3RB7lHI/AAAAAAAADow/_tifkDdMb1Yx1xj0WkjawP3iuBpO9VnxQCLcBGAs/s1600/Tersite.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">L'episodio di Tersite nell'Iliade.</td></tr>
</tbody></table>
Il tipo fisso appartiene al linguaggio del mito, che procede per figure e per azioni volte a rappresentare un ordine che rispecchi le funzioni del cosmo, colte nella loro ripetizione e nella regolarità di cui gli uomini hanno bisogno per affermare dei concetti. Ma gli uomini, pur contenuti in questi schemi, li superano nell'esperienza concreta della loro vita, e nelle infinite possibilità che comporta.<br />
Così, può accadere anche che un personaggio abbia una moralità non bassa e gretta, ma improntata ad idee che molti condannano e che lui, invece, non condanna, che agisca secondo quei principi e che le sue azioni producano esiti negativi per alcuni, positivi per altri.<br />
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Permettiamoci adesso di indicare una definizione che designi un tipo di personaggio, a prescindere dal suo ruolo e dalla sua frequenza in una storia, e basata invece sulle sue peculiari caratteristiche.<br />
Antieroe, in quest'ottica, è il personaggio che segue un obiettivo altro da sé, un obiettivo che almeno in parte corrisponde a ciò che la comunità ritiene buono, e per raggiungerlo compie anche azioni che questa condanna.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-9sQSl1yojQk/W8kRNa2y2uI/AAAAAAAADpA/CX_vMKqlH1oK365dWF4N-Ko-7jVQZoy7wCLcBGAs/s1600/220px-Superman14.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="299" data-original-width="220" height="320" src="https://2.bp.blogspot.com/-9sQSl1yojQk/W8kRNa2y2uI/AAAAAAAADpA/CX_vMKqlH1oK365dWF4N-Ko-7jVQZoy7wCLcBGAs/s320/220px-Superman14.jpg" width="235" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Superman #14 dal 1942, un simbolo della<br />
Golden Age e di una vecchia concezione<br />
del supereroe eroe.</td></tr>
</tbody></table>
Un personaggio così ha un potenziale distruttivo da tenere in alta considerazione, perché non solo sfugge alle bipartizioni, a quell'atavica tendenza della cultura occidentale a distinguere tutto in buono e cattivo, e anche alla domanda di fondo cui quella tendenza dà risposta, "Mi conviene o non mi conviene?", ma è anche in grado di sovvertire quel sistema, e di portare alla luce quanto sia complessa la realtà, e quanto esso non la rispecchi. Contemporaneamente, è pericoloso per noi, ogni volta che nel misurarci con lui, e nel desiderio di identificarci, di fare nostro in qualche modo quel personaggio, dobbiamo fare i conti con la sua totalità, e non possiamo escludere da lui le parti peggiori, poiché è fatto di quelle tanto quanto di quelle che ci sembrano migliori, e che non potrebbero sussistere senza le altre.<br />
Così, nel momento in cui l'eroe della modernità è schierato dalla parte dell'osservanza delle leggi, dell'integrità della coscienza, dell'abnegazione, del sacrificio, e di tutte quelle belle cose che le sue storie fanno sembrare così a portata di mano, l'antieroe, sia nel caso provi a seguirle che invece nel caso in cui imbocchi un'altra strada, si trova a dover affrontare limiti, ostacoli e difficoltà che spesso derivano dalle sue proprie inclinazioni e dal problema della propria identità, simili a quelli che molti di noi incontrano nel corso della propria vita. Spesso il problema dell'antieroe è semplicemente essere se stesso, e non essere fatto per rigare dritto.<br />
Altre volte, l'antieroe agisce per rifiuto di quella società e di quella forma di civiltà, perché ne vede i limiti o perché ha cognizione di essere in grado di superarli. Operano allora personaggi individualisti, anarchici, votati alla propria libertà o alla causa cui tengono di più, ma non per questo indifferenti al loro prossimo, e nemmeno al male.<br />
E così, nell'esprimere questa forza individuale, questa volontà soggettiva incontrollabile, questa marcia inarrestabile mossa dal proprio Io, l'antieroe, paradossalmente, finisce per essere spesso più simile all'eroe primordiale del mito e dell'<i>èpos</i> di quanto non facciano gli eroi propriamente detti.<br />
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Sia chiaro che alcuni punti del discorso valgono più per un momento storico diverso dal nostro. L'ambito in cui voglio operare in questo post è soprattutto quello fumettistico, anche se il discorso svolto finora era generale, dunque iniziamo a inquadrare le premesse nell'ambito particolare.<br />
I fumetti di oggigiorno mostrano i supereroi alle prese con situazioni con le quali non capitava di vederli misurarsi fino a qualche decennio fa, frutto delle progressiva presa di coscienza del medium fumettistico. Se originariamente i supereroi erano semplici sagome luminose al servizio dei valori nazionali e della gioia dei più piccoli, nel corso della Golden Age si è acquisita sempre più consapevolezza dell'innovazione artistica ed espressiva che il fumetto significava e le loro caratteristiche sono andate arricchendosi, fino alla Silver Age, convenzionalmente dagli anni 50 al 1971, dove il percorso prosegue ancora e soprattutto, con la Marvel, nasce il concetto di "supereroi con superproblemi", che conduce ad un'analisi umana e a problematiche maggiori, che nei decenni successivi hanno acquisito ulteriori strati di oscurità, volta per volta, parallelamente alle crisi culturali e sociali della nostra epoca. Essere Spider-Man, o Daredevil, non è mai stata una barzelletta, ma leggendo una storia di oggi tocchiamo quanto duro sia per Peter Parker e Matt Murdock il solo svegliarsi la mattina e realizzare quante preoccupazioni, quante responsabilità e quanti pericoli abbiano davanti a sé, oltre a tutto il dolore che hanno dietro. I supereroi positivi sono sempre più umani, va detto.<br />
Ma anche così, solo a volte riescono ad affacciarsi su quel male che nelle vite degli antieroi è praticamente una costante. In più, gli antieroi lo affrontavano anche in tempi meno malvagi.<br />
<br />
È significativo che la cosiddetta Bronze Age, che vede l'inserimento di tematiche più adulte nel mondo dei comics, e che dura fino agli anni 80, quando ha inizio la Modern Age, inizi nel 1972, perché proprio quell'anno, libera finalmente dai freni della censura che avevano impedito, fino a quel momento, le serie horror così praticate negli anni 60, Marvel lanci diversi personaggi potentemente antieroici e di ispirazioni horror, quali Dracula (nella serie "Tomb of Dracula"), il licantropo Jack Russell ("Werewolf by Night") e il Ghost Rider. Questi tre personaggi in particolare, cui si uniranno in seguito una mummia, un mostro della palude, l'immancabile mostro di Frankenstein e diversi altri comprimari, formeranno nel 1976 la "Legione dei Mostri", una squadra a tema horror che in qualche modo è riuscita a far parlare di sé fino a non tanti anni fa, riformandosi periodicamente grazie ai vari Blade, Morbius, Uomo Cosa.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-CypWorIadw0/W8jmv4efQLI/AAAAAAAADn8/GrJZKpFDzUgZXHdlAQe7jyQXNrH9hmUEgCLcBGAs/s1600/marvel-preview-legion-of-monsters-mantlo-robbins3.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="485" data-original-width="981" height="197" src="https://1.bp.blogspot.com/-CypWorIadw0/W8jmv4efQLI/AAAAAAAADn8/GrJZKpFDzUgZXHdlAQe7jyQXNrH9hmUEgCLcBGAs/s400/marvel-preview-legion-of-monsters-mantlo-robbins3.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">La Legione dei Mostri.</td></tr>
</tbody></table>
Per la prima volta, il ruolo del protagonista passa a creature mostruose. Sì, Hulk esiste da molto più tempo, ed <i>è un mostro</i> a tutti gli effetti, ma è avvolto da una luce differente, anche perché, malgrado l'aspetto -che è verde, grosso, ma non esattamente raccapricciante-, ha un animo molto più puro di quello degli uomini. Con questi personaggi si mette invece in scena il dramma di carnefici, mostri la cui esistenza attenta alla vita umana, perché il vampiro e il licantropo, che lo vogliano o meno, dovranno nutrirsi della gente. Per quel che riguarda Ghost, tratterò il discorso a parte.<br />
Negli anni successivi compaiono personaggi horror anche in casa DC, e probabilmente ne nascono altri presso altre case editrici. Ed arriviamo agli anni 90, il vero momento di gloria per gli antieroi, e in particolare, per quelli mostruosi, che divengono una realtà così vasta da poter costituire quasi un genere a sé. O almeno, così sono sembrati a me quando ho iniziato a scoprirli.<br />
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<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-S4PhZSSw36U/W8jmWMb1c-I/AAAAAAAADn0/p3pAI9Jn3I4ryGC9TFPwSeUu7KKSdWa_gCLcBGAs/s1600/the%2Bcrow%2Bmarch.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="866" data-original-width="1599" height="215" src="https://4.bp.blogspot.com/-S4PhZSSw36U/W8jmWMb1c-I/AAAAAAAADn0/p3pAI9Jn3I4ryGC9TFPwSeUu7KKSdWa_gCLcBGAs/s400/the%2Bcrow%2Bmarch.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Scena di "The crow", 1994.</td></tr>
</tbody></table>
I miei 15 anni, iniziati con quel primo volume di Ghost Rider (100% Marvel #98 - Ghost Rider: L'ultima battaglia, 2010), che considero ancora oggi una sorta di seconda nascita -sebbene per molte altre ragioni che solo le mie letture- sono avanzati così, un viaggio nelle tenebre dell'anima di esseri non più umani che strisciavano sulle mie pareti e si intrecciavano con le ombre dei miei cambiamenti adolescenziali. A poco a poco recuperavo a ritroso la più recente run di Ghost, familiarizzavo con Venom e i simbionti, e provavo grande simpatia per Deadpool, anche se quest'ultimo non l'ho mai veramente seguito. Vidi Hellboy (2004), non ricordo quando avevo visto anche Solomon Kane (2009). E fu sempre quell'anno (che buffo, non avevo collegato le cose) che dopo tanto tempo passato riguardando in continuazione singole clip su YouTube vidi per la prima volta "Il corvo" nella sua interezza. Da allora lo rivedo ogni anno.<br />
Ancora, dopo averne letto e visto materiale in rete per un po' di tempo, riuscii a cominciare a giocare a Devil May Cry grazie alla provvidenziale uscita della versione rimasterizzata per le nuove console ("Devil May Cry: HD Collection" 2012, non esattamente provvidenziale nel momento in cui era intesa anche come apripista per il reboot), e avrete cognizione dai post della pagina Facebook di quanto quella serie mi abbia fatto ammalare.<br />
Intanto aveva catturato la mia attenzione un altro, videogioco con un protagonista criminale che usava poteri sovrannaturali, oscuri, per i propri delitti e per le proprie cause personali, e me lo procurai, forse proprio l'anno in cui uscì il suo seguito, che acquistai uno o due anni dopo. Scoprii in questo modo "The Darkness" (2007) e "The Darkness II" (2012), tratti da uno dei fumetti più rappresentativi di questo universo. Aggiungiamo, dato che la lista è ancora lunga, che nel 2012 giocavo anche a Prototype (2009), rigiocavo a Darksiders, e che forse l'anno dopo giocai a "Castlevania: Lords of Shadow" (2010 entrambi). TUTTI giochi che avevano un antieroe dalla loro. Devil May Cry in realtà è un'eccezione, ma spiegherò tra poco come rientri nel discorso.<br />
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-9rfm2ohdU0c/W8jm_ROW3kI/AAAAAAAADoA/mUkv4UdxbT4MGFIVZuKzsy8eh4xSXLQ0QCLcBGAs/s1600/Proto.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="929" data-original-width="800" height="400" src="https://2.bp.blogspot.com/-9rfm2ohdU0c/W8jm_ROW3kI/AAAAAAAADoA/mUkv4UdxbT4MGFIVZuKzsy8eh4xSXLQ0QCLcBGAs/s400/Proto.jpg" width="343" /></a>E sempre quell'anno (forse vi ho confusi, stiamo parlando di un lasso di tempo che va da metà 2011 a metà 2012), un pomeriggio durante il quale, guardando video su quei personaggi, ne ho beccato uno con una serie di immagini di Ghost Rider e Venom, in mezzo ai quali faceva capolino un personaggio che a volte pensavo fosse Ghost, per via delle catene, delle borchie e dell'attitudine demoniaca, e altre volte Venom, dato che indossava un costume estremamente simile, ho scoperto la quintessenza di questo discorso, il portabandiera di questa scuola, il grande Spawn. Verso la fine di questo Anno 0 ho iniziato a leggere i suoi fumetti. Arrivati al momento in cui ho iniziato a leggere The Darkness, e a quando ho finalmente letto "Il corvo" di James O'Barr, segnando il percorso iniziato con il film, possiamo dire concluso il nostro incredibile tour.<br />
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Vi chiedo scusa per il poco interessante viaggio nei ricordi e nel consumismo (giusto per una questione di forma, perché, sapete, il blog è mio), ma non vi è altro modo in cui avrei voluto introdurre i protagonisti di questo post, che deriva dal fatto che ognuno di loro è importante per me, e alcuni lo sono particolarmente.<br />
Ora, per riprendere il discorso storico, bisogna partire dal fatto che The Crow, Hellboy, The Darkness, Spawn, anche Deadpool, sono tutti personaggi nati negli anni 90, e che è sempre in quegli anni che Venom diventa per la prima volta protagonista di serie intestate a lui e Ghost Rider, dopo che la sua serie era finita all'inizio del decennio precedente, ritorna con una nuova run dove ottiene quegli attributi di ispirazione metallara con cui è rimasto più impresso nella cultura pop. Insomma, hanno tutti una matrice comune. Erano anni in cui i vari medium dell'arte sembravano aver avuto tutti rapporti con diavoli e forze occulte, perché partorivano figli oscuri e inquietanti; erano gli anni dei generi estremi del Metal, della seconda ondata del Black, e in sostanza di molta della mia musica preferita. Non posso condurre questa panoramica a lungo perché ne ho solo una visione parziale, ma mentre scoprivo queste cose pensavo spesso a quanto sarebbe potuto essere emozionante vivere la mia adolescenza in quegli anni e vivere la nascita di queste cose.<br />
Ora, ricordo di aver letto di un giornalista che disse, molto emblematicamente, di come quegli anni videro il momento in cui Superman moriva (1992) mentre Venom otteneva la sua serie (1993), cioè di come l'interesse per gli antieroi crescesse anche ottenebrando quello per gli eroi "puliti".<br />
Io li ho raccolti in seguito, come avete visto, per giunta in un periodo in cui molti di loro, anzi, quasi tutti, erano fermi. Da allora, The Darkness è andato avanti per un po' fino a concludersi nel 2014, e finora sembra definitivamente, Ghost continua a fare capatine qua e là e a non essere impiegato bene dagli autori Marvel, Spawn è sempre in corso e ultimamente se la passa bene anche il linguacciuto simbionte, mentre gli altri restano fermi.<br />
Veniamo adesso, finalmente, alle presentazioni.<br />
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<div style="text-align: center;">
<span style="color: orange; font-size: large;">Ghost Rider</span></div>
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«Anche adesso, dopo tanti anni, mi ritrovo a cercare risposte quando si tratta di paradiso e inferno. Guardo ancora gli occhi dei morti. La sola differenza è che oggi...anche i morti guardano me.»<br />
(Ghost Rider - Dall'inferno al paradiso, Jason Aaron)<br />
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<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/--5oHrSg2jTk/W8j3orG54QI/AAAAAAAADoU/s4yT_hXW1TAxjZwfKiltOpuW0zQxUOD6ACLcBGAs/s1600/Ghost%2BRider%2BShadowland%2Bfirst%2Bpage%2Btextless.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="550" data-original-width="367" src="https://3.bp.blogspot.com/--5oHrSg2jTk/W8j3orG54QI/AAAAAAAADoU/s4yT_hXW1TAxjZwfKiltOpuW0zQxUOD6ACLcBGAs/s1600/Ghost%2BRider%2BShadowland%2Bfirst%2Bpage%2Btextless.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Da "Shadowland - Ghost Rider", Clayton Crain.</td></tr>
</tbody></table>
Di lui abbiamo già parlato due volte.<br />
Ogni volta che compare da qualche parte, viene raccontata da capo la sua storia, la stessa storia all'infinito, come se fosse uno sconosciuto e occorresse spiegarlo. Ma qui non lo è, e non la ripeterò.<br />
Ghost Rider, vero nome Johnny Blaze, il mio preferito della lista di oggi, anticipa tutti gli altri personaggi, in quanto si manifesta sulla terra nel 1972, creato dallo scrittore Gary Friedrich (recentemente scomparso e cui ho reso omaggio in pagina, un pensiero va a lui anche qui in questo post), il disegnatore Mike Ploog e il supervisore editoriale Roy Thomas, e nonostante le sue sorti alterne è ancora in sella. I suoi poteri hanno subito una serie infinita di cambiamenti della storia in merito alla fonte: prima viene maledetto da Satana, poi Satana diviene il più ricorrente Mefisto, poi viene aggiunto che la maledizione ha comportato l'essere legato al demone Zarathos, poi si passa ad una maledizione familiare, poi allo spirito della vendetta, cioè un'entità del paradiso.<br />
Ghost è immediatamente segnalato dal suo teschio avvolto dalla fiamme, e iconograficamente è sempre legato a un mezzo di trasporto o una cavalcatura. A volte viene mostrato tutto il suo corpo in fiamme, mentre altre volte si tratta solo della testa. Suo attributo, da un certo momento in poi, sono le catene, che crea a suo piacimento in lunghezza e quantità virtualmente infinite. Definito forte quanto Thor nella sua incarnazione all'interno dell'universo Marvel Ultimate (che risulta forte quanto tutte le sue altre versioni), Ghost controlla il fuoco infernale: in teoria si tratta di un fuoco che brucia l'anima delle sue vittime, ma con il quale riesce a fare altrettanto con la loro carne e con la materia inanimata; al contempo, lo stesso fuoco ha risparmia to altre volte gli innocenti e gli oggetti sacri. Possiamo concludere che il fuoco bruci e non bruci ciò che lui desidera, o almeno ciò che desiderano i suoi sceneggiatori. È arrivato a scatenarlo come esplosione (in grado di coprire l'intera area di Manhattan) e pioggia infuocata di biblica suggestione. Adopera inoltre lo Sguardo di Penitenza, con il quale infligge alle vittime tutta la sofferenza che queste hanno inflitto agli altri.<br />
Ghost per me rappresenta tutto il senso del mio discorso nella sua forma più bella. È un uomo imperfetto che ha sbagliato diverse volte, e che si trova legato a un'entità mistica, antica e potente, che lo trasforma in un mostro, e questo è mostro in tutti i sensi possibili: perché è prodigioso, con un aspetto che sfida tutto ciò che concepiamo del mondo; perché è divino, rappresenta forze più grandi di quelle umane e in alcune serie incarna l'ira di Dio, una concezione sacra della vendetta; perché fa paura, la sua apparizione è un <i>prodigium</i> sconcertante; perché mostra, cioè col suo aspetto porta il messaggio da cui deriva la sua esistenza, e cioè la condanna del peccato e dello stringere patti con il diavolo, la collera divina appena menzionata, l'esistenza di piani e realtà altre e superiori alla nostra. In più, Ghost Rider può vantare ascendenze mitologiche molto antiche e molto diffuse, come la leggenda dei cavalieri fantasma del Far West, <i>ghost riders</i> che inseguono mandrie di mucche nel cielo come punizione per i loro peccati, che a sua volta deriva da...ebbene, dalla Caccia selvaggia di cui tanto abbiamo parlato e cui tanto mi sono affezionato in questi anni. Oltre che dalla figura del cavaliere senza testa, i vari spettri a cavallo medioevali, la leggenda di Faust, e infiniti altri motivi della cultura europea. Quanti altri eroi Marvel possono vantare altrettanto?<br />
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<div style="text-align: center;">
<span style="color: orange; font-size: large;">Spawn</span></div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
«Chi sei?»<br />
«Uno che vi ama.»</div>
<div style="text-align: left;">
(Spawn #28, Todd McFarlane)</div>
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<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-YCe_l9-86Og/W8kA3WG_XgI/AAAAAAAADok/Fe51jjuzqDg2QH7_Oe_7RUsbFbqzr6pSwCLcBGAs/s1600/1910398-spawn_119.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="600" height="400" src="https://4.bp.blogspot.com/-YCe_l9-86Og/W8kA3WG_XgI/AAAAAAAADok/Fe51jjuzqDg2QH7_Oe_7RUsbFbqzr6pSwCLcBGAs/s400/1910398-spawn_119.jpg" width="266" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Cover art di Spawn #119, di Greg Capullo.</td></tr>
</tbody></table>
Spawn, come anche Hellboy, è l'Anticristo del suo universo.<br />
Parliamo dell'universo Image Comics, di una casa editoriale fondata nel 1992 da autori Marvel e DC in esodo, desiderosi di creare un'alternativa con la quale dare spazio alle proprie idee. Una delle loro guide era Todd McFarlane, già parte del team che aveva inventato Venom (del quale anzi ha rivendicato più volte la paternità), che divenuto presidente diede inizio alla serie più duratura del mondo degli antieroi, e scelse per lei, e per il suo protagonista, un nome semplice, essenziale, Spawn, cioè "progenie". Quella era la sua creatura, quello era ciò che aveva fatto a immagine e somiglianza di sé stesso. Le diede un costume simbiontico simile a quello del suo figlio conteso, la ricoprì di catene e di borchie come si usava tanto a quei tempi, tempi in cui anche lui aveva disegnato Ghost Rider e gli era piaciuto quel tipo di accessori, la avvolse in un lungo mantello rosso scenografico, con il quale ottenere sulla tavola effetti simili a quelli che realizzava disegnando Spider-Man e incorniciando le pagine con litri e litri di ragnatela, e la gettò in un universo oscuro e ingiusto perché si facesse strada, come stavano facendo quegli artisti.<br />
Spawn, in vita il colonnello Al Simmons (mi passano brividi mentre scrivo il suo nome, non lo facevo da tanto tempo), si trova in mezzo alla millenaria guerra tra inferno e paradiso perché, alla sua morte, trovatosi all'inferno per le numerose vite che orrendamente stroncato lavorando come sicario al servizio del governo, accetta, proprio come Ghost, un patto col diavolo, che qui, in un inferno ispirato a quello di un interessante poeta emergente di qualche tempo fa, si chiama Malebolgia. Il patto consiste nel poter tornare sulla Terra, o meglio, nel poter tornare <i>dalla moglie</i>, Wanda, poiché sarà <i>solo per lei</i> che Al accetterà il patto, a condizione di comandare l'esercito infernale il giorno dell'Armageddon.<br />
Non è l'accettare il patto faustiano ad accomunare Ghost e Spawn, quanto piuttosto l'accettarlo per amore di qualcuno (se avete presente, Johnny vende l'anima per salvare il padre adottivo dal cancro). Perché vedete, un patto col diavolo viene stretto, solitamente, per ambizione, avidità, significa raggiungere comodamente risultati che richiedono grandi sacrifici, anzi, significa superare i confini dell'uomo, per giungere in possesso di ciò che umano non è. Una via percorsa dai crudeli e dagli egoisti. I patti col diavolo di Johnny e Al hanno qualcosa di storto, e loro diventano creature anomale, e questo accade proprio perché alla base del loro patteggiamento c'era l'amore. Al era un assassino, uno dei peggiori, ed era anche profondamente legato ai suoi amici e infinitamente innamorato di Wanda. Sebbene più volte, nella lunga storia editoriale del personaggio, siano state aggiunte varianti e rivelate verità nascoste.<br />
Se il patto di Johnny <i>diventa</i> una fregatura perché il padre adottivo, di fatto guarito dal cancro, muore in un incidente con la moto, quello di Al lo era in partenza: si risveglia cinque anni dopo essere morto, quando Wanda si è risposata con il migliore amico di lui e ha avuto una bambina, mentre il suo corpo è diventato un orrenda forma antropomorfa putrefatta all'interno di un costume vivente fatto di una sostanza infernale, chiamata necroplasma.<br />
Ha inizio così la tragica odissea di Spawn. Solo e senza dimora, la trova nella città dei topi, la parte più remota dei bassifondi di New York, in mezzo ai barboni, agli emarginati e ai senzatetto che lo accolgono come uno di loro, sia pure non tutti con lo stesso entusiasmo, per via delle ingiustizie e delle privazioni che la vita ha inferto loro, e che rende Spawn molto meno mostruoso nel momento in cui hanno tutti qualcosa in comune. Solitario, col cuore spezzato, i ricordi annebbiati e un corpo che non riconosce, Spawn è prima di tutto una creatura sofferente, calata a forza in una trama più grande di cui non gli importa nulla, soggetto a un male esistenziale che né uomini, né angeli, né demoni hanno conosciuto prima di lui, poiché è solo a lui che è capitato.<br />
Il costume e il mantello di necroplasma possono assumere qualunque aspetto, la forza e la velocità di Spawn sono di tutto rispetto, e soprattutto possiede poteri magici virtualmente illimitati: di solito lo vediamo lanciare i suoi iconici raggi verdi come arma di offesa, ma può trasformarsi in altre persone, in altri esseri, manipolare l'energia e la materia e persino resuscitare i morti. Può usare il fuoco infernale come Ghost Rider, e come Dracula, ha un legame con le creature oscure: tutti gli animali notturni, le creature saprofaghe e le forme di vita semplicemente disgustose seguono la sua volontà, e attraverso di esse Spawn può rigenerare le sue forze. Ecco perché usa riempire di vermi i luoghi in cui dimora. A questo si aggiungono le capacità acquisite in vita come soldato, che costituiscono in realtà la scelta principale di Spawn, molto spesso rappresentato armato di un vasto arsenale di bocche da fuoco, poiché usare i poteri infernali consuma una riserva non infinita, segnalata da un contatore che ricorre spesso alla fine delle sue storie: quando il contatore raggiunge lo zero, Spawn deve tornare all'inferno e attendere lì di ricaricare i suoi poteri prima di poter tornare sulla terra.<br />
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<div style="text-align: center;">
<span style="color: orange; font-size: large;">The Darkness</span></div>
<br />
«Forse è meglio se state giù. Il mio arcinemico sta per diventare pezzetti volanti di arcinemico.»<br />
(The Darkness #88, di Phil Hester)<br />
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<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-GqiqzqibUSs/W8oYA6rj6dI/AAAAAAAADpM/XZBYtox6sucD_x1bCEJHkPd0ABg5XVw5wCLcBGAs/s1600/The%2BDarkness%2B%25231.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1023" data-original-width="680" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-GqiqzqibUSs/W8oYA6rj6dI/AAAAAAAADpM/XZBYtox6sucD_x1bCEJHkPd0ABg5XVw5wCLcBGAs/s400/The%2BDarkness%2B%25231.jpg" width="265" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">L'iconica cover del primo numero di<br />
The Darkness, di Marc Silvestri.</td></tr>
</tbody></table>
The Darkness, Jackie Estacado, è il meglio che questa galleria abbia da offrire. Il suo potere è il più oscuro, le sue storie le più brutali ed estreme, lui stesso è il peggiore essere umano di cui parleremo qui, ed è anche il più carismatico. Quello che mi è sempre rimasto più impresso nelle sue storie non è l'orrore, o i risvolti di trama, ma il vivere tutto quello che accade attraverso il punto di vista di Jackie, che ha un carattere complesso, un'altalenante sensibilità in aperto contrasto con la sua attività di sicario e la mancanza di scrupoli con cui si rapporta a chiunque abbia davanti -si potrebbe semplificare dicendo che le cose le nota, gli scrupoli gli saltano in mente, ma li ignora agevolmente-, e una piacevole ironia.<br />
Darkness nasce nel 1996 sulle pagine di Witchblade, prima di ricevere una propria testata, sulla quale i due personaggi sono sempre rimasti legati. Il loro è un altro universo ancora, parte di quello Image, la quale è formata da diversi team minori che dipendono dai vertici ma mantengono un ampio margine di indipendenza, e la Top Cow, quando ha lanciato Witchblade, nel 1995, ha elaborato un sempre più complesso filone fantasy, originale e differente dalle ambientazioni più frequenti nei fumetti di allora. Witchblade, la lama stregata, è un artefatto che si lega a un possessore, sempre una donna, attraverso cui mantiene l'equilibrio tra le forze sovrannaturali del suo universo, e in particolare tra le entità della luce e dell'oscurità. Questa, Darkness appunto, compare ben presto come nemico e poi come ambiguo comprimario di Witchblade, fino a quando il suo apprezzamento si traduce in una serie curata dai suoi creatori, gli scrittori Garth Ennis e David Wohl e l'artista Marc Silvestri, fondatore della Top Cow. Si tratta di un'entità di cui non troveremmo un equivalente da nessun'altra parte, con un ruolo particolare in un cosmo particolare.<br />
La Tenebra, spesso localizzata così in italiano -semplice e di effetto, l'ho sempre apprezzato-, è l'oscurità primigenia, ricondotta nel fumetto al passo biblico<br />
<blockquote class="tr_bq">
"<i>In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. </i></blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
<i>Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre...</i>" (Genesi 1, 1-4)</blockquote>
Solo che all'oscurità, questo cambiamento di stato, non piacque. La rese rancorosa, di un rancore che sarebbe rimasto eterno, come del resto atemporale era stato il suo stato prima che fosse la luce. La Tenebra si impiantò in una stirpe di uomini, condannandola a un destino inesorabile: essa sarebbe vissuta all'interno del suo ospite, usandolo come tramite per poter continuare a esistere e diffondere il caos nella creazione, sopravvivendo attraverso la sua discendenza spostandosi da lui nel momento in cui avesse generato un figlio, al termine dell'atto sessuale. Lo spostamento avrebbe sempre ucciso l'ospite precedente, e assicurato alla Tenebra di esistere in eterno, sempre e soltanto all'interno di un uomo. Starete pensando che sarebbe bastato che l'ospite non avesse figli per fermare il tutto, o morisse prima, ma...davvero un'entità che esiste da prima del mondo non sia in grado di provvedere a sé stessa? Anche perché, come dice enfaticamente nel videogioco, «L'ospite non può morire», e qualunque danno egli possa subire, la Tenebra lo riparerà, resuscitandolo sempre.<br />
Alla Tenebra si contrappone l'Angelus, la luce, che viaggia di erede in erede in ospiti sempre e solo di sesso femminile. Da un patto stipulato tanto tempo fa tra le due potenze è nato Witchblade.<br />
Jackie, discendente dei portatori della tenebra, orfano di padre come tutti loro, è cresciuto in un orfanotrofio dal quale l'ha tirato fuori Frankie Franchetti, un potente boss della mafia di New York, "zio" di Jackie, che lo tira su in modo da farne una perfetta macchina per uccidere. Cosa che riesce dannatamente bene. La notte del suo ventunesimo compleanno, che da sempre è il momento in cui la Tenebra si risveglia, la vita di Jackie cambia decisamente in peggio, trasformandosi in una caotica serie di avventure che mescolano il noir, l'orrore lovecraftiano e gli scontri tra angeli e demoni.<br />
La Tenebra concede poteri infiniti con un unico limite, la luce, sotto la quale le sue creazioni si dissolvono. Al buio, Jackie può evocare interi eserciti di mostri di ogni genere, tra cui spiccano gli iconici darkling e le minacciose teste di serpente rese ancora più iconiche dal videogioco, e ricoprirsi nella sua armatura verde, con cui incassa senza battere ciglio qualunque colpo. Proietta colpi di ogni genere di energia, ed è in grado, con l'esercizio, di creare esseri viventi e decidere <i>come</i> farli.<br />
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Il Corvo<br />
<br />
«Sono colui che dissolve il terrore di essere un uomo per innalzarmi sopra i morti. Sono la morfina per una gamba di legno.»<br />
("Il Corvo - Libro cinque: Morte", di James O'Barr)<br />
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<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-i9aKlhe-eeM/W84DiwV6AII/AAAAAAAADps/Da08Cv0Wy84c6aOH2zQoxzwkWectHkI4QCLcBGAs/s1600/The%2Bcrow.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="800" data-original-width="536" height="400" src="https://2.bp.blogspot.com/-i9aKlhe-eeM/W84DiwV6AII/AAAAAAAADps/Da08Cv0Wy84c6aOH2zQoxzwkWectHkI4QCLcBGAs/s400/The%2Bcrow.jpg" width="267" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Una delle cover di James O'Barr.</td></tr>
</tbody></table>
Il notturno melancolico dell'uomo che torna in vita dalla morte per vendicare il crudele assassinio di sé e della donna che ama, figlio del dolore vissuto da James O'Barr, è cantato a memoria in tutto il mondo grazie al "film maledetto" di Alex Proyas.<br />
"The Crow" viene pubblicato fra il 1988 e il 1989, segnando una tappa importante per la storia del fumetto indipendente, prima su Caliber Press e poi diverse altre case editrici, in varie riedizioni. L'ultima è la Gallery, da cui deriva la "Edizione definitiva" italiana, pubblicata da Edizioni BD, dove O'Barr ha aggiunto alcune tavole che non aveva potuto stampare o realizzare la prima volta, e alcune scene che aveva preferito tenere per sé.<br />
Il corvo, che nel fumetto si firma in più di un caso con questo nome, incarnando un po' di più il tipo del supereroe, spezza le caratteristiche ricorrenti che abbiamo osservato nei primi tre antieroi, ma lo colloco qui, nella lista, per l'importanza che ha per me (ancora oggi è il mio fumetto preferito); il Corvo, dicevo, ha una componente sovrannaturale molto vaga e molto poco dettagliata, che rende un autentico mistero il modo, e anche il tempo, della sua temporanea resurrezione, che nel fumetto non viene nemmeno mostrata. Sappiamo solo che, dopo un anno dalla morte, Eric -Eric e basta, Draven è un'aggiunta del film scelta per il suono quasi identico a "the raven"- è riapparso, si è vestito e truccato nel modo in cui lo vediamo, e si è messo sulle tracce dei suoi aguzzini, i cui nomi O'Barr ha tratto dalle firme di autentici malviventi che figuravano, tra tante altre, sui muri di Detroit, dove è ambientata la storia: Tin Tin, Top Dollar, Tom Tom, Funboy e T-Bird, il capo della gang. Eric è forte ed estremamente agile, capacità che allena sottoponendo il suo fisico a molto esercizio durante tutta la storia, ed è invulnerabile. Le sue ferite si rimarginano rapidamente, ma porta addosso i segni della sua morte, e del colpo di pistola che gli ha rotto l'iride dell'occhio sinistro e aperto uno squarcio lungo il volto di cui è rimasta la cicatrice. Il suo corpo è nello stato in cui lo hanno seppellito.<br />
La sua mente, invece, è messa molto peggio: qualunque cosa ci fosse dall'altra parte, lui è stato lì, l'ha sperimentata, ed è tornato. Ha sperimentato la morte e parla come uno che ha sperimentato la morte, inoltre ha sperimentato il dolore, il lutto, la fine delle speranze, la distruzione di tutto ciò che vedeva davanti a sé, le lunghe ore della sua agonia, e poiché amava veramente, ha sperimentato il dolore e il lutto che provava lui e quelli che ha provato Shelly, che prima e dopo la morte è stata violentata da tutti e cinque i criminali.<br />
Viaggia di notte per la città come un angelo della misericordia, mandato per compiere una vendetta che ogni atto, ogni parola, ogni macchia di inchiostro rivelano essere giusta, e nel non dire nulla su tutto quello che c'è dietro, O'Barr ci presenta un'essenza intrinseca del fumetto che risuona nella nostra anima come: "Verità!".<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-8M2q4u4JVto/W8pCsLWSloI/AAAAAAAADpc/yY6nWF4UUIwdXw6f_j59YEK49STYbDiaQCLcBGAs/s1600/devilman-crybaby-recensione-1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="675" data-original-width="1200" height="360" src="https://1.bp.blogspot.com/-8M2q4u4JVto/W8pCsLWSloI/AAAAAAAADpc/yY6nWF4UUIwdXw6f_j59YEK49STYbDiaQCLcBGAs/s640/devilman-crybaby-recensione-1.jpg" width="640" /></a></div>
<br />
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Questi antieroi sono accomunati da tante cose. Estremamente violenti, quasi tutti uccidono i loro avversari e alcuni li mangiano anche, non hanno la coscienza esattamente pulita e visivamente comunicano bene la loro pericolosità, quando non fanno direttamente paura; hanno attributi ricorrenti come le catene e le sopravvesti lunghe e/o in pelle, i loro colori principali sono il nero e il rosso.<br />
Buona parte di loro ha attinenza con il concetto di inferno, nella sua concezione cristiana, legata al fuoco e ai demoni (Ghost, Spawn, Hellboy) oppure sono non morti (Il corvo). Tutti hanno un alone di religiosità, qualcosa di sacro o contro il sacro.<br />
I loro poteri variano, ma tutti hanno qualità fisiche superiori all'umano, e con l'eccezione di Hellboy sono invulnerabili. Molti sono immortali. Ghost, Spawn e Darkness sono tra i personaggi più potenti dei rispettivi universi, capaci di scatenare armi di distruzione di massa, quasi impossibili da uccidere e in grado di tornare indietro qualora ciò avvenga, cosa cui non sono molto propensi ma che è successa.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-2cpmnLVKrk4/W84wFLvgNjI/AAAAAAAADqE/m_Li9gQigvwd0nu1UzYEiQ9BgxQDBCsIACLcBGAs/s1600/Ghost%2BSpawn%2BDarkness.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="850" data-original-width="550" height="400" src="https://2.bp.blogspot.com/-2cpmnLVKrk4/W84wFLvgNjI/AAAAAAAADqE/m_Li9gQigvwd0nu1UzYEiQ9BgxQDBCsIACLcBGAs/s400/Ghost%2BSpawn%2BDarkness.jpg" width="258" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">The Darkness, Ghost Rider e Spawn insieme<br />
nelle loro incarnazioni western.</td></tr>
</tbody></table>
C'è poi un punto, ed è a questo che punta tutto il nostro discorso, questo che fa da ponte tra la storia di oggi e la nostra infinita ballata sui mostri, che è il motivo per cui li ho apprezzati così tanto, sono stati così importanti, e hanno in comune tutto quello che abbiamo visto: questi antieroi mostruosi hanno in sé due identità diverse, che consistono in due entità e anime diverse, delle quali una è umana e l'altra non lo è. Se la doppia identità è costitutiva per il concetto stesso di supereroe e una delle basi del genere supereroistico, qui assume un'accezione che oserei definire ancora più letterale e tragica. Ad avere i poteri è la seconda anima, che ha bisogno della prima per esistere, perché i mostri vengono da un altro mondo, e non possono restare a lungo nel nostro se non glielo permettiamo. Come per i vampiri, che non possono entrare nelle case se non vengono invitati dall'interno. Entrano grazie a un momento di debolezza, una decisione sbagliata, e da quel momento in poi non se ne possono andare. Ogni tanto gli editori li separano e passano il mostro di personaggio in personaggio come fosse una semplice calzamaglia, ma prima o poi torna indietro, e questo allontanamento è una forzatura, perché, nella realtà, il tuo mostro non se ne va mai da te.<br />
Tra le due anime si crea sempre un dissidio, uno scontro, perché hanno obiettivi differenti, e l'anima del mostro cerca tutto ciò che l'anima dell'uomo non osa desiderare. Si crea una convivenza difficile, una vera maledizione, e finisce che a volte vince una, e altre volte vince l'altra.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-JKnyyEURVCI/W84OZm0fYgI/AAAAAAAADp4/pP-iAYXPknA-HG6OhKhIrImV3jmdFpxuwCLcBGAs/s1600/Hunger_01-681x1024.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1024" data-original-width="681" height="400" src="https://2.bp.blogspot.com/-JKnyyEURVCI/W84OZm0fYgI/AAAAAAAADp4/pP-iAYXPknA-HG6OhKhIrImV3jmdFpxuwCLcBGAs/s400/Hunger_01-681x1024.jpg" width="265" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Una scena di Venom</td></tr>
</tbody></table>
Questa interazione permette una straordinaria ampiezza di possibilità narrative e drammatiche, la ricchezza di avere due protagonisti in uno, probabilmente non abbastanza sfruttata. In Spawn, per esempio, il costume vivente prende parola in alcune delle storie più recenti, ma è un semplice strumento nelle prime, mentre in The Darkness la Tenebra è una voce costante durante ambedue i videogiochi, aiutante e oggetto magico dell'eroe e contemporaneamente suo antagonista, per dirla con Propp, mentre solo in alcune storie dell'originale fumettistico possiamo leggere che cosa dice o notiamo perlomeno che possiede una propria individualità.<br />
Venom è il migliore esponente di questo motivo, dato che le particolari caratteristiche psicologiche del simbionte sono sempre state chiaramente distinte da quelle dell'ospite: tra i due c'è un rapporto interessante, poiché il simbionte, a modo suo, ama Eddie Brock, il quale si lega sempre più profondamente a lui anche perché senza non gli resterebbe nulla, e ognuno dei due ha dimostrato di essere disposto a dare la vita per l'altro; al contempo, il simbionte è naturalmente votato alla violenza, spesso anche per fame, mentre Eddie è diviso tra scrupoli etici, nonché religiosi, il suo desiderio di proteggere gli innocenti, e la sua inclinazione a fare del male in risposta a quello che ha ricevuto nella sua vita, il tutto aggravato dalla sua salute mentale non perfetta, e dal fatto che nel simbionte è sempre forte l'amore-odio morboso verso Spider-Man.<br />
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L'evoluzione di Ghost Rider è per me ancora più interessante, perché mostra diverse sfaccettature che il rapporto tra le due anime può assumere, e in senso lato presenta diverse accezioni di antieroe.<br />
Nelle prime storie, scritte da Gary Friedrich, Johnny Blaze è un uomo maledetto che cerca di salvare la propria anima da Satana, che non può prenderla direttamente da lui in quanto impedito dall'amore puro della sua ragazza, Roxanne Simpson, un efficacissimo deterrente per il diavolo, che tenta di togliere di mezzo quest'ultima, puntualmente salvata dall'eroe. Essere Ghost Rider è una maledizione, una trasformazione involontaria e dolorosa che avviene ogni notte e dalla quale Johnny spera di salvarsi, e quei poteri gli servono unicamente per difendersi.<br />
Con il tempo, Ghost assume sempre più la connotazione del supereroe, affrontando demoni dell'inferno e supercriminali comuni anche ad altri personaggi Marvel, pur mantenendo sempre, oltre al carattere ribelle e alla scarsa osservanza delle autorità, un approccio più violento e con meno rimorsi, dovuto anche al destino funesto che incombe su di lui e dal quale cerca disperatamente di affrancarsi. Queste qualità vanno crescendo nel tempo, e a poco a poco viene a crearsi una profonda differenza tra Johnny Blaze, uomo che ama, protegge chi gli è caro, aiuta chi ne ha bisogno, e Ghost Rider, il mostro infernale, che non riconosce niente e nessuno e massacra chiunque gli si pari davanti. Si ha allora un vero dualismo, una coesistenza di personalità diverse, e non esattamente concordi, delle quali Ghost rappresenta il lato oscuro di Johnny. Qui è l'immagine fondante di questo motivo antieroico.<br />
Ancora, più o meno in concomitanza con l'entrata nella serie di Michael Fleisher, anch'egli scomparso quest'anno e cui rivolgiamo un pensiero affettuoso, alla connotazione dell'entità sovrannaturale di Ghost si aggiunge l'attributo della vendetta, di cui diviene tramite ed esecutore.<br />
Intanto, anche le origini vengono riviste, e da Satana il diavolo del patto diviene Mefisto.<br />
La svolta più significativa è alla fine della serie, scritta da DeMatteis e Budiansky, quando viene rivelato che l'alter ego di Johnny Blaze si chiama Zarathos ed è un demone con una lunga storia, che verrà anche ampliata nelle successive serie, legato a Johnny dal patto stipulato con Mefisto. Se da una parte quel dualismo tra Johnny e lato oscuro di Johnny si perde, in favore pur sempre di quello tra Johnny e Zarathos, si vede qui un altro modello di eroe, quello dell'uomo che convive con il mostro, più simile a Venom e Darkness rispetto alle situazioni precedenti.<br />
Nella seconda serie di Ghost Rider, il cui protagonista è Danny Ketch, il nuovo eroe deriva da un medaglione cui è legata una nuova entità spirituale, con cui si fonde nel nuovo Ghost Rider. L'entità ha perso la memoria, ma è molto diversa da Zarathos, poiché è spinta a proteggere gli innocenti e castigare i colpevoli da un sentimento giusto e caritatevole nei confronti dei primi, e che riecheggia di toni veterotestamentari per quanto riguarda i secondi. Un uomo e un mostro buono, dunque, che nel corso dei vari cambiamenti degli autori di Ghost si rivelerà essere un uomo del XVII secolo di nome Noble Kale, condannato a causa di un patto demoniaco stretto da suo padre a diventare Ghost Rider.<br />
Ricapitolando, un uomo maledetto con poteri oscuri, un supereroe con poteri oscuri, un antieroe doppio con una parte umana e un misterioso lato oscuro dotato di poteri, un antieroe doppio con una parte umana e un entità sovrannaturale. Molti personaggi di questo tipo potrebbero essere smistati in queste definizioni.<br />
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Un altro interessante spunto che accomuna gli antieroi mostruosi è la tendenza all'antropofagia, in senso spesso letterale e altre volte figurato, presente nelle storie di molti di loro.<br />
La campagna pubblicitaria del film di Venom ha molto insistito su come la mostruosa creatura usi divorare gli esseri umani e quanto profondamente Venom sia differenziato dagli altri supereroi dallo strappare a morsi le teste dei suoi nemici. Nel film lo abbiamo visto mettere in atto queste pratiche, e questo risponde fedelmente a tendenze che Venom ha sempre avuto nei suoi fumetti. Parte delle caratteristiche che creano intorno a lui un'aura di orrore e paura irrazionale, potremmo vederla come manifestazione di fobie dell'uomo e delle spinte verso l'esterno della sua parte più oscura e bestiale. Potremmo dire altrettanto anche riguardo gli esempi che seguono.<br />
Chi ha visto il film "Ghost Rider - Spirito di Vendetta" (2012) ricorderà che lì Ghost usava il suo sguardo per divorare le anime delle vittime nel vero senso della parola, provocando poi la combustione esplosiva dei corpi una volta terminato (scelta che non ho gradito). Da strumento di giustizia, lo sguardo diveniva così un mezzo impiegato a beneficio esclusivo dello spirito della vendetta. Una cosa del genere è accaduta anche nel recente fumetto "Damnation - Ghost Rider: Johnny Blaze" (2018), forse ispirata proprio dal film. Al di là di questo, Ghost non ha mai divorato nulla dei suoi avversari; pure, il demone Zarathos, fonte dei suoi poteri per una certa durata della storia, è qualificato proprio come divoratore di anime. Potrebbero comunque esserci altri casi in cui, nei fumetti, si sia nutrito di anime, in numeri che non ho letto.<br />
I giocatori dei due The Darkness ricorderanno come in entrambi una delle azioni più importanti fosse divorare i cuori dei nemici dopo averli uccisi, attraverso le due teste demoniache di Jackie. Nel fumetto, dove la Tenebra si manifesta in svariate forme, virtualmente ciascuna di queste può mangiare le persone e non vede l'ora di farlo. L'eroe in sé non lo fa, il suo potere lo fa eccome.<br />
Quanto a Spawn, egli è in grado di assorbire forza dagli esseri viventi attraverso i suoi emissari, gli animali notturni o sotterranei. In una scena molto potente, dopo un lungo combattimento con un angelo, sconfitto e riverso al suolo, mentre Spawn rimane fermo a riprendersi un numero notevole di serpenti, lupi, felini, con anche un orso nel gruppo, circondano l'angelo e lo consumano in pochi secondi, lasciando soltanto lo scheletro. Ciò che hanno assorbito viene istantaneamente trasferito in Spawn, come energia.<br />
Ci sono anche Prototype e personaggi Marvel come Werewolf by Night e Dracula. Il primo, simile a Venom, ha un virus che si nutre di esseri viventi e che assorbe completamente un'infinità di prede durante il gioco, mentre per gli altri due, essendo un licantropo e un vampiro, non occorrerà spendere troppe parole.<br />
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Concludo osservando come sembri che nel dare sfogo all'ombra dell'uomo e alla sua oscurità interiore, gli autori portino questi personaggi ad agire non solo in contrasto con le nostre leggi o la nostra etica, ma anche con quegli ambiti di cui dovremmo essere sicuri, e che pertanto non affrontiamo. Cioè i tabù. Il cannibalismo è uno dei più forti, un elemento fondante degli stadi più antichi della nostra civiltà -benché praticato presso molte altre ancora oggi-, qualcosa che ci disturba molto profondamente. Tanto maggiore diviene allora la distanza tra un io e l'altro, tra l'eroe e il mostro che sono la stessa persona, da portarci a ritenere ciascuno altro dall'altro. Ma non lo sono, si corrispondono, e come tutte le altre cose che quella seconda identità possiede e che non ci piacciono, anche questa è una realtà che, nelle regioni più inesplorate dell'anima, possiede anche la prima.<br />
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«Ma la cosa buffa, sapete qual è? Mi senti, là in fondo? No, perché è divertente. La cosa buffa è che...che sono un eroe.»<br />
(The Darkness Preview, Garth Ennis)</div>
Francis Starkhttp://www.blogger.com/profile/10559448728477569844noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-3648770856103118233.post-28483603112084807012018-10-04T22:22:00.002+02:002018-10-10T22:12:53.499+02:00Ginnungagap - Il racconto della notte dei tempi<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-I-pTYCibi60/W7Z2GvzQADI/AAAAAAAADlc/aQA6o9Lkl4cicSwrzC1X3AB8vXo--IO7ACEwYBhgL/s1600/copertina.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="941" data-original-width="1600" height="376" src="https://2.bp.blogspot.com/-I-pTYCibi60/W7Z2GvzQADI/AAAAAAAADlc/aQA6o9Lkl4cicSwrzC1X3AB8vXo--IO7ACEwYBhgL/s640/copertina.jpg" width="640" /></a></div>
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Heil og sæl, viaggiatore venuto dal mare! Velkominn! Come stai? Hversu ferr? Spero che il mare non sia stato stato troppo duro con te. Con noi qui non fa distinzione, ci solleva e ci spezza come fuscelli. Ma noi siamo abituati, conosciamo le sue regole e non ci aspettiamo misericordia da lui. Solo, potrebbe usarne un pochino con i forestieri. Qual è il tuo nome?<br />
Lo so, lo so, sei in viaggio e non puoi trattenerti a lungo a parlare. Sei in viaggio per una cosa più grande di te, non è vero? Tu hai incrociato lo sguardo con l'assoluto e adesso lo vuoi raggiungere...e già, te lo vedo negli occhi. Ma...oh no, tranquillo, non voglio farmi i fatti tuoi. Ho solo...capito. Non per vantarmi, ma sono bravo a capire le cose. Hai comunque bisogno di fermarti un momento, se non altro perché i tuoi vestiti sono fradici, le tue spalle tremano e alla tua barca non farebbe male una sistemata. Sei fortunato, casa mia è a due passi da qui. La pesca per ora non è male, e preparo una birra discreta. Più che discreta, invero, ma un uomo non dovrebbe mai sbilanciarsi troppo né sulla propria fortuna né sulle proprie doti, non so se concordi.<br />
Eccoci qua. Qui c'è il tavolo...prendi quella sedia e accostala...lascia tutte le tue cose da quella parte...e vediamo. A proposito, il mio nome è Sváfnir. Vivo qui da tanto tempo, e da quando mia moglie è morta di febbre, non ho molto con me, se non il mare e i ricordi. Ho smesso da un pezzo di chiedermi quale dei due sia il più crudele e quale invece il più dolce. Tu accomodati che a mettere in tavola ci penso io. Ah, un momento solo, passami quel pezzo di legno. Bene, questo va qua, ora accendiamo un bel fuoco qui sotto, eh sì, dovrai dirmi se questa non è una gran bella zuppa di pesce...<br />
Eppure, c'è una terza cosa che dà sollievo a questa vecchiaia. Ha solo il problema di necessitare che ci sia qualcuno insieme a me, perché farla da solo non avrebbe senso. Vuoi sapere di cosa parlo? Aspetta che metto in tavola e te lo dico. Lì c'è la birra, serviti pure.<br />
Eccoci qua, buon appetito. Parlavo delle storie. C'è un'usanza, qui, che si tramanda da tanto, tantissimo tempo. I più remoti dei nostri antenati vivevano le cose in modo diverso rispetto a noi, e attraverso gli anni, man mano che accadevano cose che noi non sappiamo come siano andate, hanno iniziato a raccontare di eventi e di prodigi straordinari, sia prima che dopo la nascita di questo mondo. Ma non sono solo favole, bada, perché loro ne facevano un bene prezioso. C'è potere in quelle storie, che tu ci creda o no. Un potere che non avrebbero se non fossero vere almeno in parte. Prima erano un veicolo di incantesimi e formule magiche, e man mano sorse un'arte del raccontare, e vi erano uomini molto esperti in quell'arte che viaggiavano per farsi sentire da una parte all'altra di questo mondo, o almeno di quella parte in cui queste storie piacevano; perché, vedi, quasi tutti conoscevano tutte queste storie, e nonostante ciò volevano sentirle, si radunavano, banchettavano, pagavano quegli esperti per sentirle.<br />
Ora io, in quell'arte, diciamo che non sono né più né meno bravo che in quella del preparare la birra...e il fatto che tu ne abbia bevuta così tanta in così poco tempo mi porta a pensare che non ti farò annoiare. E nemmeno ti chiederò qualcosa in cambio, sia perché sono un pescatore e non faccio il mestiere dello scaldo, e sia perché sei mio ospite, e qui da noi teniamo in grande conto gli ospiti.<br />
Dunque, come cominciare? Da dove, soprattutto?<br />
Meglio cominciare dall'inizio.<br />
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Secondo te, prima di tuo padre, di suo padre, degli antenati più vecchi che tu possa concepire...cosa c'è? Cosa c'è stato? Altri uomini? Un fluire infinito di uomini che va a ritroso senza fine nel passato? Oppure un singolo uomo da cui son venuti gli altri? Ma cosa ci sarebbe prima di quel singolo uomo? Gli dèi, certo. E prima di loro, cosa pensi che ci fosse? Un dio da cui son venuti tutti? E da dove è venuto lui? Spegni quella candela. Vedi niente? Bene.<br />
Noi crediamo che all'inizio di tutto non ci fosse nulla. O meglio, quasi. Se non ci fosse stato nulla, non sarebbe mai successo nulla. C'era buio però, niente luce, e non c'era niente.<br />
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«<i>Vasa sandr né sær, </i><i>né svalar unnir; </i>Non c'era sabbia né mare, né gelide onde;<br />
<i>jǫrð fansk æva </i><i>né upphiminn; </i>terra non si distingueva, né cielo in alto;<br />
<i>gap vas ginnunga, </i><i>en gras hvergi.</i>» un baratro informe c'era ed erba in nessun luogo.<br />
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(Völuspá 3)<br />
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<a href="https://2.bp.blogspot.com/--elr2vTmXDY/W7ZPCkrgZjI/AAAAAAAADkc/Gpo7aTzHOdQogYI3XMtlQKA8GwabeCTOQCLcBGAs/s1600/vatnajokull-ice-cave-1509358883-1000X561.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="561" data-original-width="1000" height="356" src="https://2.bp.blogspot.com/--elr2vTmXDY/W7ZPCkrgZjI/AAAAAAAADkc/Gpo7aTzHOdQogYI3XMtlQKA8GwabeCTOQCLcBGAs/s640/vatnajokull-ice-cave-1509358883-1000X561.jpg" width="640" /></a></div>
C'erano solo due cose, ed erano l'una il contrario dell'altra. Una stava da una parte, a nord di questo niente, del baratro informe, e l'altra a sud. Una era energia fredda, una diminuzione di quel niente, una galassia polare. Niflheimr, che significa mondo delle nebbie. Noi crediamo che sia da lì che vengono molte delle cose strane che temiamo di più. Dall'altra parte rispetto a Niflheimr stava, e sta ancora, un infinito cuore di stella, l'anima ardente dell'universo, un mondo interamente di fuoco. Múspellsheimr, lo chiamiamo, non per quello che è o per quello che è stato, ma per quello che sarà: il mondo dell'incendio di tutte le cose. Da quel mondo ha avuto inizio tutto, e da quello verrà la fine.<br />
Niflheimr è gelo, venti glaciali, nebbie...acqua, insomma. Un mondo da cui sarebbe potuta venir fuori l'acqua, ma che, da solo, sarebbe sempre rimasto ghiaccio. Così come Múspellsheimr, da solo, non sarebbe mai stato altro che tanto fuoco, luce per nessuno, calore per nessuno. Entrambi, vita per nessuno.<br />
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In un momento del tempo -chissà quando, se entrambi i mondi esistevano fin da sempre-, il calore di Múspellsheimr raggiunse i ghiacci di Niflheimr, e ne fuse una parte. Nell'universo ci fu acqua per la prima volta. Nacque la sorgente di Hvergelmir, il calderone rimbombante, agitata dal moto di queste grandi masse d'acqua che s'accalcano con cosmica violenza. Da Hvergelmir scaturirono gli Élivagar, i fiumi dalle onde ghiacciate. Undici erano gli Élivagar, sebbene i nomi che gli uomini hanno dato loro siano molti di più. Fiumi velenosi, impossibili da attraversare per chi non è un dio, che scorrono attraverso tutto l'universo, e attraverso le loro correnti regolano lo stato di tutte le dimensioni.<br />
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Questi fiumi, scorrendo sul Ginnungagap, che in quanto nulla non era né ricolmo ma neanche vuoto, andarono sempre più lontano dalla loro sorgente, e i loro vapori, gelando, divennero brina, che si accumulò in strati sul Ginungagap. A poco a poco, tutto ne fu ricoperto. E mentre nelle vicinanze di Niflheimr tutto era freddo e oscuro, più si andava vicini a Múspellsheimr e più aumentava il calore e il clima diventava mite.<br />
E finalmente, in questo protocosmo, tra le due forze opposte e in virtù di entrambe, nel momento in cui il calore iniziò a sciogliere la brina, accadde un nuovo miracolo: nacque il primo essere vivente.<br />
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-KDc5WzdNUiE/W7YxiABzjYI/AAAAAAAADi8/xn-4IUqV23ozbCwPapOv_Y3OzkYCmHCeQCLcBGAs/s1600/30c90d9355999febbbdc82854d7f4ade.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="689" data-original-width="660" height="320" src="https://2.bp.blogspot.com/-KDc5WzdNUiE/W7YxiABzjYI/AAAAAAAADi8/xn-4IUqV23ozbCwPapOv_Y3OzkYCmHCeQCLcBGAs/s320/30c90d9355999febbbdc82854d7f4ade.jpg" width="305" /></a>Un essere assolutamente oltre qualsiasi nostra possibilità di comprensione. Il suo nome era Ymir. Lo chiamiamo gigante, e di questi mostri fu invero il progenitore...ma era molto al di là anche di questa definizione. Vuoi sapere perché si parla di lui con questo nome? Perché fu il primo abbia mai emesso parola. Ymir può significare "colui che mormora", oppure "colui che urla", ma in entrambi i casi, si distingue da tutto ciò che è stato prima di lui perché ha parlato. E in questo, ancor più che nell'essere vivo, sta il suo avere cambiato l'universo, che dopo un infinito silenzio avvolto dalle tenebre, e dopo i frastuoni cosmici del ghiaccio e del fuoco, udì con lui, per la prima volta, una voce.<br />
Ymir, in quanto vivo, aveva bisogno di nutrirsi. Dopo di lui, il secondo essere a nascere, emergendo dalla brina che disgelava, fu la grande vacca Auðhumla, che lo nutrì con il suo latte. Quel latte, continuando a scorrere attraverso l'universo, formò altri quattro fiumi.<br />
Ti domanderai di cosa la vacca, che necessitava a sua volta di nutrimento, si alimentasse. I savi hanno detto che essa leccò il ghiaccio dalle rocce brinate intorno a sé, e il sale che esse contenevano. Rivelando, così, che sotto il ghiaccio si trovava un altro essere vivente: alla fine del primo giorno, ne vennero fuori i capelli; alla fine del secondo giorno, ne venne fuori la testa; alla fine del terzo giorno, la figura completa. Questi era Búri, il cui nome vuol dire "generato", ed è da lui che discesero gli dèi e gli uomini. Ti domanderai in che modo egli fosse nato, o se non preesistesse a Ymir e fosse sempre stato sotto quel ghiaccio. Se ci pensi, nacque nello stesso modo in cui erano già nate tutte le altre cose, dal contatto tra il freddo e il caldo, le rocce brinate e la lingua di Auðhumla. Sempre due cose, inevitabilmente, due poli opposti e complementari, come vedi.<br />
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-MvZjVvkQIzg/W7Yxsi5gf4I/AAAAAAAADjI/R2pq9T7TRHULiUC6zaifYK0qJRS0GksJgCLcBGAs/s1600/Audhumla_by_Abildgaard.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1197" data-original-width="1600" height="239" src="https://4.bp.blogspot.com/-MvZjVvkQIzg/W7Yxsi5gf4I/AAAAAAAADjI/R2pq9T7TRHULiUC6zaifYK0qJRS0GksJgCLcBGAs/s320/Audhumla_by_Abildgaard.jpg" width="320" /></a>Búri generò da solo Borr: egli sarebbe stato il primo di tutti ad avere dei figli unendosi ad un altro essere, poiché il suo nome significa che egli è colui che perfora.<br />
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Mentre questo secondo ceppo di discendenza iniziava a ramificarsi, anche Ymir, il primo nato, diede origine ad altri da sé, pur simili a sé: e si racconta che, mentre dormiva, abbia sudato copiosamente, sicché sotto le sue mani nacquero un gigante, da una parte, e una gigantessa dall'altra; poi, sempre mentre dormiva, i suoi piedi entrarono in contatto, e quella potenza generatrice diede vita a un nuovo gigante, dal quale sarebbe discesa la razza di quelli che chiamiamo jötnar, i giganti della brina: il suo nome era Þrúðgelmir, e possedeva sei teste. E benché dovesse essere certamente un mostro incommensurabile, pensa quanto ben più mostruoso doveva essere il suo genitore, più simile alla materia cosmica che alle creature di questo mondo. Il primo figlio di Þrúðgelmir si chiamava Bergelmir. In seguito, la stirpe divenne sempre più numerosa, creature immani, crudeli come le acque velenose da cui era nato il protogono, che di tutti loro era il più crudele. Egli era chiamato, tra di loro, anche Aurgelmir, ma è conosciuto nei canti dei poeti anche come Brimir e come Bláinn. Spero tu abbia fatto caso a come, anche qui, egli abbia operato il processo generativo attraverso il contatto tra il freddo e il caldo, come questi figli siano nati dalle gocce del suo sudore, non dissimili da quelle degli Élivagar, da cui era nato lui.<br />
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<a href="https://2.bp.blogspot.com/-AI058MoCtos/W7Z0pwSUyOI/AAAAAAAADlM/TslAWzK4dVc9G_U0k7udP7yaB4Mq0t2zACLcBGAs/s1600/cosmic_birth_by_steveallredart-d4y8l5a.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="703" data-original-width="1137" height="394" src="https://2.bp.blogspot.com/-AI058MoCtos/W7Z0pwSUyOI/AAAAAAAADlM/TslAWzK4dVc9G_U0k7udP7yaB4Mq0t2zACLcBGAs/s640/cosmic_birth_by_steveallredart-d4y8l5a.jpg" width="640" /></a></div>
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Ora, per tanti lunghi inverni il cosmo rimase in questo stato, teatro dei hrímþursar -anche così sono chiamati i giganti del ghiaccio-, un luogo di caos e di follia. Fino al momento in cui Borr, figlio di Búri, della stirpe degli dèi, si unì ad una gigantessa di nome Bestla, figlia di Bölþorn. Chissà perché accadde. Il dio aveva bisogno di una creatura altra da sé per generare dei figli...o forse aveva bisogno di amare? Che ne dici, poteva già esistere, l'amore, prima ancora che esistesse il mondo? O forse esisteva già ancora prima di Ymir, uno spirito invisibile in attesa che la terra e gli elementi nascessero? Fu forse lui ad accendere i fuochi di Múspellsheimr in un eone di cui nessuno ha mai menzionato il nome? E del resto, chi mai potrebbe menzionare, o misurare, un tempo così lontano?<br />
E io trovo che, perché nascesse qualcosa di nuovo, in grado di cambiare lo stato in cui versava l'universo primordiale, era necessaria l'unione di un gigante e di un dio, del potere generatore del caos e di un principio ordinatore in grado di comprenderlo.<br />
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-aUAzMcT1pk4/W7ZqcB4D7gI/AAAAAAAADkw/-3OXW0YYAwcuHcLSeoaUSnG1DO4JfdY4wCLcBGAs/s1600/Ymir_gets_killed_by_Froelich.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1060" data-original-width="902" height="400" src="https://2.bp.blogspot.com/-aUAzMcT1pk4/W7ZqcB4D7gI/AAAAAAAADkw/-3OXW0YYAwcuHcLSeoaUSnG1DO4JfdY4wCLcBGAs/s400/Ymir_gets_killed_by_Froelich.jpg" width="340" /></a>Solo da un incontro tra forze così grande, solo da un miracolo così inaudito in quel momento, solo da stirpi così grandi, sarebbe potuto nascere il protagonista di tutto quello che sarebbe stato da quel momento in poi, colui che avrebbe dato inizio a tutte le storie, colui che le avrebbe impresse nel tessuto di tutte le cose e le avrebbe raccontate. Colui che, non per nulla, chiamiamo "Padre di Tutto".<br />
Egli, come hai compreso, è Óðinn, figlio di Borr, figlio di Búri, figlio di nessuno.<br />
Odino ebbe due fratelli, Vili e Vé, "volontà" e "santità". La forza dei figli di Borr non si era mai vista in tutto l'universo, ed essi avevano uno spirito di fuoco indomabile. Non potevano tollerare dei limiti. Così, quando furono grandi abbastanza, i tre fratelli unirono le forze e attaccarono Ymir, stritolandone e straziandone le membra infinite. Ymir fu smembrato, le sue parti sparse per l'etere, e il potenziale tenuto dentro la sua forma si riversò all'esterno.<br />
Il mondo nacque così. Dal corpo di Ymir.<br />
Le sue membra vennero poste in mezzo al Ginnungagap, tra il freddo e il caldo, tra il sotto e il sopra. Un mondo di mezzo.<br />
La sua carne divenne la terra.<br />
Le sue ossa divennero le montagne.<br />
Pietre e sassi nacquero dai suoi denti, e dai pezzi di osso che si erano frantumati nella lotta.<br />
Il cranio di Ymir venne sollevato in alto, al di sopra delle terra, e con questo gli dèi fecero il cielo.<br />
Il sangue del suo corpo eruppe e dilagò nel cosmo, e tutti i giganti, le mostruose creature ancestrali, annegarono in questa alluvione. Furono solo due jötnar, Bergelmir e sua moglie, che si trovavano su un alto mulino, a salvarsi: da loro sarebbero discesi i nuovi giganti.<br />
Odino, Vili e Vé arginarono le acque in un cerchio intorno al cosmo, che divenne l'oceano, Úthaf. L'oceano è il nostro confine e l'anello tra il misurabile per noi e quello che non lo è, poiché oltre stanno le remote profondità dell'universo, il Niflheimr, il Múspellsheimr, e molte altre cose.<br />
Dal sangue di Ymir vennero i laghi ed i fiumi, mentre dal suo cervello, che i tre dèi posero in cielo, provengono tutte le nubi: Ymir, nato dall'acqua velenosa degli Élivagar, aveva in sé tutta questa protoacqua, un elemento caotico, misterioso, ma anche vitale. Non dimenticare mai, tu che l'hai provata, la natura perigliosa del mare.<br />
<br />
<i>È frequente, nelle culture germaniche, l'allitterazione nei nomi dei parenti.</i><br />
<i>Il nome di Óðinn, come ci ricordano la sua forma tedesca Wotan e quella anglosassone Wōden, deriva dal protogermanico *Wōdanaz, dalla parola *wōþuz che significa furore ed ispirazione profetica (ambito su cui torneremo più avanti). Dunque il nome di Odino, inizialmente, conteneva lo stesso suono dei nomi Vili e Vé. Questi ultimi, che compaiono solo nel mito della creazione, sono ritenuti da alcuni epiteti di altri dèi. Vedremo più avanti, a proposito del mito della creazione dell'uomo, a quali essi possano essere sovrapposti.</i><br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-oc47MmGDwO4/W7Z0fwAEUbI/AAAAAAAADlI/onqK4-8J96gB8VmTSD8GJynkA6-g0Jf3ACLcBGAs/s1600/20170418-770-425.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="425" data-original-width="770" height="353" src="https://4.bp.blogspot.com/-oc47MmGDwO4/W7Z0fwAEUbI/AAAAAAAADlI/onqK4-8J96gB8VmTSD8GJynkA6-g0Jf3ACLcBGAs/s640/20170418-770-425.jpg" width="640" /></a></div>
<br />
Al centro del mondo, i figli di Borr posero un recinto, che composero con le sopracciglia di Ymir. Sai perché? Quel recinto lo chiamarono Miðgarðr, che significa "terra di mezzo". Era il nostro mondo, amico mio; gli dèi lo recintarono per proteggerlo dall'oscurità che rimaneva al di fuori. Oltre l'oceano, infatti, si trovava e si trova ancora Útgarðr, un luogo misterioso e al di fuori della loro giurisdizione: fu là che Bergelmir si rifugiò, lì che nacquero i nuovi giganti. È ancora terra del caos, quella. Non si può impedire al caos di perdurare, di continuare a fremere oltre i recinti, oltre i confini, oltre le leggi. Finché entrambi permangono, possono generare.<br />
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-NhGlbWaHddk/W7Zyfj0GbSI/AAAAAAAADk8/Ee5UKtd8b00jwOHJtqrxyl4MD9PrWROBwCLcBGAs/s1600/AS-Valholl-1.JPG" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="392" data-original-width="584" height="267" src="https://4.bp.blogspot.com/-NhGlbWaHddk/W7Zyfj0GbSI/AAAAAAAADk8/Ee5UKtd8b00jwOHJtqrxyl4MD9PrWROBwCLcBGAs/s400/AS-Valholl-1.JPG" width="400" /></a>Per sé stessi, invece, i figli di Borr scelsero il punto centrale del campo recintato, e vi edificarono, sopra una rocca, il luogo più bello di tutto l'universo. Posero mura e difese, torri altissime, e all'interno innalzarono una città splendida, scintillante come i fuochi di Múspell, fatta di oro e di argento dai riflessi di stelle, e la chiamarono Ásgarðr, terra degli dèi. Per millenni abbiamo sognato Ásgarðr, ancor più perché ad alcuni dei mortali può toccare l'immenso privilegio di vederla. Ma stiamo anticipando i tempi, dato che i mortali, nel nostro racconto, non esistono ancora.<br />
<br />
<div class="MsoNoSpacing">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Scrutando il cielo, i tre dèi videro un baluginare di luci, scintille del Múspellsheimr sparse per il Ginnungahiminn, che come puoi indovinare è il cielo abissale, il cielo dell’inizio dei tempi che ricopre il Ginnungagap. Stabilirono così delle leggi e dei corsi per ognuna di esse, e quelle luci sono gli astri del nostro firmamento. Prova a figurarti tu, col tuo senno, il rigore di pensiero di questi dei, che decretarono un ordine perfetto per tutte quelle stelle. Quell’ordine, specchio della loro mente, segnò un altro avvenimento straordinario, il computo del tempo, che era sempre esistito, come sanno i saggi:</span></div>
<div class="MsoNoSpacing">
<span style="font-family: "times new roman" , serif; font-size: 12.0pt;"><br /></span></div>
<div class="MsoNoSpacing">
<span style="font-family: "times new roman" , serif; font-size: 12.0pt;"><i>«Ár vas alda, In
principio era il tempo,<br />
þars Ymir byggði» lì Ymir dimorava<br />
</i></span></div>
<div class="MsoNoSpacing">
<span style="font-family: "times new roman" , serif; font-size: 12.0pt;">(Völuspá 3)<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing">
<br /></div>
<div class="MsoNoSpacing">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">ma che fino a quel momento non aveva avuto nome o significato. Così il senso del tempo è la mente degli dei, e tutto quanto ciò che conosci non segue criterio più vincolante di questo.</span></div>
<table border="0" cellpadding="0" cellspacing="20" class="MsoNormalTable" style="mso-cellspacing: 15.0pt; mso-padding-alt: 0cm 0cm 0cm 0cm; mso-yfti-tbllook: 1184; width: 100%px;">
<tbody>
<tr>
<td style="padding: 0cm 7.5pt 0cm 0cm;" valign="top"><div class="MsoNoSpacing">
<i><span style="font-family: "times new roman" , serif; font-size: 12.0pt;">«Sól
varp sunnan,<br />
sinni mána,<br />
hendi enni hægri<br />
of himinjǫður;<br />
sól þat né vissi,<br />
hvar hon sali átti;<br />
stjǫrnur þat né vissu,<br />
hvar þær staði áttu;<br />
máni þat né vissi,<br />
hvat hann megins átti.<o:p></o:p></span></i></div>
</td>
<td style="padding: 0cm 0cm 0cm 0cm;" valign="top"><div class="MsoNoSpacing">
<span style="font-family: "times new roman" , serif; font-size: 12.0pt;">Con
forza da sud il sole,<br />
compagno della luna,<br />
stese la mano destra<br />
verso l'orlo del cielo.<br />
Il sole non sapeva<br />
dov'era la sua casa;<br />
le stelle non sapevano<br />
di avere una dimora;<br />
la luna non sapeva<br />
qual era il suo potere.<o:p></o:p></span></div>
</td>
</tr>
<tr>
<td style="padding: 0cm 7.5pt 0cm 0cm;" valign="top"><div class="MsoNoSpacing">
<i><span style="font-family: "times new roman" , serif; font-size: 12.0pt;">Þá
gengu regin ǫll<br />
á rǫkstóla,<br />
ginnheilǫg goð,<br />
ok gættusk of þat:<br />
Nótt ok niðjum<br />
nǫfn of gáfu,<br />
morgin hétu<br />
ok miðjan dag,<br />
undorn ok aptan,<br />
árum at telja.»<o:p></o:p></span></i></div>
</td>
<td style="padding: 0cm 0cm 0cm 0cm;" valign="top"><div class="MsoNoSpacing">
<span style="font-family: "times new roman" , serif; font-size: 12.0pt;">Andarono
allora tutti i potenti<br />
ai seggi del giudizio,<br />
gli altissimi dèi,<br />
e tennero consiglio:<br />
alla notte e alle fasi lunari<br />
nome imposero;<br />
al mattino dettero un nome<br />
e al mezzogiorno,<br />
al pomeriggio e alla sera<br />
per contare gli anni.<o:p></o:p></span></div>
</td>
</tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNoSpacing">
<br /></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;">
(Völuspá 5-6)</div>
<div class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-uJo9Y1n8uRM/W7uO3mruo-I/AAAAAAAADl4/xDNPz3waWFgllEWOneHnbdaEaRdFDO3MACEwYBhgL/s1600/Nott_painting.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="977" data-original-width="750" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-uJo9Y1n8uRM/W7uO3mruo-I/AAAAAAAADl4/xDNPz3waWFgllEWOneHnbdaEaRdFDO3MACEwYBhgL/s320/Nott_painting.jpg" width="245" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Nótt</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;">
Una storia a parte ebbero il sole e la luna, e anche il giorno e la notte non erano sempre esistiti.</div>
<div class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;">
Molte delle forze più pure della natura sono giganti, o figli di dèi e giganti insieme.</div>
<div class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;">
La notte, la grande madre di tanti elementi, noi la chiamiamo Nótt. Bella e scura come le profondità dello spazio, è figlia di un gigante che si chiamava Nörfi, e si è sposata tre volte con tre dei antichissimi, le cui storie sono andate perse nel corso delle ere. Il primo era Naglfari, il cui nome significa “navigatore su una nave di unghie”, e il figlio che Nótt ebbe da lui, Auðr, era uno degli elementi primordiali, lo spazio.</div>
<div class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;">
Secondo fu Annarr, e tale è proprio il significato del suo nome; da questa unione nacque Jörðr, la dea della terra, e fu dunque molto importante: perché se il mondo poggiava ora su rocce e fango, non ne nasceva ancora nulla, e tutto era ancora soltanto un infinito cadavere smembrato. Jörðr diede vita alla terra, la rese fertile e soprattutto la rese forte, ed è un nome che devi ricordare, il suo, poiché sarebbe stata proprio lei, in seguito, la madre del nostro dio più amato, il grande Þórr.</div>
<div class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;">
Terza fu l’unione con Dellingr, l’alba, luminoso tanto quanto Nótt era oscura, e il suo frutto fu Dagr, il giorno. Non stupirti che il giorno sia figlio della notte, poiché tu stesso puoi vedere nel cielo come sempre la luce emerga dal grembo delle tenebre.</div>
<div class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;">
Odino decretò che i due percorressero il cielo girando intorno alla terra, in modo che nel mondo notte e giorno si avvicendassero, e donò loro due cavalli. Mira, come anche il giorno e la notte riflettano quel gioco di fuoco e di ghiaccio da cui ha avuto inizio ogni cosa: a Nótt venne dato Hrímfaxi, che significa “criniera brinata”, mentre a Dagr Skinfaxi, “criniera lucente”. Durante il passaggio di Hrímfaxi, la sua bava gocciola sulla terra e diviene rugiada sulle foglie e sull’erba, mentre Skinfaxi rischiara il cielo diurno con il bagliore della sua criniera. </div>
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-vTbtZ68iIj8/W7uO__wfCmI/AAAAAAAADl8/1yAjxlY00noCZPHGW0XACMpyjgxTATlyACEwYBhgL/s1600/Dagr_by_Arbo.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="958" height="320" src="https://3.bp.blogspot.com/-vTbtZ68iIj8/W7uO__wfCmI/AAAAAAAADl8/1yAjxlY00noCZPHGW0XACMpyjgxTATlyACEwYBhgL/s320/Dagr_by_Arbo.jpg" width="255" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Dagr</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;">
Questa luce non era però il sole. Ecco come vennero creati i due astri sovrani.</div>
<div class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;">
Gli dèi costruirono due grandi carri in cui contenere due più chiare scintille del Múspellsheimr; poiché, tra le divinità minori, vi era un uomo di nome Mundilfǿri, che aveva un figlio di nome Máni e una figlia di nome Sól, i quali erano belli come se fossero venuti anch’essi da Múspell, e poiché il padre si vantava oltremisura di questa sua fortuna, i sovrani del cielo vollero a un tempo punire lui e omaggiare quella bellezza. Máni fu così costretto a salire sul carro della luna, e Sól su quello del sole. Poiché quest’ultimo è molto più ardente della luna, il carro è trainato da due cavalli, Árvakr e Alsviðr, “che si sveglia presto” e “tutto ardente”, sulle cui spalle gli dèi hanno posto dei mantici che li raffreddano nel corso del tragitto, e vi sono anche delle rune sulle orecchie del primo e sugli zoccoli del secondo. Inoltre, davanti al sole essi posero lo scudo Svalinn, “che rinfresca”, in modo da attenuare il calore che altrimenti avvamperebbe le terre e i mari, e brucerebbe i viventi.</div>
<div class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;">
Qualche tempo dopo che furono posti in cielo, inoltre, Máni scorse sulla terra, una sera, due ragazzi di nome Bil e Hjúk, figli di Viðfinnr, che si allontanavano da un pozzo chiamato Byrgir, e decise di prenderli sul suo carro perché lo aiutassero a regolare le fasi lunari. Sono quei due giovani i segni che vedi sulla luna, quando rivela tutto il suo volto a noi che stiamo qua giù. Anzi, ora ti faccio vedere, accompagnami fuori. Stanotte il cielo è tranquillo. Li vedi? Quello è Bil, quell’altro è Hjúk.</div>
<div class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;">
Torniamo dentro, c’è ancora dell’altro, e mi sembri interessato a sentirlo.<br />
<br />
<i>Nella mitologia greca, Nyx, la notte, si unisce -nel racconto esiodeo- a Erebo, l'oscurità infera, per dare vita a Etere ed Emera, la luce e il giorno. In entrambi i sistemi, dunque, la luce e il giorno sono distinti e discendono, almeno nel caso del secondo, dalla notte.</i><br />
<i>Interessante osservare -senza voler forzare alcuna interpretazione- come il nome del primo marito di Nótt, Naglfari, rimandi chiaramente a Naglfar, il nome della nave dei morti su cui, come scritto nella Völuspá, le forze del caos attaccheranno Ásgarðr durante il Ragnarök, in un modo che ci riporta forse alla mente il fatto che Caronte, nocchiero degli inferi e di per sé figura "minore" rispetto ai principi cosmici finora elencati, sia definito figlio di Erebo, risultando così vicino, genealogicamente, a questi principi.<br />Sorge, insomma, la curiosità su se, in uno stadio molto remoto del racconto mitico, non esistesse una figura divina legata contemporaneamente alla navigazione e al mondo dei morti, o se questa sia una semplice coincidenza legata a un nome che in realtà significa tutt'altro.</i><br />
<i><br /></i></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-Vp9mbEjqiHc/W75b--fJCqI/AAAAAAAADmc/WVB53k5Cq2oqTm5QJQPF_oqUj57vD-FbgCLcBGAs/s1600/Sander-Nystrom-Aegir.JPG" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="342" data-original-width="377" height="290" src="https://2.bp.blogspot.com/-Vp9mbEjqiHc/W75b--fJCqI/AAAAAAAADmc/WVB53k5Cq2oqTm5QJQPF_oqUj57vD-FbgCLcBGAs/s320/Sander-Nystrom-Aegir.JPG" width="320" /></a></div>
Gli altri elementi appartengono ai giganti. Gli dèi del fuoco, del mare e del vento sono i figli di Fornjótr, il gigante antico, che si dice governasse la terra dei Finni.</div>
<div class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;">
Ægir, il maggiore, è il dio del mare, cui ti consiglio di raccomandarti nei prossimi viaggi che farai. Regna su tutti i mari, e possiede un maestoso palazzo negli abissi, dove la sua sposa, Rán, dea degli annegati, conduce tutti coloro che cattura nella sua rete dopo averli trovati dispersi in mezzo alle acque. A differenza dei suoi fratelli, è rinomato fra i signori di Ásgarðr, che si riuniscono in consesso nel suo palazzo per bere la sua prodigiosa birra. La mia al confronto è meno che sputo, ahimè!</div>
<div class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;">
Logi è il dio del fuoco, nel suo aspetto più puro e selvaggio. È il fuoco divoratore, l’incendio che consuma qualsiasi cosa. Pensa che il dio Loki, la cui voracità è rinomata, gareggiò contro di lui in una sfida che avrebbe vinto chi primo fra i due, posti alle due estremità di una lunga tavola imbandita di carne, fosse arrivato per primo al centro, e che perse, poiché se ambo gli dèi arrivarono al centro nello stesso momento, Logi aveva divorato non solo la carne, ma anche le ossa, i piatti e la tavola stessa! Un ospite così è meglio che stia nel camino, converrai, se gli va bene anche il legno.</div>
<div class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;">
Il terzo figlio è Kári, il vento, ma ne parliamo soprattutto per via dei suoi discendenti, divinità del ghiaccio e della neve. Il vento, infatti, chiunque sia minimamente addentro alle cose antiche saprà dirti che deriva dal battito delle ali di Hræsvelgr, la grande aquila divina, che in verità è anch’essa un gigante con tali sembianze.</div>
<table border="0" cellpadding="0" cellspacing="20" class="MsoNormalTable" style="mso-cellspacing: 15.0pt; mso-padding-alt: 0cm 0cm 0cm 0cm; mso-yfti-tbllook: 1184; width: 99%px;">
<tbody>
<tr>
<td style="padding: 0cm 7.5pt 0cm 0cm;" valign="top"><div class="MsoNoSpacing">
<i><span style="font-family: "times new roman" , serif; font-size: 12.0pt;">“Hræsvelgr
heitir,<br />
er sitr á himins enda,<br />
jǫtunn í arnar ham;<br />
af hans vængjom<br />
kvæða vind koma<br />
alla menn yfir”.<o:p></o:p></span></i></div>
</td>
<td style="padding: 0cm 0cm 0cm 0cm;" valign="top"><div class="MsoNoSpacing">
<span style="font-family: "times new roman" , serif; font-size: 12.0pt;">“Hr</span>æ<span style="font-family: "times new roman" , serif; font-size: 12pt;">svelgr </span><span style="font-family: "times new roman" , serif; font-size: 12pt;">si chiama</span></div>
<div class="MsoNoSpacing">
<span style="font-family: "times new roman" , serif; font-size: 12.0pt;">
chi siede alla fine del cielo,<br />
<i>jǫtunn</i> in forma d'aquila:<br />
dalle sue ali,<br />
dicono, giunga il vento<br />
sopra tutti gli uomini”.<o:p></o:p></span></div>
</td>
</tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;">
(Vafþruðnismál 37)</div>
<div class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;">
Figlio di Kári è Frosti, detto anche Jökull, il dio del ghiaccio e del gelo, in cui le caratteristiche dei giganti sono più accentuate. Figlio del gelo è neve, Snær, e i suoi figli sono tutti elementi invernali: Þorri è la seconda metà dell’inverno, Fönn è il nevischio, Mjöll è la neve fresca e Drífa, l’unica femmina, è la tormenta. E ora sai come si chiamano in poesia tutte queste cose che fanno tribolare gli uomini nei mesi più duri.</div>
<div class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;">
Riguardo alle stagioni, esse sono così diverse per via dei loro genitori: il padre dell’inverno, Vetr, era un gigante arcigno e rigido, di nome Vindsvalr, che crebbe il figlio in accordo alla sua freddezza; del pari, il padre di Sumar, l’estate, era un gigante estremamente cordiale e piacevole, Svásuðr, che infuse il proprio temperamente anche a Sumar. E quanto meglio sarebbe stato se i due padri si fossero conosciuti e Svásuðr avesse elargito qualche consiglio a Vindsvalr? Non trovi? Ma così, non avremmo avuto la differenza tra le due stagioni. Perché nell’alternarsi di freddo e caldo nel corso dell’anno è ripetuto il codice universale di cui ti ho parlato. Apprezza, e benedici, se ci riesci, la ruota dell’anno!<br />
<br />
<i>I lettori più addentro alla mitologia greca avranno notato come molti principi primigeni siano giganti che hanno figli con gli dei, loro nemici, analogamente a quanto fanno i Titani con gli Olimpici. Dal nome di Ægir, dio del mare, deriverebbe per alcuni proprio la parola usata comunemente nella lingua norrena per indicare il mare, ægir, proprio come avvenuto nella lingua greca a partire dal nome del titano Oceano.</i></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;">
Ora, la carne di Ymir, dopo la sua morte, era andata in putrefazione, e poco alla volta ne erano emersi vermi. Vermi diversi da quelli cui io e te siamo abituati, chiaramente, vermi di natura superiore. Gli dèi vollero donare a queste creature un aspetto e delle facoltà umane, e questi vermi divennero la stirpe dei dvergar, i Nani. Nonostante questi doni, i nani sono rimasti creature sotterranee, più vicine al mondo dei morti che a quello dei vivi. Dimorano sottoterra, come saprai, ed è per questo che conoscono intimamente la struttura dei metalli e sono i migliori nel lavorarli; potremmo dire che, come i metalli sono ciò che resta delle ossa e delle viscere di un grande gigante morto, sia più che comprensibile che dei mangia-cadaveri abbiano una particolare sintonia con loro.</div>
<div class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;">
E non figurarteli come creature minute, poiché grande è la loro forza: quattro di loro vennero scelti per sorreggere i quattro angoli su cui poggia il cranio di Ymir, cioè gli angoli del cielo, e i loro nomi Norðri, Suðri, Austri e Vestri. Così chiamiamo i punti cardinali.</div>
<div class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;">
Misterioso è invece il modo in cui nacquero gli álfar, cioè gli Elfi, e la loro stessa natura è sfuggente: simili agli dèi ma al contempo diversi, meno potenti ma luminosi e bellissimi, hanno una dimora tutta per sé, il mondo di Alfheimr. Ma alcuni di loro sono di tutt’altra natura, sotterranei e neri come pozzi senza fondo, e vivono a Svartalfheimr, il mondo degli elfi neri.</div>
<div class="MsoNoSpacing" style="text-align: justify;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-mPBg-h0L5jY/W7uQescdxGI/AAAAAAAADmM/vfadOuhG56QACj34GrHPDmGCkWdm6AjagCEwYBhgL/s1600/askr%2Band%2Bembla.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="508" data-original-width="500" height="320" src="https://2.bp.blogspot.com/-mPBg-h0L5jY/W7uQescdxGI/AAAAAAAADmM/vfadOuhG56QACj34GrHPDmGCkWdm6AjagCEwYBhgL/s320/askr%2Band%2Bembla.jpg" width="314" /></a>I tre dèi, dopo tutti questi avvenimenti, presero a percorrere la via di casa attraverso il mondo che avevano da poco creato, sempre insieme, e si imbatterono in due tronchi d'albero vuoti. Uno era Askr, il frassino, e l'altro Embla, l'olmo. Affascinati, donarono agli alberi beni di ogni genere, gioielli, stoffe, e in ultimo i tre doni fondamentali: Odino donò loro il respiro, Vili la ragione e il movimento, e Vé il fuoco interiore, cioè la forma e la parola, ed i sensi. Fu in quel modo che i due alberi divennero il primo uomo e la prima donna, per il valore dei doni ricevuti. Askr ed Embla furono i genitori di tutta l'umanità, e a loro gli dèi donarono Miðgarðr, dove viviamo ancora oggi.</div>
<div class="MsoNoSpacing">
<span style="font-family: "times new roman" , serif; font-size: 12.0pt;">Siamo nati dagli alberi, mio caro ascoltatore, e siamo venuti dalla stessa fonte della legna che usiamo per accendere il fuoco. I doni degli dei ci hanno resi superbi, lo dice anche Odino:</span></div>
<table border="0" bordercolor="#000000" cellpadding="0" cellspacing="20" style="font-family: arial; width: 100%px;"><tbody>
<tr><td class="originale" style="font-family: Codefrost; font-style: italic; line-height: 20px; padding-right: 10px; text-align: justify; text-shadow: rgba(255, 255, 255, 0.1) 0px 1px 1px; vertical-align: top;" valign="top">«Váðir mínar<br />
gaf ek velli at<br />
tveim trémǫnnum;<br />
rekkar þat þóttuz<br />
er þeir rift hǫfðu:<br />
neis er nǫkkvinn halur.«</td><td class="italiano" style="font-family: Codefrost; line-height: 20px; text-align: justify; text-shadow: rgba(255, 255, 255, 0.1) 0px 1px 1px; vertical-align: top;" valign="top">«Le mie vesti<br />
diedi nei campi<br />
a due uomini di legno.<br />
Grand'uomini si credettero<br />
come ebbero gli abiti:<br />
nudo, chiunque è affranto.»</td></tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNoSpacing">
<span style="font-family: "times new roman" , serif; font-size: 12.0pt;">(Hávamál, 49)</span></div>
<div class="MsoNoSpacing">
ma questo non ci deve far dimenticare che facciamo parte dello stesso mondo di quella legna e di quel fuoco. Non dimenticare mai che sei un uomo.<br />
<br />
<i>La Völuspá nomina invece una diversa triade divina all'origine della creazione dell'uomo, costituita da Odino, Hœnir e Lóðurr, che donarono il respiro il primo, la coscienza il secondo, il calore vitale e il colorito il terzo. Nel racconto di Snorri, dove l'antropogonia è a opera dei figli di Borr, i loro doni sono il respiro e la vita, la ragione e il movimento, la forma, la parola, l'udito e la vista. I doni indicati nel presente racconto sono un tentativo di assimilare le due serie diverse.</i><br />
<i>Ulteriore elemento di indagine lo fornisce il Réginsmál, la cui versione è riportata anche nella Völsunga Saga, a proposito della storia "dell'oro del Reno": all'origine della maledizione che costerà la vita di Sigurðr, dell'uccisione di Ótr, è il passaggio di una triade di dèi, costituita da Odino, Hœnir e Loki. In realtà, l'identificazione di Lóðurr, figura che compare solo in questo mito, col ben più ricorrente Loki, una delle divinità più importanti del pantheon norreno, è argomento dibattuto e che presenta diverse obiezioni, ma anche ragioni per essere sostenuto.</i><br />
<i>Il presente autore non possiede chiaramente i titoli e le competenze per entrare nel merito delle questioni dei filologi e degli studiosi del mito, ma a beneficio dei lettori vuole osservare come Loki, dio legato al fuoco (dunque anche al calore vitale), forse anche etimologicamente, trickster capace di assumere tanto ruoli negativi quanto ruoli positivi, e partecipe in ciò di un riflesso nel pantheon di aspetti propri della natura dell'uomo, ha buone ragioni per essere considerato partecipe della creazione dell'uomo.</i></div>
<div class="MsoNoSpacing">
<span style="font-family: "times new roman" , serif; font-size: 12.0pt;"><br /></span></div>
<div class="MsoNoSpacing">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Miðgarðr
sono tutte le terre che conosci, e quelle che non conosci ancora, ma che
potresti vedere se navigassi a lungo in qualunque direzione. È ovunque tu possa
arrivare. L’unico suo limite è che non è infinito, non si estende a oltranza
attraverso il cosmo, poiché oltre l’oceano è limitato dal cerchio del Miðgarðsormr.
Eppure, è solo un mondo, e non l’unico.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNoSpacing">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Ti
rivelo una formula di saggezza:<br />
<!--[endif]--><o:p></o:p></span></div>
<table border="0" cellpadding="0" cellspacing="20" class="MsoNormalTable" style="mso-cellspacing: 15.0pt; mso-padding-alt: 0cm 0cm 0cm 0cm; mso-yfti-tbllook: 1184; width: 100%px;">
<tbody>
<tr>
<td style="padding: 0cm 7.5pt 0cm 0cm;" valign="top"><div class="MsoNoSpacing">
<i><span style="font-family: "times new roman" , serif;">“Níu
mank heima,<br />
níu íviði,<br />
mjǫtvið mæran<br />
fyr mold neðan”<o:p></o:p></span></i></div>
</td>
<td style="padding: 0cm 0cm 0cm 0cm;" valign="top"><div class="MsoNoSpacing">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">“Nove
mondi ricordo<br />
nove sostegni<br />
e l'albero misuratore, eccelso,<br />
che penetra la terra.”<o:p></o:p></span></div>
</td>
</tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNoSpacing">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Oggi, nell’universo vi sono nove mondi, e come l’albero misuratore regge e fa da arbitro a tutto il resto, così questa scienza è l’asse di tutte le altre. È un bene prezioso.</span></div>
<div class="MsoNoSpacing">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Quali sono questi nove mondi?</span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-bzHUuFtr1oU/W75c7v-CsuI/AAAAAAAADmk/rpr37a2NQYYJDd0EYJ_ypAHJMrkYa_xXQCLcBGAs/s1600/0_yggdrasil.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1474" data-original-width="1104" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-bzHUuFtr1oU/W75c7v-CsuI/AAAAAAAADmk/rpr37a2NQYYJDd0EYJ_ypAHJMrkYa_xXQCLcBGAs/s400/0_yggdrasil.jpg" width="298" /></a></span></div>
</div>
<div class="MsoNoSpacing">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Uno è Miðgarðr, ed è il nostro. Tuttto ciò che conosci del mondo vale solo qui.</span></div>
<div class="MsoNoSpacing">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Eccelso rispetto a noi è Ásgarðr, il mondo degli Æsir, dove Odino osserva tutto ciò che avviene in tutti gli altri mondi e ne è signore. L’oro e l’argento che hai mai veduto, il suolo su cui hai camminato, e qualunque cibo o bevanda tu abbia mai conosciuto, non sono della stessa materia di cui sono fatte queste cose ad Ásgarðr.</span></div>
<div class="MsoNoSpacing">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">In mezzo c’è Álfheimr, il mondo degli elfi della luce, che per distinguere dai fratelli tenebrosi sono anche chiamati Ljósálfar. Forse si trova nei cieli che stanno tra i mondi, e che forse sono più di uno.</span></div>
<div class="MsoNoSpacing">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Da qualche parte nei recessi del cosmo sta invece Svartálfheimr, il mondo degli elfi neri, che chiamiamo døkkálfar, elfi oscuri. Un luogo sotterraneo anche senza avere della terra su di sé, buio, oscuro, sinistro, di cui non si sa nulla.</span></div>
<div class="MsoNoSpacing">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Il mondo posto più in basso, tra le radici dell’albero, è Hel, il mondo dei morti.</span></div>
<div class="MsoNoSpacing">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">A nord del cosmo, come sai, c’è il Niflheimr, il mondo del freddo, della nebbia e del buio.</span></div>
<div class="MsoNoSpacing">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">A sud c’è il Múspellsheimr, il mondo del caldo, del fuoco e della luce.</span></div>
<div class="MsoNoSpacing">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">E poi ci sono i mondi dimorati dai pari degli Æsir. Oltre l’oceano c’è Útgarðr, la dimensione del caos, ed è lì che dimorano i giganti, nel loro mondo di Jötunheimr, anch’esso un mondo di ghiaccio. Ma se Niflheimr è un luogo oscuro e nebbioso, una forza primordiale, Jötunheimr è l’espressione di una natura evoluta e completamente pura, dove gli elementi caotici sono liberi di scatenarsi. Vi dimorano gli jötnar e altri generi di giganti, e i troll, i lupi giganti, i draghi e qualunque mostro di cui tu abbia udito parlare nelle leggende.</span></div>
<div class="MsoNoSpacing">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Da qualche parte, forse nel cielo, si trovano le paludi di Vanaheimr, dove un tempo vivevano prosperamente i Vanir. Questa è una storia sanguinosa e infelice.</span></div>
<div class="MsoNoSpacing">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">I Vanir erano un’altra stirpe di dèi, proprio come gli Æsir. Non si sa né come nacquero, né come fosse il loro mondo inizialmente, solo il fatto che vivevano in armonia con la natura, e che se gli Æsir sono dèi di civiltà, arte, cultura e guerra, i Vanir sono divinità di campi, coltivazioni, piante ed alberi. Di queste cose non si racconta più come vennero all’esistenza.</span></div>
<div class="MsoNoSpacing">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Tutto questo perché con loro gli Æsir combatterono la prima e più grande guerra della storia. Gli uomini esistevano già, e quel tempo è stato tramandato soltanto come follia di ombre, pioggia di sangue, terrore nel cuore, assedio di incubi. Neanche si sa perché sia scoppiata quella guerra. Ma se almeno in parte gli uomini e gli dèi hanno una natura simile, puoi ben comprendere come la guerra, tra due popoli simili e posti nello stesso spazio, fosse inevitabile.</span></div>
<div class="MsoNoSpacing">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">La guerra si concluse con una tregua, ma gli Æsir fecero prigionieri molti dei Vanir, e si unirono in matrimonio con loro proprio come fecero coi giganti.</span></div>
<div class="MsoNoSpacing">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Così, dei numi che più veneriamo, alcuni sono Vanir.</span><br />
<br />
<i style="font-family: "times new roman", serif;">Non dedico qui spazio, lungo e che non permetterebbe di pervenire a soluzione alcuna, alla questione in merito all'identificazione degli elfi oscuri con i nani, dovuta ad alcuni passi dei testi eddici. Basterà dire che la maggior parte degli studiosi che si sono dedicati all'argomento concorda nel ritenerla corretta.</i></div>
<div class="MsoNoSpacing">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"><br /></span></div>
<div>
<div>
Il primo fra gli æsir è Odino, che oltre ad essere sovrano e Padre di Tutto è dio, potremmo dire, di ciò che è divino. È complicato da spiegare. Vi è un dio della guerra, ma Odino è dio della furia che ti raggiunge l'anima durante la battaglia; vi è un dio della poesia, ma Odino è dio dell'ispirazione e delle profezie; vi sono dei della morte, ma Odino è dio del mistero e del significato, della morte.</div>
<div>
Odino prese in sposa Frigg, figlia di Fyörgin, una delle asinne, regina di Ásgarðr. Ma si unì anche a Jörðr, come ti dicevo, ed è da quella unione che nacque Þórr, il grande dio del tuono. Lui rappresenta ciò che noi uomini in queste terre sentiamo di più, la vita piena, il desiderio dell’avventura, dell’eccitazione della lotta, del piacere del convivio, del cibo e delle bevande -aspetta, te ne prendo dell’altra- e la sua arma, il martello Mjöllnir, è uno dei simboli che ci sono più cari.</div>
<div>
Sua moglie Sif è la più bella tra le dee, e i suoi capelli d'oro sono frutto dell'arte dei nani. </div>
<div>
Figlio di Odino e Frigg era Baldr, il dio della luce e della giovinezza. Sua moglie era la dea Nanna, e loro figlio era Forseti. La storia di come sia stato il primo dio a morire, non ho il cuore di raccontartela questa sera. I due sposi adesso dimorano nel mondo dei morti, e Forseti ne è il giudice. Figlio di Odino e di Frigg è anche Höðr, il cieco, un dio molto forte di cui forse sapremmo di più se non avesse preso parte a quella vicenda, dopo la quale gli dèi non hanno mai voluto che di lui si parlasse ancora.</div>
</div>
<div>
Týr, figlio di Odino, è uno degli dèi più importanti, poiché è il dio della guerra e significa saggezza e giudizio, ciò che fa differenza tra una furia cieca destinata alla disfatta e il trionfo dei soldati. È indubbiamente il più coraggioso degli dèi, poiché l'unico a non temere Fenrir, il mostro più spaventoso che esista.</div>
<div>
Figli di Odino sono poi Viðarr, il dio silenzioso e Váli, che nacque subito dopo la morte di Baldr per poterla vendicare un giorno, fino al quale non si laverà e non si pettinerà, tale è l'urgenza del suo destino.</div>
<div>
Poi c'è Bragi, il dio della poesia, cioè del talento nell'uso delle parole e delle <i>kenningar</i>, dell'arte scaldica.</div>
<div>
Heimdallr è il guardiano dell'ordine, perché dalla rocca di Himinbjörg, dove dimora, sorveglia il confine del mondo dei giganti, pronto a dare l'allarme allorché essi minaccino di varcarlo. Dai suoi tre figli discendono tre stirpi di uomini, e per questo lo consideriamo un dio a noi più vicino.</div>
<div>
Ullr, un altro dio della luce, è di origini ignote, ma si dice figlio delle nozze di Sif che precedettero quelle con Þórr.</div>
<div>
Sága, una delle asinne, dimora in un grande palazzo in Ásgarðr, chiamato Søkkvabekkr, dove ogni giorno beve insieme ad Odino. Seguono Eir, la loro guaritrice, e Gefjun, protettrice delle vergini.<br />
Poi vi sono le tre dee ancelle di Frigg: Fulla, custode dello scrigno di Frigg e sua confidente, Gná, che si occupa delle sue faccende domestiche grazie anche al suo cavallo magico Hófvarpnir, e Hlín, che Frigg ha incaricato di consolare e proteggere gli uomini.<br />
Vi sono molte dee dell'amore, Sjöfn, dea dell'amore che lega i parenti, Lofn, che permette gli amori proibiti, Vár, dea dei patti d'amore, che fa giustizia di coloro che li infrangono.<br />
Vör è una dea di cui è rinomata la saggezza, e lo stesso avviene per Snotra.<br />
Quanto a Syn, è la dea che custodisce le entrate e le porte, sia concrete che astratte, poiché respinge tanto gli intrusi dalle case quanto le accuse false nei processi di giustizia.<br />
La dea Iðunn è di estrema importanza per gli Æsir, poiché è una della della fertilità che coltiva le mele di cui gli dèi si nutrono per rimanere per sempre giovani.<br />
<br />
Dei Vanir, sono Njörðr e i suoi figli, Freyr e Freyja, ad essere i più insigni tra i signori di Ásgarðr. Sono dèi potenti che ci sono molto vicini.<br />
Njörðr, come Ægir, è un nume marittimo, dio dei venti e dei naviganti, e come lui, dimora in un proprio palazzo, chiamato Nóatún, posto non sul fondo dell'oceano ma in cielo.<br />
È un antico costume dei Vanir il matrimonio tra fratello e sorella, che gli Æsir hanno vietato in Ásgarðr, ed è dalla propria sorella che Njörðr ha avuto Freyr e Freyja. Sua seconda sposa è Skaði.<br />
Freyr è il dio che preghiamo perché renda fertile la terra, perché faccia piovere e per essere protetti. Possedeva un'ottima spada che ha dato via per poter sposare Gerðr, di cui era innamorato. Suoi sono il migliore dei cinghiali, Gullinbursti, che cavalca in battaglia, e la migliore delle navi, Skiðblaðnir, che ha il vento a favore ovunque vada e può essere ripiegata su se stessa, tanto finemente è stata assemblata, per essere trasportata come una borsa.<br />
Freyja è la dea della bellezza e dell'amore, della passione, del sesso e della seduzione. Le sue lacrime si trasformano in oro, e ne produce in gran quantità allora che il suo sposo, Óðr, è assente.<br />
<br />
Ultimo viene Loki. Sempre lo nominiamo per ultimo, poiché se da lui è venuto del bene, immenso è stato anche il male.<br />
<br />
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"><i>Il pantheon norreno è stato soggetto a profonde innovazioni nel tempo, che meritano di essere indagate in un lavoro espressamente dedicato.</i></span><br />
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"><i>Qui mi sono rifatto principalmente al catalogo dei quattordici asi e delle quattordici asinne fatto da Snorri nel Gylfaginning, cui ho aggiunto gli dèi assenti.</i></span><br />
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"><i>I quattordici asi di Snorri sono Odino, Þórr, Baldr, Njörðr, Freyr, Týr, Bragi, Heimdallr, Höðr, Viðarr, Váli, Ullr, Forseti e Loki.</i></span><br />
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"><i>Le quattordici asinne sono Frigg, Sága, Eir, Gefjun, Fulla, Freyja, Sjöfn, Lofn, Vár, Vör, Syn, Hlín, Snotra e Gná.</i></span><br />
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"><i>Molti studiosi sono dell'idea che, in un periodo più antico rispetto a quello cui risalgono i carmi eddici, e molto più antico di quello in cui essi vengono messi per iscritto e in cui opera Snorri, gli dèi principali fossero, insieme a Þórr, Týr e Ullr. Mentre Týr ha mantenuto un posto di rilievo nella cultura norrena, di Ullr, un antico dio della luce forse da contrapporre al più oscuro Odino, è rimasto ben poco, e la sua discendenza da Sif è molto probabilmente frutto di un più tardo tentativo di legare tra loro i diversi dèi.<br />Vi sono anche diverse teorie in merito al fatto che lo stesso Odino sia stato aggiunto alla mitologia in un secondo momento, e che progressivamente abbia acquisito una crescente importanza.</i></span><br />
<i>Le mele di Iðunn sono a tutti gli effetti il corrispettivo norreno dell'ambrosia greca. Un elemento del genere ricorre in molti altri sistemi mitologici.</i><br />
<br />
Questi sono gli dei che dimorano ad Ásgarðr e ai quali noi rivolgiamo le nostre preghiere.<br />
Ma non ci sono solo loro.<br />
Tra il loro mondo e il nostro viaggiano le Valkirjur, dee guerriere emissarie di Odino, che scelgono i caduti in battaglia perché accedano al Valhöll.<br />
E poi ci sono le Nornir. Le norne. Le dee del destino. Sono tante, delle stirpi degli Æsir, dei Vanir e degli Elfi, ma ve ne sono tre, più potenti, che dimorano presso la fonte di Mimir e conoscono tutto il percorso del tempo. Sono Skuld, la colpa, Verðandi, il divenire, e Urðr, il destino, che si dice sia la più anziana. Sono il passato, il presente e il futuro. Rispetta il destino, poiché sta al di sopra di tutti gli dei, Odino incluso.<br />
<br /></div>
<div style="text-align: center;">
Postfazione</div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
In questo post -non mi piace svelare quello che c'è dietro le mie creazioni, ma neanche voglio creare fraintendimenti quando si tratta di diffondere informazioni- , che come avrete letto contiene un racconto originale di alcuni miti cosmogonici della cultura scandinava, ho armonizzato diversi contenuti che, nella forma in cui ci sono pervenuti, si contraddicono, sono incompatibili, pieni di lacune e di misteri. La nostra conoscenza di queste storie è vincolata dalle poche fonti che ce le raccontano, ed è ben noto a chiunque vi si cimenti come molti degli interrogativi che le riguardano siano insolubili. Ora, a differenza di altri post, questo è più simile a un esercizio letterario che a un saggio divulgativo, e ho lasciato da parte certi vincoli comportati da un approccio maggiormente scientifico, ai fini dell'espressione, della <i>poièsis, </i>e di tutto ciò che comporta la scrittura creativa. Se dunque ho evitato di inventare episodi mitologici assenti nelle fonti, fossero anche dettagli, limitandomi a selezionare solo alcune delle versioni discordi e ad omettere gli elementi contraddittori, non consiglio di ricorrere a questo post come ad una fonte di studio della materia in oggetto. Peraltro, sfido chiunque a dire che non si tratti di una buona fonte di <i>conoscenza</i> della materia stessa.<br />
Per approfondire scientificamente l'argomento, vi rimando ai testi elencati nella bibliografia.</div>
<br />
Bibliografia<br />
<br />
Isnardi, Gianna Chiesa, "I miti nordici", Longanesi 1991, Milano<br />
Scardigli, Piergiuseppe, a cura di, "Il canzoniere eddico", Garzanti 2004, Milano<br />
Sturluson, Snorri, "Edda", a cura di Gianna Chiesa Isnardi, Garzanti 2015, Milano<br />
<br />
Molte idee ed interpretazioni, nonché tutti i brani in lingua norrena, derivano in larga misura dal sito:<br />
<div>
</div>
<br />
<div style="font-family: "times new roman"; margin: 0px;">
"Bifröst - Viaggio nel Paese dei Miti e delle Leggende" <a href="https://bifrost.it/">https://bifrost.it/</a></div>
Francis Starkhttp://www.blogger.com/profile/10559448728477569844noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3648770856103118233.post-53722452013304668822018-09-27T22:24:00.002+02:002018-09-28T15:35:00.011+02:00La caduta del MostroBuonasera e ben ritrovati.<br />
Questo è il post celebrativo del terzo anno di attività dell'Anima del Mostro, questa volta in ritardo rispetto alla data della sua creazione, il 10 settembre. Solo che questa volta c'è da celebrare fino a un certo punto, dopo il quale è meglio fermarsi e riflettere bene.<br />
L'anno trascorso dall'ultimo anniversario ha visto diversi saggi, alcuni post riempitivi, nessun racconto. La maggior parte dei saggi è ancora incompleta. Quantitativamente, è l'anno in cui è uscito meno materiale, e lo è perché ci sono stati interi mesi in cui non ho pubblicato nulla.<br />
Lo scorso autunno è stato indubbiamente un bel periodo per il blog, inaugurato dalla rassegna dei <a href="http://lanimadelmostro.blogspot.com/2017/09/beowulf-iv-beowulf-nel-cinema.html" target="_blank">film su Beowulf</a>, seguita da un piccolo ma soddisfacente lavoro di mitologia comparata sulla <a href="http://lanimadelmostro.blogspot.com/2017/10/la-luna-dei-mostri.html" target="_blank">luna</a>, dal primo post (era ora!) su <a href="http://lanimadelmostro.blogspot.com/2017/10/dark-souls-lepica-del-mondo-vuoto-i-un.html" target="_blank">Dark Souls</a>, e soprattutto dalla sequenza "horror" data dai lavori sul <a href="http://lanimadelmostro.blogspot.com/2017/10/anime-di-mostri-il-cane-nero.html" target="_blank">Cane Nero</a>, sull'<a href="http://lanimadelmostro.blogspot.com/2017/11/anime-di-mostri-lankou-tristo-mietitore_2.html" target="_blank">Ankou</a>, sulla <a href="http://lanimadelmostro.blogspot.com/2017/11/la-bocca-dellinferno_9.html" target="_blank">Bocca dell'Inferno</a> e su <a href="http://lanimadelmostro.blogspot.com/2017/11/hellraiser-mitologia-del-dolore.html" target="_blank">Hellraiser</a>. La Bocca dell'Inferno, per quanto non contenga tutto quello che volevo contenesse, è uno dei lavori più importanti finora, sia perché mi premeva farlo ed ero da tempo incuriosito dall'argomento, sia perché, finora, non ho trovato a riguardo delle pubblicazioni, o semplici pagine web, in italiano.<br />
Bisogna citare poi la mia <a href="http://lanimadelmostro.blogspot.com/2017/11/apologia-di-lair-e-discorso-su-un_23.html" target="_blank">Apologia di Lair</a>, che è l'unico completo di questi lavori lunghi e ambiziosi. Mi ha permesso di esprimere tante piccole cose cui tengo. Come anche <a href="http://lanimadelmostro.blogspot.com/2017/11/preghiera-della-notte-5-la-paura_30.html">la preghiera della notte </a>successiva.<br />
Sono seguiti tempi più duri, dovuti ai miei impegni non virtuali. <a href="http://lanimadelmostro.blogspot.com/2017/12/anime-della-caccia-selvaggia-la-caccia.html">Il ritorno sulla Caccia selvaggia</a> è stato uno dei miei tanti passi più lunghi della gamba; la mia <a href="http://lanimadelmostro.blogspot.com/2018/01/i-mostri-della-terra-di-mezzo.html">rassegna sui mostri di Tolkien</a> ha tanti spazi vuoti; meglio è andata con il racconto della Saga dei Volsunghi -testo cui devo molto e che mi ha fatto passare un bel periodo-, dato che il primo dei due post, sulla <a href="http://lanimadelmostro.blogspot.com/2017/12/sigurr-la-storia-dei-volsunghi.html">vita di Sigmunðr</a>, è al momento il secondo con più visualizzazioni dopo quello su <a href="http://lanimadelmostro.blogspot.com/2015/12/espero-di-mihai-eminescu-ovvero-i.html">Espero</a>. <a href="http://lanimadelmostro.blogspot.com/2018/03/sigurr-leroe-che-non-conobbe-la-paura.html">La storia di Sigurðr</a> è abbastanza nota, e mi premeva di più divulgare quella di suo padre: in qualche modo questo mi è riuscito.<br />
Bene è andata anche con il post su <a href="http://lanimadelmostro.blogspot.com/2018/03/tenebrosa-deita-di-demogorgone.html">Demogorgone</a>, seppure ancor più incompleto degli altri.<br />
E arriviamo al primo dei due punti di cui mi dolgo di più: <a href="http://lanimadelmostro.blogspot.com/2018/03/lanima-del-licantropo-spleen-e-mania.html">l'Anima del Licantropo</a>. Molti di quelli che seguono il blog probabilmente non sanno neanche che esiste (perché l'ho condiviso una volta sola), e questo è un bene, perché così sarà una sorpresa quando lo avrò concluso e ricondiviso. Si tratta di quello che doveva essere il lavoro di svolta, più multimediale, più ricco di informazioni e di divulgazione -come anche di conclusioni originali- e al contempo più personale, sentito, poetico. Non sono arrivato a finire neanche quello, benché ci avessi lavorato per quasi un mese, e questo mi ha un po' spossato per il periodo successivo, in cui si sono aggiunti anche i soliti impegni extra-blog.<br />
Quest'estate puntavo ad una bella ripresa. Sono partito con <a href="http://lanimadelmostro.blogspot.com/2018/06/dantes-inferno-larte-nellhumus-di-una_28.html">Dante's Inferno</a>, mentre pianificavo tanti altri argomenti, alcuni dei quali molto importanti...ma anche qui è successo qualcosa. Diciamo che è successa l'estate, e che a me porta sempre cose storte. Le cose storte le ho sublimate con i due post sulla <a href="http://lanimadelmostro.blogspot.com/2018/07/un-lume-dorato-in-un-emisfero-di-tenebre.html">bellezza</a> e sul <a href="http://lanimadelmostro.blogspot.com/2018/07/bakunawa-il-drago-che-divora-la-luna.html">Bakunawa</a>, dei quali in realtà sono abbastanza fiero perché sono <i>belli</i>. E al Bakunawa siamo rimasti fermi fino ad ora. Non sono riuscito ad andare avanti, non avevo, lo ammetto, desiderio di scrivere post. O se l'avevo, subentrava subito l'accidia, dovuta alla malinconia, dovuta alle cose storte. Il modo in cui è andata in questi mesi, quelli in cui avevo più tempo per scrivere e in cui non ho scritto niente, è l'altro punto per cui mi dolgo di più.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-NjVUAwqQ7-0/W607nhm8_5I/AAAAAAAADig/wlja1YF_r_cmLmNzRnz6PAZHZ2YrCt9UgCLcBGAs/s1600/bayard-wu-fallen-dragon-02.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="896" data-original-width="1600" height="356" src="https://2.bp.blogspot.com/-NjVUAwqQ7-0/W607nhm8_5I/AAAAAAAADig/wlja1YF_r_cmLmNzRnz6PAZHZ2YrCt9UgCLcBGAs/s640/bayard-wu-fallen-dragon-02.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">"Fallen Dragon", di Bayard Wu.</td></tr>
</tbody></table>
Arriviamo ad ora. Cosa posso e non posso promettere adesso?<br />
Sicuramente posso garantire per la pagina Facebook. Un paio di cose carine, lì, le abbiamo viste e fatte insieme. Anche per la pagina avevo progetti che sono rimasti inattuati, ma se non altro ha continuato. Continuerà.<br />
Alcune delle cose che volevo scrivere forse non le scriverò, perché in tutti questi mesi ci sono stati dei cambiamenti, e non tutto mi interessa come mi interessava prima, mentre altro mi interessa di più.<br />
Ci sono dei progetti avviati, comunque, e tanti post preannunciati, tanti argomenti su cui devo tornare e su cui tornerò.<br />
Devo premettere già da ora, comunque, che per la "nuova stagione", i periodi di impegni e di impossibilità di scrivere sul blog saranno anche più di prima. Per questo, sto considerando la possibilità di cambiare l'approccio avuto negli ultimi due anni, e di scrivere, occasionalmente, post più brevi, a proposito di un singolo film o di un argomento più piccolo. Un ritorno ai primi mesi dell'Anima del Mostro, del resto.<br />
<br />
In tutta questa confusione, sto cercando di mettere a fuoco <i>che cosa sia</i> "adesso". Quale sia l'aspetto dell'Anima del Mostro ora, quale sarà, rispetto a quale è stato prima. Per strano che possa sembrare, questo blog, nella mia mente, ha sempre avuto una sorta di "estetica dei contenuti".<br />
Il primo periodo dell'Anima del Mostro ha avuto dei colori più vivi, in buona parte colori freddi e tonalità scure, mentre introducevo gli argomenti come se fossero i primi parti di un grembo primordiale. Erano più vaghi, c'erano meno ambizioni e si potevano fare tante cose, anche se questo non significava poterle fare tutte. Finché con l'esperienza si è arrivati a far meglio.<br />
Poi è arrivato il periodo della grandezza, l'età dell'oro -ancor più 'dell'oro' perché iniziata col lavoro su The Wanderer, parte del mondo anglosassone, cui associo sempre il colore oro-, con la svolta saggistica e un modo più approfondito di scrivere qualunque cosa. Forme definite, obiettivi chiari, e in tutto questo l'idea di costruire qualcosa di più grande, un percorso ordinato fatto di tasselli ragionati.<br />
A questa ascesa è seguita, gradualmente, la caduta, la crisi. I punti deboli di questa struttura hanno ceduto, e mentre arrivavano gli ultimi lavori buoni essa stava già crollando. Il crollo è divenuto una frana, e le macerie sono rimaste a terra senza venire neanche toccate. Fino ad oggi.<br />
Volevo che l'Anima del Mostro avesse il volto che stavo lavorando per darle, un volto che avrebbe mantenuto per una parte della sua esistenza: poi sarebbe cambiata e ne avrebbe avuto un altro.<br />
Forse un altro, al posto mio, oppure io stesso, in un altro luogo e in un altro momento, sarei riuscito a portare a termine quel piano in quel modo. La sua realizzazione era già compromessa, visto che il primo periodo del blog è molto lontano da quell'idea, e visto che anche in seguito ho dovuto deviare rispetto ad essa...ma stavo comunque provando a seguirla. Sta di fatto, però, che io, in questo luogo e in questo momento, non sono riuscito a concretizzarla; e anziché provarci ancora, quando nel frattempo i miei piani sono cambiati, e ho altri desideri, preferisco cambiare. Ora mi sembra più sensato provare a realizzare il disegno che avevo in mente in un altro modo, e lasciare che questo blog proceda nel modo più naturale, sulla base di quello che mi succede man mano, dei cambiamenti e delle esperienze.<br />
Va detto, tutto questo rivela che il mio modo di gestire il lavoro finora ha i suoi difetti. Mi è stato chiaro fin da subito che lavori della mole che avevo in mente mi avrebbero richiesto più di una settimana, e più del tempo che nei singoli giorni ho impiegato per la causa, ma ho voluto provare lo stesso. E man mano che pubblicavo i post non finiti, dedicavo loro parte delle settimane che servivano per i successivi, estendendo il tempo per il post precedente a scapito del successivo, che a sua volta sottraeva tempo a quello dopo ancora, creando un circolo vizioso; prendevo, eventualmente, del tempo di pausa per risolvere le cose, ma lo impiegavo quasi sempre per riposare o per le questioni esterne al blog.<br />
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<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-_dsmk4v2p5g/W608IV8znlI/AAAAAAAADio/XK-CClhDz8oR8PSax2aheYd14k0PNW-uACLcBGAs/s1600/devil_may_cry_5_tgs_2018_00025_jpg_1400x0_q85.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="787" data-original-width="1400" height="356" src="https://4.bp.blogspot.com/-_dsmk4v2p5g/W608IV8znlI/AAAAAAAADio/XK-CClhDz8oR8PSax2aheYd14k0PNW-uACLcBGAs/s640/devil_may_cry_5_tgs_2018_00025_jpg_1400x0_q85.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Devil May Cry 5, screenshot.</td></tr>
</tbody></table>
Mi è tornato in mente come uno dei primi passi del blog fosse legato a una storia cui sono molto affezionato, quella di Devil May Cry. Mi è tornato in mente perché, in questo periodo, col tanto atteso quinto capitolo annunciato da qualche mese e la graduale rivelazione di parte dei suoi contenuti, specialmente, nelle ultime settimane, quelli realtivi al suo protagonista storico, Dante, oltre ad essere una delle cose cui sto prestando più attenzione, mi sta facendo vivere un certo benessere, dato dall'emozione dell'attesa, dal senso di appartenenza, dall'idea di un legame con una storia e un personaggio che, per l'importanza che nella mia mente ha quel legame, mi appare come un sentimento di primaria intensità e potenza.<br />
Sono partito, col <a href="http://lanimadelmostro.blogspot.com/2015/09/post-2-dualismo.html" target="_blank">secondo post dell'Anima</a>, parlando di dualismo, del dualismo che in questa saga è uno dei fattori più caratterizzanti, perché in quel periodo la cosa che più mi interessasse cercare di comprendere erano i miei gusti, orientati su due "macrogeneri" complementari tra loro.<br />
Ora, una delle cose per le quali questo nuovo, atteso Devil May Cry, mi risulta così affascinante, è il fatto che, dopo i tanti cambiamenti tra un episodio e l'altro, che hanno dato alla serie tanti volti diversi, quello nuovo sembra richiamarli tutti in qualche modo, ponendosi come conclusione -perché è stabilito che sia il capitolo conclusivo- in grado di richiamare tutto a sé. Apparendo, almeno adesso, in potenza, in grado di aspirare ad essere definito l'episodio migliore.<br />
Dopo tre anni da quel post, tre anni di ricerche, scoperte e crescita, ho scoperto molte altre cose da approfondire, da comprendere, benché la storia del dualismo sia ancora aperta. Relativamente al blog, quello che mi interessa adesso è fare qualcosa di bello.<br />
L'Anima ha avuto diversi volti, come vi dicevo. Non siamo davanti al capitolo conclusivo, per me, per adesso. Eppure, ispirato dallo stato d'animo in cui mi ha immerso l'attesa di Devil May Cry 5, provo il desiderio di ritrovare un'identità dell'Anima del Mostro, in grado di racchiudere non solo i suoi momenti migliori, ma anche i suoi primi, precedenti all'età dell'oro, e i suoi ultimi, successivi e meno felici. Ricordando che qui si studiano e si analizzano i mostri, le narrazioni e le opere d'arte, ma si raccontano anche storie, si condividono poesie e canzoni, si intessono storie nuove, si cerca di scoprire nuovi modi di fare altra arte.<br />
Il titolo "La caduta del Mostro", messo lì con l'ombra di disfattismo che avevo sulle spalle quando ho iniziato a scrivere questo post, ma che mantengo anche adesso che ho visto oltre quell'ombra, non significa né una fine, né il preannuncio di una risalita, di una scalata verso il cielo. Significa che essere caduto ha permesso al Mostro di trovarsi in un nuovo spazio, e che adesso egli avanzerà per quello spazio. L'importante è camminare.<br />
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Francis StarkFrancis Starkhttp://www.blogger.com/profile/10559448728477569844noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3648770856103118233.post-60520215672841628242018-07-26T22:03:00.000+02:002018-07-27T00:48:27.915+02:00Bakunawa, il drago che divora la luna per amore del belloQuesta settimana viene benedetta -o alcuni direbbero che viene maledetta- da un evento celeste il 27 luglio: l'eclissi lunare più lunga di questo secolo, in cui la luna si tingerà di rosso.<br />
Amo la luna, e la amo quando si colora di sangue, ma ora come ora non potrei dire più di tanto, al più raccogliere storie e racconti degli antichi attraverso un processo che mi richiederebbe più tempo di quanto ne abbia, considerando anche che al momento sono in viaggio. Mi piacerebbe farlo, ma mi piacerebbe ancora di più poterlo fare e contemporaneamente, grazie a delle solide nozioni di astronomia, studiare come nei miti e nelle storie siano contenute le osservazioni degli antichi su questi fenomeni, in modo di non limitarci a raccontare, ma avvicinarci a comprendere. Spero di poterlo fare in futuro.<br />
Ma non voglio rimanere in silenzio davanti a un'eclissi come questa. E dunque, per fare la cosa che so fare meglio, vi racconterò la storia di un mostro, un mostro affascinante, potente, misterioso, il più adatto che esista quando si tratta di fenomeni del genere.<br />
Il mostro si chiama Bakunawa, e appartiene alla mitologia delle Filippine, di cui vi assicuro che, prima di scoprire questo splendido essere, ne sapevo tanto quanto la maggior parte di voi adesso.<br />
Il Bakunawa è un gigantesco drago alato che divora la luna.<br />
Il suo nome dovrebbe derivare da <i>*ba(ŋ)kuq</i>, piegato, e <i>*sawa</i>, serpente, parole del proto maleo-polinesianico occidentale.<br />
La descrizione più ricorrente pone indicazioni precise: il Bakunawa ha la bocca grande come un lago, la lingua rossa, bargigli, branchie, filamenti sui lati del corpo e due paia di ali, un paio grande e del colore della cenere, l'altro piccolo e posto sotto il suo corpo. Una creatura acquatica, dunque, i cui dettagli possono farci pensare a un pesce lacustre accresciuto attraverso le storie, le cui pinne sono state trasfigurate in ali dalla narrazione. Ma da queste parti preferiamo prendere alla lettera i racconti dei mostri.<br />
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-d2oab9r-Mh8/W1isVG38AgI/AAAAAAAADg8/ktTsfonDTAMsiGNWbsKjqO3NkUQqu62fgCLcBGAs/s1600/bakunawa__the_filipino_dragon_by_jrldorado-d4xpbn6.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1143" data-original-width="1600" height="456" src="https://4.bp.blogspot.com/-d2oab9r-Mh8/W1isVG38AgI/AAAAAAAADg8/ktTsfonDTAMsiGNWbsKjqO3NkUQqu62fgCLcBGAs/s640/bakunawa__the_filipino_dragon_by_jrldorado-d4xpbn6.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><a href="https://www.deviantart.com/jrldorado/art/Bakunawa-The-Filipino-Dragon-298473522" target="_blank">https://www.deviantart.com/jrldorado/art/Bakunawa-The-Filipino-Dragon-298473522</a></td></tr>
</tbody></table>
<div style="text-align: left;">
Il Bakunawa era ritenuto l'origine delle piogge, dei venti, dei terremoti e anche delle eclissi.</div>
<div style="text-align: left;">
Secondo un mito, in principio vennero create sette lune, poste in cielo da Bathala, il signore dell'universo. Il serpente, affascinato dalla loro bellezza, emerse fragorosamente dall'oceano, spalancò le fauci e le inghiottì tutte e sette. Quella era la sua reazione al sentimento che esse gli avevano suscitato, per quanto brutale, e personalmente mi commuovo e provo un sentimento di comunione, quando nelle storie i mostri provano desiderio nei confronti della bellezza.</div>
<div style="text-align: left;">
Divorare le lune pose inimicizia tra lui e Bathala, come tra ogni signore del cielo e ogni drago cosmico che si rispettino, del resto.<br />
Gli uomini e le donne delle Filippine presero allora i loro strumenti, le loro pentole e le loro padelle, e scatenarono un baccano per fargliele sputare, o forse per distrarlo in modo da poterlo uccidere e tirare fuori le lune. Ma non ho trovato storie che ne menzionino la morte.</div>
<div style="text-align: left;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-f3qPShzBdro/W1j8HmreUYI/AAAAAAAADiQ/Ac1aP3hmPjUCAQZC69ugPVN9VJgJ9ONHACLcBGAs/s1600/bakunawa_by_sanekyle-daaatgf.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="849" data-original-width="600" height="400" src="https://2.bp.blogspot.com/-f3qPShzBdro/W1j8HmreUYI/AAAAAAAADiQ/Ac1aP3hmPjUCAQZC69ugPVN9VJgJ9ONHACLcBGAs/s400/bakunawa_by_sanekyle-daaatgf.jpg" width="282" /></a></div>
<br />
Si racconta altrimenti che il Bakunawa avesse una sorella, che assumeva le sembianze di una gigantesca tartaruga marina. Conformemente a questa natura, la dea si recava periodicamente sulle coste delle isole Filippine per deporre le sue uova, e ogni volta che ciò accadeva, il mare le veniva dietro spinto dalla sua enorme massa. Gli abitanti dell'isola si convinsero allora che così facendo la tartaruga avrebbe finito per far sprofondare la loro isola, e alla prima occasione, com'essa fu sulla spiaggia, la uccisero senza pietà.<br />
Bakunawa lo venne a sapere, e si infuriò violentemente. Emerse dalle onde come fosse il giorno della fine del mondo, e divorò la luna non appena se la vide davanti. Gli isolani allora pregarono Bathala perché li salvasse e uccidesse il drago, ma egli non volle farlo; disse loro piuttosto di radunare le loro pentole e le loro padelle per far rumore, sicché il Bakunawa sputò la luna e sparì nuovamente per non farsi più rivedere.<br />
<br />
Conosco una terza storia. Il Bakunawa inizialmente dimorava sulla terra, e aveva una casa. Si innamorò di una ragazza umana, appartenente ad una delle tribù dei nativi, e per qualche tempo i due riuscirono a tenere segreto il loro rapporto. Poi, un giorno, il capo della tribù lo scoprì, e disgustato fece bruciare la loro casa. Adirato, il Bakunawa si sollevò in cielo per divorare le sette lune, e vendicarsi in questo modo, ma quando fu sul punto di divorare anche la settima, Bathala si fece avanti e lo scacciò, bandendolo per sempre ed esiliandolo in mare. Così, si racconta che ogni eclissi sia un tentativo di Bakunawa di tornare sulla terra, alla ricerca dei suoi cari di un tempo.<br />
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<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-CxEa0zXiB1Q/W1iu9O9DinI/AAAAAAAADho/64SdiMUU1t4e6b4bj7NQyjShqLEEtFhRACLcBGAs/s1600/bakunawa.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="616" data-original-width="694" height="355" src="https://3.bp.blogspot.com/-CxEa0zXiB1Q/W1iu9O9DinI/AAAAAAAADho/64SdiMUU1t4e6b4bj7NQyjShqLEEtFhRACLcBGAs/s400/bakunawa.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Il Bakunawa di "A Book of Creatures",<br />
<a href="https://abookofcreatures.com/2017/04/07/bakunawa/" target="_blank">https://abookofcreatures.com/2017/04/07/bakunawa/</a></td></tr>
</tbody></table>
Secondo i Bicolani, un particolare gruppo etnico filippino, Bakunawa è invece una femmina, una dea marina, pur sempre con le fattezze di serpente e causa delle eclissi lunari. Una notte, la dea vide il dio lunare Bulan, e si innamorò di lui. Si trasformò in un drago-anguilla per poterlo inghiottire, ma non vi riuscì, perché Bulan fu salvato da un'altra dea lunare, Haliya. Si dice dunque che durante ogni eclissi Bakunawa tenti di divorare Bulan, e ogni volta questi sia puntualmente salvato da Haliya. A ciò corrisponde anche una pratica rituale del popolo, che con canti e rumori aiuta Haliya nella sua lotta contro il dragone.<br />
<br />
Mettendo a confronto queste storie, vediamo il ricorrere di alcune alternative, come il numero di lune che a volte sono sette e a volte solo una, l'attrazione per la luna in quanto tale o la sua pernosificazione in essere umano/divino. Alla fine, per me, si tratta sempre di un mostro gigante che vede il Bello, e che nel momento in cui lo vede lo desidera. In questo, non è diverso da chi, tra di noi, prova lo stesso davanti alla Bellezza. Il suo relazionarsi a questa bellezza è tragico, la sua stessa esistenza, nelle storie che noi umani raccontiamo su di lui, si connota della tragicità delle sue dimensioni, per riprendere le famose parole di Ishiro Honda sul suo Gojira: lui, o lei, mangia, inghiotte, ciò che gli piace, o di cui si innamora.<br />
È questo che gli suscita il bello, questo che gli suscita la luna. Possa lui ottenere la misericordia che a noi mortali l'amore del bello non concede, anche se sembra che valga così anche per lui.<br />
<br />
Si tramanda una canzone in lingua Hiligaynon che si faceva cantare tempo fa ai bambini durante le eclissi.<br />
<br />
"<i>Ang bulan namon sang una, sang una<span style="white-space: pre;"> </span> La nostra luna tanto tempo fa, tanto tempo fa</i><br />
<i>Guin ka-on sang bakunawa<span style="white-space: pre;"> </span> Venne mangiata dal Bakunawa</i><br />
<i>Malo-oy ka man, i-uli, i-uli<span style="white-space: pre;"> </span> Per favore abbi pietà, restituiscila, restituiscila</i><br />
<i>Korona sang amon hari.</i>"<span style="white-space: pre;"> </span> <i>La corona del nostro re.</i><br />
<br /></div>
<div style="text-align: left;">
Una testimonianza recente è il libro "The Dragon and the Seven Moons", raccontato da Joanne de Leon, tradotto da Yuko Saito.</div>
<div style="text-align: left;">
<br /></div>
<div class="" style="clear: both;">
"Long ago, there were seven moons<br />
that waxed and waned together.</div>
<div class="" style="clear: both;">
The people treasured them as jewels in the sky</div>
<div class="" style="clear: both;">
from the supreme god, Bathala.</div>
<div class="" style="clear: both;">
Down in the sea,</div>
<div class="separator" style="clear: both;">
lived an enormous dragon called Bakunawa,</div>
<div class="separator" style="clear: both;">
the god of darkness and despair.</div>
<div class="separator" style="clear: both;">
One night, while looking at the moons,</div>
<div class="separator" style="clear: both;">
he thought, "The moons are so cool and smooth.</div>
<div class="separator" style="clear: both;">
Their brightness could light the bottom of the sea.</div>
<div class="separator" style="clear: both;">
I wonder if they are as delicious as they look?"</div>
<div class="" style="clear: both;">
Bakunawa decided he had to have a moon.</div>
<div class="" style="clear: both;">
"There are so many moons</div>
<div class="" style="clear: both;">
no one should notice one missing," he thought.</div>
<div class="" style="clear: both;">
With a mighty leap he flew from the sea</div>
<div class="" style="clear: both;">
and swallowed one of the moons.</div>
<div class="" style="clear: both;">
Bakunawa proudly swam</div>
<div class="" style="clear: both;">
with a glowing moon in his stomach.</div>
<div class="" style="clear: both;">
As he swam, the moon moved in his body</div>
<div class="separator" style="clear: both;">
tickling him and making him smile.</div>
<div class="" style="clear: both;">
But soon, he noticed</div>
<div class="" style="clear: both;">
that the moon was melting away like candy."</div>
<div class="" style="clear: both;">
<br /></div>
<div class="" style="clear: both;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-k9PUdDy8PT8/W1j7yGwOP_I/AAAAAAAADiI/CVaxceC71hkZV9iX8Mk3yAiZ_N63fFOfgCLcBGAs/s1600/The_rotation_of_Visayan_Philippine_bakunawa.png" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="867" data-original-width="853" height="320" src="https://3.bp.blogspot.com/-k9PUdDy8PT8/W1j7yGwOP_I/AAAAAAAADiI/CVaxceC71hkZV9iX8Mk3yAiZ_N63fFOfgCLcBGAs/s320/The_rotation_of_Visayan_Philippine_bakunawa.png" width="314" /></a>Qui accanto il sistema di rotazione <i>bakunawa</i>, proveniente dal "Signosan" di Mansueto Porras (1919): la rotazione del corpo del serpente indica le fasi del ciclo lunare, come parte di alcuni riti sciamanici.</div>
<div class="" style="clear: both;">
<br />
Passiamo ora alle sue apparizioni nella cultura moderna.</div>
<div class="" style="clear: both;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-gArCMC9mGSE/W1j6OYALTgI/AAAAAAAADh8/J2zfqGiURGMLv9J22cNmTakNzMNzLegpACLcBGAs/s1600/400px-Baku_the_Mooneater_full.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="533" data-original-width="400" height="320" src="https://3.bp.blogspot.com/-gArCMC9mGSE/W1j6OYALTgI/AAAAAAAADh8/J2zfqGiURGMLv9J22cNmTakNzMNzLegpACLcBGAs/s320/400px-Baku_the_Mooneater_full.jpg" width="240" /></a>Il caso più celebre per noi occidentali sarà probabilmente la carta di Hearthstone, popolare gioco Blizzard, nominata "Baku the Mooneater".<br />
Menzioni al nostro si trovano anche nei giochi "EverWing" e "Freedom Planet 2".<br />
Abbiamo un episodio del cartone animato "Alamat", intitolato "Kuwento ng Bakunawa at ng pitong buwan", dove si racconta di un ragazzino di nome Bulan che grida al Bakunawa nella stessa maniera in cui Pierino gridava al lupo. Qui Bakunawa ha un aspetto più classicamente draconico, con un lungo corpo rosso da drago orientale e due piccole ali; ha inghiottito la luna, che brilla attraverso il suo ventre.</div>
<div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/3lHledCP9XU/0.jpg" frameborder="0" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/3lHledCP9XU?feature=player_embedded" width="320"></iframe></div>
Il video ve lo lascio qui, badate che è in filippino senza sottotitoli (ho dato un'occhiata e ve l'ho un po' riassunto).</div>
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><div style="text-align: left;">
Qui invece ho voluto inserire le versioni del progetto "Bakunawa - The Moon Eater" di Darrel Paul, da ArtStation. Il suo è un design draconico originale, perfetto per un boss videoludico.</div>
<br />
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-fLoVXA5Cez8/W1iueORYwQI/AAAAAAAADhc/7PxXcPLnQYcz7LuJKzU8TraE6uHzTOI-ACLcBGAs/s1600/darrel-paul-guasa-bakunawafinal3.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="669" data-original-width="1327" height="321" src="https://1.bp.blogspot.com/-fLoVXA5Cez8/W1iueORYwQI/AAAAAAAADhc/7PxXcPLnQYcz7LuJKzU8TraE6uHzTOI-ACLcBGAs/s640/darrel-paul-guasa-bakunawafinal3.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">"Bakunawa - The Moon Eater", progetto di Darrel Paul<br />
da ArtStation: <a href="https://www.artstation.com/artwork/VVLY8" target="_blank">https://www.artstation.com/artwork/VVLY8</a></td></tr>
</tbody></table>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-ssqY1hM0dwg/W1iudvIiIrI/AAAAAAAADhY/eTqLL8CpckYjiV-r-Nf2wBJzZ1NsyElhwCLcBGAs/s1600/darrel-paul-guasa-bakunawa-339.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="360" src="https://2.bp.blogspot.com/-ssqY1hM0dwg/W1iudvIiIrI/AAAAAAAADhY/eTqLL8CpckYjiV-r-Nf2wBJzZ1NsyElhwCLcBGAs/s640/darrel-paul-guasa-bakunawa-339.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><a href="https://www.artstation.com/artwork/VVLY8" target="_blank">https://www.artstation.com/artwork/VVLY8</a></td></tr>
</tbody></table>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-KKSNwPVjSgY/W1j5GKji8FI/AAAAAAAADh0/NYNoL2LrccsjaqC3NQsTLKazPOfFwZpJACLcBGAs/s1600/darrel-paul-guasa-bakunawa.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="360" src="https://4.bp.blogspot.com/-KKSNwPVjSgY/W1j5GKji8FI/AAAAAAAADh0/NYNoL2LrccsjaqC3NQsTLKazPOfFwZpJACLcBGAs/s640/darrel-paul-guasa-bakunawa.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><a href="https://www.artstation.com/artwork/VVLY8" target="_blank">https://www.artstation.com/artwork/VVLY8</a></td></tr>
</tbody></table>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
<iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/lP1bjmylxF8/0.jpg" frameborder="0" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/lP1bjmylxF8?feature=player_embedded" width="320"></iframe>Vi lascio poi questo video, di cui la descrizione non dice assolutamente nulla, ma che ho trovato splendido. Mostra Bathala che crea un grande albero, sul quale vengono poste le lune, e poi mostra il Bakunawa come un drago marino che nuota tranquillo e leggero. Dentro una delle lune c'è una ragazza, e quando la vede, rimane con la bocca aperta.</div>
Mi vengono in mente i versi adorati del mio Eminescu:<br />
<br />
"<i>Lo vede oggi, lo rivede, <br />Cosi il desio spunta; <br />Pur lui, mirandola da tanto, <br />Di lei si innamora.</i>"<br />
<br />
(Espero (<i>Luceafărul),</i> Mihai Eminescu, traduzione di Geo Vasile.)<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
<br /></div>
Lei allora lo invita ad avvicinarsi, e il Bakunawa, affascinato, le corre incontro, ma nell'arrampicarsi sull'albero che sostiene le lune, ne fa cadere una involontariamente, attirando l'attenzione di Bathala. Il Bakunawa ha pochi, dolcissimi istanti insieme alla ragazza, prima che il signore del cosmo scagli la sua arma contro di lui. Il drago precipita in mare, affondando, dopo aver assaporato l'amore solo per qualche momento, spirando senza doverlo rimpiangere, mentre la ragazza, sola, si agita e distrugge definitivamente l'albero, che il peso del drago aveva già danneggiato. Rimane così questa sola luna, sospesa nel cielo.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
Si conclude qui questo breve ma importante post, dedicato a questo singolo, straordinario mostro. Scoprire un mostro, per me, significa sempre scoprire, nel peggiore dei casi, una nuova opera d'arte, molto spesso un nuovo amico, e, nel migliore dei casi, un modo nuovo per parlare di me stesso, per raccontare me e la mia storia. Il Bakunawa appartiene a questa terza possibilità. Sono davvero felice di aver scoperto il mio sentimento di <i>Sehnsucht</i> verso la bellezza, un po' della mia malinconia e anche un'immagine del mito del divoratore, che mi affascina molto, in un drago, un grande drago alato, la cosa che preferisco al mondo. Se in lui vi siete trovati anche voi, questo sarà un dono più grande e una comunione per me e per voi. Pensiamo a lui, da ora in poi, quando guardiamo il cielo, il mare, e naturalmente, soprattutto, nelle nostre prossime eclissi. Pensiamo alla bellezza e al potere di ognuna di queste cose. Pensiamo alla pietà che dobbiamo verso ogni elemento del mondo. E poi, se possibile, voliamo anche noi a prendere ciò che più bramiamo e che più ardentemente ci chiama a sé, sia perché buono o semplicemente perché straordinariamente bello, sia su questa terra alla nostra portata, o sia la luna stessa, forse meno raggiungibile; ma anche se mai ci dicessero che non la possiamo raggiungere, non dovremmo smettere di provarci. Forse un giorno riusciremo a prenderla per sempre.</div>
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<a href="https://1.bp.blogspot.com/-dzpEVDuU6mI/W1iuAcaAbVI/AAAAAAAADhM/didDBK7lnSsI1IAG-fwk5B9tuZaLz9fxwCLcBGAs/s1600/Baku%2Bred%2Bmoon.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="724" data-original-width="1024" height="449" src="https://1.bp.blogspot.com/-dzpEVDuU6mI/W1iuAcaAbVI/AAAAAAAADhM/didDBK7lnSsI1IAG-fwk5B9tuZaLz9fxwCLcBGAs/s640/Baku%2Bred%2Bmoon.jpg" width="640" /></a></div>
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Francis Starkhttp://www.blogger.com/profile/10559448728477569844noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3648770856103118233.post-5210602982380357502018-07-19T21:23:00.001+02:002018-07-24T17:14:24.790+02:00Un lume dorato in un emisfero di tenebre<i>Premessa: questo post, lirico e soggettivo e diverso dagli altri, lo scrivo richiamandomi ad uno, con la stessa caratteristica, di due anni fa, <a href="http://lanimadelmostro.blogspot.com/2016/07/la-vita-un-funerale-la-morte-una.html" target="_blank">La vita un funerale, la morte una resurrezione, l'anima una sublimazione della polvere</a>, del quale ho voluto riprendere la struttura.<br />In pochi casi ho segnalato la musica ascoltata durante la stesura. Quello doveva esprimere profonda tristezza, e pertanto l'ho fatto accompagnandomi con gli album di Nortt. Per questo, invece, ho voluto ascoltare qualcosa che ritenessi trasmettere la bellezza di cui volevo parlare, e così ho scelto Shards of Silver Fade di Midnight Odyssey (che è pure un album di cui vi parlai da <a href="http://lanimadelmostro.blogspot.com/2016/01/viaggi-nellerebo-cinque-album-metal-del.html" target="_blank">queste parti</a>). In particolare, quella più vicina a essere l'anima del post è la canzone Starlight Oblivion. Ci tengo comunque a chiarire che in questo post il rapporto tra musica e scritto è meno forte.</i><br />
<i><br /></i>
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-Z9YM6wym58c/W1CkrrWTjwI/AAAAAAAADgE/dTq2L7XgKIc6mHgmyRzR134yG4Zy68I7gCLcBGAs/s1600/Golden%2Blight%2Bin%2Bdark.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1067" data-original-width="1600" height="265" src="https://4.bp.blogspot.com/-Z9YM6wym58c/W1CkrrWTjwI/AAAAAAAADgE/dTq2L7XgKIc6mHgmyRzR134yG4Zy68I7gCLcBGAs/s400/Golden%2Blight%2Bin%2Bdark.jpg" width="400" /></a>Che cos'è la Bellezza?<br />
Vivi ogni giorno misurandoti con i mostri e scavando alla ricerca dell'orrore proprio perché hai il pensiero costantemente rivolto a lei.<br />
Nel momento in cui realizzi che una cosa è "bella", che differenza dovrebbe fare questo per te, e che differenza dovrebbe fare per il mondo? È bella, e basta.<br />
Ti cattura, ti conquista. È come un retrogusto nell'aria che non riesci a capire, una liquidità nella consistenza del reale, una brezza di calore che passa attraverso la vista.<br />
Assembla davanti agli occhi un palco con attori e costumi, eppure tu continui a guardare la scena alle loro spalle, ignorandoli. Cancella la contingenza del reale, i dettagli, le piccole imperfezioni, le sottili increspature, e catalizza invece la tua attenzione verso quell'infinito che sembra palesarti. Allora ti lanci in avanti, smuovi il telo, ma anche allora non basta, perché senti che andando sempre più in profondità non ti libereresti mai di quella sensazione che essa sia un rimando a un oltre che non arriva mai. E la guardi così tanto che quell'oltre sembra vicino, contenuto nell'immagine stessa anche se non del tutto, fino a un punto che non riesci a dire. Così è la bellezza.<br />
Puoi valutarla con il peso dell'oro, o dell'argento, o forse con le quote in borsa dell'ultima settimana? Come se ti potessero mai rispondere che quella bellezza vale due volte e mezza la bellezza stipata nello scaffale accanto, ma che prevedono che il prezzo scenderà nel giro di qualche mese?<br />
Puoi riportarla ad un sistema di misure? Dividendola in multipli ordinati in un sistema decimale?<br />
Puoi usarla per costruire un grande stadio illuminato, o un fermacarte a forma di cranio di cervo?<br />
Essa ha la forza di una stella e la leggerezza del pulviscolo in un raggio di luce, ma non potrai usarla come fosse nessuna delle due cose.<br />
È la punta del dito e il centimetro di corda di violino che producono il suono quando si toccano, congiungendo delle minime porzioni di spazio mentre aprono un varco sconfinato da un'altra parte.<br />
La bellezza non dice chi sei, ma è come se ti mettesse alla prova. Ti assolve dall'essere umano, ti condanna per essere vivo, ti riceve nel suo grembo, ti castiga con la sua sferza uncinata.<br />
Ti avviluppa il cuore fino a farlo lacrimare. È un ricamo di sogni, tenuti insieme dalle loro parti esterne che si sono indurite perché non le abbiamo sognate abbastanza.<br />
<br />
La bellezza non serve a niente. Nel momento in cui serve a qualcosa, c'è almeno una parte di quel bello che non è veramente bella.<br />
La spada dalla guardia a croce è l'oggetto che più chiaramente splenda ai miei occhi, ma il filo tagliente della sua lama, la rigida barra e il rivestimento di cuoio intorno all'elsa sono lì perché la spada serve a lacerare le membra di altri uomini.<br />
La bellezza squarta le spire dello spirito, ma non serve a nessuno che lo faccia.<br />
Non contiene, men che meno trasporta. Non riscalda, non dà refrigerio. Non nutre, neppure disseta. E ciononostante, la desideri per sempre.<br />
È slegata da qualunque senso dell'utile e del concreto. Si trova nello stesso mondo in cui sono queste cose, insieme agli uomini, alle bestie ed alle nevi, ma non appartiene allo stesso mondo.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-wKVAbHwxInM/W1CzlJTQCKI/AAAAAAAADgc/uP4Ybax-h80jzgh-zEH4mXTvYI71Ia4AQCLcBGAs/s1600/WilliamBlakePity.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="890" data-original-width="1134" height="502" src="https://2.bp.blogspot.com/-wKVAbHwxInM/W1CzlJTQCKI/AAAAAAAADgc/uP4Ybax-h80jzgh-zEH4mXTvYI71Ia4AQCLcBGAs/s640/WilliamBlakePity.jpeg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">"Pity", di William Blake, 1795.</td></tr>
</tbody></table>
Nel contemplarla, dissi una volta:<br />
«Esiste un bello oltre il quale<br />
non è concesso neanche piangere,<br />
una rete di cristallo<br />
dietro un occhio di annichilente silenzio<br />
per la quale non può passare lacrima<br />
né il suono cantilenante di una risata<br />
né un sorriso tirato con le mani<br />
fino ad un ghigno mozzo d'ogni senso.»<br />
<br />
La bellezza è un mostro.<br />
Ha un'aura simile a quella del volto di Dio. Essa imprime dei caratteri che non possono essere pronunciati sul cuore e sull'anima degli uomini, perché si sciolgano e ammutoliscano.<br />
Ha un collo di fiamme, dodici ali le cui piume portano gli occhi di ogni cosa che è mai vissuta, e attraverso quegli occhi guarda ma non vede, come attraverso quegli occhi è vista, ma non guardata.<br />
Accovacciata davanti alle porte del palazzo della saggezza oltre la via dell'eccesso, pone un enigma ad ogni viandante che le capiti a tiro.<br />
«Ho un sogno ma non un viaggio, un messaggio ma non un senso, un sospetto che non è un tormento, ma un terrore che sta nel mio aspetto. Se vai avanti mi troverai di nuovo, appesa a una croce dopo aver partorito un uovo, se torni indietro non entrerai mai più, ma mi vedrai seguirti, come fossi il buon Gesù.»<br />
E chiunque sbagli, lo lascia entrare.<br />
Non è infallibile nelle sue decisioni, spesso è severa, talvolta ingiusta. Spesso è crudele.<br />
<br />
Le sto avvinghiato perché è la cosa più divina che conosca.<br />
Non avremmo concepito il divino, se non l'avessimo conosciuta.<br />
Ci parla con la voce della marea che si ritira per dirci che per ognuno di noi, in un angolo dello sconfinato assoluto, esiste una possibilità di realizzazione ed adempimento. Una speranza per ciascuno per realizzare la sua potenzialità di essere il riflesso speculare ma incomprensibilmente unico di Dio.<br />
La Madonna in pietà che raccoglie dalla croce ognuno di noi per fargli udire il canto che ha sempre cercato senza mai ritrovare.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-izRjJqMQqRc/W1Cz3KeBM3I/AAAAAAAADgk/C8U9xm0mKsUnEgLrXmOWmMrt3cADAY0SwCLcBGAs/s1600/When_the_Morning_Stars_Sang_Together_Butts_set.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1079" height="400" src="https://3.bp.blogspot.com/-izRjJqMQqRc/W1Cz3KeBM3I/AAAAAAAADgk/C8U9xm0mKsUnEgLrXmOWmMrt3cADAY0SwCLcBGAs/s400/When_the_Morning_Stars_Sang_Together_Butts_set.jpg" width="268" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">"When the Morning Stars Sang Together",<br />
di William Blake, 1805-1806.</td></tr>
</tbody></table>
<br />
Il suo nemico è il Tempo.<br />
Sempre avuto anche io problemi con il tempo.<br />
Vai a tirarle il mantello come fosse la sottana di una madre che ha promesso che non ti sarebbe mai accaduto niente di brutto, e la vedi che svetta come una torre avvolta in un'armatura di acciaio, mentre scaglia le mani sul suo nemico come un cavallo che scalcia. Eppure a volte il suo abbraccio è così freddo...<br />
Il Tempo procede per la sua direzione e non si ferma, facendo passare tutte le cose, cancellandone il contorno, come un pennello che continua a passare sulla figura e la rende sempre più indistinta, finché non si vedono che strisce aggrovigliate. Il Tempo mente, confonde. Il bello dura soltanto un istante in cui sfolgora di verità, e se non fosse perché il tempo gli passa sopra con il suo setaccio continuerebbe a sfolgorare. La Bellezza non sconfigge il Tempo ogni volta, ma non c'è protezione migliore cui mi affiderei mai.<br />
<br />
<br />
<br />
Alla fine del nostro viaggio, la bellezza sarà l'unica cosa ad avere avuto mai senso.<br />
Al principio di ogni cosa, quando anche il tempo era differente, non esisteva nulla che non fosse immagine di un significato più grande. Il cerchio dell'orbita cosmica, la corsa delle stelle, e poi la vita che fluiva, le rotte dei grandi mostri marini e degli uccelli, il ciclo della terra.<br />
Siamo tanto lontani da questo. Siamo nati in questa terra e per molto tempo, rispetto a quello che abbiamo vissuto, abbiamo onorato e celebrato tutto questo, traendo i nostri miti dal cielo, dagli alberi e da ogni cosa che catturasse il nostro cuore. Dalla bellezza, che generava la magia.<br />
Sono bastati pochi anni per dimenticare tutto, continuando a percorrere le stesse strade e a scavare nelle stesse rocce senza più chiederci come si chiamassero, e siamo arrivati a dubitare di ogni cosa, ad affacciarci sul nulla e a sentire la nostra voce tornare indietro ogni volta che abbiamo chiamato chiunque credessimo fosse dall'altra parte.<br />
Ma è stato detto:<br />
<br />
"<i>Il mondo nel quale siamo nati è brutale e crudele, e al tempo stesso di una divina bellezza. Dipende dai nostro temperamento credere che cosa prevalga: il significato, o l'assenza di significato. Se la mancanza di significato fosse assolutamente prevalente, a uno stadio superiore di sviluppo la vita dovrebbe perdere sempre di più il suo significato; ma non è questo - almeno così mi sembra il caso. Probabilmente, come in tutti i problemi metafisici, tutte e due, le cose sono vere: la vita è - o ha - significato, e assenza di significato. Io nutro l'ardente speranza che il significato possa prevalere e vincere la battaglia.</i>"<br />
(Carl Gustav Jung)<br />
<br />
Questo significato è come una piccola luce che cerchi di spiegare le ragioni dell'oro al mare di tenebre che la attornia.<br />
"<i>Lux in tenebris lucet, et tenebrae eam non comprehenderunt</i>".<br />
Esisteva una volta, ed esiste ancora, una luce dorata in un fiore di tenebra, che traeva dall'oscurità l'alimento del suo splendore e di questo faceva a sua volta il nutrimento del cesto tenebroso che la racchiudeva.<br />
Oltre gli abissi del pensiero, un poeta aveva visto quella luce nella tenebra in un sogno fatto forse ancor prima di essersi mai addormentato, e da allora l'aveva sempre cercata.<br />
Il giorno che la vide camminare sulla terra, fu certo che non sarebbe stato mai più poeta se non fosse riuscito a camminare dietro di lei, se non accanto.<br />
Lei aveva occhi che vincolavano l'animo, che trafiggevano il sentimento della bestia.<br />
Dalla sua bocca pareva sgorgare il ristoro di ogni inadempimento, la dissoluzione dell'insensatezza.<br />
E desiderando ritrovare il senso di ogni cosa, il poeta le corse dietro.<br />
Diceva:<br />
<br />
«Lei irradia vita dentro ad ogni cosa,<br />
in piedi oltre le nubi acceca il giorno,<br />
sospesa su cascate d'oltrecosmo<br />
irrora fati e splende nel silenzio.<br />
A questi cupi giorni chi voleva<br />
dir mai? che un giorno avremmo visto<br />
tra noi quella Bellezza<br />
come oltre l'acqua il cielo.<br />
E non dovremmo temer,<br />
davanti a lei, bruciare,<br />
e fiamme scavar dentro i nostri occhi<br />
fino a snudare l'immagine<br />
-la splendida, spettrale immagine-<br />
che venne posta da mani divine<br />
sotto tutte le altre, perché infine,<br />
giunto l'ultimo giorno, desse un senso<br />
e un valore al morir, averla vista?<br />
Ma a che vita tendeva mai<br />
la grigia strada, il sole silenzioso,<br />
l'accidia del dolor, l'attesa, il nulla?<br />
E non dovremmo forse esser felici<br />
anche quel giorno solo, anche l'istante,<br />
in cui schiaccerà sotto i chiari occhi<br />
e il loro peso di cielo<br />
la nostra pavida ignavia<br />
e nel nostro essere più nulla<br />
del suo essere Sé degnerà anche noi?»<br />
<br />
Un uomo guardava il mare ingrigito dalla desolazione degli dei, ma continuava a guardarlo con sempre maggiore comprensione, perché sapeva che la bellezza sarebbe tornata per lui e avrebbe fatto tornare azzurre e dorate tutte le cose.<br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-ZXuGBt8AkMU/W1CyLhUkIVI/AAAAAAAADgQ/L1QQSuv-6kManMFZ9j8na8BynM8V3Y1LQCLcBGAs/s1600/TheSoulofTheEnchantress_300-750x1086.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1086" data-original-width="750" height="400" src="https://2.bp.blogspot.com/-ZXuGBt8AkMU/W1CyLhUkIVI/AAAAAAAADgQ/L1QQSuv-6kManMFZ9j8na8BynM8V3Y1LQCLcBGAs/s400/TheSoulofTheEnchantress_300-750x1086.jpg" width="275" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">"The Soul of the Enchantress",<br />
di Luciana Lupe Vasconcelos.</td></tr>
</tbody></table>
Vi era poi una donna che leggeva le storie nelle stelle, e che le pregava, perché oltre la spiaggia in cui stava rannicchiata nella sua trepidazione e nella sua speranza, la terra infinita era disseminata da filo spinato e di nubi di smog che marciavano su piedi di behemot schiacciando tutto. Pregava che il Consolatore scendesse lì, almeno per una volta, almeno per lei.<br />
<br />
Vi era un nessundove pieno di fantasmi, dove l'angelo della sublimazione faceva la guardia a che nessuno di loro riacquistasse la memoria. L'angelo vide una volta uno di quei fantasmi sollevarsi mentre gli occhi gli brillavano di verde. E sorrise, con tutti i suoi occhi e con tutte le sue bocche, perché il fantasma stava sognando.<br />
<br />
Il poeta seguì la luce che era nelle tenebre fino al ciglio di un burrone che dava sull'ultimo mare, il mare oltre gli altri mari, rimasto piano nonostante tutti i rivolgimenti del mondo. Ella gli disse che se voleva seguirla, avrebbe dovuto navigare insieme a lei su quel mare, senza poter tornare indietro. Sarebbero arrivati così nella sala in cui quella luce si era accesa, ancor prima che fosse tutto, dando inizio a quella semplice distinzione tra sé e il resto, il sé che faceva luce e il resto che era buio e divorava la luce, ma che lei continuava a portare con sé. Lui, il poeta, aveva vissuto tutta la vita in cerca di questo, e dunque la seguì. Pochi hanno avuto la sua stessa fortuna.<br />
<br />
Inno alla Bellezza<br />
<br />
<i>"Vieni dal cielo profondo o esci dall'abisso,</i><br />
<i>Bellezza? Il tuo sguardo, divino e infernale,</i><br />
<i>dispensa alla rinfusa il sollievo e il crimine,</i><br />
<i>ed in questo puoi essere paragonata al vino.</i><br />
<i><br /></i>
<i>Racchiudi nel tuo occhio il tramonto e l'aurora;</i><br />
<i>profumi l'aria come una sera tempestosa;</i><br />
<i>i tuoi baci sono un filtro e la tua bocca un'anfora</i><br />
<i>che fanno vile l'eroe e il bimbo coraggioso.</i><br />
<i><br /></i>
<i>Esci dal nero baratro o discendi dagli astri?</i><br />
<i>Il Destino irretito segue la tua gonna</i><br />
<i>come un cane; semini a caso gioia e disastri,</i><br />
<i>e governi ogni cosa e di nulla rispondi.</i><br />
<i><br /></i>
<i>Cammini sui cadaveri, o Bellezza, schernendoli,</i><br />
<i>dei tuoi gioielli l'Orrore non è il meno attraente,</i><br />
<i>l'Assassinio, in mezzo ai tuoi più cari ciondoli</i><br />
<i>sul tuo ventre orgoglioso danza amorosamente.</i><br />
<i><br /></i>
<i>Verso di te, candela, la falena abbagliata</i><br />
<i>crepita e arde dicendo: Benedetta la fiamma!</i><br />
<i>L'innamorato ansante piegato sull'amata</i><br />
<i>pare un moribondo che accarezza la tomba.</i><br />
<i><br /></i>
<i>Che tu venga dal cielo o dall'inferno, che importa,</i><br />
<i>Bellezza! Mostro enorme, spaventoso, ingenuo!</i><br />
<i>Se i tuoi occhi, il sorriso, il piede m'aprono la porta</i><br />
<i>di un Infinito che amo e che non ho mai conosciuto?</i><br />
<i><br /></i>
<i>Da Satana o da Dio, che importa? Angelo o Sirena,</i><br />
<i>tu ci rendi -fata dagli occhi di velluto,</i><br />
<i>ritmo, profumo, luce, mia unica regina!</i><br />
<i>L'universo meno odioso, meno pesante il minuto?"</i><br />
(Charles Baudelaire)<br />
<div>
<br /></div>
Chi abbia visto una cosa bella, guardandola con gli occhi dell'anima mentre udiva il suo cuore seguire note di danza, non se ne separerà mai del tutto. Gli resterà un po' nello spirito e un po' nel sangue, la rivedrà davanti ad ogni altra cosa bella, la sognerà; naturalmente la cercherà, anche rischiando di pagare caro. Infine, forse, la rivedrà oltre la vita, ed essa alleggerirà la bilancia che pesa tutto quello che egli o ella avrà fatto, e darà ali a quell'anima. E così facendo, almeno in parte, la salverà, e avrà salvato una parte di mondo. Perché si trova un mondo in ogni anima, mondi di storie che continuano il reticolo infinito delle cose che sono state dette, cioè del fato, o dei fati, o delle fate, e se ci crediamo, se ci amiamo abbastanza, quel fato, che a volte desideriamo combattere, possiamo trasformarlo in una storia in cui, mista alla tristezza, c'è un po' di felicità per ognuno di noi.<br />
Quando non la vediamo, e ad alcuni succede più spesso che ad altri, non cerchiamola per forza. Ma cerchiamo la bellezza, anche quando conduce altra tristezza: in essa ci sarà sempre una parte di quello di cui abbiamo veramente bisogno.<br />
<br />
<i>Benedetta la fiamma!</i><br />
<br />
<br />Francis Starkhttp://www.blogger.com/profile/10559448728477569844noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3648770856103118233.post-102994547467202642018-07-12T22:05:00.001+02:002018-07-12T23:01:57.960+02:00Dante's Inferno: Or discendiam qua giù nel cieco mondo<a href="https://3.bp.blogspot.com/-geL4azQUUdE/WzpqPHsSwxI/AAAAAAAADV4/USNvSn6Bj48cBNTl3uuDgMNJos8W6WfCgCLcBGAs/s1600/Cerberus.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="960" data-original-width="1280" height="480" src="https://3.bp.blogspot.com/-geL4azQUUdE/WzpqPHsSwxI/AAAAAAAADV4/USNvSn6Bj48cBNTl3uuDgMNJos8W6WfCgCLcBGAs/s640/Cerberus.jpg" width="640" /></a>Dante's Inferno è un viaggio videoludico nei nove cerchi del poema dantesco, che troviamo ricreati e contraddistinti in maniera suggestiva, inquietante e malata, grazie all'influenza dei modelli (sembra difficile non scorgere le incisioni del Dorè) e agli artisti che hanno lavorato al gioco, a cominciare dall'art director Ash Huang, forte del lavoro fatto sui primi due Dead Space.<br />
<div style="text-align: right;">
</div>
Quello cui si deve l'anima estetica del gioco, la mente dietro la maggior parte di quelle situazioni o di quei dettagli che incontriamo e su cui non possiamo non soffermarci ed esclamare "Ma che schifo!", è un artista che seguo da un po' di tempo, e di cui solo recentemente ho scoperto il contributo a quello che resta uno dei miei giochi preferiti da ormai otto anni: il grande Wayne Barlowe, pittore, disegnatore, scultore e anche scrittore, che ha collaborato a molti film di del Toro, come Blade II, gli Hellboy e Pacific Rim, ed il terzo e quarto Harry Potter. È lui che potete ringraziare se vi è piaciuto l'aspetto lupino del professor Lupin. Wayne Barlowe, con una formazione molto attenta alla biologia, affermato paleoartista -cioè autore di raffigurazioni di animali preistorici, soprattutto dinosauri-, e con sulle spalle molti anni di lavoro nell'ambito della fantascienza, si dedica ormai da più di vent'anni a dei personali progetti sull'inferno, ispirato soprattutto da Dante, Milton, e antichi grimori di demonologia, di cui il principale sembra essere il Grimorio di Onorio di Tebe, un testo medievale incentrato su evocazioni e sigilli. Il frutto di questo lavoro è stato "Barlowe's Inferno" (1998), un libro illustrato dove l'inferno elaborato dall'artista ha anche una storia, proseguita poi in "Brushfire: Illuminations from the Inferno" (2001) e nel romanzo "God's Demon" (2007), di cui proprio in questo periodo l'autore sta pubblicando la continuazione. La sua proposta di lavorare a Dante's Inferno è venuta dunque in seguito a una vasta esperienza del settore, e Barlowe è riuscito a far passare qualcosa della sua genialità nel mondo che ora ci apprestiamo ad esplorare. Per fare qualche esempio a chi conosce già il gioco, Caronte, Minosse, Cerbero, le seduttrici e i golosi sono tutti farina del suo sacco.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-qFR04tSuwYM/Wz4gXvQnxsI/AAAAAAAADXI/RbK407KGxB4OxHqHyn-MlJpsPue6NC5nwCLcBGAs/s1600/Open.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="576" data-original-width="1024" height="360" src="https://3.bp.blogspot.com/-qFR04tSuwYM/Wz4gXvQnxsI/AAAAAAAADXI/RbK407KGxB4OxHqHyn-MlJpsPue6NC5nwCLcBGAs/s640/Open.jpg" width="640" /></a></div>
<br />
La struttura stessa del gioco si basa sul passaggio attraverso i nove cerchi, che lo scandiscono in modo netto, contrapponendo luoghi dall'aspetto caratteristico e molto diverso tra loro, quasi tutti con una boss fight, basata sulla presenza nel poema stesso di un guardiano per ognuno dei cerchi. Inoltre, attraverso quei cerchi, Dante crociato è messo a confronto con il peccato che in essi viene punito.<br />
Cogliamo qui qualcosa di interessante rispetto al poema: all'Inferno Dante si limita ad osservare, e in qualche caso compatire, le sorti delle anime dei dannati, non andando oltre questo perché la loro condizione è molto lontana da lui, che solo nel Purgatorio espierà il proprio carico di peccati, di cui si è macchiato in misura non eclatante. Il Dante di Dante's Inferno, invece, è a tutti i sensi un candidato per la dannazione eterna, che è venuto meno a tutte le promesse che ha fatto, ha ucciso innocenti, ceduto alla carne, tradito la donna che si era vincolata a lui e l'amico fraterno che aveva giurato di proteggere. Tutto questo lo ripercorreremo attraverso la storia condotta di cerchio in cerchio.<br />
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-VDAKpe2j5Jc/W0ea2X3cHRI/AAAAAAAADe0/q2ECggqUvp87xR4CLhHMXkLOInEam1cRQCLcBGAs/s1600/Dante.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1000" data-original-width="950" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-VDAKpe2j5Jc/W0ea2X3cHRI/AAAAAAAADe0/q2ECggqUvp87xR4CLhHMXkLOInEam1cRQCLcBGAs/s320/Dante.jpg" width="304" /></a>In ognuno, dunque, sono imputate a Dante le sue colpe, o i suoi contatti con chi si è macchiato dei peccati qualora questi abbiano risparmiato lui -è il caso della Gola, che un flashback ci mostra essere propria di suo padre-, e in un certo senso le vittorie che riporta sui guardiani, o più in generale i boss, sono il suo atto di espiazione del singolo peccato e il momento in cui mostra di essere migliorato rispetto a quel particolare ambito della sua vita.<br />
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Da un punto di vista videoludico, Dante's Inferno compie un complesso, e indubbiamente blasfemo, adattamento di alcuni concetti chiave della dottrina cristiana a meccaniche da videogioco.<br />
In quanto action game, dove la possibilità di personalizzazione del gameplay è limitata all'ordine con cui si acquisiscono le abilità, progredendo lungo l'albero che ne consente l'acquisizione, Dante's Inferno prevede dei potenziamenti disposti lungo due percorsi, che rispecchiano una struttura dualistica insita nel tutto, connessa del resto al dualismo soggiacente al Cristianesimo, che personalmente in effetti ho apprezzato: un percorso è indicato dal colore rosso, sblocca nuovi attacchi per la falce della Morte e incantesimi basati su elementi infernali, e l'altro dal colore azzurro, sblocca nuovi attacchi per la croce sacra e incantesimi basati su elementi paradisiaci. La falce ottiene via via nuove possibilità di rotazione, aloni di fiamma, colpi più violenti -io ad esempio uso spesso l'attacco con cui Dante sbatte la falce sul nemico come se fosse un piccone, dall'alto, sempre più velocemente e violentemente, perché mi sembra l'espressione più pura della rabbia-, mentre la croce invia a poco a poco più "raggi", combo con cui stordire o far levitare i nemici. I potenziamenti riguardano anche la modalità Redenzione, uno stato in cui Dante è più veloce e più forte per un breve periodi, l'aumento della vita e del mana, necessario per usare gli incantesimi, e in fasi più avanzate la possibilità di rigenerarli grazie ai nemici.<br />
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-TmwqnRe8qGg/Wz4gLx0Uo7I/AAAAAAAADXE/ZB-x0X8cHzUo3uEKZjfRoBLOy2No-ZNZgCLcBGAs/s1600/Potenziamenti.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1600" height="300" src="https://1.bp.blogspot.com/-TmwqnRe8qGg/Wz4gLx0Uo7I/AAAAAAAADXE/ZB-x0X8cHzUo3uEKZjfRoBLOy2No-ZNZgCLcBGAs/s400/Potenziamenti.jpg" width="400" /></a>Gli incantesimi del primo tipo si basano su come come il vento che tormenta i lussuriosi o i frutti della foresta dei suicidi, mentre gli altri sulla luce sacra.<br />
Il punto però è che l'avanzamento nei due percorsi dipende, oltre che dall'uso di un'arma piuttosto dell'altra per uccidere gli avversari, nella scelta che è possibile fare davanti ad alcuni nemici e alle anime dannate incontrate nel viaggio: assolverli, purificandoli dai loro peccati e inviandoli fuori dall'Inferno, probabilmente dritti in Paradiso, o dannarli, distruggendo anche il loro corpo spirituale e sprofondandoli nell'oblio.<br />
E questo ci pone davanti a un assoluto casino teologico. Vedremo meglio nel corso del gioco come il viaggio di Dante, per molti versi, demolisca l'Inferno.<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-YfQO9kNNoPY/Wz1FKDv-ftI/AAAAAAAADWs/klsHuL-L0x8zyyr3j6EDDvq6Ih6SrBZzgCLcBGAs/s1600/The_Church.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="360" src="https://1.bp.blogspot.com/-YfQO9kNNoPY/Wz1FKDv-ftI/AAAAAAAADWs/klsHuL-L0x8zyyr3j6EDDvq6Ih6SrBZzgCLcBGAs/s640/The_Church.jpg" width="640" /></a></div>
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Ora, continuiamo col racconto della storia.<br />
Quando l'ombra di Lucifero, la prima entità sovrannaturale che vediamo dopo la Morte -il cui episodio in realtà ha solo tre funzioni, due delle quali compiute una volta terminato, quella di dare a Dante la sua arma e quella di fungere da introduzione alle boss fight, mentre la terza la scopriremo alla fine-, afferra l'anima di Beatrice, in una scena basata sulla più classica compresenza di luce e oscurità dove la seconda avvolge la prima, i due spariscono, allontanandosi ratti verso una chiesa di pietra poco lontana.<br />
Dante li insegue, e poiché la via passa per un cimitero, ha il suo primo incontro con alcuni nemici del gioco vero e proprio, gli Schiavi non morti (<i>Minions</i>), dei non morti macilenti, in parte scheletri e in parte zombie, armati di corte spade. Questi ricorreranno spesso all'Inferno, ma al momento Dante è ancora sulla terra: potremmo pensare che siano i cadaveri del cimitero, riportati in vita da Lucifero -che ha chiaramente un notevole potere anche in forma di ombra e anche al di fuori del suo regno-, ma il fatto che li incontri spesso nel mondo ultraterreno può significare due cose, o anche all'Inferno Dante affronta dei cadaveri, o anche fuori dall'Inferno Dante affronta delle anime dannate. E dovremmo ancora spiegare perché questi siano così diversi dalle anime dotate di identità, come quelle di Paolo e Francesca o di Ciacco. Come per molte altre creature di cui parleremo, l'unica ragione dietro la loro esistenza e il loro aspetto potrebbe essere la creatività degli sviluppatori e le esigenze del gameplay, ma qualunque possibilità di discussione, o semplice speculazione, per noi è un tesoro e una risorsa dalle possibilità infinite.<br />
Un discorso affine vale per il secondo tipo di nemico che incontriamo, le Pesti (<i>Pests</i>), nome che tanto in italiano quanto in inglese può designare la malattia e in senso figurato un elemento o individuo fastidioso e irritante, ma che in inglese può essere applicato anche a fastidiosi insetti. E questo è quello che sono le Pesti di Dante's Inferno, grossi insettoidi simili a vespe, con bocche dentate, niente occhi, ali di pipistrello e lunghe code a pungiglione dalle quali lanciano palle di fuoco. Sono il nemico aereo debole ma fastidioso per la difficoltà nel raggiungerlo, la propensione ad attaccare a distanza e il farlo sempre in gruppo. Io li ho sempre immaginati come un inserimento, in forma di demone, del diffuso medievalismo della peste -cioè il fatto che essa sia molto presente nel nostro comune immaginare il Medioevo-, ma bene propone la Dante's Inferno Wiki nel teorizzare che si tratti degli insetti che puniscono gli ignavi nel Vestibolo, benché questi nemici ricorrano un po' in tutti i cerchi.<br />
<blockquote class="tr_bq">
"<i>Questi sciaurati, che mai non fur vivi,<br />erano ignudi e stimolati molto<br />da mosconi e da vespe ch’eran ivi. </i></blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
<i>Elle rigavan lor di sangue il volto,<br />che, mischiato di lagrime, a’ lor piedi<br />da fastidiosi vermi era ricolto.</i>" (Inf. III 64-69)</blockquote>
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-1fjXYyMcB9g/Wz0LuVeoGYI/AAAAAAAADWE/SkvyZnVqgfQT3GYAQA4-0qmudZ_pRccowCLcBGAs/s1600/Gates_of_Hell.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1024" data-original-width="767" height="400" src="https://3.bp.blogspot.com/-1fjXYyMcB9g/Wz0LuVeoGYI/AAAAAAAADWE/SkvyZnVqgfQT3GYAQA4-0qmudZ_pRccowCLcBGAs/s400/Gates_of_Hell.jpg" width="298" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Porta dell'Inferno nel gioco.</td></tr>
</tbody></table>
Affrontando queste creature, Dante passa dal cimitero alla chiesa, dove vede per un istante l'anima di Beatrice che gli domanda perché abbia infranto la promessa, senza riuscire a capirla. Segue l'entrata in possesso della croce, dopodiché la chiesa inizia a crollare, aprendo gli scorci di un paesaggio sotterraneo dominato da fumi rossi. Scendendo per questa via Dante incontrerà le pesti, più altri nemici che stiamo per vedere, e giungerà davanti alle porte dell'Inferno.<br />
Analizziamo dunque una questione che pare quasi banale: dov'è l'Inferno? Siamo tutti d'accordo sul fatto che il sistema cosmologico cui si rifanno sia la Commedia che il videogioco stabilisce che si trovi sotto la superficie terrestre, ma questo non significa che si possa entrare da qualunque parte. Nel poema dantesco, l'entrata si trova nelle vicinanze di Gerusalemme, secondo un valore simbolico e un'antica tradizione; nel videogioco siamo invece a Firenze, in una chiesa qualsiasi, che forse crolla proprio per via del passaggio dell'ombra di Lucifero. Come vedremo, il viaggio di Dante fa parte di un piano del re dell'Inferno, dunque questi aveva non solo l'interesse, ma la necessità di aprirgli il passaggio. Un'altra scoperta che facciamo a fine gioco, forse, permette di completare il puzzle, e di dare un senso all'ingresso nel doloroso regno da un punto casuale, che altrimenti ci risulterebbe essere un punto decisamente debole della trama.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-wN4GxhFzKBg/Wz1EBvtSywI/AAAAAAAADWQ/vs4RcaWqZnAzKR2wpiFUN_F_1a-XpLqOwCLcBGAs/s1600/Rodin%2BGates%2Bof%2BHell.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1536" data-original-width="1000" height="400" src="https://4.bp.blogspot.com/-wN4GxhFzKBg/Wz1EBvtSywI/AAAAAAAADWQ/vs4RcaWqZnAzKR2wpiFUN_F_1a-XpLqOwCLcBGAs/s400/Rodin%2BGates%2Bof%2BHell.jpg" width="260" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">"La Porte de l'Enfer" di Auguste Rodin, 1880-1917.</td></tr>
</tbody></table>
Nell'ultimo tratto prima delle porte Dante si trova davanti gli Schiavi del fuoco (<i>Fire Minions</i>), simili agli schiavi già visti ma avvolti da una fiamma costante e fumosa. Essi escono solo da oggetti già in fiamme presenti nell'ambiente di gioco, e quando sono vicini a quelle fiamme è anche difficile vederli; ma se attaccarli mentre ardono serve solo a bruciarsi, e la fiamma li rende immuni, una volta spento il fuoco grazie alla croce si irrigidiscono, paralizzano, e dimostrano una consistenza simile a quella della roccia, roccia che crolla subito sotto i colpi della falce.<br />
E veniamo finalmente a parlare di questi cancelli infernali, assolutamente maestosi.<br />
È stata per me una sorpresa scoprire che derivano dall'inserimento nel gioco di una scultura già perfetta per lo scopo, "La Porte de l'Enfer" di Auguste Rodin. Si tratta di un'opera incompiuta, commissionata all'artista dal Direttorato delle Belle Arti nel 1880 ed elaborata nel corso di trentasette anni, fino alla morte di Rodin nel 1917. Alta sei metri, larga quattro e profonda uno, è costituita da un gruppo di circa centottanta figure.<br />
Davanti a questo stupefacente portale, di dimensioni notevolmente maggiori, che peraltro non mostra i famosi versi del poema -questi verranno pronunciati poco più avanti da Caronte in persona- Dante affronta i tipi di nemici già indicati, avendone facilmente ragione, fino all'entrata in scena del primo esemplare di una razza mostruosa che nella sua semplicità, senza nessuna ragione in particolare, è una delle cose che preferisco in Dante's Inferno: una Bestia Asteriana.<br />
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<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-nfViH0ccZ94/Wz1EXrtcaLI/AAAAAAAADWY/POWjUsoYXNUqFjlMSvvtZNoFe892bHg9gCLcBGAs/s1600/Asterian_Beast.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="630" height="320" src="https://3.bp.blogspot.com/-nfViH0ccZ94/Wz1EXrtcaLI/AAAAAAAADWY/POWjUsoYXNUqFjlMSvvtZNoFe892bHg9gCLcBGAs/s320/Asterian_Beast.jpg" width="280" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Bestia asteriana.</td></tr>
</tbody></table>
L'<i>Asterian Beast</i> è grossa, alta ad occhio sì e no otto metri (Dante non le arriva al ginocchio), un corpo scuro fatto di muscoli, pelle coriacea e pelliccia, con una testa munita di due lunghe mascelle dalle quali è in grado di sputare fuoco, con denti appuntiti, di forma e lunghezza diseguale, priva di occhi e affiancata da due lunghe corna. L'<i>Asterian Beast </i>è l'animale da soma dell'Inferno: ne vediamo altri esemplari in diversi cerchi, tutti guidati dai demoni mentre svolgono lavori pesanti, trainando macchine e spingendo carichi, un po' come i Troll nei film del <i>Signore degli Anelli</i>; sono dotate di gran forza, anche molto superiore alla loro stazza, come osserviamo quando una di loro solleva e scaglia lontano un oggetto molto più grande di sé. Non sappiamo nulla di queste creature, ma possiamo affermare ragionevolmente che non sono anime dannate, e mentre i vari tipi di diavoli indicati come angeli caduti hanno sembianze simili tra loro, nessuno somiglia a queste bestie che sono assolutamente uniche. Infine, mentre nei vari cerchi si trovano demoni associati ai diversi peccati, queste non hanno nessun tipo di associazione. Quello che il gioco sembra suggerire, o che mi piace pensare, è che si tratti di una razza della <i>fauna indigena</i> dell'Inferno, un animale ctonio, forse in qualche modo connaturato al particolare tessuto dell'Inferno, che i demoni hanno trovato ed utilizzato per costruire il loro regno. Un'idea del genere è presente anche in <i>Barlowe's Inferno</i>, dove i luoghi in cui è venuto a crearsi il regno dei demoni erano abitati, già da molto tempo, da una razza di uomini-salamandre tuttora in guerra con i nuovi arrivati.<br />
Le bestie asteriane, in un certo senso, compensano anche una mancanza non indifferente del videogioco, quella del Minotauro nel settimo cerchio, il cui ruolo, nel poema, di guardiano del settimo cerchio, è rievocato solo da una statua. Al primo incontro con uno di questi mostri, "minotauro" è probabilmente la prima parola che viene in mente, e a una rapida occhiata è proprio quello che parrebbero, prima di cogliere che il muso, difficilmente classificabile, non è quello di un bovino, e che nessuno dei suoi arti è dotato di zoccoli. Cionondimeno, la parentela con i minotauri è data dal suo stesso nome: Asterione è il nome proprio del Minotauro mitologico, figlio di Pasifae e di un toro, anche se la sua natura mostruosa rendeva più urgente dare un nome a <i>cosa</i> egli fosse, piuttosto che a chi. Asterione era anche il nome del padre di Minosse, sposo di Pasifae, dunque un nome legato alla stirpe dei sovrani di Creta.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-qnDDMVObj_U/Wz1Es3ScudI/AAAAAAAADWk/VpjvBCLIu8gAiY6yG9l6QvG3_izIpSmjQCLcBGAs/s1600/Taming_the_Beast.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="360" src="https://1.bp.blogspot.com/-qnDDMVObj_U/Wz1Es3ScudI/AAAAAAAADWk/VpjvBCLIu8gAiY6yG9l6QvG3_izIpSmjQCLcBGAs/s640/Taming_the_Beast.jpg" width="640" /></a></div>
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La bestia asteriana, in termini di gameplay, corrisponde ai ciclopi della saga-modello "God of War": dopo averlo indebolito, è possibile cavalcarlo e utilizzarlo come arma e strumento per attraversare passaggi impossibili per un personaggio umano. Per farlo, Dante configge la lama della sua falce nella testa del mostro, dando tutta l'impressione di un controllo neurale su tutte le sue funzioni, veicolato dalla falce stessa. Quando ciò è accaduto, benché Dante sia fermo e i comandi che noi adoperiamo corrispondano ad azioni della bestia, alcune scene suggeriscono che sia sempre Dante a decidere le azioni della sua cavalcatura, che può picchiare a terra con gli arti superiori, pestare con i piedi, afferrare i nemici per schiantarli a terra o per mangiarli, e sputare un getto di fuoco. Queste bestie sono guidate dai Domatori di Bestie (<i>Beast Tamers</i>), diavoli cornuti distinti dai loro simili dal pettorale dorato e il perizoma rosso. Normalmente la loro incidenza sul gioco è essere trafitti, tirati e infine tagliati in due dalla falce di Dante, ma a volte, mentre lui cavalca una bestia, può arrivarne un altro che, strisciando sul dorso di questa, ha la possibilità di sollevarlo, e, se Dante non supera una prova di resistenza, gettarlo giù dalla sella e costringerlo a riaffrontare la asteriana. Questo connota i domatori come nemici irritanti. Quanto alla loro natura, ne parleremo a proposito dei diavoli.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-sUmK3NIA3PA/Wz1EjCJlscI/AAAAAAAADWc/jF_1vsAE5FYYMSQ1IwQHqUNprAgRexjIwCLcBGAs/s1600/dantebig_0115.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="326" data-original-width="590" height="220" src="https://4.bp.blogspot.com/-sUmK3NIA3PA/Wz1EjCJlscI/AAAAAAAADWc/jF_1vsAE5FYYMSQ1IwQHqUNprAgRexjIwCLcBGAs/s400/dantebig_0115.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Bestia cavalcata da un domatore.</td></tr>
</tbody></table>
Usando la bestia asteriana, Dante spalanca le porte dell'Inferno -che in teoria sarebbero dovute essere aperte, per far entrare i numerosi dannati- e si butta al suo interno -e alla bestia ciao ciao- precipitando accanto alle anime che strillano e si trovano già nelle condizioni in cui le vedremo per tutta la durata del viaggio infernale.<br />
Dante atterra su un sentiero di pietra, dove le anime continuano a precipitare come comete, schiantandosi al suolo, mentre altre, impalate, decorano i bordi del percorso di gioco. Siamo nel Vestibolo, l'Antinferno, e Virgilio spiega che in quest'area si trovano le anime degli ignavi, adoperando i versi che la tradizione ha reso celebri e le lamentele sui social network abusati, e che pertanto non riporterò. Il loro è uno dei pochi casi in cui la pena del videogioco non corrisponde a quella del poema.<br />
In quest'area, che nel gioco si chiama "Riviera di Acheronte" (<i>Shores of Acheron</i>), incontriamo per la prima volta un Diavolo Guardiano (<i>Guardian Demon</i>), insieme a una versione superiore degli schiavi non morti, chiamata "schiavi dell'Inferno" (<i>Hell Minions</i>), che tranne che per la maggiore aggressività non presentano differenza alcuna rispetto ai minions precedenti.<br />
Costruirò adesso, invece, una spiegazione sui diavoli di questo gioco. Non preoccupatevi se il racconto procede così lentamente senza ancora essere entrati nell'Inferno vero e proprio: sono premesse funzionali al resto del discorso, che per i vari cerchi procederà in modo più svelto.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-OySUolwtPpI/Wz1FwlpydfI/AAAAAAAADW4/GBwpSlUAdPMhJCtD8DHQG6AW9GDUpwnEgCLcBGAs/s1600/Guardian_Demon.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="574" data-original-width="373" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-OySUolwtPpI/Wz1FwlpydfI/AAAAAAAADW4/GBwpSlUAdPMhJCtD8DHQG6AW9GDUpwnEgCLcBGAs/s320/Guardian_Demon.jpg" width="207" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Demone Guardiano.</td></tr>
</tbody></table>
Il Diavolo Guardiano, il nemico medio più ricorrente del gioco, è il classico demone caprino. La pelle e la pelliccia nere, le corna molto lunghe e gli occhi rossi, combinati ai suoni gutturali che emette, contribuiscono a renderlo più inquietante dei suoi modelli. Più avanti nel gioco incontriamo i Diavoli Troni e gli Arcidiavoli, tutti abbastanza simili, distinti solo dal fatto che gli ultimi hanno le ali. Ora, tutti questi, insieme ai domatori di bestie, sono angeli caduti: hanno partecipato alla ribellione di Lucifero, sono stati sconfitti e scacciati dall'armata celeste, precipitati all'Inferno, dove sono a tutti gli effetti prigionieri, e usati per torturare a loro volta le anime umane. Proprio come i diavoli del poema dantesco, che incontriamo però solamente nel sesto e nell'ottavo cerchio. Un caso felice è poi quello della localizzazione in italiano, che distingue i diavoli dagli altri tipi di creature demoniache, indipendenti dalla caduta, mai state angeli. Un'aggiunta interessante del videogioco è poi il fatto che i tre tipi di diavoli corrispondono a tre diversi ranghi dei cori angelici, salvo per il problema che questi, nella teologia medievale e dunque nel poema dantesco, sono nove, mentre le categorie di questi demoni sono tre, e le informazioni che ne traiamo nel bestiario del gioco indica che i Diavoli Guardiani sono dell'ordine più basso, mentre gli Arcidiavoli appartengono al più alto. I cori angelici, dunque, sono ridotti a tre soli, e il coro dei Troni, il terzo più alto, sembra corrispondere a quello intermedio dei Diavoli Troni.<br />
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-uTIbaYGmSJ4/W0D1VmIfGGI/AAAAAAAADX8/WhQqEXKcjokdL3ZoATIg35YdAOWO2WpZQCLcBGAs/s1600/Charon_Head.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="240" data-original-width="210" src="https://4.bp.blogspot.com/-uTIbaYGmSJ4/W0D1VmIfGGI/AAAAAAAADX8/WhQqEXKcjokdL3ZoATIg35YdAOWO2WpZQCLcBGAs/s1600/Charon_Head.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Volto di Caronte nel gioco.</td></tr>
</tbody></table>
Avanzando attraverso i nemici, Dante giunge finalmente al cospetto del fiume Acheronte, le cui acque appaiono come fitti banchi di nebbia. Ma in mezzo a questa nebbia emerge una struttura gigantesca, una nave, anzi, un vascello, un vascello enorme e scuro, antico e macilento, su cui spicca una colossale testa umana, nera e con gli occhi di brace: si tratta di Caronte (<i>Charon</i>), il nocchiero infernale.<br />
Fermiamoci un secondo e cerchiamo di capire: nella Commedia, il cui modello in questo senso è il VI libro dell'Eneide, Caronte ha una figura assolutamente umana, quella di un vecchio "bianco per antico pelo", con lunga barba e lunghi capelli, distinto solo dalle ruote di fiamma intorno agli occhi. Il suo compito lo svolgeva con una piccola barca.<br />
Come spiega la descrizione del bestiario del gioco, l'aspetto di Caronte qui è diverso per rappresentare come il passaggio del tempo muti le cose nel mondo eterno dell'oltretomba -anche questo un concetto che stride profondamente con i concetti alla base di questo stesso mondo-, e dunque come, col passare del tempo, il numero dei dannati sia andato crescendo sempre di più, sicché il nocchiero ha avuto bisogno di una barca sempre più grande, finendo al contempo per fondersi con la barca stessa.<br />
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-VHZjHNOuk0o/W0DwcUxtQ-I/AAAAAAAADXU/5k5fOX0RiloGaTj4C1nEEkFg6k6cAGHIQCLcBGAs/s1600/Charon_concept_%2528by_wayne_barlowe%2529_%25281%2529.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="324" data-original-width="576" height="180" src="https://2.bp.blogspot.com/-VHZjHNOuk0o/W0DwcUxtQ-I/AAAAAAAADXU/5k5fOX0RiloGaTj4C1nEEkFg6k6cAGHIQCLcBGAs/s320/Charon_concept_%2528by_wayne_barlowe%2529_%25281%2529.jpg" width="320" /></a>Osservando i concept di Wayne Barlowe, notiamo come anche la sua idea sia cambiata più volte nel tempo. Inizialmente Caronte doveva avere l'aspetto di un uomo fuso con la barca, ma con sembianze più umane, dotato ancora di arti e con barca e nocchiero distinguibili. In un certo senso, osservare questi concept sembra quasi ricostruire la lenta fusione avvenuta nel tempo.<br />
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-9db7Epknuac/W0DwfJHUMdI/AAAAAAAADXk/iq9fM8efKaQaYhUeIO6_Z9IM7yHpnoXCgCLcBGAs/s1600/dantes-inferno-charon.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1212" data-original-width="1600" height="242" src="https://1.bp.blogspot.com/-9db7Epknuac/W0DwfJHUMdI/AAAAAAAADXk/iq9fM8efKaQaYhUeIO6_Z9IM7yHpnoXCgCLcBGAs/s320/dantes-inferno-charon.jpg" width="320" /></a>Wayne Barlowe, nell'intervista contenuta nella Divine Edition di Dante's Inferno, racconta alcuni retroscena della creazione del suo nocchiero.<br />
"<i>Caronte è stato una sfida. Anche qui, essendo così appassionato di storia, ho provato strenuamente a rifarmi a un aspetto antico per lui, greco o in qualche modo mediorientale nella figura a destra</i> (in riferimento a un concept che non ho trovato in rete, che raffigura Caronte completamente umano e con, appunto, copricapo e abiti con quell'aspetto)<i>.</i><br />
<i>Questo</i> (lo vedete qui a destra) <i>potrebbe davvero essere il mio preferito tra gli approcci a Caronte tra i molti. Le sagome funzionano bene e penso sia un approccio ben più inventivo di alcuni dei miei primi.</i>"<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-4o-scIEEwOQ/W0DwcXBnZlI/AAAAAAAADXY/wsbXHyKfGX8vzb73iQiP9QbIexv2AWEogCLcBGAs/s1600/Charon_concept_%2528by_wayne_barlowe%2529_%25284%2529.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"></a><a href="https://4.bp.blogspot.com/-yXIJg5QdpkI/W0DwcXVZAYI/AAAAAAAADXc/fII15Xpl0z8bFbQGm6Rf-tPYpn9Oh78OQCLcBGAs/s1600/Charon_concept_%2528by_wayne_barlowe%2529_%25283%2529.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="324" data-original-width="576" height="180" src="https://4.bp.blogspot.com/-yXIJg5QdpkI/W0DwcXVZAYI/AAAAAAAADXc/fII15Xpl0z8bFbQGm6Rf-tPYpn9Oh78OQCLcBGAs/s320/Charon_concept_%2528by_wayne_barlowe%2529_%25283%2529.jpg" width="320" /></a></div>
Caronte è anche un personaggio caratterizzato in qualche modo, rispetto ad altri demoni, perché utilizza un modo di parlare antiquato e in qualche modo le sue risposte e reazioni suggeriscono un'idea di abissale vecchiaia -o venerabile antichità, se preferite. A lui sono affidate (rielaborate) le parole della porta dell'Inferno, che pronuncia la prima volta che lo vediamo:<br />
«Per me si va nella città dolente, per me si va nell'eterno dolore. Lasciate ogni speranza, voi che entrate.»<br />
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-4o-scIEEwOQ/W0DwcXBnZlI/AAAAAAAADXY/wsbXHyKfGX8vzb73iQiP9QbIexv2AWEogCLcBGAs/s1600/Charon_concept_%2528by_wayne_barlowe%2529_%25284%2529.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="324" data-original-width="576" height="180" src="https://3.bp.blogspot.com/-4o-scIEEwOQ/W0DwcXBnZlI/AAAAAAAADXY/wsbXHyKfGX8vzb73iQiP9QbIexv2AWEogCLcBGAs/s320/Charon_concept_%2528by_wayne_barlowe%2529_%25284%2529.jpg" width="320" /></a>Percorrendo la riviera Dante inizia ad arrampicarsi su una delle cime d'ormeggio della nave, e mentre la percorre si trova davanti al monumentale volto del demone, che adoperando parole simili a quelle della sua controparte letteraria, lo guarda ed esclama «E tu, partiti da cotesti che son morti!». Dalle sue affermazioni successive apprendiamo delle informazioni molto importanti: una riguarda Beatrice («Fece lei un patto folle alquanto»), mentre l'altra Dante, al quale, dopo che questi offre la sua vita e la sua anima in cambio del ritorno dell'amata, risponde «Tu folle, già nostre son quelle». Poi un diavolo taglia la cima della fune e Dante si ritrova così costretto ad arrampicarsi sul fianco di Caronte, sicché queste parole non vengono più approfondite, ma non dimentichiamole perché alla fine del racconto ci torneremo. Sul fianco di Caronte facciamo il primo incontro con uno degli elementi più caratteristici e riusciti del gioco, le pareti <i>dentro le quali</i> sono imprigionati dannati che urlano e parlano. Si tratta di reticoli dalla consistenza abbastanza dura e robusta da permettere a Dante di arrampicarsi, sotto i quali vediamo sagome umane animate, ma ciò che più colpisce sono i suoni: in ogni cerchio dell'Inferno udiamo frasi attinenti al peccato di quelle anime e alla loro vita. Ad esempio, su Caronte possiamo udire un uomo che protesta «Che storia è questa? Ho condotto una vita pia!», dunque lo smarrimento dinanzi alla condanna infernale e probabilmente vissuto da un'anima destinata al Limbo, il cui unico errore è stato non essere cristiana.<br />
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-owWEK2X3Alo/W0Dwercd-ZI/AAAAAAAADXw/5KU_sBZLHrAWg50ShA1LuXDkBsiK0003ACEwYBhgL/s1600/tumblr_m5ui4aGePs1qg6t4to1_1280.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="800" data-original-width="980" height="261" src="https://2.bp.blogspot.com/-owWEK2X3Alo/W0Dwercd-ZI/AAAAAAAADXw/5KU_sBZLHrAWg50ShA1LuXDkBsiK0003ACEwYBhgL/s320/tumblr_m5ui4aGePs1qg6t4to1_1280.jpg" width="320" /></a>Una volta a bordo, mentre svolgiamo uno dei rompicapi necessari ad avanzare, udiamo Caronte usare altre frasi sue del poema: «Io vengo per menarvi all'altra riva, nelle tenebre eterne, in caldo e in gelo!». Incontriamo anche l'anima di Orfeo, di cui la descrizione indica come colpa maggiore l'aver tentato di opporsi al divino decreto della morte, e che nel poema è presente nel Limbo, in armonia insieme agli altri pagani virtuosi. Giunti infine sul dorso di Caronte, viviamo un'adrenalinica sequenza che ci porta, dopo aver affrontato i consueti nemici, a combattere una bestia asteriana, prenderne il controllo e usarla per <i>staccare la testa a Caronte</i> (che in realtà non è che avesse fatto gran torto a Dante), facendo fracassare la nave sui pilastri di roccia antistanti, che Dante scala sempre grazie alla sua bestia, salvo, una volta giunto al termine, colpirle la zampa con cui si tiene aggrappata per lasciarla precipitare e non avere altri problemi con essa.<br />
Potremmo dire che se il crociato vivesse oggi non sarebbe il tipo che paga il biglietto per usufruire dei trasporti.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-8TONQmHa-Yo/W0EB8YR_b-I/AAAAAAAADYI/IqGZcKybewQZ1Pl_DSsyvmA4WC7d--FtQCLcBGAs/s1600/Limbo_1600x1200.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1600" height="480" src="https://3.bp.blogspot.com/-8TONQmHa-Yo/W0EB8YR_b-I/AAAAAAAADYI/IqGZcKybewQZ1Pl_DSsyvmA4WC7d--FtQCLcBGAs/s640/Limbo_1600x1200.jpg" width="640" /></a></div>
<br />
Ci troviamo così nel Limbo, il primo cerchio dell'Inferno, dove si trovano le anime di coloro che vissero rettamente, ma che non possono accedere al Paradiso perché non sono stati cristiani, non avendo cioè ricevuto il battesimo.<br />
Non è il maestoso castello circondato da sette cinte di mura che troviamo nel poema, e non vediamo il raduno delle anime dei pagani virtuosi, tantomeno il gruppo di poeti che fanno festa a Virgilio e Dante, ma dalle informazioni forniteci dal primo dei due sappiamo che concettualmente quelle anime vi dimorano e trascorrono l'eternità in condizioni rispettabili.<br />
Il nostro viaggio attraverso questo cerchio è per la maggior parte dominato dalla distante "aula" di re Minosse, che giudica tutti gli altri dannati. Si tratta di un allontanamento netto rispetto al poema, dove il giudice si trova all'inizio del secondo cerchio, e questo è molto chiaro.<br />
<br />
"<i>Così discesi del cerchio primaio </i><br />
<i>giù nel secondo, che men loco cinghia</i><br />
<i>e tanto più dolor, che punge a guaio.</i><br />
<i>Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia</i>" (Inf. V, 1-4)<br />
<br />
D'altra parte, se il secondo cerchio è quello dei lussuriosi, mentre il giudizio di Minosse riguarda tutti i dannati, e oltretutto il suo ruolo deriva dalla fama di saggezza che aveva nell'antichità, penso sia giustificabile la scelta di inserirlo alla fine del Limbo. La ragione principale, comunque, credo sia legata all'esperienza di gioco, alla necessità di un boss per il primo cerchio -Caronte non può considerarsi pienamente un boss, e il suo incontro si svolge comunque nell'Antinferno-, cui si lega il fatto che il secondo cerchio ha un boss pertinente al suo peccato.<br />
Minosse si trova su quello che pare un colossale pilastro da cui si propagano radici (o tentacoli?), mentre il percorso nel Limbo ci porterà a girarci intorno fino ad arrivare.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-YE93sRf2a8g/W0cWEC8NnBI/AAAAAAAADaw/oICQhxiTvLAXWn530Tm0xsSiWgHeYzdUACLcBGAs/s1600/Impaled%2Bsouls.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="863" data-original-width="736" height="320" src="https://3.bp.blogspot.com/-YE93sRf2a8g/W0cWEC8NnBI/AAAAAAAADaw/oICQhxiTvLAXWn530Tm0xsSiWgHeYzdUACLcBGAs/s320/Impaled%2Bsouls.jpg" width="272" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Concept delle anime impalate,<br />
presenti in tutto l'inferno.</td></tr>
</tbody></table>
Il primo nemico che troviamo è lo Schiavo esplosivo, il cui nome originale è <i>Anger Minion</i>, cioè schiavo dell'ira. Lo incontreremo costantemente, comporta meccaniche uniche che arricchiscono il gioco, in quanto si tratta di un piccolo demone dallo stesso aspetto cadaverico degli altri, ma dalla colorazione lavica, che non ha modo di attaccare se non quello di esplodere, morendo, infliggendo danni notevoli. Per evitare questo, si può afferrare con la falce e scagliare contro oggetti o altri avversari, risultando anche d'aiuto. Va chiarito se si tratti davvero di un'anima macchiata del peccato d'ira, che dovrebbe trovarsi molto più in basso, e forse per questo la localizzazione italiana l'ha indicato in altro modo. Pure, come tutti i nemici che incontriamo in queste fasi iniziali li incontriamo anche più avanti, questo qui sembra suggerire che sia possibile anche il contrario.<br />
Lo schiavo esplosivo ci permette di entrare in un edificio, costituito da un corridoio su cui si affacciano stanze con demoni o trappole, in mezzo al quale ritroviamo la testa di Caronte! E questa, imperterrita, continua a declamare versi del III canto appartenenti all'insegna della porta: «Fecemi la Divina Podestate, e io eterno duro», che sembrano quasi spiegare il motivo per cui, anche decapitato, il demone sia vivo, e probabilmente è proprio quello che fanno. Una volta spinta la testa fuori dalla parete in cui è incastrata, cosa che ci permette di ottenere anime e un trofeo, essa precipita e di Caronte non sappiamo più niente.<br />
Nel Limbo troviamo anche uno dei nemici più interessanti e disturbanti, che non per nulla ricorreranno per tutto il gioco -benché questo non abbia senso se non, appunto, ai fini dell'esperienza ludica-, i Bambini non battezzati (<i>Unbaptized Babies</i>). Data la particolare intensità della situazione, questo nemico è introdotto da una lunga scena, particolarmente voluta dal game director Jonathan Knight, ed è anche l'unico, ad eccezione dei boss, a ricevere una spiegazione da Virgilio.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-kXgoZPnySw4/W0PhM4fL9PI/AAAAAAAADYg/cGINk6mNqwMRj2rOhqj98xCe4ZwaH-p6QCLcBGAs/s1600/The_Nightmare_Nursery.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="225" src="https://3.bp.blogspot.com/-kXgoZPnySw4/W0PhM4fL9PI/AAAAAAAADYg/cGINk6mNqwMRj2rOhqj98xCe4ZwaH-p6QCLcBGAs/s400/The_Nightmare_Nursery.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">L'incontro col bambino non battezzato.</td></tr>
</tbody></table>
Il primo bambino viene fuori da un braciere acceso, posto in una statua di pietra raffigurante una donna gravida distesa in posizione supina, al posto del ventre -quindi partiamo benone-, si desta come dal sonno, si alza e viene avanti con un'andatura traballante, come qualunque bambino piccolo. Solo che questo bambino ha la viscere in esposizione, lame di falce al posto degli avambracci e occhi bianchi senz'anima.<br />
<br />
"<i>Mi è venuto in mente con i bambini non battezzati che, sai, la miglior soluzione sembrava prendere una placenta e svolgergliela intorno, rendendola una figura organica.</i>" (Wayne Barlowe)<br />
Durante la scena, il Dante narratore racconta «Ho veduto una fiamma, vincere un mezzo mondo di tenebra», riferimento a un verso del canto IV del poema, il canto del Limbo:<br />
<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-_a_YnU7DcWA/W0PhR-ofJsI/AAAAAAAADYk/fOCFFXSl4Ug1jGuaolfQtvDaR71ewZGDwCLcBGAs/s1600/unbaptised%2Bbaby.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="180" src="https://2.bp.blogspot.com/-_a_YnU7DcWA/W0PhR-ofJsI/AAAAAAAADYk/fOCFFXSl4Ug1jGuaolfQtvDaR71ewZGDwCLcBGAs/s320/unbaptised%2Bbaby.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Schizzi di Wayne Barlowe.</td></tr>
</tbody></table>
<i>"Non era lunga ancor la nostra via</i><br />
<i>di qua dal sonno, quand’io vidi un foco</i><br />
<i>ch’emisperio di tenebre vincia." </i>(Inf. IV, 67-69)<br />
<br />
Diamo all'argomento il giusto spazio, poiché Dante's Inferno offre numerosissimi spunti di discussione sulle credenze medievali e sulla loro ricezione da parte dei moderni. La credenza che i bambini morti prima di aver ricevuto il battesimo restino sospesi nel Limbo -in quanto privi di peccato ma macchiati ancora da quello Originario- è più vicina a noi di quanto pensiamo, in quanto non ancora completamente abbandonata. Se il Limbo, che non è una credenza dogmatica, bensì quello che il cardinale e poi papa Ratzinger ha definito "ipotesi teologica" (<i>Rapporto sulla fede</i>, 1984), non è tema poi così sentito, molta più preoccupazione ha sempre destato il pensiero di quello che veniva chiamato anche "Limbo dei Bambini", soprattutto in epoche in cui la mortalità infantile, nei paesi cristiani, era molto alta. Per l'attuale Catechismo della Chiesa Cattolica, la dottrina prevede che in quei casi le anime dei bambini siano affidate alla misericordia di Dio, e molto più verosimilmente portate in Paradiso che altrove.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-VARWwxA7hiY/W0TqxIcISFI/AAAAAAAADaE/Yn8sbiy9nNIPwVM8gODhvK9_8lJYnJuAwCLcBGAs/s1600/Nursery.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="167" data-original-width="250" src="https://1.bp.blogspot.com/-VARWwxA7hiY/W0TqxIcISFI/AAAAAAAADaE/Yn8sbiy9nNIPwVM8gODhvK9_8lJYnJuAwCLcBGAs/s1600/Nursery.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Concept art.</td></tr>
</tbody></table>
Ma a prescindere da tutto questo, l'incontro con siffatti nemici, che nelle fasi di sviluppo del gioco erano chiamati anche <i>brats</i>, cioè "marmocchi" o "monelli", pone i giocatori davanti a qualcosa di doppiamente tremendo. Da un lato la mestizia evocata dal pensiero della morte di un neonato; dall'altro, il disagio davanti all'obbligo -perché non si può fare altrimenti- di combattere contro <i>tanti</i> di questi neonati, che sono rapidi e aggressivi, fastidiosi dunque, e che <i>strillano</i> quando vengono colpiti. I neonati, insieme ai diavoli, agli schiavi e ai demoni della gola che vedremo più in basso, sono gli unici nemici che è possibile scegliere se assolvere o dannare.<br />
Consapevoli dell'importanza e della violenza emotiva di questa scelta, gli sviluppatori hanno fatto in modo di renderla il più realistica possibile: hanno replicato i movimenti di un bambino <a href="https://giphy.com/gifs/pinocchio-gK6eVhX16J63m" target="_blank">vero</a> attraverso il motion capture. Lo vediamo nel video "La creazione del pargolo", uno dei contenuti extra della versione base di Dante's Inferno, che mostra l'adorabile Milo Knight "recitare" la parte, un po' seguendo le istruzioni e un po', beh, no, divertendosi visibilmente e dando il suo prezioso contributo alla realizzazione del gioco (yesss, quel piccoletto è diventato il mio idolo!).<br />
<br />
Dopo questo disturbante incontro, vi è quello con un'altra anima dannata, Elettra. Minosse è sempre più vicino. Dante passa per la sala che idealmente, dalle parole di Virgilio e dalla statua di Saladino, possiamo ritenere essere quella in cui si trovano le anime dei pagani virtuosi. Saladino storicamente muore nel 1193, mentre l'inizio del gioco è nel 1191. Non sappiamo quanto tempo passi tra la scena di Acri e il ritorno di Dante a Firenze -verosimilmente solo il tempo del viaggio-, ma questo è con ogni probabilità un errore.<br />
Finalmente, grazie ad una piattaforma antistante a quella in cui si trova il giudice, Dante giunge al cospetto di Minosse. E finalmente possiamo parlare di lui, uno dei boss più emblematici e suggestivi di Dante's Inferno.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-plKrkR_F808/W0PtcRVJ1ZI/AAAAAAAADZA/EYErYSjzUOwhI4NruUOvkP50cWeo6gZWQCLcBGAs/s1600/King_Minos_%2528Dante%2527s_Inferno%2529.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="960" data-original-width="1280" height="480" src="https://3.bp.blogspot.com/-plKrkR_F808/W0PtcRVJ1ZI/AAAAAAAADZA/EYErYSjzUOwhI4NruUOvkP50cWeo6gZWQCLcBGAs/s640/King_Minos_%2528Dante%2527s_Inferno%2529.jpg" width="640" /></a></div>
<br />
"<i>Uno dei prerequisiti di Minosse era che la coda fosse parte integrale di questo personaggio, e il modo in cui si sarebbe avvolta intorno alla colonna centrale, penso, un numero specifico di volte, per indicare i livelli cui le persone sarebbero state assegnate.</i>" (Wayne Barlowe)<br />
<br />
Se nella mitologia Minosse era un uomo di stirpe semidivina (figlio di Zeus e di Europa) rispettato per il suo giudizio, Dante non gli ha certamente usato particolare riguardo nel renderlo un demone ringhiante e avvolto in una lunga coda. In quest'ottica sembra quasi un naturale proseguimento l'ulteriore degradazione che il re di Creta subisce in questo videogioco, forse sempre per via di quel processo di trasformazione nel tempo di cui abbiamo parlato a proposito di Caronte. Minosse è un uomo bestia, un demone partecipe della natura dell'uomo e di quella degli animali striscianti. Se le sue numerose code rimandano ai serpenti, il ventre molliccio e il colore ricordano piuttosto una grossa lumaca, o altro mollusco.<br />
Ha di fatto tre code, una più lunga, parallela a quella della sua controparte letteraria, e altre due al posto delle gambe, nello stesso modo in cui vediamo raffigurati giganti o uomini serpente vari nell'arte classica (<a href="https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/8/83/Echidna_-_parco_dei_mostri.jpg/800px-Echidna_-_parco_dei_mostri.jpg" target="_blank">qui</a> un esempio). Sulla testa porta un copricapo che pare far parte del suo corpo, ai lati del quale si trovano statue con fattezze femminili, altro elemento di derivazione classica dovuto probabilmente al fascino di Barlowe per la storia. Intorno al collo porta poi una collana di dannati.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-P1G2SR23RcM/W0Ps_grv2jI/AAAAAAAADY0/zHr4wE_aE0EqvQvo94b98G1KRdP4SIfagCLcBGAs/s1600/Limbo_KingMinos.bmp.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="821" data-original-width="1294" height="253" src="https://2.bp.blogspot.com/-P1G2SR23RcM/W0Ps_grv2jI/AAAAAAAADY0/zHr4wE_aE0EqvQvo94b98G1KRdP4SIfagCLcBGAs/s400/Limbo_KingMinos.bmp.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Concept art di Wayne Barlowe.</td></tr>
</tbody></table>
La sua caratteristica principale in questo gioco, oltre alla mole e all'aspetto di rettile-mollusco, è il modo completamente inedito con il quale esercita "l'atto di cotanto uffizio": oltre a non ascoltare minimamente le parole dei dannati, come avviene nel poema, e ad usare la coda unicamente per afferrarli, Minosse, cieco e con strati di pelle cresciutigli sulle orbite, si affida all'olfatto per individuare il loro peccato. Nel video che vediamo quando siamo al suo cospetto lo vediamo annusare l'anima di un suicida, e durante la battaglia grida spesso «Io fiuto i tuoi peccati!», ma quando lo vediamo da lontano, lungo tutto il tragitto del Limbo, scorgiamo chiaramente la sua lunga lingua biforcuta serpeggiare intorno ai suoi "imputati". Forse si avvale anche del gusto, ma è molto più probabile che come i serpenti, dei quali ha appunto la lingua, Minosse si avvalga di questa per distinguere gli odori ancora meglio: per chi non lo sapesse, i serpenti hanno sulla lingua un organo, chiamato organo di Jacobson, grazie al quale traggono informazioni olfattive dalle particelle che si trovano sulla loro lingua; per questo la fanno guizzare spesso fuori dalla bocca. Oltretutto, in molti serpenti questo olfatto così avanzato compensa una scarsità nella vista.<br />
Individuato il peccato, Minosse adopera la sua coda per impalarlo su una ruota fatta di pali acuminati, che girando invierà l'anima nel cerchio giusto. Dante's Inferno non adopera i mezzi termini.<br />
<br />
Quando fiuta l'arrivo di Dante, Minosse gli si rivolge riecheggiando i versi: «Chi entra nel mio doloroso ospizio?»<br />
«Colui che ama Beatrice! Dimmi dove trovarla!»<br />
«Fiuto solo un traditore. Un goloso. Un omicida.»<br />
«...fiuta ancora!»<br />
«Come ti permetti di replicare al giudice dei morti?!»<br />
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-wV6waMNwa-g/W0PtO1PWquI/AAAAAAAADY8/vuPY4hTlCxEFIjithkMrzc9UMkLm_I6zACLcBGAs/s1600/Minos%252C_Meet_Scythe.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="225" src="https://1.bp.blogspot.com/-wV6waMNwa-g/W0PtO1PWquI/AAAAAAAADY8/vuPY4hTlCxEFIjithkMrzc9UMkLm_I6zACLcBGAs/s400/Minos%252C_Meet_Scythe.jpg" width="400" /></a>Il combattimento, di fatto la prima boss fight dentro l'Inferno, si svolge alternando due fasi, una in cui Dante evita i colpi delle code di Minosse che saltano fuori dal terreno, attaccandosi poi alle pareti laterali per evitare il suo ruggito (e gli sputi che lo accompagnano) e quindi colpendolo fintanto che ha ancora la testa vicina al terreno in modo da rivelare il suo punto debole, dei bubboni rossastri nel bassoventre (o qualunque cosa le lumache abbiano lì), e una in cui Minosse, con un ruggito diverso e molto più bavoso, fa accorrere demoni contro Dante. Uccisi i demoni, si riprende con le code.<br />
Quando Minosse è stato danneggiato abbastanza, Dante lo finisce con uno dei quicktime event (momenti dal taglio cinematografico in cui le azioni si svolgono premendo il tasto indicato dallo schermo nel momento giusto) più brutali ed appaganti del gioco -purché si eviti di pensare al fatto che stiamo massacrando il giudice dei morti mentre stava normalmente eseguendo il suo compito, stabilito dalla volontà divina-: Dante gli afferra la lingua, la tira, evita i suoi tentativi di afferrarlo, e la infila tra le lame della ruota con cui il re invia i dannati nei cerchi inferiori. Poi, tirando via una parte del meccanismo, fa in modo che la ruota giri con più forza, sicché la faccia di Minosse viene tirata verso le lame e aperta in due, come un frutto spaccato. Il corpo senza testa affonda lentamente oltre la piattaforma, precipitando nel vuoto.<br />
Abbiamo terminato il Limbo, e nella discesa sperimentiamo per la prima volta la <i>bellezza</i> del passaggio da un cerchio all'altro in Dante's Inferno. Scendere a piedi lungo un sentiero, come Dante e Virgilio fanno nel poema, non si confarebbe a un gioco d'azione hack 'n slash, dunque il percorso Dante lo fa scalando le pareti, che di cerchio in cerchio hanno un aspetto diverso. In tutti, comunque, l'arrampicata avviene attraverso colonne fatte di corpi (simil-pietrificati) intrecciati, oscillazioni con la falce tra i vari punti d'appiglio offerti, e più avanti, passando attraverso trappole e pesti volanti. Il tutto con il bellissimo tema "Arphe (The Descent)" nella quale una voce femminile spettrale, come di un'anima in preda all'angoscia, accompagna le acrobazie e gli sforzi fisici dell'impavido crociato.<br />
Ogni discesa richiede di spezzare con la falce un monumentale catena che blocca la strada, calata dall'alto e di cui non si vede dove arrivi. Ogni volta che se ne spezza una, dall'abisso risale la risata di Lucifero, ma il perché lo scopriremo solo alla fine.<br />
<br />
II cerchio: Lussuria<br />
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-BPGI-pfBW4o/W0TphSrO3cI/AAAAAAAADZg/FK8xPapvMu40k0Wib2RjlNhfxvDRxT5jACLcBGAs/s1600/lust___dante__s_inferno__by_brutallybritney13-d439qwh.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="707" data-original-width="1131" height="400" src="https://2.bp.blogspot.com/-BPGI-pfBW4o/W0TphSrO3cI/AAAAAAAADZg/FK8xPapvMu40k0Wib2RjlNhfxvDRxT5jACLcBGAs/s640/lust___dante__s_inferno__by_brutallybritney13-d439qwh.jpg" width="640" /></a><br />
Benvenuti in uno dei cerchi più popolari, uno dei più ricordati e commoventi.<br />
In Dante's Inferno, dove l'orrore deriva soprattutto dall'esasperazione delle parti del corpo umano, il cerchio dedicato alla brama della carne permette di esprimersi pienamente attraverso attributi sessuali e immagini che manifestino la corruzione del corpo, l'inquinamento di qualunque forma di amore. Sono soprattutto questo cerchio e il successivo a incarnare maggiormente la connotazione <i>body horror</i> di questo gioco.<br />
Spieghiamo a questo punto in che cosa consiste questo sottogenere. Il termine <i>body horror</i>, per rifarci alla <a href="https://www.collinsdictionary.com/dictionary/english/body-horror" target="_blank">definizione</a> del Collins Dictionary, indica:<br />
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"<i>a horror film genre in which the main feature is the graphically depicted destruction or degeneration of a human body or bodies</i>", cioè "un genere di film dell'orrore in cui il contenuto principale è la distruzione o degenerazione, rappresentata graficamente, del corpo o di corpi umani".<br />
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<a href="https://1.bp.blogspot.com/-DsSxepYhXH0/W0TphRYvWMI/AAAAAAAADZc/MlFtWHMvNIE2OMR742VB68lqOp_SSqhoACLcBGAs/s1600/lust_smashingrocks.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="640" data-original-width="800" height="256" src="https://1.bp.blogspot.com/-DsSxepYhXH0/W0TphRYvWMI/AAAAAAAADZc/MlFtWHMvNIE2OMR742VB68lqOp_SSqhoACLcBGAs/s320/lust_smashingrocks.jpg" width="320" /></a>Maestro del genere è David Cronenberg, ma ottimi esempi sono costituiti dagli Hellraiser, dall'alieno de <i>La cosa</i>, e da tutte quelle sequenze nei film splatter in cui il corpo umano, tra una violenza ed un'altra, risulti in qualche modo alterato.<br />
Nei videogiochi, la serie Dead Space, Resident Evil, o anche molte situazioni in cui ci imbattiamo in Bloodborne sono tutti perfetti esempi. Dante's Inferno risponde alla stessa premessa, e distorce la carne in modo molto diverso, poiché se in tutti quegli esempi le mutazioni hanno cause genetiche (qualunque sia la fonte dei geni), o sono state compiute da qualcuno, qui esse sono manifestazione di una corruzione spirituale, che il corpo si limita semplicemente a ricevere e a manifestare.<br />
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L'arrivo nel secondo cerchio riesce a rendere visivamente la descrizione di Dante.<br />
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"<i>Io venni in loco d’ogne luce muto,</i><br />
<i>che mugghia come fa mar per tempesta,</i><br />
<i>se da contrari venti è combattuto.</i>" (Inf. V, 28-30)<br />
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Altri dettagli, invece no. La prima anima che incontriamo è quella di Francesca, e a dispetto delle romantiche parole della sua controparte letteraria, ella è separata da Paolo che incontreremo solo alla fine del cerchio. Certo, si tratta di adattare tutte le anime dei dannati alla stessa funzione, metterle isolate, nude ed identiche, per dare la possibilità al crociato di assolverle o condannarle, ma nel caso di Paolo e Francesca nessuno dovrebbe poter digerire completamente la cosa.<br />
Francesca la incontriamo alla fine del burrone da cui siamo discesi, prima di vedere manifestato il cerchio. Esso è dato da uno sterminato spazio oscuro, e da un corridoio fiancheggiato da statue dorate che raffigurano corpi di uomini e donne che tendono gli uni verso le altre senza potersi toccare. Il serpente, simbolo principale in questo luogo, è in effetti animale spesso associato alla lussuria, ma la sua presenza qui ha anche un altro motivo.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-fAAycZV6dgE/W0TpfgkMNZI/AAAAAAAADZQ/3-RPUrKSSfwQIMSGhGui7CgA_bC7IkbCwCLcBGAs/s1600/Cleopatra-dantes-inferno-game-artwork4.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="225" src="https://1.bp.blogspot.com/-fAAycZV6dgE/W0TpfgkMNZI/AAAAAAAADZQ/3-RPUrKSSfwQIMSGhGui7CgA_bC7IkbCwCLcBGAs/s400/Cleopatra-dantes-inferno-game-artwork4.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Cleopatra in un trailer di Dante's Inferno.</td></tr>
</tbody></table>
Oltre quel corridoio, dove inizialmente c'è solo il vuoto, scorgiamo in basso una sorta di frana -a me sembra un gorgo, ma non si ode suono di acqua e subito dopo udiamo il rumore delle rocce che si frantumano- dalla quale, ecco!, emerge un'immane torre di babelica memoria, completamente nera come fosse fatta di pece. E quando ne è uscita già tanta parte da non vederne più la cima, un movimento su un lato, un corpo gigantesco anch'esso che si arrampica su di essa come in un incubo, un corpo violaceo, per la maggior parte nudo, umano, di donna. Quella è la regina Cleopatra.<br />
Dopo aver domandato a Dante «Stai cercando qualcuno?», Cleopatra evoca un turbine, ruggisce, e sparisce continuando la sua arrampicata mentre una tromba d'aria si chiude intorno alla torre, come una parete impenetrabile, portando con sé le anime ignude che vengono sbattute contro le rocce: la bufera infernale.<br />
Il contrappasso dantesco dei lussuriosi è dunque presente, e rappresentato, e così avverrà anche per la maggior parte dei cerchi successivi; se, concettualmente, tutte le anime di un cerchio subiscono la stessa pena, proprio come nel poema, -in quanto è ciò che suggeriscono le spiegazioni di Virgilio- visivamente noi individuiamo tre sorti diverse per cerchio: alcune anime che subiscono la pena giusta, in punti precisi dello spazio; anime rinchiuse nelle pareti, che parlano e si lamentano, ma che non subiscono la pena delle altre; anime di personaggi famosi che Dante può assolvere o condannare, e che stanno in disparte rispetto alle altre, senza una pena diversa dal rimanere in quel luogo a ripetere le proprie battute identificative per l'eternità.<br />
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<a href="https://1.bp.blogspot.com/-0fPIEnyR9D4/W0Tpg7_qPhI/AAAAAAAADZY/jV_iv0exbrIuT-MqBRmWWMbbGnNcrpZXgCLcBGAs/s1600/lust%2Bconcept.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1036" data-original-width="1600" height="414" src="https://1.bp.blogspot.com/-0fPIEnyR9D4/W0Tpg7_qPhI/AAAAAAAADZY/jV_iv0exbrIuT-MqBRmWWMbbGnNcrpZXgCLcBGAs/s640/lust%2Bconcept.jpg" width="640" /></a></div>
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La scena appena descritta ci introduce a un concetto già visto ma non ancora affrontato, quello del gigantismo. Per Wayne Barlowe si è trattato di una delle chiavi principali della sua costruzione di questo mondo:<br />
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<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-UbfFUdZfbRU/W0TpifxZZ3I/AAAAAAAADZk/Y5umNS0tHwA3OfpGqy29wyN9jIOx4ck5ACLcBGAs/s1600/lust_toweroflust.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1100" data-original-width="800" height="400" src="https://3.bp.blogspot.com/-UbfFUdZfbRU/W0TpifxZZ3I/AAAAAAAADZk/Y5umNS0tHwA3OfpGqy29wyN9jIOx4ck5ACLcBGAs/s400/lust_toweroflust.jpg" width="290" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Concept della torre.</td></tr>
</tbody></table>
"<i>Il gigantismo è una cosa con cui mi piace giocare, e nelle mie immagini dell'inferno è stato aumentato quanto più ho potuto, nei termini della psicologia delle anime umane che si trovano imposto quel mondo. Cosa potrebbe esserci di meglio di far sentire minuscola</i> [minimize, dunque anche ridurre di importanza]<i> ciascuna di loro suggerendo che il mondo è pieno di giganti e altre visioni inquietanti?</i>"<br />
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Avevamo già visto le dimensioni ciclopiche di Caronte e di Minosse, ora ampiamente superate da quelle di Cleopatra, e avanzando ancora incontreremo personaggi e costruzioni sempre più grandi. Wayne Barlowe, in Dante's Inferno (come anche nel <i>suo</i> Inferno) dipinge un mondo che non è stato creato a misura di uomo, ma per creature infinitamente più grandi, aliene rispetto a lui, e per la maggior parte distruttive, in mezzo alle quali i dannati sono gettati come moscerini. Una prospettiva certamente angosciante, che funziona ottimamente nell'accentuare la nullità delle anime dei dannati, le quali, da tutti questi accorgimenti, risultano sempre più ridotte a uno stato insignificante, e che al contempo racconta implicitamente altre storie, storie di un cosmo molto più antico dell'uomo, che è andato avanti indipendentemente da lui e la cui enormità si può intendere, lovecraftianamente, come del tutto altra rispetto alle sue possibilità di comprensione.<br />
La torre sta lì come richiama alla torre di Babele, non tanto per il suo episodio in particolare, quanto come riferimento a Babilonia, che nella Bibbia è simbolo e origine di ogni depravazione, in particolar modo nell'Apocalisse. Cleopatra ricorda parimenti la Grande Meretrice (Apocalisse 17), e forse è in tal senso che le sue dimensioni sono tali, in quanto lei, a differenza degli altri guardiani e mostri giganti, è una dannata, non un demone o una creatura mitologica. Sul motivo di questa grandezza posso solo fare ipotesi come questa, ma quel che è certo è che si accorda al senso di smarrimento di questo cerchio e dell'Inferno tutto.<br />
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-DbcMYw5hers/W0cY7admUgI/AAAAAAAADa8/lGlBMTUd-7UtiLmkOyDmhnLyDLkoRuzTACLcBGAs/s1600/Lust_02-620x.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="349" data-original-width="620" height="225" src="https://4.bp.blogspot.com/-DbcMYw5hers/W0cY7admUgI/AAAAAAAADa8/lGlBMTUd-7UtiLmkOyDmhnLyDLkoRuzTACLcBGAs/s400/Lust_02-620x.jpg" width="400" /></a><br />
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Per accedere alla torre, Dante adopera un meccanismo grazie al quale voltare contro di essa le scosse elettriche generate dalle statue: si apre un varco nella bufera, che "mugghia come fa mar per tempesta", e viene inghiottito al suo interno. Ed ecco comparire ai suoi occhi il nemico peculiare di questo cerchio, anch'esso presenza costante nei successivi, la Tentatrice lussuriosa (<i>Temptress</i>) Si tratta di un'anima lussuriosa cui è stata destinata un'altra sorte ancora, trasformata in una forma che concretizza il suo peccato; essa non sembra soggetta alle pene degli altri, e la vediamo occuparsi esclusivamente di attaccare Dante. Il confronto con i Ghiottoni del terzo cerchio, anch'essi anime dannate, che vediamo tormentare altre anime, suggerisce la possibilità che anche negli altri cerchi, in casi del genere, anime come queste si occupino di torturare le altre. La Tentatrice è simile a Cleopatra, con gioielli d'oro quasi in contrasto con il colorito cinereo e il marciume nel corpo, e si distingue per i lunghi artigli inanellati, con cui attacca più velocemente di qualunque altro nemico, e per la sorpresa che ha, beh, tra le gambe: un lungo tentacolo terminante in un pungiglione da scorpione, che essa è in grado di protrudere anche da una certa distanza.<br />
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<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-B4Z9Al39ObQ/W0dwSh7MjHI/AAAAAAAADcU/mBCr0Qkd6Z8g3h68vW2zdKhFnh3bwtkGwCLcBGAs/s1600/Barlowe%2Bconcept%2Bgrottesco.png" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="180" src="https://3.bp.blogspot.com/-B4Z9Al39ObQ/W0dwSh7MjHI/AAAAAAAADcU/mBCr0Qkd6Z8g3h68vW2zdKhFnh3bwtkGwCLcBGAs/s320/Barlowe%2Bconcept%2Bgrottesco.png" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Alcuni concept di Barlowe delle "whores of Babylon",<br />
"puttane di Babilonia".</td></tr>
</tbody></table>
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-EFUE13eRaPE/W0dwUTDXfPI/AAAAAAAADcY/apfID4krjIwQ3X9kZ4ZaEnfM6hgcutdgwCLcBGAs/s1600/Barlowe%2Bconcept%2Bgrottesco%2B2.png" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-EFUE13eRaPE/W0dwUTDXfPI/AAAAAAAADcY/apfID4krjIwQ3X9kZ4ZaEnfM6hgcutdgwCLcBGAs/s1600/Barlowe%2Bconcept%2Bgrottesco%2B2.png" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="180" src="https://4.bp.blogspot.com/-EFUE13eRaPE/W0dwUTDXfPI/AAAAAAAADcY/apfID4krjIwQ3X9kZ4ZaEnfM6hgcutdgwCLcBGAs/s320/Barlowe%2Bconcept%2Bgrottesco%2B2.png" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Se vi aspettate da me una conferma della vostra impressione<br />
di pessimo gusto davanti a queste bozze, ho proprio paura<br />
di deludervi.</td></tr>
</tbody></table>
</a><br />
Wayne Barlowe, nel realizzare concept, si è sbizzarrito sul tema del corpo dal quale vengono fuori organi come tentacoli o bocche di dimensioni tali da non poter essere contenuti nel corpo da cui li vediamo scattar fuori (altro esempio di <i>body horror</i>):<br />
"<i>Mi piace l'idea di qualcosa che sembra </i>assolutamente<i> impossibile che sia venuta fuori da quel corpo, quello si apre e c'è un assurdo, ridicolo, sai, organismo. Era davvero accattivante per me. Tu lo guardi e dici «Beh, non ho idea di come possa accadere», ma nel mondo dei film e dei giochi, può!</i>"<br />
La Tentatrice attacca con gli artigli e il pungiglione, è velocissima, letale, fastidiosa, e alterna i gemiti di eccitazione di quando compare e quando tira fuori la sua arma agli stridii degli attacchi.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-vDiGXqDhvaQ/W0cZHA3g59I/AAAAAAAADbA/C7SoBwPdufAjHYXMFQaSJ5xfOzgOeyZMgCLcBGAs/s1600/Jehan_choo_dantes_inferno_temptress_of_lust.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="618" data-original-width="432" height="320" src="https://3.bp.blogspot.com/-vDiGXqDhvaQ/W0cZHA3g59I/AAAAAAAADbA/C7SoBwPdufAjHYXMFQaSJ5xfOzgOeyZMgCLcBGAs/s320/Jehan_choo_dantes_inferno_temptress_of_lust.jpg" width="223" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Concept art di Jean Choo.</td></tr>
</tbody></table>
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<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-jN_OoYjndus/W0ciRcNPUbI/AAAAAAAADbQ/resSY1pq804M72cScUV47M6FF-82acJBwCLcBGAs/s1600/pungiglione.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="360" data-original-width="480" height="240" src="https://2.bp.blogspot.com/-jN_OoYjndus/W0ciRcNPUbI/AAAAAAAADbQ/resSY1pq804M72cScUV47M6FF-82acJBwCLcBGAs/s320/pungiglione.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">L'aculeo della Tentatrice.</td></tr>
</tbody></table>
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-NaWZhQKl9rs/W0Tpi39L5hI/AAAAAAAADZo/ojBc9_I2Uss5dtG1W040JowWIKLoAWA7wCLcBGAs/s1600/lust_toweroflust_lesions.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="640" data-original-width="800" height="256" src="https://1.bp.blogspot.com/-NaWZhQKl9rs/W0Tpi39L5hI/AAAAAAAADZo/ojBc9_I2Uss5dtG1W040JowWIKLoAWA7wCLcBGAs/s320/lust_toweroflust_lesions.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Particolare della torre della lussuria.</td></tr>
</tbody></table>
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Il resto dell'azione nel secondo cerchio si svolge all'interno della Torre. Circondato da statue simili a serpenti, a grovigli orgiastici, o falliformi (il tipo di cose che Giger avrebbe lodato), Dante adopera i meccanismi interni per attivare la piattaforma con cui ascendere verso la sommità. Al suo interno affronta i vari demoni scoperti finora, ed è inseguito da Cleopatra, che lo tormenta con le sue insinuazioni e le sue calunnie («Sei la triste e falsa parvenza di un uomo») mentre rimembra la sua gloria terrena («Ero la regina del Nilo» «Ho governato un impero meglio di un uomo»), finché, forte della sua mole, ella riesce a bloccare la piattaforma e ad affrontare Dante, ricorrendo anche a un trucchetto rimasto impresso nella mente di tutti i giocatori, ma anche degli spettatori occasionali: dalle sue <i>proporzionate</i> ghiandole mammarie, che al posto dei capezzoli hanno una cavità da cui sporge una piccola lingua, fa accorrere numerosi bambini non battezzati che raccoglie nelle mani dalle lunghe unghie, dorate e mangiucchiate, per farli piovere su Dante. Si tratta di un'altra sequenza disturbante, e poiché il valore del gioco deriva in gran parte da elementi del genere, ditemi quel che volete, ma lo accresce.<br />
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Dante riesce a farla allontanare voltando verso di lei due teste di serpente dorate che sputano fuoco proprio sulle ballonzolanti armerie succitate, terminando l'ascesa e avendo la possibilità di raccogliere collezionabili prima dello scontro conclusivo. Tra di essi, l'incontro con Paolo Malatesta e con la regina Semiramide.<br />
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Sulla sommità della torre, la narrazione procede con una scena importante: su un letto a baldacchino, l'ombra di Lucifero siede accanto ad una Beatrice vestita con un abito demoniaco.<br />
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-N9F3vdLl7Ys/W0ciVBpCuqI/AAAAAAAADbY/TTgxC27vNMIgK-LW6eYKf8aZsLj-uu6vQCLcBGAs/s1600/Cleopatra_Giant.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="675" data-original-width="1200" height="225" src="https://4.bp.blogspot.com/-N9F3vdLl7Ys/W0ciVBpCuqI/AAAAAAAADbY/TTgxC27vNMIgK-LW6eYKf8aZsLj-uu6vQCLcBGAs/s400/Cleopatra_Giant.jpg" width="400" /></a>Ho saltato alcune scene -né d'altra parte avrebbe senso raccontare qui ogni singolo dettaglio- per proseguire la mia analisi in modo ininterrotto, ma nel corso dei flashback abbiamo scoperto molto dell'antefatto di Dante's Inferno.<br />
Prima della partenza di Dante per la crociata, lui e Beatrice avevano fatto un giuramento: benché non ancora sposati, lei aveva scelto di concedersi carnalmente a lui, che aveva giurato di astenersi totalmente dai piaceri della carne nel corso del suo viaggio in Terra Santa.<br />
Lì, Dante aveva dato sfogo alle parti peggiori di sé, massacrando e versando sangue a litri sì per fanatismo religioso, ma soprattutto per amore della carneficina in sé -amore che si mostra pienamente nel modo in cui ora sta macellando i demoni-, e davanti alla decisione di re Riccardo Cuor di Leone, uno dei capi della Terza Crociata (unico nel gioco) di negoziare col nemico attraverso i prigionieri, il crociato aveva avuto un momento di sconforto. Di questo aveva approfittato una schiava, che gli aveva offerto sé stessa in cambio della libertà sua e del fratello. E lo sventurato aveva risposto.<br />
Infranta la sua promessa, Dante ha tradito Beatrice, e lei, per un motivo che non sappiamo ancora, ma che si lega a questo tradimento, è costretta a seguire il diavolo. I due si adagiano sul letto e scompaiono. Appare, invece, Cleopatra.<br />
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-gtHXAecE9MA/W0ciTwSC66I/AAAAAAAADbU/nwUKgrJn1wUaa3dwQK58Ax4iZ5Fo7DAhACLcBGAs/s1600/Cleopatra_Oral.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="225" src="https://1.bp.blogspot.com/-gtHXAecE9MA/W0ciTwSC66I/AAAAAAAADbU/nwUKgrJn1wUaa3dwQK58Ax4iZ5Fo7DAhACLcBGAs/s400/Cleopatra_Oral.jpg" width="400" /></a>«Così la ragazza ti ha mollato per Lucifero.»<br />
«Gli errori sono miei, lei non merita questo! Devo risistemare le cose!»<br />
«Lascia perdere quella cagna Dante. Quando questo losco affare sarà concluso, e la strada di casa riaperta per Lucifero, la sua parte in questa commedia sembrerà così...piccola.»<br />
«Non capisco!»<br />
«Certo che non capisci! Hai appena consegnato le chiavi del regno...e per cosa? Il <i>petto </i>di una schiava?»<br />
«Maledetta!»<br />
«Troppo tardi ormai, e ora diamo a Lucifero il <i>tempo</i> necessario.»<br />
Così dicendo, Cleopatra si sporge e dalla sua bocca viene fuori un guerriero in armatura raccapricciante, anzi, fuso con un'armatura raccapricciante. Si tratta del suo amante, Marco Antonio.<br />
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-ebbPcxUAtOU/W0cjJa1tKRI/AAAAAAAADbo/FoZtw6Bd7C41CONfKkoy09SUpf_KjNFXQCLcBGAs/s1600/02-marcantony_orig.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="360" src="https://3.bp.blogspot.com/-ebbPcxUAtOU/W0cjJa1tKRI/AAAAAAAADbo/FoZtw6Bd7C41CONfKkoy09SUpf_KjNFXQCLcBGAs/s640/02-marcantony_orig.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">«Mia signora, lascialo a me.»<br />
«Come desideri...Antonio.»</td></tr>
</tbody></table>
Il fu triumviro del I secolo a.C. è avvolto in un involucro nero su cui sono intrecciate linee dorate, culminanti in due mani attaccate al suo volto, che ne tirano la pelle, lasciando le palpebre sempre aperte e le labbra sempre ritratte, con occhi bianchi vitrei e arcate dentali sempre in vista. Porta un gigantesco <i>scutum</i> e un gigantesco <i>gladius</i>, e oltre alla sua forza e alle sue spaventose cariche, è in grado di far emergere spade dal suolo con una pestata di scudo, spade che inseguono Dante. Temibile anche il suo infiammare e lanciare la spada. Quando è ferito, Cleopatra lo cura magicamente, e se non ci si affretta a colpire la mano con cui resta ancorata alla piattaforma -mentre con l'altra esegue l'incantesimo- si perderanno i frutti del combattimento. Cleopatra, inoltre, è in grado di inviare piccoli vortici contro Dante, della stessa natura della bufera infernale: le tempeste della lussuria. Feriscono Dante, ma se raggiungono Antonio lo proteggono come un'aura. Potremo fare la stessa cosa anche noi una volta vinta la battaglia, ottenendo "aura nera della lussuria" come incantesimo.<br />
Quando Antonio è vinto, Cleopatra assume per la prima e unica volta dimensioni normali, sostenendolo nei suoi ultimi attimi. Le ultime parole dell'ex console prima di, beh, morire, sono «Dicevi che saremmo stati insieme per l'eternità». Poi, Cleopatra, guardando verso l'alto e rivolgendosi a Lucifero, esclama «Non doveva finire così, avevamo un patto!». Quindi si gira verso Dante, per tentare, ancora una volta, di salvarsi -anzi, di vendicarsi- con ciò che sa fare meglio: la seduzione. Ne nasce un quick time event in cui Dante, dopo essere stato gettato a terra (non senza prima averle dato un bel pugno), finge di cedere, in modo da avere il pretesto per piantarle la falce nel fianco. E tanti saluti Cleopatra.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-H8SmFncBAQI/W0Tpf_7WrkI/AAAAAAAADZU/PLZAQuFlnc439I3RF7kCsb1S7qBF7hECQCLcBGAs/s1600/Circle_of_Hell-Lust_001.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="600" data-original-width="800" height="300" src="https://4.bp.blogspot.com/-H8SmFncBAQI/W0Tpf_7WrkI/AAAAAAAADZU/PLZAQuFlnc439I3RF7kCsb1S7qBF7hECQCLcBGAs/s400/Circle_of_Hell-Lust_001.jpg" width="400" /></a></div>
Mentre Caronte è immortale, e probabilmente anche Minosse, Cleopatra e Antonio sono anime; penso che la loro uccisione sia stato come la condanna che infligge a quelle dei vari personaggi, e che dunque le abbia consegnate all'oblio e al nulla.<br />
Quanto alle loro parole, le ho sempre interpretate secondo il senso che Lucifero e Cleopatra avessero fatto un patto, un patto che garantiva a lei e ad Antonio la possibilità di vivere sempre insieme -e non dimentichiamo che lui era <i>dentro </i>di lei- in cambio dei loro servigi come custodi del cerchio (o semplicemente per affrontare Dante, ma penso che il patto fosse molto più antico, e che nei mille anni passati dalla loro morte qualcosa l'abbiano pur fatta). Le parole di Cleopatra a Dante, invece, suggeriscono che ci sia molto di più rispetto alla semplice promessa di Beatrice, ma di cosa si tratti lo scopriremo solo alla fine. E lei è l'unico personaggio che accenni a questo mistero.<br />
<br />
Il cerchio si conclude con la discesa della piattaforma dentro la torre, torre soggetta a una frana -causata probabilmente dalla lotta- e con la lotta contro i soliti nemici. Infine la piattaforma è distrutta, la torre rimane (almeno quella) e Dante, grazie alla falce, raggiunge una nuova strada di pietra, certamente più in basso rispetto a quella da cui è arrivato, più vicina al cerchio successivo. Parla con Virgilio, che cita l'elenco dei lussuriosi del V canto, e intraprende la sua seconda discesa.<br />
<br />
III cerchio: Gola<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-MmLFH2d-7CE/W0cpnCibBGI/AAAAAAAADb8/P9oiSIsqQLcvKANydl8DCGkAV_WKwDIUACLcBGAs/s1600/Gluttony.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1440" height="400" src="https://3.bp.blogspot.com/-MmLFH2d-7CE/W0cpnCibBGI/AAAAAAAADb8/P9oiSIsqQLcvKANydl8DCGkAV_WKwDIUACLcBGAs/s640/Gluttony.jpg" width="640" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<br />
Siamo giunti a quello che ritengo il cerchio artisticamente più felice, dove il <i>body horror</i> raggiunge l'apice e dove si trovano il boss e i nemici più disgustosi. Il terzo cerchio, il cerchio della Gola.<br />
Mentre scendiamo lungo le pareti, provenendo dal secondo cerchio, notiamo a un certo punto delle grosse pustole che emettono getti di fuoco, un nuovo ostacolo sul nostro percorso. Tra le rocce scorgiamo lunghe appendici, e vediamo sempre più pustole. Ed ecco, il paesaggio cambia, e dalla roccia passiamo a una superficie rossa, carnosa, ruvida, soprattutto <i>viva</i>. Il terzo cerchio è simile all'interno di un gigantesco essere vivente, un po' come si concepiva l'inferno stesso in certe raffigurazioni medievali e rinascimentali (e qui torniamo alla <a href="http://lanimadelmostro.blogspot.com/2017/11/la-bocca-dellinferno_9.html" target="_blank">Bocca dell'Inferno</a>). E ciò è reso nella maniera più disgustosa possibile, che naturalmente molto deve alle idee di Barlowe.<br />
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-ukCl99AgOrQ/W0Tu_X3pZNI/AAAAAAAADaY/rwSNzp1_UE8lN2eS4l8xhTvnuQ9ZJbGLwCLcBGAs/s1600/Cerberus_That_Beast_Below.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="326" data-original-width="590" height="220" src="https://2.bp.blogspot.com/-ukCl99AgOrQ/W0Tu_X3pZNI/AAAAAAAADaY/rwSNzp1_UE8lN2eS4l8xhTvnuQ9ZJbGLwCLcBGAs/s400/Cerberus_That_Beast_Below.jpg" width="400" /></a>"<i>Il livello della Gola è stato assolutamente stupefacente, e una bella resa dei miei schizzi venuta alla luce.</i>"<br />
È tutto incredibilmente dettagliato, tra corpi, vermi, occhi, bocche e denti in ogni dove.<br />
Lungo la discesa vediamo, sul fondo, una visione grottesca come mai prima: un corpo enorme, costituito da tre elementi, due braccia e la <i>cosa</i> che vi si trova in mezzo, una massa ricoperta di pelle su cui scorgiamo le sagome di due occhi e due narici. La cosa ha un'ampia apertura sul davanti. E non si muove.<br />
Giunti infine ad un checkpoint, Virgilio ci spiega che in questo cerchio la pioggia e il fango fiaccano le anime tristi per la dannosa colpa della gola. Dante domanda dunque «Cos'è quella bestia laggiù?».<br />
«Cerbero, il gran vermo! Come quel cane che abbaiando agogna, e si quieta dopo aver morso il pasto, cotal si fecero le facce lorde de lo dimonio Cerbero, il cui abbaiar le anime scuote» risponde il poeta.<br />
È una linea di dialogo che ho sempre contestato, perché adopera un passo narrativo in funzione descrittiva, un passo oltretutto (Inf. VI 28-33, Dante racconta che Cerbero, dopo che Virgilio gli ha gettato della terra in bocca, si è quietato). Il senso dovrebbe essere che in questo momento Cerbero ha ritirato le sue facce -che dobbiamo ancora vedere. Così, Dante percorre l'ultimo tratto di discesa e atterra sulla distesa davanti alla bestia. La musica diviene frenetica, il campo si restringe sul volto sconvolto di Dante, quindi vediamo la cosa centrale, che termina in due grosse labbra carnose, agitarsi e fare fuoriuscire tre lunghi colli sormontati da altrettante teste abominevoli, rosse, nude, senza occhi, simili a vermi, con enormi dentature umane e orribili barbe nere. Ciascuna contornata da teste più piccole, sporgenti da aperture poste intorno alle mascelle e dotate tutte di piccoli colli. Ai lati dei colli maggiori, come macchie. pustole bianche. Dante è al cospetto del gran vermo.<br />
Ora, dato che Cerbero è indubbiamente il mostro più caratteristico di Dante's Inferno, e che a me fa impazzire, diamogli la giusta celebrazione all'interno dell'Anima del Mostro.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-ZFWP3gWmQk0/W0c2dHUY9VI/AAAAAAAADcI/1DKlkT4ntR08ayCg6bxs4QwOr1cE4AyjgCLcBGAs/s1600/dantesinferno_202261b.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="360" src="https://4.bp.blogspot.com/-ZFWP3gWmQk0/W0c2dHUY9VI/AAAAAAAADcI/1DKlkT4ntR08ayCg6bxs4QwOr1cE4AyjgCLcBGAs/s640/dantesinferno_202261b.jpg" width="640" /></a></div>
<br />
"<i>Cerbero, fiera crudele e diversa,</i><br />
<i>con tre gole caninamente latra</i><br />
<i>sovra la gente che quivi è sommersa.</i><br />
<i><br /></i>
<i>Li occhi ha vermigli, la barba unta e atra,</i><br />
<i>e ’l ventre largo, e unghiate le mani;</i><br />
<i>graffia li spirti ed iscoia ed isquatra.</i>" (Inf. VI 13-18)<br />
<br />
L'aspetto di Cerbero era probabilmente quello meglio definito nella tradizione, tra tutte le creature mostruose del poema di Dante, e anche quello con meno variabili. Insomma, il margine entro il quale era possibile mostrare qualcosa di nuovo, senza rinunciare al vecchio, era minore che per altri mostri.<br />
Per questo gli artisti di Dante's Inferno l'hanno completamente rivisto.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-f0GsEjRlU78/W0dwU4teOKI/AAAAAAAADcc/xQzCzFdx4ykZjxJeYlL45iltkcPWA-fYwCLcBGAs/s1600/Barlowe%2Bconcept%2BCerbero.png" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="225" src="https://1.bp.blogspot.com/-f0GsEjRlU78/W0dwU4teOKI/AAAAAAAADcc/xQzCzFdx4ykZjxJeYlL45iltkcPWA-fYwCLcBGAs/s400/Barlowe%2Bconcept%2BCerbero.png" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Primi concept.</td></tr>
</tbody></table>
"<i>Questo </i>[lo vedete a destra] <i>è stato uno dei primi aspetti per Cerbero. È stata un'esplorazione divertente per me, è un personaggio immenso adesso, e il concetto del suo rimettere le varie bocche, penso possa davvero essere stato il primo tentativo che, in un certo senso, è evoluto in quello che è venuto fuori alla fine.</i>" (Wayne Barlowe)<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-2cHJr_bCH6Q/W0dzHNAf8BI/AAAAAAAADc0/a4L7jG2DwXMJ5TheIZz1CJUT1mDlzgKaACLcBGAs/s1600/Barlowe%2BCerbero.png" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="225" src="https://2.bp.blogspot.com/-2cHJr_bCH6Q/W0dzHNAf8BI/AAAAAAAADc0/a4L7jG2DwXMJ5TheIZz1CJUT1mDlzgKaACLcBGAs/s400/Barlowe%2BCerbero.png" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Concept successivo.</td></tr>
</tbody></table>
La forma delle teste inizialmente è stata più bestiale e meno deforme, forse più vicina ancora all'idea canina di partenza e alle forme aliene che fanno parte del background di Barlowe. L'idea di basare l'incontro sulla sola parte anteriore del suo corpo è ravvisabile in tutti i concept che potete vedere, al punto tale che nel secondo il suo corpo è costituito solo da essa, un mezzo torso con "braccia" e ventre da obeso, sorretto posteriormente da quella che parrebbe una grossa lingua e con arti inferiori atrofizzati. Già qui si vede la "faccia" che resterà inalterata fino a rimanere nel gioco, e si ravvisa la forma definitiva delle teste. Questo concept mi piace particolarmente perché affianca alla grottesca mostruosità un crociato con una spada, suggerisce l'incontro e il viaggio di un protagonista privo di quell'estetica horror di cui ho parlato nel post precedente, e contemporaneamente meglio rispecchiante il suo tempo.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-K1fo2IUHCVU/W0dzF-nnC2I/AAAAAAAADcw/ouqNERSPDUEjD7YsKujH-16vmZCkaqg5ACLcBGAs/s1600/Barlowe%2BCerbero%2Bfinale.png" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="225" src="https://4.bp.blogspot.com/-K1fo2IUHCVU/W0dzF-nnC2I/AAAAAAAADcw/ouqNERSPDUEjD7YsKujH-16vmZCkaqg5ACLcBGAs/s400/Barlowe%2BCerbero%2Bfinale.png" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Concept con la versione definitiva.</td></tr>
</tbody></table>
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-FEXogTxH30k/W0Tu-k0eJbI/AAAAAAAADaQ/ieYOv1TrtDQ82XHyf-NUDlhLjmOmgTeyQCLcBGAs/s1600/CeberusConcept.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="634" data-original-width="800" height="316" src="https://4.bp.blogspot.com/-FEXogTxH30k/W0Tu-k0eJbI/AAAAAAAADaQ/ieYOv1TrtDQ82XHyf-NUDlhLjmOmgTeyQCLcBGAs/s400/CeberusConcept.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Versione colorata.</td></tr>
</tbody></table>
Nel terzo concept Cerbero è ormai quello che vediamo nel gioco, e di questo, Barlowe ha realizzato anche una versione a colori. Osserverei anche un dettaglio che ho notato giusto in questi ultimi momenti, contemplando le immagini: vedete le creste dietro le tre teste di Cerbero? Ecco, se da una parte non sembrano una caratteristica tipica dei vermi, né tantomeno dei cani, mi ricordano un animale con cui Barlowe ha avuto a che fare <a href="http://3.bp.blogspot.com/-AyW2-wZZvQw/Ug-52VAgQfI/AAAAAAAAGCI/EEt3RfFM56A/s1600/gri.jpg" target="_blank">almeno una volta</a>, il Protoceratops, un dinosauro dotato di un collare come gli altri ceratopsidi, di cui è considerato il progenitore, e che nel suo caso è di proporzioni, rispetto al resto del capo, più vicine a quelle dei collari delle teste di Cerbero.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-oJWk4WbVkwU/W0Tu_d7fteI/AAAAAAAADac/9Tpq11Vt2EUX6px6XI9qCoJg9roBJl8uwCLcBGAs/s1600/Cerberus_Trailer.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="266" data-original-width="468" height="226" src="https://2.bp.blogspot.com/-oJWk4WbVkwU/W0Tu_d7fteI/AAAAAAAADac/9Tpq11Vt2EUX6px6XI9qCoJg9roBJl8uwCLcBGAs/s400/Cerberus_Trailer.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Cerbero nel primo trailer.</td></tr>
</tbody></table>
La versione nel gioco presenta come differenza, rispetto agli schizzi visti finora, ma anche alla versione di Cerbero mostrata nel primo trailer di Dante's Inferno, due differenze. Il colore della parte inferiore dei colli, più chiaro di quella superiore, e un piccolo dettaglio, per me geniale, negli arti. I concept mostrano un corpo sostanzialmente nudo, nudo e flaccido, mentre nella versione del gioco individuiamo, in corrispondenza del polso, una linea e una differenza di colore, come se ci fossero delle maniche. Il tutto suggerisce, piuttosto che un dannato colto nel suo disgustoso abuso, un ghiottone da taverna riverso sul banco dell'oste, vestito con una tunica bianca rimasta sozza di grasso e sudore. Vi sembrerà assurdo, ma, almeno agli occhi di chi guarda certi dettagli con più attenzione, una differenza così minima restituisce sensazioni superiori.<br />
Cerbero attacca mordendo e sbattendo i suoi colli contro Dante, e adoperando le mani per afferrare fango e dannati, mangiarli, e poi vomitarli contro Dante, attraverso colpi mirati simili a quelli di un serpente che sputa il veleno -ma preceduti da conati inconfondibili. Dante deve colpire per prime le teste laterali, aiutandosi con dei mucchi di fango posti a terra che, se aperti, emettono un getto di fuoco. Col giusto tempismo, le teste arriveranno lì prima che il fuoco venga fuori, colpendole senza possibilità di difesa. Con dei quick time event, Dante usa la lama della falce per pungolare uno dei punti bianchi sui colli, e dunque li recide. Rimasto l'ultimo collo, la sequenza finale mostrerà questo mangiare Dante mentre questi si trova a mezz'aria, e quindi, raggi di luce fuoriuscire dalle sue bocche laterali, mentre Dante adopera la croce nella sua bocca, portando infine la testa a scoppiare. Il suo corpo pesante si accascia rumorosamente, e Dante prosegue camminando sulla sua faccia dorsale.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-jqTWGDeHRrI/W0eBmuTOkeI/AAAAAAAADdU/4WxIWXwFPF8swadlFWeQXfRXTPB3oH8FgCLcBGAs/s1600/Third%2BCircle.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="225" src="https://3.bp.blogspot.com/-jqTWGDeHRrI/W0eBmuTOkeI/AAAAAAAADdU/4WxIWXwFPF8swadlFWeQXfRXTPB3oH8FgCLcBGAs/s400/Third%2BCircle.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Ingresso nel cerchio dei golosi, da notare la pioggia.</td></tr>
</tbody></table>
Siamo adesso in pieno cerchio dei golosi. Il contrappasso originale per le anime era stare immerso nel fango sotto una pioggia di neve e grandine maleodoranti, e un accenno lo vediamo durante l'inizio della via che segue il mostruoso guardiano, ma non più in seguito. Questa è anche la prima volta che vediamo un cerchio come una vasta distesa dove quasi tutto è sullo stesso piano, e dove vediamo elementi in lontananza, tra cui grossi vermoni che aggrediscono anime. E presto uno di questi vermoni, un Verme ingordo (<i>Gorger Worm</i>) attacca Dante emergendo improvvisamente dal suolo e tentanto di schiacciarlo tra le sue fauci, anch'esse dotate di denti umani. Ogni cosa in questo cerchio riflette l'immagine della bocca umana, la via per il passaggio di scriteriate quantità di cibo, assunto come scopo ultimo della vita di una persona, che conduce in questo cerchio infernale. Dante si libera dalla morsa piantando per bene la lama della falce nel palato della creatura, ma affrontarne una è compito spiacevole e nel corso del gioco ne capiteranno anche tre contemporaneamente.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-TFyJVqAiVps/W0ePqPC4DuI/AAAAAAAADeM/Cr8z7HtasIM1pbV2ERbyvTFINGM-oKUvgCLcBGAs/s1600/Gorger_Bite.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="324" data-original-width="576" height="180" src="https://1.bp.blogspot.com/-TFyJVqAiVps/W0ePqPC4DuI/AAAAAAAADeM/Cr8z7HtasIM1pbV2ERbyvTFINGM-oKUvgCLcBGAs/s320/Gorger_Bite.jpg" width="320" /></a></div>
Al di là della valenza simbolica di ingordigia e di marciume, e della funzione di contribuire al castigo delle anime, questi vermi possiamo immaginarli come parassiti, o agenti saprofagi, dell'ipotetico essere vivente che costituisce il terzo cerchio dell'Inferno, o ancora, di quella parte del sistema inferno che ha assunto la consistenza organica in relazione al peccato che viene punito al suo interno. Il terzo cerchio ospita anche una nuova varietà di non morti, gli Schiavi della gola (<i>Gluttony Minions</i>), e le anime che incontriamo sono l'immancabile Ciacco, che dà anche il nome alla traccia della soundtrack "Ciacco the Pig", e Clodia, la Lesbia catulliana, assente nel poema, della quale, nel glossario del gioco, viene detto che lasciava dietro di sé una lunga scia di marciume (ah Cicerone, questo ti avrebbe fatto divertire!).<br />
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-6tzdv3lju_k/W0ePg0n_ChI/AAAAAAAADeI/4ORsAj3RZksehp-RqP0JXw9EmlbQ9rSygCLcBGAs/s1600/dante_s_inferno_360.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="180" src="https://2.bp.blogspot.com/-6tzdv3lju_k/W0ePg0n_ChI/AAAAAAAADeI/4ORsAj3RZksehp-RqP0JXw9EmlbQ9rSygCLcBGAs/s320/dante_s_inferno_360.jpg" width="320" /></a>La parte che mi piace di più sono però le teste coniche, un elemento "paesaggistico" presente anche nei concept di Barlowe, privo di particolare funzione se non contenere una Clodia e un'altra delle fontane. Anche queste teste, dotate di occhi e fattezze scheletriche emergenti dagli strati di carne rancida, sono dotate di grandi bocche umane.<br />
Alla fine del percorso, che tolta la boss fight e la peculiare sezione finale di cui sto per parlarvi, è decisamente corto -per mio sommo dispiacere- attraversiamo un portale curioso, inserito in una cornice argentata elegante. Dante giunge in un luogo completamente diverso, una sorta di cella di mattoni dove l'atmosfera è permeata di luce bianca. È la Sala dei Golosi (<i>Hall of Gluttons</i>) dove si trovano i golosi di più alto rango -invenzione del gioco e naturalmente difforme rispetto al concetto di assoluta uguaglianza dei dannati-, la cui punizione specifica è di essere divorati da..questa simpatica canaglia.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-y8J4RMuK2mE/W0eUqhTjjdI/AAAAAAAADec/jQxXEpAUl2UoajbV_fLopGr1xXe04bvlACLcBGAs/s1600/Glutton_Close_Up.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="450" data-original-width="800" height="360" src="https://4.bp.blogspot.com/-y8J4RMuK2mE/W0eUqhTjjdI/AAAAAAAADec/jQxXEpAUl2UoajbV_fLopGr1xXe04bvlACLcBGAs/s640/Glutton_Close_Up.jpg" width="640" /></a></div>
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I Ghiottoni, certo tra i nemici più rappresentativi del gioco, anime così pregne del loro peccato da aver perso qualunque sembianza di umanità e trascorrere l'eternità come strumento di punizione per le altre anime. Sono obesi, con una testa più animalesca che umana, due piccole teste ai lati -che invece sono più umane, e che forse sono un riferimento a Cerbero- e due bocche al posto delle mani. Il cibo passa attraverso sia queste che quella centrale, dalla quale, pure, torna indietro, come attacco a base di vomito da non ignorare. Sono estremamente lenti, anche come tempi di reazione, ma quando rincorrono Dante per mangiarlo, non sono affatto piacevoli. Sono tra i nemici che è possibile assolvere o condannare, e in quest'ultimo caso, Dante esegue una delle manovre più brutali, ficcando loro la falce in bocca e tirandola fuori tagliando il grasso ventre dal basso verso l'alto.<br />
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<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-QzJ1Y3b5lXI/W0eUqeBk5SI/AAAAAAAADeY/p8Uor9NiouIIti27880wmAOBD4MYkZeUQCLcBGAs/s1600/Hall_of_Gluttony.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="167" data-original-width="250" src="https://1.bp.blogspot.com/-QzJ1Y3b5lXI/W0eUqeBk5SI/AAAAAAAADeY/p8Uor9NiouIIti27880wmAOBD4MYkZeUQCLcBGAs/s1600/Hall_of_Gluttony.jpg" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Concept art.</td></tr>
</tbody></table>
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-YOgJynh0-uQ/W0eUqgta00I/AAAAAAAADeg/sUuMKFzyN8wba0j3qf6YsYLPRi5HyJIkwCLcBGAs/s1600/Gluttons_Halls.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="450" data-original-width="800" height="180" src="https://4.bp.blogspot.com/-YOgJynh0-uQ/W0eUqgta00I/AAAAAAAADeg/sUuMKFzyN8wba0j3qf6YsYLPRi5HyJIkwCLcBGAs/s320/Gluttons_Halls.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Due ghiottoni che divorano dannati.</td></tr>
</tbody></table>
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-5h2sB148g1Y/W0eBBGBIeMI/AAAAAAAADdE/6upY28iVNm03Iww-PWR53NuMKPPcIhRngCLcBGAs/s1600/Ashotmelkumovgluttony.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="404" data-original-width="718" height="225" src="https://1.bp.blogspot.com/-5h2sB148g1Y/W0eBBGBIeMI/AAAAAAAADdE/6upY28iVNm03Iww-PWR53NuMKPPcIhRngCLcBGAs/s400/Ashotmelkumovgluttony.jpg" width="400" /></a></div>
In questa sala Dante incontra l'ombra di Lucifero, che gli rivela un'altra parte del puzzle, la morte di Beatrice e di Alighiero: a ucciderli -interrompendo un probabile tentativo di stupro da parte del futuro suocero- è stato un soldato arabo, lo stesso che ha pugnalato Dante all'inizio del gioco. Si tratta del fratello della schiava che si è concessa a Dante in cambio della libertà di entrambi, e dopo aver ucciso Beatrice egli dichiara, nella visione, «Non era mia sorella. Era mia moglie».<br />
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-DWZvk4lwnvo/W0eBCPKmhTI/AAAAAAAADdI/UdyaEPjrF_sHlih6LAHm5c9z9m6YWNtNwCLcBGAs/s1600/Jehan_choo_dantes_inferno_gluttony.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="428" data-original-width="760" height="225" src="https://3.bp.blogspot.com/-DWZvk4lwnvo/W0eBCPKmhTI/AAAAAAAADdI/UdyaEPjrF_sHlih6LAHm5c9z9m6YWNtNwCLcBGAs/s400/Jehan_choo_dantes_inferno_gluttony.jpg" width="400" /></a>Dante, con questo nuovo rimorso, dovrà uscire dalla dimensione della Sala dei Golosi, un luogo à la Carroll dove sopra significa da qualunque parte, simile a uno scenario onirico o assurdo dove passare attraverso degli specchi permette di muoversi su pareti disposte in vari sensi rispetto alle altre.<br />
Quando Dante riesce anche a fare questo, inizia una nuova discesa. Le pareti hanno ancora un aspetto organico e sono piene di trappole di fuoco. Infine, cambiano di nuovo, portandolo in un abisso di pietra nella quale scorrono vene d'oro.<br />
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IV cerchio: Avarizia e prodigalità<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-QkZyC-QmoBg/W0eCagNq7iI/AAAAAAAADdg/cLyVuaAFJLAwOaoZUJJaDRWu4XYCvFWQgCLcBGAs/s1600/Greed.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1440" height="400" src="https://3.bp.blogspot.com/-QkZyC-QmoBg/W0eCagNq7iI/AAAAAAAADdg/cLyVuaAFJLAwOaoZUJJaDRWu4XYCvFWQgCLcBGAs/s640/Greed.jpg" width="640" /></a></div>
<br />
Il quarto cerchio, convenzionalmente chiamato degli avari, ma in cui sono puniti anche i prodighi, si basa sull'oro. Benché l'artwork qui sopra mostri anime che trascinano pesanti macigni, come nel poema, nel gioco la loro pena è del tutto diversa, e i dannati sono puniti con l'immersione in vasche piene d'oro fuso.<br />
Il nemico di questo cerchio è Alighiero, il padre di Dante, finito all'Inferno per la sua avidità, per quanto la presentazione che ci viene fatta suggerisce che anche tra i golosi o i lussuriosi sarebbe stato assolutamente a suo agio. Non servirà qui dire che l'Alighiero storico non ha nulla a che spartire con questa canaglia. Il mio cruccio maggiore, e vale per una situazione che ricorre identica qui e nel settimo cerchio, sta nel fatto che il guardiano presente nel poema, figura perfettamente associata al peccato e che offriva molte possibilità di interpretazione all'interno del gioco, sia in un certo senso assente. Ridotto a una statua, cede il posto di boss e di personaggio a un altro, una figura che appartiene alla storia personale di Dante, appositamente inventata per il videogioco.<br />
<a href="https://3.bp.blogspot.com/-AUqzMZZpqzc/W0eeG98XY6I/AAAAAAAADfI/hNqTQmYHyOc2iQ_cv4U_i6P_H_qZKcZQACLcBGAs/s1600/Circle_of_Hell-Greed_001.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="600" data-original-width="800" height="300" src="https://3.bp.blogspot.com/-AUqzMZZpqzc/W0eeG98XY6I/AAAAAAAADfI/hNqTQmYHyOc2iQ_cv4U_i6P_H_qZKcZQACLcBGAs/s400/Circle_of_Hell-Greed_001.jpg" width="400" /></a>Anche in questo cerchio troviamo un nemico specificamente associato al suo peccato. Si chiama "Avaro-prodigo" (<i>Hoarder-Waster</i>) ed è costituito da due corpi legati insieme, idealmente quello di un avaro e quello di un prodigo, che ruotano una pesante mazza d'oro al punto di girare come delle trottole, estremamente pericolosi e tra i nemici più ostici, a meno di riuscire a impedir loro di iniziare a girare o di essere bravi a parare e contrattaccare.<br />
Compare anche un nuovo tipo di schiavo, lo Schiavo dell'Avidità (<i>Greed Minion</i>), più scattante degli altri e dedito a una tecnica combattiva di mordi e fuggi, e compare anche il secondo tipo di diavolo, il Diavolo Trono, coperto da un'armatura dorata. I dannati sono Tarpeia, Gessio Floro e Fulvia.<br />
Percorrere il quarto cerchio significa passare attraverso numerose trappole, è uno dei più lunghi e impegnativi, per certi versi combina scorci infernali "tipici", secondo l'idea di un sottosuolo pieno di metalli preziosi, e scorci peculiari basati su ingranaggi, ruote e tecnologia.<br />
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-ObOWV8bpF9A/W0eegmjzkPI/AAAAAAAADfU/JPobh7n3BSgx2UkjSHWKlx0_layEyy1bwCLcBGAs/s1600/Alighiero_Alighieri_artwork.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="400" data-original-width="320" height="320" src="https://1.bp.blogspot.com/-ObOWV8bpF9A/W0eegmjzkPI/AAAAAAAADfU/JPobh7n3BSgx2UkjSHWKlx0_layEyy1bwCLcBGAs/s320/Alighiero_Alighieri_artwork.jpg" width="256" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Concept art di Alighiero.</td></tr>
</tbody></table>
Parte del cerchio è disposta intorno alla gigantesca Ruota della Fortuna, in merito alla quale Virgilio spiega a Dante la natura della Fortuna, rifacendosi ai versi del poema (più in particolare Inf. VII 85-96), mentre altra parte è posta intorno alla statua di Pluto, che ricordiamo essere il dio greco e romano della ricchezza, raffigurato come un gigante dal complesso ed elaborato copricapo. Quando gli passiamo vicino, dalla statua fuoriescono le famose, misteriose parole «Pape Satàn, pape Satàn aleppe» (Inf. VII 1).<br />
Adoperando nuovamente una bestia asteriana per superare il tragitto, giungiamo infine davanti ad Alighiero, dando inizio al combattimento contro di lui.<br />
Alighiero da vivo era grasso per via dei suoi insaziabili appetiti, è questa caratteristica è deformata in un ancor più ampio ventre in cui la cassa toracica deformata è in evidenza. Intorno al collo porta catene spinate, per certi versi ricorda le collane dorate usate come dimostrazione di ricchezza e di potere da certi individui dei giorni nostri, sull'occhio attraverso il quale è stato ucciso ha una macchia di sangue, e la croce che ha causato la sua morte la adopera ora, in formato gigantesco, come arma, con cui mena colpi a Dante se si avvicina e lancia piccole copie rotanti di sé stessa, che alla fine della boss fight diventeranno un incantesimo per Dante, con il nome di "Peccati del padre" -espressione che Alighiero stesso adopera quando usa tale tecnica. Ha stracci rossi che ricordano il suo potere, ma anche il suo vizio, e curiosamente, se nel concept ha i capelli e la barba che aveva da vivo, nella versione del gioco manca di quest'ultima e ha la strana caratteristica di non possedere più i denti, e di una rugosa bocca da vecchio.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-2BPaD6CatAE/W0eegcudWrI/AAAAAAAADfQ/OaI-F2Ss-JU-pJ5uz5HMONJ8L5l_1mhKQCLcBGAs/s1600/Alighiero.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="318" data-original-width="640" height="198" src="https://4.bp.blogspot.com/-2BPaD6CatAE/W0eegcudWrI/AAAAAAAADfQ/OaI-F2Ss-JU-pJ5uz5HMONJ8L5l_1mhKQCLcBGAs/s400/Alighiero.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Alighiero nel gioco.</td></tr>
</tbody></table>
Al termine del combattimento, durante e dopo il quale l'uomo mostra costantemente i segni della sua abiezione e dell'immenso disprezzo verso il figlio, Dante, pur consapevole di ciò, affermando di non voler essere dannato come lui, lo assolve. È la prima assoluzione di trama nel gioco (possiamo dire che tutti gli altri boss sono stati condannati), e avrà un suo peso nel finale. Al contempo, la scena dimostra l'estrema arbitrarietà del giudizio di Dante, poiché, sulla base di quello che vediamo, Alighiero è un personaggio che mantiene la sua natura fino alla fine.<br />
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V cerchio: Ira (e accidia)<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-Y6BKQTRft0c/W0eCgDM9zNI/AAAAAAAADdk/-SdCMLxe1KY3YYE4299dXz1lbC65hD9hQCLcBGAs/s1600/Anger.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1440" height="400" src="https://2.bp.blogspot.com/-Y6BKQTRft0c/W0eCgDM9zNI/AAAAAAAADdk/-SdCMLxe1KY3YYE4299dXz1lbC65hD9hQCLcBGAs/s640/Anger.jpg" width="640" /></a></div>
<br />
Il quinto cerchio è forse il mio preferito dal punto di vista visivo. È costituito interamente dalla palude stigia, come nel poema, dove sono immerse le anime degli iracondi. Come nel cerchio precedente, qui in realtà sono punite ben due categorie di peccatori, e nel poema immersi nello Stige si trovano anche gli accidiosi, ma nel gioco non se ne fa menzione alcuna.<br />
Da un certo punto di vista, però, qualche segno c'è. Se ricordate il discorso sugli umori, affrontato anche qui ne <a href="http://lanimadelmostro.blogspot.com/2018/03/lanima-del-licantropo-spleen-e-mania.html" target="_blank">L'Anima del Licantropo</a>, avrete presente come l'accidia, presso gli antichi, derivasse da un eccesso di melancholia, l'umore nero. Questa palude ha un aspetto estremamente triste, piuttosto che agitato per via della collera (anch'essa un umore, se ricordate) delle anime iraconde, e vi si trovano così sia zone in fiamme, in particolare la torre che fa da segnale al nocchiero Flegiàs, che aree lagunari estremamente cupe. Inoltre, altra caratteristica che mi piace di questo cerchio, esso è dominato da due colori, il verde delle acque dello Stige e dell'aria mefitica che aleggia intorno alla terra e ai rovi, e il rosso di alcune zone. Anche questo mi rende propenso a vedere un accenno anche agli accidiosi.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-y4VhfQAqfp4/W0eu-THUl3I/AAAAAAAADfk/6s9_QCRPioUcunDyYwSij_CL729aNsYnACLcBGAs/s1600/The_River_Styx.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="225" src="https://2.bp.blogspot.com/-y4VhfQAqfp4/W0eu-THUl3I/AAAAAAAADfk/6s9_QCRPioUcunDyYwSij_CL729aNsYnACLcBGAs/s400/The_River_Styx.jpg" width="400" /></a></div>
In questo cerchio compare il Guardiano del fuoco (<i>Fire Guardian</i>), un altro nemico incorporeo avvolto da uno spesso strato di fumo, da "spegnere" con la croce. I dannati sono Budicca, Ecuba, e naturalmente Filippo Argenti (l'unico presente nel poema, e anch'egli, come Paolo e Francesca o Ciacco, posto anacronisticamente in quanto il gioco è ambientato nel 1191 o poco dopo).<br />
Ora, il guardiano del quinto cerchio è Flegias, che nel poema manovra una barca con la quale si può supporre che getti le anime di iracondi ed accidiosi nello Stige. Egli non viene descritto affatto, ma nella mitologia greca era un semidio figlio di Ares e della ninfa Crise.<br />
Nel gioco, ci troviamo davanti alla sua barca, una piccola zattera circolare, e la utilizziamo per navigare l'ultimo tratto di Stige, mentre ascoltiamo il tema "Crossing the Styx", il mio preferito. Ecco, il tema presenta un graduale incalzare, determina una tensione data sia dalle voci che da un suono come di catene che si agitano, ma non ci è chiaro a cosa ci vogliano preparare finché la zattera non si ferma davanti a un tratto di terraferma. Allora, la zattera si solleva. E scopriamo che si trattava della testa di un gigante con il corpo lavico. Questi è il Flegias di Dante's Inferno.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-D3s-zVROwv8/W0evNbO9MJI/AAAAAAAADfo/3qlHY26nhHwAZ5z1ddeuuxbhkOXm5ESKgCLcBGAs/s1600/anger-rendering_117501-1600x1200.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1600" height="480" src="https://1.bp.blogspot.com/-D3s-zVROwv8/W0evNbO9MJI/AAAAAAAADfo/3qlHY26nhHwAZ5z1ddeuuxbhkOXm5ESKgCLcBGAs/s640/anger-rendering_117501-1600x1200.jpg" width="640" /></a></div>
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Flegias non lo affrontiamo mai direttamente -anche se Dante è una testa calda e non si farebbe troppi problemi-, ma costituisce un elemento di minaccia per una sequenza non breve, nella quale passiamo attraverso quelli che paiono dei forti in rovina, posti come avanguardia rispetto alla ormai vicina città di Dite, e combattiamo numerosi nemici mentre Flegias cerca di colpirci, e in ciò risulta spesso utile, abbattendo i nemici al posto nostro.<br />
Terminata la scena, c'è una nuova, lunga cinematic, nella quale finalmente ci viene svelato il motivo del rapimento di Beatrice. Lucifero, in forma spirituale, le era apparso durante l'assenza di Dante e aveva messo alla prova la sua fiducia in lui, scommettendo con lei che, se avesse scoperto che Dante non aveva mantenuta la fedeltà giurata, la di lei anima sarebbe stata sua. E anche questa sventurata aveva risposto.<br />
In una pregevole citazione classica, Lucifero porge a Beatrice una melagrana, simbolo degli inferi. Beatrice ne mangia i semi e si trasforma in regina dell'Inferno. Ormai lei appartiene a Lucifero.<br />
Dante è scoraggiato, ha perso il motivo per cui procedere. Ma anche così, non si arrende e avendo ancora le sue forze, spinto dalla rabbia ad andare avanti piuttosto che indietro, lo fa: raggiunge la testa di Flegias e vi configge dentro la falce, prendendo il controllo del gigante.<br />
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VI cerchio: Eresia<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-QCagc7qawlc/W0eCoqqEj_I/AAAAAAAADdo/D73UCI2peqsEJzxt_V-KoOYXsAI389usQCLcBGAs/s1600/Heresy.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1440" height="400" src="https://1.bp.blogspot.com/-QCagc7qawlc/W0eCoqqEj_I/AAAAAAAADdo/D73UCI2peqsEJzxt_V-KoOYXsAI389usQCLcBGAs/s640/Heresy.jpg" width="640" /></a></div>
Il sesto cerchio è costituito da Dite, la gigantesca e maestosa città dei diavoli, la cui cinta di mura racchiude tutto il Basso Inferno.<br />
Dante attraversa il ponte sopra Flegias, e adoperando i colpi e il soffio di fuoco del gigantesco demone, semina distruzione nell'androne della città infernale, finché l'ennesimo crollo da lui provocato si risolve in una frana, dentro la quale precipita anche Flegias. E un altro funzionario dell'Inferno è andato.<br />
A Dite sono puniti gli eretici, posti in bare piene di tizzoni ardenti. Queste sono presenti per gran parte del cerchio, che risulta così fedele al testo. Il sesto è un cerchio dominato dal fuoco, lungo e pieno di trappole come il quarto, e i suoi nemici caratteristici (teniamo a mente che nel quinto cerchio non ne abbiamo incontrati) sono gli Stregoni eretici e quelli pagani (<i>Heretics</i> e <i>Pagans</i>), estremamente fastidiosi per via del loro uso di incantesimi grazie ai quali rendono invulnerabili gli altri nemici. Fanno qui la loro comparsa anche i Demoni (<i>Fiends</i>), la versione potenziata delle Pesti, temibile per via del raggio congelante che lanciano dal pungiglione. La parola inglese <i>fiend</i> comporta sempre difficoltà di traduzione, nel momento in cui abbiamo nello stesso contesto altri nomi per indicare i demoni. <i>Fiend</i> si lega al significato di nemico in anglosassone (<i>fēond</i>), come diavolo ha lo stesso significato in greco e da lì è penetrato all'inglese dandoci <i>devil</i>. L'inglese presenta dunque un termine in più. Traducendo come "diavoli" i tre tipi di angeli caduti, che nel gioco originale si chiamano <i>Demons</i>, la localizzazione italiana ha potuto evitare eventuali confusioni con la traduzione di <i>Fiend</i> in "demone", ma ciò è stato possibile perché in Dante's Inferno non sono presenti creature chiamate <i>Devils </i>in originale.<br />
I dannati con un'identità sono l'Imperatore Federico II, Cavalcante de' Cavalcanti e Farinata degli Uberti (tutti anacronistici). Non sono presenti boss.<br />
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VII cerchio: Violenza<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-qSBjfdHsvG0/W0eCzp24n9I/AAAAAAAADd0/FfANtFt4iykrHpfQybJw_2suF0wRmH0SACLcBGAs/s1600/Violence.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="960" data-original-width="1440" height="426" src="https://4.bp.blogspot.com/-qSBjfdHsvG0/W0eCzp24n9I/AAAAAAAADd0/FfANtFt4iykrHpfQybJw_2suF0wRmH0SACLcBGAs/s640/Violence.jpg" width="640" /></a></div>
I tre gironi in cui è suddiviso il settimo cerchio, ognuno dei quali punisce uno dei modi della violenza, sono tutti presenti e ben distinti all'interno del gioco. Come per Pluto, anche il Minotauro, guardiano del cerchio tutto, è ridotto ad una statua. Possiamo solo immaginare quanto riccamente sarebbe stato reinventato e inserito come boss, benché le bestie asteriane abbiano già le fattezze di un minotauro.<br />
I girone: Flegetonte<br />
Il Flegetonte (Φλεγέθων, Phlegéthōn, che significa "fiume del fuoco"), è descritto nella Commedia come fiume di sangue, un sangue bollente in cui sono gettate le anime dei violenti contro il proprio prossimo. Il Flegetonte del gioco rende l'idea, tranne che per un dettaglio, e cioè che anche qui si trovano delle statue in sostituzione di esseri che nel poema erano vivi -o comunque animati- e prendevano parte alla punizione dei dannati, ovvero i centauri. In effetti, dato il ricorrere di questa situazione, ho il sospetto che a un certo punto la produzione abbia dovuto tagliare qualcosina per non esagerare con i costi. Qui è anche dove incontriamo per la prima volta gli Arcidiavoli, che diventeranno sempre più abituali di qui alla fine del viaggio. Sono dotati di due lame come quelle dei Diavoli Guardiani, hanno quattro corna e soprattutto due ali, dunque sono gli unici diavoli volanti e in effetti gli unici nemici volanti escluse le pesti e i demoni. Oltre a incendiare le spade, sono in grado di emettere un potente raggio di ghiaccio, che oltre a infliggere danno può paralizzare Dante. Questi ha la possibilità di tagliare loro le ali dopo averli indeboliti, riducendoli a uno stato simile a quello degli altri diavoli. Il fatto che tra questo cerchio e il precedente siano comparsi nemici che adoperano l'elemento del ghiaccio sembra quasi preannunciare la discesa nel Cocito, il lago ghiacciato dell'ultimo cerchio. Solo che nel Cocito, tranne appunto i nemici già visti, non sono presenti creature che lo adoperino, nemmeno lo stesso Lucifero.<br />
II girone: la Foresta dei Suicidi<br />
Parte più riuscita, una foresta raccapricciante fatta di alberi derivati dalla trasformazione delle anime.<br />
III girone: i violenti contro Dio, la natura e l'arte<br />
Simile a un deserto su cui piove una pioggia di fuoco. Vi si trovano molti crociati.<br />
<br />
VIII cerchio: Fraudolenza<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-lRnOqaIgFgw/W0eC8y5LG_I/AAAAAAAADd4/5ZRDwcbMGhMiA7SDujqqdAydVFmK41IugCLcBGAs/s1600/Fraud.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="960" data-original-width="1440" height="426" src="https://4.bp.blogspot.com/-lRnOqaIgFgw/W0eC8y5LG_I/AAAAAAAADd4/5ZRDwcbMGhMiA7SDujqqdAydVFmK41IugCLcBGAs/s640/Fraud.jpg" width="640" /></a></div>
<br />
Le dieci bolge sono la parte peggio adattata del gioco.<br />
Alla fine del cerchio incontriamo un angelo.<br />
"<i>Quando ho iniziato ad armeggiare con gli Angeli, loro </i>(gli autori)<i> volevano che sembrassero leggeri eppure potenti. Curve spezzate e quel genere di linee funzionavano per me, quando si trattava degli Angeli, in diretto contrasto con le figure e le forme più intricate che erano nell'inferno.</i>" (Wayne Barlowe)<br />
<br />
IX cerchio: Tradimento<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-SSkp8xAGCvY/W0e0OARefpI/AAAAAAAADf4/54JYTlXOdp8Mrtmm250gEMHbOgsK-d4JwCLcBGAs/s1600/Treachery.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1440" height="400" src="https://4.bp.blogspot.com/-SSkp8xAGCvY/W0e0OARefpI/AAAAAAAADf4/54JYTlXOdp8Mrtmm250gEMHbOgsK-d4JwCLcBGAs/s640/Treachery.jpg" width="640" /></a></div>
<br />
Sul lago Cocito congelato, il nostro incontro con i giganti e, infine, con Lucifero.<br />
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Bibliografia<br />
<br />
Le informazioni presenti nell'articolo derivano dalla versione di base del gioco Dante's Inferno (Electronic Arts 2010). Il sito del gioco è <a href="https://www.ea.com/it-it/games/dantes-inferno" target="_blank">https://www.ea.com/it-it/games/dantes-inferno</a><br />
Alcune informazioni provengono invece dai contenuti della Divine/Death Edition dello stesso gioco.<br />
Per redigere l'articolo ho consultato anche il sito:<br />
<a href="http://dantesinferno.wikia.com/wiki/Dante%27s_Inferno_Wiki" target="_blank">Dante's Inferno Wiki</a><br />
Il sito ufficiale di Wayne Barlowe, anch'esso fonte per questo articolo:<br />
<a href="https://waynebarlowe.wordpress.com/" target="_blank">https://waynebarlowe.wordpress.com/</a><br />
Molti concept sono dell'artista Jehan Choo, cui vi rimando parimenti:<br />
<a href="https://www.jehanchoo.com/" target="_blank">https://www.jehanchoo.com/</a><br />
Le citazioni della Commedia di Dante Alighieri provengono da Wikisource:<br />
<a href="https://it.wikisource.org/wiki/Divina_Commedia" target="_blank">https://it.wikisource.org/wiki/Divina_Commedia</a>Francis Starkhttp://www.blogger.com/profile/10559448728477569844noreply@blogger.com1